Il collasso dei nativi americani e l'arrivo delle missioni - Le Scienze

Il drammatico tracollo delle popolazioni del Nord America in seguito all'arrivo dei coloni europei non fu immediato. Le epidemie che falcidiarono l'87 per cento della popolazione indigena iniziarono solo un secolo dopo il primo contatto e coincisero con l'insediamento delle chiese missionarie

La dinamica del collasso delle popolazioni indigene in seguito all'arrivo dei coloni europei nel Nuovo Mondo fu molto più complessa di quanto ipotizzato e non avvenne subito dopo i primi contatti. A dimostrarlo è uno studio condotto da ricercatori della Harvard University e della Southern Methodist University a Dallas che ha permesso di ricostruire anche le enormi conseguenze ecologiche di quello spopolamento, descritte in un artcolo pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences".

Il drammatico declino delle popolazioni native americane è un fatto accertato, ma c'è meno accordo sui tempi in cui si verificò. Secondo molti studiosi le malattie decimarono gli indigeni poco dopo il primo contatto con gli europei, altri invece sostengono che si sviluppò in modo più graduale, nel corso di molti anni.

Ruderi di un antico villaggio pueblo in New Mexico. (© Nevada Wier/CORBIS)Le analisi condotte da Matthew J. Liebmann e colleghi sui resti di 18 antichi villaggi della popolazione indigena dei pueblos della valle di Jemez, nel New Mexico, dimostrano adesso che entrambe le ricostruzioni sono imprecise.

Le epidemie scoppiarono quasi un secolo dopo i primi contatti, in coincidenza con l'insediamento dei missionari. "Nel sud ovest, il primo contatto tra i nativi e gli europei si è verificato nel 1539", spiega Liebmann. “Ma la malattie presero piede solo dopo il 1620, dopo di che si assistette a un rapido spopolamento fra il 1620 e il 1680”. In soli 60 anni, la popolazione dei villaggi studiati crollò infatti dell'87 per cento circa, passando da 6500 abitanti a meno di 900.

Lo spopolamento ebbe un enorme impatto culturale e sociale, con la perdita dei custodi della cultura tradizionale e delle autorità sociali e religiose, ma non solo."Le persone che vivevano in quei villaggi avevano

bisogno di legname per i tetti, il riscaldamento e la cottura”, ha spiegato Liebmann “Inoltre, disboscavano la terra per coltivare: in quelle aree gli alberi non crescevano. Ma, con la moria degli abitanti, le foreste ripresero a crescere e aumentarono gli incendi boschivi ".

Ancora nel 1620 la valle di Jemez, nel New Mexico, ospitava 6500 indiani pueblo. (Matthew Liebmann)La scoperta – osservano i ricercatori - ha un riflesso sull'attuale dibattito intorno all'inizio di una nuova era geologica, il cosiddetto Antropocene, caratterizzata dall'influenza degli esseri umani sul clima su scala globale.

Alcuni studiosi vorrebbero far iniziare questa nuova epoca nel 1610 quando, come mostrano le analisi dei carotaggi nei ghiacciai, i livelli di CO2 scesero drasticamente in tutto il pianeta, un fenomeno messo in relazione con il forte aumento della vegetazione boschiva in tutto il Nord America.

"L'argomento fa perno sull'idea che lo spopolamento delle Americhe sia stato così estremo da lasciare il segno nella atmosfera e nel clima globale. Il sud ovest è stato uno dei primi punti di contatto tra europei e nativi americani in quelli che sarebbero diventati gli Stati Uniti, ma nel 1610 la regione non aveva ancora sperimentato uno spopolamento catastrofico, quindi è difficile sostenere che ciò sia avvenuto in qualsiasi altra parte del Nord America in un breve lasso di tempo."

Per tracciare le dinamiche dello spopolamento, Liebmann e colleghi sono ricorsi a un insieme di tecnologie, a partire dalla mappatura aerea con la tecnica LiDAR, che usa il laser per penetrare nella fitta vegetazione forestale e creare una mappa con una precisione di pochi centimetri, tanto da aver permesso di calcolare la struttura e l'architettura dei 18 villaggi.

Successivamente i ricercatori hanno sviluppato un'equazione basata sul volume di ogni singolo edificio mappato che ha consentito di stimare quante persone vivessero nella zona.

I risultati sono stati poi messi in relazione con quelli ottenuti da studi dendrocronologici (ossia basati sull'analisi degli anelli di crescita degli alberi), che hanno consentito di scoprire che proprio fra il 1630 e il 1650 si è verificata una rapida crescita forestale in aree precedentemente tenute a coltura.