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  1. #151
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    Predefinito Rif: La frustrazione e la difficoltà nell'accettare la volontà di Dio

    Citazione Originariamente Scritto da Edmond Dantes Visualizza Messaggio
    Sono d'accordo con questa visione.
    Mi pongo una domanda, visto che alla fine stiamo parlando anche di quel bene (non saprei dire però quanto effettivamente lo sia) che è il libero arbitrio; la domanda è questa: perchè devo intervenire mediante la comminatoria di una punizione se al mio figlio più piccolo, goloso della cioccolata, non è concesso comprendere attraverso il mal di pancia, che l'uso smodato dell'oggetto delle sue bramosie, è causa di un male annunciato dal papà?

    A me sembra che Dio non intervenga così direttamente. Io credo che Lui, dall'Alto della Sua Assolutezza, conosca già quali siano le conseguenze a cui l'uomo possa andare incontro e quindi che necessità avrebbe di intervenire?
    Il Suo intervento porrebbe inevitabilmente dei limiti a quel dono concesso all'uomo: il libero arbitrio, appunto.

    Non sono un "militante" del libero arbitrio. Chi mi conosce profondamente sa che ne farei molto volentieri a meno.
    Il libero arbitrio importa come conseguenza diretta una responsabilità pericolosa circa le scelte che durante questa esistenza dobbiamo effettuare.
    Per amore.
    Così per amore di tuo figlio con un male minore, la punizione, cerchi di fargli evitare il male peggiore, cioè il mal di pancia.
    Riportato a noi è un pò più complesso il discorso, perchè innanzitutto abbiamo il libero arbitrio di scelgliere il bene e il male.
    Poi come giustamente hai osservato non è detto che Dio intervenga così direttamente, ovviamente interviene secondo le sue modalità, il mio è un discorso un pò semplicistico.
    Ma c'è anche un altra cosa da tenere presente riguardo il male.

    Giovanni 15:1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo.
    Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più.

    Ora il verbo potare indica un'azione che a prima vista è una violenza sul tralcio, in realtà poi quel tralcio porterà più frutto.

    Questa è una cosa che mi ha sempre fatto pensare, riguardo le vite dei santi che di solito sono piene di sofferenze.
    Dio sà quali sono i veri frutti e sà anche quali sofferenze, con la sua grazia, ognuno di noi riesce a sopportare.
    Non è detto che noi vediamo o sappiamo riconoscere questi frutti.

    Certo che il libero arbitrio porta con sè un enorme responsabilità, ma ci eleva infinitamente in dignità.
    Ultima modifica di Biuly; 26-07-10 alle 20:39
    Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
    Dillo, se hai tanta intelligenza!
    Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
    o chi ha teso su di essa la misura? Giobbe 38:4-5

  2. #152
    La Vengeance
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    Predefinito Rif: La frustrazione e la difficoltà nell'accettare la volontà di Dio

    Citazione Originariamente Scritto da Biuly Visualizza Messaggio
    Per amore.
    Così per amore di tuo figlio con un male minore, la punizione, cerchi di fargli evitare il male peggiore, cioè il mal di pancia.
    Riportato a noi è un pò più complesso il discorso, perchè innanzitutto abbiamo il libero arbitrio di scelgliere il bene e il male.
    Poi come giustamente hai osservato non è detto che Dio intervenga così direttamente, ovviamente interviene secondo le sue modalità, il mio è un discorso un pò semplicistico.
    Ma c'è anche un altra cosa da tenere presente riguardo il male.

    Giovanni 15:1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo.
    Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più.

    Ora il verbo potare indica un'azione che a prima vista è una violenza sul tralcio, in realtà poi quel tralcio porterà più frutto.

    Questa è una cosa che mi ha sempre fatto pensare, riguardo le vite dei santi che di solito sono piene di sofferenze.
    Dio sà quali sono i veri frutti e sà anche quali sofferenze, con la sua grazia, ognuno di noi riesce a sopportare.
    Non è detto che noi vediamo o sappiamo riconoscere questi frutti.

    Certo che il libero arbitrio porta con sè un enorme responsabilità, ma ci eleva infinitamente in dignità.
    Dobbiamo effettuare una valutazione sul tema della sofferenza.
    Non possiamo proseguire l'interessante discorso senza avere analizzato il senso impresso in questa parola.
    Dunque l'uomo subisce il dolore (in terra) per evitare la maggior pena dell'eterno inferno.
    Una sofferenza transitoria avverso quella senza fine.
    Ci potremmo stare se non fosse che, come ho letto sopra da qualcuno (forse da te) quel dolore "transitorio" non producesse effetti ancor più devastanti che nella realtà includono l'esito fatale che doveva essere scongiurato: l'essere precipitati all'inferno.

    Dunque il quesito posto da QUINTO che vede oggettive difficoltà di comprensione del disegno Divino ha un profondo senso di verità.

    Pensiamo per un attimo al povero disgraziato che ha vissuto una esistenza di stenti contro ogni sua volontà. Pensiamo che egli, sfinito dal perseverare delle sofferenze inflittegli dalla vita, genuflesso sul bordo della panchina, piegato sotto i terrificanti colpi della scure sociale, umiliato dalla prosternazione divenuta immancabile compagna dei suoi giorni, scrutando nell'abisso della sua coscienza, colga, con la pupilla dell'aquila, come sua unica possibilità di vedere definitivamente tramontato il tempo del dolore e come ultima scelta, la tomba.
    Quale scenario immediato, dopo il suo disperato gesto, troverà la porta d'accesso sulla quale Dante osservò scritta la frase "Per me si va nella città dolente.....".
    Dunque dalla soffrenza "transitoria", il miserabile sventurato, passerebbe "ipso iure" a quella eterna per avere rigettato in faccia a Dio il dono della vita.

    Che frutto potrà avere mai prodotto quel tralcio potato e ripotato più volte?
    Certo stiamo facendo l'esempio più drammatico e forse anche il più insolito.
    Ma non tutti siamo Giobbe.
    Il punto, credo, sia tutto quì.

    Credo fermamente nel disegno Divino e credo altrettanto fermamente nella Misericordia di Dio. Chi portebbe salvarsi dalle fiamme dell'inferno senza quella benigna e compassionevole clemenza?

    Nel progetto di Dio è previsto un percorso per ognuno di noi. Ci sono affidati compiti di cui siamo ignari ma di cui portiamo il seme.
    Come interpretarli quei segni?
    Con la ragione quel progetto ci viene oscurato.
    Mediante quale impalpabile strumento siamo capaci di capire?
    Bel problema.
    "Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me" (Immanuel Kant)

  3. #153
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    Predefinito Rif: La frustrazione e la difficoltà nell'accettare la volontà di Dio

    Citazione Originariamente Scritto da Edmond Dantes Visualizza Messaggio
    Dobbiamo effettuare una valutazione sul tema della sofferenza.
    Non possiamo proseguire l'interessante discorso senza avere analizzato il senso impresso in questa parola.
    Dunque l'uomo subisce il dolore (in terra) per evitare la maggior pena dell'eterno inferno.
    Una sofferenza transitoria avverso quella senza fine.
    Ci potremmo stare se non fosse che, come ho letto sopra da qualcuno (forse da te) quel dolore "transitorio" non producesse effetti ancor più devastanti che nella realtà includono l'esito fatale che doveva essere scongiurato: l'essere precipitati all'inferno.

    Dunque il quesito posto da QUINTO che vede oggettive difficoltà di comprensione del disegno Divino ha un profondo senso di verità.

    Pensiamo per un attimo al povero disgraziato che ha vissuto una esistenza di stenti contro ogni sua volontà. Pensiamo che egli, sfinito dal perseverare delle sofferenze inflittegli dalla vita, genuflesso sul bordo della panchina, piegato sotto i terrificanti colpi della scure sociale, umiliato dalla prosternazione divenuta immancabile compagna dei suoi giorni, scrutando nell'abisso della sua coscienza, colga, con la pupilla dell'aquila, come sua unica possibilità di vedere definitivamente tramontato il tempo del dolore e come ultima scelta, la tomba.
    Quale scenario immediato, dopo il suo disperato gesto, troverà la porta d'accesso sulla quale Dante osservò scritta la frase "Per me si va nella città dolente.....".
    Dunque dalla soffrenza "transitoria", il miserabile sventurato, passerebbe "ipso iure" a quella eterna per avere rigettato in faccia a Dio il dono della vita.

    Che frutto potrà avere mai prodotto quel tralcio potato e ripotato più volte?
    Certo stiamo facendo l'esempio più drammatico e forse anche il più insolito.
    Ma non tutti siamo Giobbe.
    Il punto, credo, sia tutto quì.

    Credo fermamente nel disegno Divino e credo altrettanto fermamente nella Misericordia di Dio. Chi portebbe salvarsi dalle fiamme dell'inferno senza quella benigna e compassionevole clemenza?

    Nel progetto di Dio è previsto un percorso per ognuno di noi. Ci sono affidati compiti di cui siamo ignari ma di cui portiamo il seme.
    Come interpretarli quei segni?
    Con la ragione quel progetto ci viene oscurato.
    Mediante quale impalpabile strumento siamo capaci di capire?
    Bel problema.
    Bel problema si.
    Ma io non credo che Dio lasci andare un credente al suicidio.
    A meno che il credente non sia in un momento di pazzia, ma a quel punto non è più imputabile come peccato, sta a Dio giudicare.
    Credo che piuttosto il suicidio sia, attenzione ripeto può darsi che qualcuno perda momentaneamente il senno, più frutto del maligno.
    Anzi è la meta del maligno, portare le persone alla disperazione.
    Per questo bisogna aver fede e caricaresi la croce sulle spalle fiduciosi.
    Dio non è un despota sadico.
    Chi spera in Lui non rimarrà deluso.
    Gesù infatti ha usato il verbo potare che non significa rovinare la pianta.
    La disperazione è subdola, per questo bisogna tener viva la fede finchè tutto va bene, perchè nel momento della prova potrebbe venir meno se non è vera fede.
    Ovvio che è facile a dirsi ma difficile a farsi.
    Il disegno divino che è dentro di noi credo ce lo faccia portare a termine anche se la nostra vita a volte sembra tremendamente normale e non come crediamo dovrebbe essere.
    Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
    Dillo, se hai tanta intelligenza!
    Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
    o chi ha teso su di essa la misura? Giobbe 38:4-5

  4. #154
    La Vengeance
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    Predefinito Rif: La frustrazione e la difficoltà nell'accettare la volontà di Dio

    Citazione Originariamente Scritto da Biuly Visualizza Messaggio
    Bel problema si.
    Ma io non credo che Dio lasci andare un credente al suicidio.
    A meno che il credente non sia in un momento di pazzia, ma a quel punto non è più imputabile come peccato, sta a Dio giudicare.
    Credo che piuttosto il suicidio sia, attenzione ripeto può darsi che qualcuno perda momentaneamente il senno, più frutto del maligno.
    Anzi è la meta del maligno, portare le persone alla disperazione.
    Per questo bisogna aver fede e caricaresi la croce sulle spalle fiduciosi.
    Dio non è un despota sadico.
    Chi spera in Lui non rimarrà deluso.
    Gesù infatti ha usato il verbo potare che non significa rovinare la pianta.
    La disperazione è subdola, per questo bisogna tener viva la fede finchè tutto va bene, perchè nel momento della prova potrebbe venir meno se non è vera fede.
    Ovvio che è facile a dirsi ma difficile a farsi.
    Il disegno divino che è dentro di noi credo ce lo faccia portare a termine anche se la nostra vita a volte sembra tremendamente normale e non come crediamo dovrebbe essere.
    Quoto in particolare l'ultima parte.
    Sul suicidio penso, anzi credo, che l'ultima parola spetti sempre e solo all'Altissimo ed alla Sua infinita Misericordia.
    Può darsi quindi che quel povero tormentato viva nel migliore dei paradisi possibili. L'opera del demonio che lo avrebbe indotto alla disperazione finirebbe con l'essersi coperta di ridicolo.

    Infatti io penso che togliersi la vita in un momento di grande disperazione non possa essere imputato alla ragione umana.
    Per questo motivo l'uomo è salvato da una causa di giustificazione.

    Lessi molti anni fa una storia impressionante che è sempre rimasta presente nell'angolo più remoto della mia memoria.
    Rimasi davvero impietrito.

    Anche un credente, uno vero, posto nelle mani della afflizione e della costernazione, può toglersi la vita.
    Ma questa è tutta un'altra storia.
    "Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me" (Immanuel Kant)

  5. #155
    ...
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    Predefinito Rif: La frustrazione e la difficoltà nell'accettare la volontà di Dio

    1. « SPE SALVI facti sumus » – nella speranza siamo stati salvati, dice san Paolo ai Romani e anche a noi (Rm 8,24). La « redenzione », la salvezza, secondo la fede cristiana, non è un semplice dato di
    fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. Ora, si impone immediatamente la domanda: ma di che genere è mai questa speranza per poter giustificare l'affermazione secondo cui a partire da essa, e semplicemente perché essa c'è, noi siamo redenti? E di quale tipo di certezza si tratta?

    continua...
    "Per tutto il pensiero occidentale, ignorare il suo Medioevo significa ignorare se stesso" - Étienne Gilson


    "Se commettiamo ingiustizia, Dio ci lascerà senza musica" - Cassiodoro.

 

 
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