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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    Domenica 2 aprile 2017: DOMENICA DI PASSIONE; SAN FRANCESCO DI PAOLA, CONFESSORE…



    http://www.unavoce-ve.it/gueranger.htm#PASS
    "TEMPO DI PASSIONE
    Capitolo I - Storia del Tempo di Passione e della Settimana Santa
    Capitolo II - Mistica del Tempo di Passione e della Settimana Santa
    Capitolo III - Pratica del Tempo di Passione e della Settimana Santa
    Domenica di Passione"
    Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - Domenica di Passione
    http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-dom.htm
    “DOMENICA DI PASSIONE”

    Guéranger, L'anno liturgico - 2 aprile. San Francesco di Paola, Confessore
    http://www.unavoce-ve.it/pg-2apr.htm



    Domenica della Passione - Santa Messa di Don Floriano Abrahamowicz
    https://www.youtube.com/watch?v=Xu6IKqiJAwE
    Domenica di Passione - Santa Messa
    https://www.youtube.com/watch?v=7oviEm9aUc4
    https://www.youtube.com/channel/UCgi...ycHasvCb8ECH8w
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
    Omelie IT - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/omelie-it.php
    SEGUIRE LA S.MESSA - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/se...la-s.messa.php



    San Francesco da Paola - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/san-francesco-paola/
    “2 aprile, San Francesco da Paola, Confessore (Paola, 27 marzo 1416 – Tours, 2 aprile 1507), fondatore dell’Ordine dei Minimi.

    O glorioso nostro protettore S. Francesco di Paola, che fin dal tempo in cui viveste in questa terra foste eletto da Dio ad essere strumento della sua bontà ed onnipotenza nell’operar prodigi a beneficio di quei cristiani che con viva fede ebber ricorso alle vostre preghiere; deh! volgete benigno lo sguardo ai devoti che implorano la vostra intercessione. Noi vi supplichiamo di aver pietà di noi ed ottenerci da Dio le grazie che meglio rispondono al bene spirituale dell’anima nostra. Per quell’ardore di carità che infiammò il vostro cuore, allontanate da noi tutto ciò che ci affligge. Fate o Padre Santo, che sopra di noi trionfi la divina Misericordia, la quale ci consoli con salutare liberazione, e con rassegnata pazienza; e così l’una e l’altra ci serva di felice preludio alla gloria eterna del Paradiso. Così sia.”



    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare santa Teodósia, Vergine di Tiro, la quale, nella persecuzione di Galério Massimiàno, avendo pubblicamente salutato i santi Confessori, che stavano innanzi al tribunale, e pregatili che, quando fossero giunti al Signore, si ricordassero di lei, fu presa dai soldati e condotta al Preside Urbàno; e, dopo esserle stati per suo ordine lacerati i fianchi e le mammelle fino alle interiora, fu alla fine precipitata in mare. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi le avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questa santa Martire, ed a lei affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, santa Teodósia, Vergine di Tiro, possa essere mia avvocata e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”



    Ligue Saint Amédée
    http://www.SaintAmedee.ch/
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “2 Avril : Saint François de Paule, Fondateur de l'Ordre des Frères Minimes (1416-1508).”

    “Sermon du Père Joseph-Marie pour le Dimanche de la Passion (2016).
    http://prieure2bethleem.org/predica/...ars.mp3”






    http://radiospada.org/
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf

    “2 APRILE 2017: SAN FRANCESCO DI PAOLA, CONFESSORE.

    Un grande Penitente.
    Oggi riceviamo l'esempio e il patrocinio dal Fondatore di una milizia fatta di umiltà e di penitenza, Francesco di Paola. Non ostante la sua vita fosse sempre innocente, tuttavia lo vediamo abbracciare, sin dalla prima giovinezza, una penitenza così austera, che ci parrebbe troppo severa nei più grandi peccatori d'oggigiorno. Dio non muta, e mai vengono meno i diritti e i rigori della giustizia divina; non ci sarà perdonata l'offesa che abbiamo fatta a lui peccando, se non la ripariamo. I Santi hanno espiato per tutta la vita, e con la massima severità, le loro colpe più leggere; e non senza fatica la Chiesa, in questi giorni, strappa alla nostra mollezza qualche opera di penitenza mitigata all'eccesso!
    Manca forse la fede nelle anime nostre? o languisce nei nostri cuori la carità? Senza dubbio ci mancherà l'una e l'altra; e la causa di tale fiacchezza la dobbiamo ricercare nell'amore della vita presente, che quasi insensibilmente ci fa perdere l'unico punto di vista cui dovremmo sempre mirare: l'eternità. Quanti cristiani ai nostri giorni si rassomigliano, nei sentimenti, a quel re di Francia, che, dopo aver ottenuto dal Romano Pontefice che san Francesco di Paola dimorasse presso di lui, venne a gettarsi ai piedi del servo di Dio, per supplicarlo di prolungargli la vita! Tale attaccamento alla vita noi lo portiamo ad un eccesso miserando. Ci ripugna il digiuno e l'astinenza, non perché l'obbedienza alla legge della Chiesa metterebbe a repentaglio la vita, non perché viene pregiudicata la salute: perché sappiamo bene che le prescrizioni quaresimali cedono davanti a simili motivi; ma ci si dispensa dal digiuno e dall'astinenza, perché la mollezza in cui viviamo ci rende insopportabile persino l'idea di una piccola privazione o di un leggero mutamento delle nostre abitudini. Troviamo forza più che sufficiente negli affari, nei capricci e nei piaceri; e quando si tratta d'adempiere delle leggi ordinate dalla Chiesa nell'interesse dell'anima e del corpo, ogni cosa pare impossibile; anzi si addomestica la coscienza a non turbarsi più di queste trasgressioni annuali, che alla fine estinguono nell'anima del peccatore persino l'idea della necessità ch'egli ha di far penitenza, se vuol essere salvo.
    VITA. - Francesco nacque a Paola, in Calabria, nel 1437. Dopo aver fatta una vita eremitica per sei anni, gettò le prime fondamenta del suo Ordine e chiamò i suoi discepoli col nome di Minimi. Celebre per la sua austerità, le virtù ed i miracoli, nel 1482, dovette andare in Francia a preparare re Luigi XI a morire piamente. Egli poi mori a Tours nel 1507. Leone X lo iscrisse infallibilmente nel catalogo dei Santi il 1° maggio 1519.
    Spirito di penitenza.
    O Apostolo della penitenza, Francesco di Paola, la tua vita fu sempre santa, mentre noi siamo peccatori. Non di meno in questi giorni osiamo ricorrere al tuo potente patrocinio, affinché ci ottenga da Dio che non passi questo santo tempo, senza averci fatto concepire un vero spirito di penitenza, che ci sostenga nella speranza che nutriamo del perdono. Mentre ammiriamo le meraviglie di cui fu ripiena la tua vita, ora che sei nell'eterna gloria ricordati di noi e degnati benedire il popolo fedele che implora da te aiuto. Che le tue preghiere facciano piovere su noi la grazia della compunzione che animi le nostre opere di penitenza.
    Benedici e conserva il santo Ordine da te fondato. La tua patria ebbe l'onore di possederti! Dalla Francia la tua anima volò al cielo, lasciando ivi deposte le tue spoglie mortali, che certo divennero per la Francia una sorgente di favori ed il pegno della tua protezione. Ma ahimé! ora non possediamo più il tuo corpo, tempio dello Spirito Santo: perseguitato dal furore del protestantesimo, incendiato ed incenerito sacrilegamente. O uomo pieno di mitezza e di pace, perdona ai figli i crimini dei loro padri; e, mentre nel cielo formi un trofeo delle divine misericordie, usaci clemenza e non ricordare le passate iniquità, se non per attirare sulla presente generazione quei celesti favori che possono convertire i popoli e far rivivere in essi la fede e la pietà degli antichi tempi.
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 895-896.”


    “2 apriie 2017: DOMENICA DI PASSIONE.
    Oggi, se udirete la voce del Signore, non indurite i vostri cuori.
    L’insegnamento della Liturgia.
    La santa Chiesa comincia oggi il Mattutino con queste gravi parole del Re Profeta. Una volta i fedeli si facevano un dovere d’assistere all’ufficiatura notturna, per lo meno le Domeniche e le Feste, perché ci tenevano a non perdere nessun insegnamento della Liturgia. Ma dopo tanti secoli la casa di Dio non fu più frequentata con quell’assiduità che formava la gioia dei nostri padri; e un po’ alla volta anche il clero cessò di celebrare pubblicamente gli uffici che non erano più seguiti. All’infuori dei Capitoli e dei Monasteri, non si sente più risuonare il coro così armonioso della lode divina, e le meraviglie della Liturgia non sono più conosciute dal popolo cristiano che in una maniera imperfetta.
    Lamento del Signore.
    Questo è un motivo per noi di presentare all’attenzione dei lettori alcuni tratti dell’Ufficio, che altrimenti sarebbero per loro come se non esistessero. Che cosa c’è oggi di più adatto a commuoverli dell’avvertimento che la Chiesa prende da David per rivolgerlo a noi, e che ripeterà ogni mattina fino al giorno della Cena del Signore? Peccatori, ci dice, oggi che cominciate a sentire la voce gemebonda del Redentore, non siate così nemici di voi stessi da lasciare i vostri cuori nell’ostinazione. Il Figlio di Dio sta per darvi l’ultima e più viva dimostrazione di quell’amore che lo portò dal cielo sulla terra; s’avvicina la sua morte; è pronto il legno per l’immolazione del nuovo Isacco; rientrate in voi stessi e non permettete che il vostro cuore, emozionato forse per un istante, ritorni alla sua consueta durezza. Sarebbe il più grande pericolo. Questi anniversari hanno l’efficacia di rinnovare le anime, le quali cooperano con la loro fedeltà alla grazia che ricevono; ma aumentano l’insensibilità di coloro che li lasciano passare senza convertirsi. “Se oggi dunque udrete la voce del Signore non indurite i vostri cuori” (Sal. 94)
    Ultimi giorni della vita pubblica di Gesù.
    Durante le precedenti settimane abbiamo visto crescere ogni giorno più la malizia dei nemici del Salvatore. Li irrita la sua presenza e la sua stessa vista; si ha quasi la sensazione che l’odio ch’essi comprimono nei loro cuori non aspetti che il momento per esplodere. La bontà e la dolcezza di Gesù continuano ad avvicinare a lui le anime semplici e rette; mentre l’umiltà della sua vita e l’inflessibile purezza della sua dottrina allontanano sempre più il Giudeo superbo che sogna un Messia conquistatore, ed il Fariseo che non teme di travisare la legge per farla strumento delle sue passioni. Tuttavia Gesù continua l’opera dei miracoli; i suoi discorsi sono impressi di nuova forza; con le profezie minaccia la città ed il famoso tempio del quale non rimarrà pietra su pietra. I dottori della legge, almeno, potrebbero riflettere, esaminare queste opere meravigliose che rendono testimonianza al Figlio di David, e rileggere tanti oracoli divini che si compirono in lui fino a questo momento con la massima fedeltà. Ahimé! anche questi oracoli stanno per compiersi fino all’ultimo iota. David ed Isaia non predissero un apice delle umiliazioni e dei dolori del Messia, che questi uomini accecati non s’affrettassero a realizzare.
    Ostinazione della sinagoga e del peccatore.
    In essi dunque si compì il detto: “Chi avrà sparlato contro il Figlio dell’Uomo sarà perdonato, ma chi avrà sparlato contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questa vita né in quella futura” (Mt. 12, 32). La sinagoga corre verso la maledizione. Ostinata nel suo errore, non vuole ascoltare né vedere più niente; ha falsificato a suo piacimento la propria sentenza, ha spento in sé la luce dello Spirito Santo; e la vedremo scendere, di gradino in gradino, sulla china dell’aberrazione, fino all’abisso. Triste spettacolo al quale assistiamo spesso, anche ai nostri giorni, nei peccatori che, a forza di resistere alla luce di Dio, finiscono per assopirsi nelle tenebre! E non ci stupisce di ravvisare in altri uomini i tratti che osserviamo negli autori del dramma che sta per compiersi. La storia della Passione del Figlio, di Dio ci fornirà più d’una lezione sui segreti del cuore umano e delle sue passioni. Né potrebbe essere altrimenti: perché ciò che avviene a Gerusalemme si rinnova nel cuore dell’uomo peccatore. Questo cuore è un Calvario, sul quale, secondo l’espressione dell’Apostolo, Gesù Cristo è molte volte crocifisso. La stessa ingratitudine, lo stesso acciecamento, la stessa follia; con la differenza che il peccatore, quando è schiarito dai lumi della fede, sa chi mette in croce; mentre i Giudei, come dice anche San Paolo, non conoscevano come noi questo Re di gloria (I Cor. 2, 8) che fu confitto in croce. Seguendo perciò la narrazione dei fatti evangelici che giorno per giorno ci verranno messi sotto gli occhi, la nostra indignazione contro i Giudei si rivolga anche contro noi stessi e i nostri peccati. Piangiamo sui dolori della vittima, noi, che con le nostre colpe abbiamo reso necessario un tal sacrificio.
    Il ritiro di Gesù.
    In questo momento, tutto c’invita alla tristezza. Perfino la croce sull’altare è nascosta dietro un velo, e le immagini dei Santi sono coperte; “la Chiesa è in attesa della più grande sciagura. Non attira più la nostra attenzione sulla penitenza dell’Uomo-Dio; solo trema al pensiero dei pericoli che lo circondano. Leggeremo fra poco nel Vangelo che il Figlio di Dio stava per essere lapidato come un bestemmiatore; ma non essendo ancora giunta l’ora sua, dovette fuggire e nascondersi. Un Dio nascondersi, per evitare la collera degli uomini! Quale capovolgimento! È forse debolezza, o timore della morte? Sarebbe una bestemmia il solo pensarlo, mentre presto lo vedremo manifestarsi apertamente dinanzi ai suoi nemici. Si sottrasse in quel momento alla rabbia dei Giudei, perché non s’era ancora adempiuto in lui tutto ciò ch’era stato predetto. Del resto, non è sotto una pioggia di pietre ch’egli dovrà spirare, ma sull’albero della maledizione, che d’ora in poi diventerà l’albero della vita.
    Adamo e Gesù.
    Umiliamoci nel vedere il Creatore del cielo e della terra sottrarsi alla vista degli uomini per non incorrere nella loro rabbia. Pensiamo al giorno del primo peccato, quando Adamo ed Eva colpevoli pure si nascosero nel vedersi nudi. Gesù è venuto per garantire loro il perdono; ed ecco che anche lui si nasconde, non perché sia nudo, Lui che per i Santi è la veste della santità e dell’immortalità, ma perché s’è fatto debole, per dare a noi la forza. I nostri progenitori si sottrassero agli sguardi di Dio; Gesù si nasconde agli occhi degli uomini; ma non sarà sempre così. Verrà il giorno in cui i peccatori, nel vedere chi oggi sembra fuggire, rivolgeranno le loro implorazioni alle rocce e alle montagne e le supplicheranno di cadere sopra di loro per scomparire dalla sua vista; ma questa loro brama rimarrà sterile, e loro malgrado “vedranno il Figlio dell’uomo venir sulle nubi del cielo con gran potenza e gloria” (Mt. 24, 30).
    Questa Domenica è chiamata Domenica di Passione, perché oggi la Chiesa comincia ad occuparsi espressamente dei patimenti del Redentore. È detta anche Domenica Judica, dalla prima parola dell’Introito della Messa; e infine della Neomenia, cioè della nuova luna, perché la Pasqua cade sempre dopo la luna nuova, la quale serve a fissare tale festa.
    Nella Chiesa greca questa Domenica non ha altro nome che quello di Quinta Domenica dei santi digiuni.
    La Stazione, a Roma, è nella Basilica di S. Pietro. L’importanza di tale Domenica, che non cedeva a nessuna festa, per quanto solenne, esigeva che la funzione avesse luogo nel più augusto tempio della città eterna.
    MESSA
    EPISTOLA (Ebr. 9, 11-15). Fratelli; Cristo venuto come pontefice dei beni futuri, attraversando un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d’uomo, cioè non di questa creazione, non col sangue dei capri e dei vitelli, ma col proprio sangue entrò una volta per sempre nel Santuario, dopo aver ottenuta la redenzione eterna. Or se il sangue dei capri e dei tori e la cenere di vacca, aspergendo gl’immondi, li santifica quanto alla purità della carne, quanto più il sangue di Cristo che per lo Spirito Santo ha offerto se stesso immacolato a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, per servire a Dio vivo? E per questo Egli è mediatore d’una nuova alleanza, affinché, interposta la sua morte per redimere le prevaricazioni avvenute sotto la prima alleanza, i chiamati ricevano la promessa dell’eterna eredità di Gesù Cristo nostro Signore.
    La salvezza nel sangue d’un Dio.
    Solo col sangue l’uomo può essere riscattato. La divina maestà offesa non si placherà che per lo sterminio della creatura ribelle, il cui sangue sparso sulla terra con la propria vita renderà testimonianza del suo pentimento della sua profonda umiliazione dinanzi a colui contro il quale s’è ribellata. Altrimenti la giustizia di Dio dovrà essere compensata con l’eterno supplizio del peccatore. Tutti i popoli lo hanno compreso, dal sangue degli agnelli di Abele fino a quello che colava a fiotti nelle ecatombi della Grecia e nelle innumerevoli immolazioni con le quali Salomone inaugurò la dedicazione del suo tempio. Nondimeno Dio disse: “Ascolta, o popolo mio, che vò, parlarti, o Israele, che ti ho da avvertire: Io sono Dio, il tuo Dio. Non ti rimprovererò per i tuoi sacrifici: i tuoi olocausti mi stan sempre davanti. Non ho bisogno di prendere i vitelli della tua casa, né dal tuo gregge i capri, perché mie son le fiere dei boschi, il bestiame che pascola sui monti e i bovi. Conosco tutti gli uccelli dell’aria, e la bellezza dei campi è la mia disposizione. Dato che avessi fame, non verrei a dirlo a te, perché mio è l’universo e tutto ciò che contiene. Mangerò forse carni di tori e berrò sangue di capri?” (Sal. 49, 7-13). Così Dio ordina sacrifici cruenti, ma dichiara che non sono niente ai suoi occhi. Vi è forse una contraddizione? No: Dio vuole che l’uomo comprenda che non può essere riscattato che col sangue, e che nello stesso tempo il sangue degli animali è troppo grossolano per operare un tale riscatto. Sarà allora il sangue dell’uomo a placare la divina giustizia? Non basta: perché il sangue dell’uomo è impuro e macchiato; ed anche se fosse puro, sarebbe impotente a risarcire l’oltraggio fatto a un Dio. Occorre il sangue d’un Dio; e Gesù viene a spargere il suo.
    In lui sta per realizzarsi la più grande figura dell’antica legge. Una volta l’anno, infatti, il pontefice entrava nel Santo dei Santi ad intercedere per il popolo. Penetrava oltre il velo, e si trovava al cospetto dell’Arca santa; ma gli era concesso tale favore solo a condizione d’entrare in quel sacro asilo recando fra le mani il sangue della vittima da lui immolata. In questi giorni il Figlio di Dio, il Pontefice per eccellenza, sta per fare ingresso in cielo, e noi pure vi entreremo dietro a lui; ma per far questo dovrà presentarsi col sangue nelle mani, e questo sangue non può essere che il suo. Così lo vedremo adempiere questa divina volontà. Apriamo dunque le nostre anime, affinché questo sangue, come ci ha detto l’Apostolo, “purifichi la nostra coscienza dalle opere di morte, per servire a Dio vivo”.
    VANGELO (Gv. 8, 46-59). In quel tempo: Gesù diceva alla turba dei Giudei: Chi di voi mi potrà convincere di peccato? Se io dico la verità perché non mi credete? Chi è da Dio, ascolta le parole di Dio. Per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio. Replicarono i Giudei: Non diciamo con ragione che tu sei un Samaritano e indemoniato? Gesù rispose: Io non sono indemoniato, ma onoro il Padre mio e voi mi vituperate. Ma io non cerco la mia gloria, c’è chi ne prende cura e ne giudica. In verità, vi dico: chi osserva i miei comandamenti non vedrà morte in eterno. Gli dissero allora i Giudei: Ora vediamo bene che tu sei posseduto da un demonio. Abramo è morto, così pure tutti i profeti e tu dici: Chi osserva i miei comandamenti non vedrà morte in eterno.
    Sei forse tu da più del padre nostro Abramo, il quale è morto? Ed anche i Profeti sono morti. Chi credi mai tu di essere? Gesù rispose: Se io glorifico me stesso, la mia gloria è nulla: vi è a glorificarmi il Padre mio, il quale voi dite che è il vostro Dio; ma non lo avete conosciuto. Io sì che lo conosco, e se dicessi che non lo conosco, sarei, come voi, bugiardo. Ma io lo conosco ed osservo le sue parole. Abramo, vostro padre, sospirò di vedere il mio giorno: lo vide e ne tripudiò. Gli opposero i Giudei: Non hai ancora cinquant’anni e hai veduto Abramo? Gesù rispose loro: In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse nato, io sono. Dettero allora di piglio alle pietre per tirarle contro di lui, ma Gesù si nascose, ed uscì dal tempio.

    Indurimento dei Giudei.
    Come si vede, la rabbia dei Giudei è giunta al colmo, e Gesù è costretto a dileguarsi davanti a loro. Fra poco lo faranno morire; ma come è differente la loro sorte dalla sua! Per obbedienza ai decreti del Padre celeste, e per amore degli uomini, egli si darà nelle loro mani, ed essi lo metteranno a morte; ma uscirà vittorioso dalla tomba, salirà al cielo e andrà a sedersi alla destra del Padre. Essi invece, sfogata la loro rabbia, s’addormenteranno senza rimorso fino al terribile risveglio che sarà loro preparato. Naturalmente è fatale la condanna di questi uomini. Guardate con quale severità parla loro Gesù: “Voi non ascoltate la parola di Dio, perché non siete da Dio”. Ma vi fu un tempo ch’essi erano da Dio: perché il Signore dà a tutti la sua grazia; ma essi frustrarono questa grazia, ed ora si agitano fra le tenebre, e non vedranno più la luce che hanno disprezzata.
    “Voi dite che il Padre è vostro Dio; ma non lo avete conosciuto”. Misconoscendo il Messia, la sinagoga è arrivata al punto di non conoscere più lo stesso Dio unico e sovrano, del cui culto andava così fiera; se infatti conoscesse il Padre, non rigetterebbe il Figlio. Mosè, i Salmi, i Profeti sono per lei lettera morta; perciò questi libri divini passeranno presto nelle mani d’altri popoli, che sapranno leggerli e comprenderli. “Se dicessi di non conoscere il Padre, sarei, come voi, bugiardo”. Nella durezza del linguaggio di Gesù s’intravide già l’ira del giudice che verrà nell’ultimo giorno a fracassare a terra la testa dei peccatori. Gerusalemme non ha conosciuto il tempo della sua visita; il Figlio di Dio è venuto da lei, ed essa osa dirlo “posseduto dal demonio”. Rinfaccia al Figlio di Dio, al Verbo eterno che dimostra la sua origine divina coi più strepitosi miracoli, che Abramo ed i Profeti sono da più di lui. Incredibile accecamento che proviene dalla superbia e dalla durezza del cuore! Venuta la Pasqua, questi uomini mangeranno religiosamente l’agnello figurativo; e sanno che quest’agnello è simbolo che si deve realizzare. Il vero agnello sarà immolato proprio dalle loro mani sacrileghe, e non lo riconosceranno; il sangue sparso per loro perciò non li salverà. La loro sventura ci porta col pensiero a tanti peccatori induriti, per i quali la Pasqua di quest’anno sarà sterile di conversione come quella degli anni precedenti. Raddoppiarne le nostre preghiere per loro e domandiamo che il sangue divino ch’essi mettono sotto i piedi non gridi un giorno contro di loro dinanzi al trono del Padre celeste.
    PREGHIAMO
    Riguarda propizio, o Dio onnipotente, la tua famiglia; affinché sia sostenuta nel corpo per tua bontà e sia custodita nell’anima per la tua grazia.

    da: P. GUÉRANGER, L’anno liturgico. - I. Avvento. Natale. Quaresima. Passione, trad. it. P. GRAZIANI, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 638-644.”





    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

  2. #32
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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    Santi e ricorrenze dei giorni 3 - 4 - 5 aprile 2017...




    3 aprile 2017: LUNEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE…



    Guéranger, L'anno liturgico - Lunedì della Settimana di Passione
    http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-lun.htm



    http://www.sodalitium.biz/san-sisto/
    “3 aprile. San Sisto I, Papa e Martire.

    “A Roma il natale del beato Sisto primo, Papa e Martire, che governò la Chiesa con somma lode al tempo dell’imperatore Adriano, ed in fine, sotto Antonino Pio, per guadagnarsi Cristo, sostenne volentieri la morte temporale”.”


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    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
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    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare san Vulpiàno Martire, il quale, nella persecuzione di Massimiano Galério, cucito entro un sacco di cuoio con un serpente velenoso ed un cane, fu sommerso nel mare. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti di questo santo Martire, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Vulpiàno Martire possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”



    Ligue Saint Amédée
    http://www.SaintAmedee.ch/
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “3 Avril : Saint Sixte Ier, Pape.”




    http://radiospada.org/
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
    “3 aprile 2017: LUNEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE.

    La Stazione è a Roma, nella chiesa di S. Crisogono, il "titulus Chrysogoni" del 499, dove molto per tempo si venerò il Martire omonimo d'Aquileia, vittima della persecuzione di Diocleziano, nel 303. Il suo nome è inserito nel Canone della Messa.
    EPISTOLA (Gn 3,1-10). - In quei giorni: Il Signore parlò di nuovo a Giona profeta e gli disse: Alzati e recati di nuovo a Ninive, la grande città; e nella medesima predica tutto quello che ti dico io: Giona si mosse e andò a Ninive, secondo l'ordine del Signore. Or Ninive era una città grande, di tre giorni di cammino. Giona cominciò a penetrare in città, camminando per una giornata, e si mise a gridare e a dire: Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta. I Niniviti credettero a Dio, e ordinarono il digiuno, e si vestirono di sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la cosa al re di Ninive, egli s'alzò dal suo trono, depose le sue vesti, indossò il sacco e si gettò sulla cenere. E fu pubblicato e posto in Ninive quest'ordine fatto dal re e dai suoi principi: Uomini e bestie, bovi e pecore, non tocchino niente, non vadano al pascolo, non bevano acqua. Si copran di sacco gli uomini e gli animali, e gridino con tutta forza al Signore; si converta ciascuno dalla sua cattiva vita e dalle sue opere malvagie. Chi sa che Dio non muti sentenza e ci perdoni; e, cessata l'ira sua furibonda, non ci faccia più perire? E Dio notò tutto quello che facevano, e come s'erano convertiti dalla loro cattiva vita; e il Signore Dio nostro ebbe compassione del suo popolo.
    Penitenza di Ninive.
    La santa Chiesa ci mostra oggi questo fatto per rianimarci di zelo nella via della penitenza. Una città data all'idolatria, una capitale superba e voluttuosa ha meritato il castigo della collera celeste. Dio sta per travolgerla sotto i colpi della sua vendetta; ancora quaranta giorni, e Ninive crollerà sui suoi abitanti. Ma che cosa è sopravvenuto? La minaccia del Signore non s'è più adempiuta, e Ninive è stata risparmiata. Un popolo infedele s'è ricordato di Dio, dopo averlo dimenticato; ha gridato al Signore, s'è umiliato, ha digiunato; e la Chiesa conchiude la narrazione del Profeta con le parole: "Ed il Signore Dio nostro ebbe compassione del suo popolo". Un popolo pagano era divenuto popolo del Signore, perché aveva sentito la voce del Profeta ed aveva fatto penitenza; Il Signore aveva stretto alleanza con una sola nazione; ma non disdegnava gli omaggi delle altre, che rinunciando ai loro idoli, confessavano il suo santo nome e dichiaravano di volerlo servire. Noi qui costatiamo l'efficacia della penitenza del corpo unite a quella del cuore capace di piegare lo sdegno celeste: quanto dobbiamo dunque apprezzare le pratiche che impone in questi giorni la Chiesa, e come dobbiamo riformare la falsa idea d'una spiritualità razionalista e rilassata che potrebbe essersi infiltrata in noi!
    Lezione di confidenza.
    Questa lettura era nello stesso tempo un motivo di speranza e di fiducia per i Catecumeni, prossimi all'iniziazione. Essi v'imparavano a conoscere la misericordia del Dio dei cristiani, le cui minacce sono così terribili, ma che non sa resistere al pentimento d'un cuore che rinuncia al peccato. Venuti dal paganesimo, da questa Ninive profana, imparavano da questo fatto che il Signore, anche prima d'inviare il suo Figliolo in questo mondo, voleva che tutti gli uomini fossero suo popolo; e pensando alle difficoltà che avevano dovuto vincere i loro padri per accogliere la grazia offerta loro, e perseverare in essa, benedicevano il Dio Salvatore, il quale, con la sua incarnazione, il suo sacrificio, i suoi Sacramenti e la sua Chiesa, ci ha messo così a portata di mano la salute, di cui egli è l'unica sorgente, sia per il mondo antico che per il nuovo. Anche i pubblici Penitenti attingevano da questa lettura un nuovo incoraggiamento a sperare nel perdono. Dio ebbe misericordia di Ninive, città peccatrice e condannata; si degnerà dunque gradire anche la loro penitenza, ed arresterà, in loro favore, il braccio della sua giustizia.
    VANGELO (Gv 7,32-39). - In quel tempo: I prìncipi e i farisei mandarono delle guardie a prendere Gesù. Allora Gesù disse loro: Ancora per poco tempo sono con voi, e vado da chi mi ha mandato. Mi cercherete e non mi troverete; e dove io sono non potete venire. Dicevano perciò tra di loro i Giudei: Dove mai andrà, che noi non lo troveremo? Andrà forse ai dispersi tra le nazioni, ad insegnare ai pagani? Che significa questo suo dire: Voi mi cercherete e non mi troverete e dove son io non potete venire? Poi nell'ultimo gran giorno della festa, Gesù, levatesi in piedi, disse ad alta voce: Chi ha sete venga a me e beva. Dal seno di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d'acqua viva. Diceva questo dello Spirito, che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto in lui.
    Timore dell'indurimento.
    I nemici del Salvatore non s'accontentarono di lanciar pietre contro di lui; oggi vogliono sottrargli la libertà, e mandano soldati ad impadronirsi di lui. In questa circostanza Gesù non crede opportuno fuggire; ma quale terribile parola pronuncia al loro indirizzo! "Vado da chi mi ha mandato; mi cercherete e non mi troverete, e dove io sono non potete venire". Dunque il peccatore che per tanto tempo ha abusato della grazia, può, in punizione della sua ingratitudine e del suo disprezzo, non ritrovare più il Salvatore, dal quale ha voluto distaccarsi. Umiliato dalla mano di Dio, Antioco pregò; ma non fu esaudito. Dopo la morte e la risurrezione di Gesù, mentre la Chiesa gettava le sue radici nel mondo; i Giudei crocifissori del Cristo andavano a cercare il Messia in tutti gl'impostori che allora si levavano nella Giudea causando le sommosse che portarono Gerusalemme alla rovina. Assediati d'ogni parte dalla spada dei Romani e dalle fiamme dell'incendio che divorava il tempio e le case, essi gridavano verso il cielo, supplicando il Dio dei loro padri a mandare, secondo la sua promessa, l'atteso liberatore; e neppure immaginavano che questo liberatore s'era già mostrato ai loro padri, anzi a molti di loro, che l'avevano ucciso, e che gli Apostoli avevano già portato il suo nome agli ultimi confini della terra. Attesero ancora, fino al momento in cui la città deicida s'abbatté su quelli che non furono passati dalla spada del vincitore; gli altri che sopravvissero furono condotti a Roma per ornare il trionfo di Tito. Se si fosse loro chiesto chi aspettavano, certamente avrebbero risposto che aspettavano il Messia. Vana attesa: il momento era passato. Temiamo che la minaccia del Salvatore non si compia in molti di coloro che lasceranno ancora passare la Pasqua senza convertirsi al Dio di misericordia; e preghiamo, intercediamo, affinché non cadano in mano alla giustizia, che non riuscirebbe più a piegare un loro tardivo ed assai imperfetto pentimento.
    L'acqua viva.
    Proseguendo nella narrazione evangelica, ci vengono suggeriti pensieri più confortanti. Anime fedeli ed anime penitenti, ascoltate; è a voi che parla Gesù: "Chi ha sete venga a me e beva". Ricordate la preghiera della povera Samaritana? "Signore, diceva, dammi sempre di quest'acqua". Quest'acqua è la grazia divina: attingete abbondantemente alle fonti del Salvatore predette dal Profeta (Is 12,3). Quest'acqua restituisce la purezza all'anima contaminata, la forza dell'anima debole, l'amore a chi si sente tiepido. Anzi il Salvatore aggiunge: "Dal seno di chi crede in me scaturiranno fiumi d'acqua viva", perché discenderà lo Spirito Santo, nel fedele, il quale potrà riversare sugli altri la grazia che ha ricevuto nella sua pienezza. Con quale santa gioia il Catecumeno sentiva leggere queste parole che gli promettevano che avrebbe potuto dissetarsi alla divina fonte! Il Salvatore ha voluto essere tutto per l'uomo rigenerato: la Luce che rischiara le sue tenebre, il Pane che lo nutre, la Vigna che gli offre il ceppo della vite, infine l'Acqua zampillante che ristora i suoi ardori.
    PREGHIAMO
    Concedi, o Signore, al tuo popolo la salute dell'anima e del corpo; affinché perseverando nelle buone opere, meriti di essere sempre difeso dalla tua protezione.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 644-647.”



    Luca, Sursum Corda!






    4 aprile 2017: MARTEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE; SANT'ISIDORO, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA…



    Guéranger, L'anno liturgico - Martedì della Settimana di Passione
    http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-mar.htm

    "San Isidoro, vescovo e dottore, 4 aprile"
    Guéranger, L'anno liturgico - 4 aprile. Sant'Isidoro,Vescovo e Dottore della Chiesa
    http://www.unavoce-ve.it/pg-4apr.htm



    http://www.sodalitium.biz/santisidoro/
    “4 aprile, sant’Isidoro, Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa (Cartagena, 560 circa. – Siviglia, 4 aprile 636).

    “A Siviglia, in Spagna, sant’Isidoro Vescovo, Confessore e Dot¬tore della Chiesa, illustre per santità e per dottrina, il quale illustrò la Spagna con lo zelo per la fede cattolica e per l’osservanza della disciplina ecclesiastica”.”



    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare sant’Isidóro Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa, illustre per santità e per dottrina, il quale illustrò la Spagna con lo zelo per la fede cattolica e per l’osservanza della disciplina ecclessiastica. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Confessore, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, sant’Isidóro Vescovo possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”


    Ligue Saint Amédée
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “4 Avril : Saint Isidore, Archevêque de Séville († 639).”




    http://radiospada.org/
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf

    “4 aprile 2017: SANT'ISIDORO, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.

    Oggi la santa Chiesa ci mostra la soave ed imponente figura di uno dei suoi più virtuosi Vescovi, sant'Isidoro, il grande Vescovo di Siviglia, l'uomo più sapiente del suo tempo, ma ancor più venerando per i benefici influssi del suo zelo sulla sua patria, l'uomo che ci esorta coi suoi esempi e con la sua intercessione.
    La Spagna "Cattolica".
    Fra tutte le nazioni cristiane ce n'è una che merita il nome di Cattolica per eccellenza: la Spagna. All'inizio dell'VIII secolo, la Provvidenza la sottopose alla più dura prova, permettendo che i Maomettani la dominassero per quasi tutta la sua estensione, così che i suoi figli dovettero lottare ben otto secoli prima di ricuperare la loro patria. Le vaste contrade dell'Asia e dell'Africa, occupate nella medesima epoca dall'invasione musulmana, restarono per sempre sotto il giogo islamico. Come fece la Spagna a trionfare dei suoi oppressori? perché non si spense mai in quel popolo il senso dell'umana dignità? È facile dare una risposta: all'epoca dell'invasione, la Spagna era cattolica; mentre le popolazioni che dovettero soccombere sotto la scimitarra musulmana, erano già separate dalla cristianità, o per l'eresia o per lo scisma. Dio le aveva abbandonate, perché avevano impugnate le verità della Fede e l'unità della Chiesa. Così divennero facile preda dei loro feroci vincitori, ai quali non opposero pressoché alcuna resistenza.
    Una famiglia di Santi.
    Peraltro la Spagna aveva corso un estremo pericolo. I Goti, nel soggiogarla, vi avevano seminata anche l'eresia; pure l'Arianesimo aveva eretti nell'Iberia i suoi sacrileghi altari. Ma Dio non permise che questa privilegiata terra restasse a lungo sotto il giogo dell'errore. Ancor prima che il Saraceno la prendesse d'assalto, la Spagna s'era riconciliata con la Chiesa; una famiglia tanto illustre e santa aveva avuto la gloria di portare a termine la grande opera.
    Ancor oggi, il visitatore che attraversa l'Andalusia rimane meravigliato, nel vedere a ciascuno dei quattro angoli delle pubbliche piazze un gruppo di statue: sono le statue rappresentanti tre fratelli ed una sorella: san Leandro Vescovo di Siviglia, sant'Isidoro che oggi festeggiamo, san Fulgenzio Vescovo di Cartagena, e la loro sorella santa Fiorentina, vergine a Dio consacrata. Con le opere di zelo e con l'eloquenza di san Leandro il re Reccaredo e l'intera nazione dei Goti furono aggregati alla fede cattolica nel concilio di Toledo, nel 589; la scienza e la personalità di Isidoro ne consolidarono la felice trasformazione; Fulgenzio la sostenne con le virtù e la dottrina; e Fiorentina contribuì a quest'opera così feconda per l'avvenire della patria coi sacrifici e le preghiere.
    VITA. - Sant'Isidoro nacque a Cartagine nel 560. Fin da giovane, con la sua immensa scienza, poté combattere l'eresia ariana. Nel 600 fu elevato alla Sede di Siviglia e san Gregorio Magno lo nominò suo Vicario in tutta la Spagna. Favorì l'ordine monastico, costruì Collegi, tenne Concili e scrisse libri, quali il libro delle Etimologie, quello degli Offici ecclesiastici ed altri importantissimi per la disciplina cristiana; ma soprattutto fu esempio delle più sublimi virtù. Dopo aver estirpato dalla Spagna l'eresia ariana, mori a Siviglia nel 636.
    Lode e preghiera.
    Pastore fedele, mentre il popolo cristiano onora le tue virtù e le tue opere, si rallegra della ricompensa con la quale il Signore coronò i tuoi meriti; siigli dunque propizio, in questi giorni di salute. Sulla terra, la tua vigilanza non abbandonò mai il gregge che ti fu affidato; orbene, consideraci tutti tue pecorelle e difendici dai lupi rapaci che sempre ci minacciano. Ottienici con le tue preghiere la pienezza delle grazie necessario a terminare la Quaresima; infondici coraggio, ravviva il nostro ardore e preparaci alla celebrazione dei grandi misteri. Ci siamo pentiti delle offese, abbiamo, sebbene debolmente, espiato le nostre colpe; la nostra conversione ha fatto un passo avanti: ora la dobbiamo perfezionare con la contemplazione dei patimenti e della morte del Redentore.
    Assistici, o Pontefice di Cristo; tu che conducesti una vita sì pura, prenditi così cura dei peccatori ed esaudisci la preghiera della Chiesa. Dal possesso delle gioie eterne ricordati sempre della tua patria terrena: benedici la Spagna, ridalle il primitivo ardore della fede e rinnovane lo zelo per il trionfo dei cristiani costumi. Tutta la Chiesa riconosce a quella nazione la fedeltà nel custodire il deposito della dottrina di salvezza; preservala perciò da ogni decadenza ed arresta i mali che l'affliggono, così che sia sempre fedele e sempre degna del bel nome che col tuo aiuto conquistò.
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 896-898.”


    “MARTEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE.
    A Roma una volta la Stazione era nella chiesa del santo Martire Ciriaco, come è tuttora segnato nel Messale Romano; ma siccome questo antico tempio fu distrutto, ed il corpo del santo diacono fu trasferito da Alessandro VII (1655-1667) nella chiesa di S. Maria in Via lata, presentemente la Stazione ha luogo in quest'ultima.
    LETTURA (Dn 14,27-42). - In quei giorni: Si radunarono i Babilonesi contro il re e gli dissero: Dacci nelle mani Daniele che ha distrutto Bel e ha ucciso il dragone, altrimenti uccideremo te e la tua famiglia. Quando il re vide che lo assalivano con la violenza, costretto dalla necessità, abbandonò loro Daniele. Ed essi lo gettarono nella fossa dei leoni, ove stette sei giorni. Nella fossa c'eran sette leoni ai quali davano ogni giorno due corpi e due pecore, che allora non furon date, affinché divorassero Daniele. V'era allora in Giudea il profeta Abacuc, il quale, cotto il companatico e fatte delle stiacciate in una teglia, andava al campo a portarle ai mietitori. L'Angelo del Signore disse ad Abacuc: Porta il desinare che hai, in Babilonia a Daniele, che è nella fossa dei leoni. Abacuc disse: Signore, io non ho visto Babilonia, e non conosco la fossa. Allora l'Angelo del Signore lo prese alla cima del capo, pei capelli della testa, e con la celerità dello spirito lo portò e lo posò a Babilonia sopra la fossa. Abacuc alzò la voce e disse: Daniele, servo di Dio, prendi il desinare che Dio t'ha mandato. Daniele esclamò: O Signore, ti sei ricordato di me, e non hai abbandonato chi ti ama. Poi Daniele s'alzò e mangiò, e l'Angelo del Signore subito riportò Abacuc al suo luogo. Il settimo giorno il re andò per piangere Daniele. Arrivato alla fosse vi guardò dentro, e vide Daniele a sedere in mezzo ai leoni. Allora il re gridò ad alta voce ed esclamò: Tu sei grande, o Signore Dio di Daniele! E lo trasse fuori dalla fossa dei leoni. Poi fece gettar nella fossa tutti quelli che l'avevan voluto perdere, e questi in un momento furon divorati alla sua presenza. Allora il re disse: Gli abitanti di tutta la terra temano il Dio di Daniele, perché egli è colui che salva e fa segni e prodigi Sulla terra, e ha liberato Daniele dalla fossa dei leoni.
    Daniele modello dei Catecumeni.
    Questa lettura era destinata in modo speciale ai Catecumeni, che si preparavano ad iscriversi nella milizia cristiana; e perciò conveniva mettere sotto ai loro occhi gli esempi che dovevano studiare e mettere in pratica durante la loro vita. Daniele dato in pasto ai leoni per aver disprezzato e distrutto l'idolo di Bel, era il tipo del Martire. Aveva confessato il vero Dio in Babilonia, ucciso il dragone figura di Satana, al quale il popolo idolatra, dopo la distruzione di Bel, aveva rivolto i suoi onori superstiziosi; solo la morte del Profeta poteva calmare i pagani. Pieno di confidenza in Dio, Daniele si lasciò calare nella fossa dei leoni, dando così alle età cristiane l'esempio di quel coraggioso sacrificio che per ben tre secoli doveva portare la consacrazione del sangue per il consolidamento della Chiesa. La figura di questo profeta, attorniato da leoni, s'incontra ad ogni passo nelle Catacombe romane; e la maggior parte delle pitture che lo rappresentano risale ai tempi delle persecuzioni. In tal modo i Catecumeni potevano contemplare con gli occhi ciò che con le loro orecchie sentivano leggere; tutto parlava loro di prove e di sacrifici. La storia di Daniele mostrava sì, la potenza di Dio che interviene a strappare una preda innocente gettata in pasto ai leoni; ma i candidati al Battesimo sapevano in anticipo che la liberazione cui dovevano mirare non sarebbe loro stata accordata, se non dopo aver reso testimonianza col sangue. Di quando in quando si ripetevano prodigi perfino nelle arene; talvolta si videro leopardi lambire i piedi dei Martiri e frenare la loro voracità alla presenza dei servi di Dio; ma questi miracoli altro non facevano che sospendere l'immolazione delle vittime e suscitare degli imitatori.
    Lotta contro il mondo.
    Non il coraggio di Daniele, né la sua vittoria sui leoni, proponeva la Chiesa all'attenzione dei Catecumeni; ciò che importava per loro era l'avere impresso d'ora innanzi nella memoria il detto del Salvatore: "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima: temete piuttosto colui che può mandare in perdizione e l'anima e il corpo nell'inferno" (Mt 10,28). Noi siamo i discendenti di quelle prime generazioni della Chiesa; ma non abbiamo guadagnato allo stesso prezzo il privilegio d'essere cristiani. Non in faccia ai proconsoli abbiamo da confessare Gesù Cristo, ma in faccia a quell'altro tiranno ch'è il mondo. Che l'esempio dei Martiri dunque, ci fortifichi in questi giorni per la lotta che dovremo ancora sostenere contro le sue massime, le sue pompe, le sue opere. In questo tempo di raccoglimento e di penitenza v'è una specie di tregua fra lui e noi; ma non tarderà il momento che ci toccherà d'affrontarlo e mostrarci cristiani.
    VANGELO (Gv 7,1-13). - In quel tempo: Gesù andava per la Galilea, non volendo andare nella Giudea, perché i Giudei cercavano di farlo morire. Ed era imminente la festa dei Giudei, detta dei Tabernacoli. Gli dissero pertanto i suoi fratelli: Partiti di qua e vattene in Giudea, affinché anche quei discepoli tuoi vedano le opere da te fatte; che certo nessuno il quale cerchi di essere acclamato in pubblico fa di nascosto le opere sue: e se fai tali cose, fatti conoscere al mondo. Ora nemmeno i suoi fratelli credevano in lui. Ma Gesù disse loro: Non è ancora arrivato il mio tempo; ma il vostro è sempre pronto. Il mondo non può odiarvi, ma odia me, perché faccio vedere che le sue opere sono malvagie. Andate voi a questa festa, io non ci vengo, perché non è ancora compiuto il mio tempo. Ciò detto si trattenne in Galilea. Ma partiti i suoi fratelli, andò alla festa anche lui, non pubblicamente, ma quasi di nascosto. I Giudei intanto lo cercavano nel giorno della festa e dicevano: Lui dov'è? E un grande sussurro si faceva di lui tra la gente. Chi diceva: È buono; chi: No, anzi, travia il popolo. Ma nessuno parlava pubblicamente di lui per timore dei Giudei.
    L'umiltà dell'Uomo-Dio.
    I fatti narrati in questo brano del santo Vangelo si riferiscono ad un'epoca un po' anteriore della vita di Gesù; ma la Chiesa ce li presenta oggi, per la relazione ch'essi hanno con quelli che abbiamo letti giorni fa. In esso notiamo che non solo all'avvicinarsi della Pasqua, ma fin dal tempo della festa dei Tabernacoli, in settembre, il rancore dei Giudei contro Gesù cospirava già la sua morte. Il Figlio di Dio era, così, costretto a viaggiare segretamente, e per recarsi sicuro a Gerusalemme, doveva prendere delle precauzioni.
    Adoriamo i diversi abbassamenti dell'Uomo Dio, che volle santificare tutte le congiunture, anche quella del giusto perseguitato e costretto a nascondersi agli sguardi dei nemici. Non gli sarebbe stato difficile abbagliare gli occhi dei suoi avversari con degl'inutili miracoli, come quelli che pretendeva Erode, e così forzare il loro culto e la loro ammirazione. Ma Dio non volle procedere così; non costringe, fa tutto palesemente davanti agli uomini; e se questi intendono riconoscere l'opera di Dio, si devono raccogliere, umiliare e far tacere le loro passioni. Soltanto allora si manifesta all'anima la luce di Dio: quest'anima ha visto abbastanza, ora crede e vuoi credere; la sua felicità, come il suo merito sta nella fede, ed ha la possibilità di attendere la manifestazione dell'eternità.
    La carne ed il sangue non la pensano così, perché questi amano il chiasso e lo splendore. Ma il Figlio di Dio, venendo sulla terra, non doveva abbassarsi per far mostra del suo potere infinito agli uomini: doveva sì, operare dei prodigi, per provare la sua missione; ma, come Figlio dell'Uomo, non tutto doveva essere un prodigio in lui. Gran parte della sua esistenza era riservata agli umili servigi della creatura; altrimenti, come poteva insegnare a noi col suo esempio ciò che avevamo tanto bisogno d'apprendere? I suoi fratelli (è noto come i Giudei davano il nome di fratelli a tutti i parenti in linea collaterale) avrebbero voluto aver parte nella stima popolare che desideravano per Gesù; e così gli diedero occasioni di pronunciare una parola che dobbiamo meditare in questo santo tempo, per ricordarcene più tardi: "Il mondo non può odiarvi, ma odia me". Guardiamoci dunque dal piacere al mondo, perché la sua amicizia ci separerebbe da Gesù Cristo.
    PREGHIAMO
    Concedi, o Signore, un perseverante servizio sotto la tua volontà; affinché ai nostri giorni il popolo a tè fedele cresca in merito e in numero.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 647-650.”



    Luca, Sursum Corda!







    5 aprile 2017: MERCOLEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE; SAN VINCENZO FERRER, CONFESSORE…




    "5 aprile - S. Vincenzo Ferrer"
    5 aprile - S. Vincenzo Ferrer
    5 aprile - S. Vincenzo Ferrer



    Guéranger, L'anno liturgico - Mercoledì della Settimana di Passione
    http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-mer.htm

    Guéranger, L'anno liturgico - 5 aprile. San Vincenzo Ferreri, Confessore
    http://www.unavoce-ve.it/pg-5apr.htm



    05 Aprile - San Vincenzo Ferreri
    http://www.preghiereperlafamiglia.it...zo-ferreri.htm
    “05 APRILE SAN VINCENZO FERRER.

    Nato a Valencia intorno al 1350, Vincenzo si trovò a vivere al tempo del grande scisma d'Occidente, quando i papi erano 2 e poi addirittura 3. E, suo malgrado, egli si trova al centro della divisione che minaccia il vertice della Chiesa. Ancora giovane domenicano, era stato notato da Pietro de Luna, legato del papa avignonese. Seguendo da vicino il cardinale, si rese però conto che la Chiesa aveva più che mai bisogno del ripristino dell'unità e della riforma morale. Incominciò allora la sua attività di predicazione. Nel 1394 il suo protettore, il cardinale de Luna, divenuto papa con il nome di Benedetto XIII, lo nomina suo confessore, cappellano domestico, penitenziere apostolico. Egli intensifica la sua attività ma nel 1398 si ammala e ha una visione nella quale gli appare il Salvatore accompagnato da san Domenico e san Francesco. Il Signore tocca la guancia del malato e gli ordina di mettersi in viaggio e conquistare molte anime. Vincenzo lascia allora Avignone ed intraprende vere e proprie campagne di predicazione in Spagna, Svizzera e Francia, in cui parla dell'Anticristo e del giudizio finale. Contribuisce così in modo decisivo alla fine dello scisma e al miglioramento dei costumi. Morì a Vannes nel 1419.”


    http://www.sodalitium.biz/san-vincenzo-ferreri/
    “5 aprile, San Vincenzo Ferreri, Confessore (Valencia, 23 gennaio 1350 – Vannes, 5 aprile 1419).

    Frate dell’Ordine dei Predicatori, con la sua predicazione ottenne innumerevoli conversioni alla santa Fede, anche tra i giudei e i maomettani.
    O Glorioso Apostolo e Taumaturgo San Vincenzo Ferreri, vero Angelo dell’Apocalisse e nostro potente Protettore, accogliete le nostre umili preghiere e fate discendere su di noi l’abbondanza dei divini favori. Per quell’amore di cui avvampò il vostro cuore, otteneteci dal Padre delle misericordie: prima di tutto il perdono dei nostri numerosi peccati, poi la stabilità nella fede e la perseveranza nelle opere buone, sicchè vivendo da ferventi cristiani, siamo fatti sempre più degni del vostro patrocinio. Degnatevi di estendere questo patrocinio anche ai nostri interessi temporali, conservandoci la nostra salute corporale, o risanandoci dalle malattie, benedicendo le nostre campagne dalla grandine e dalle tempeste, tenendo lontano da noi ogni infortunio; onde provvisti a sufficienza degli aiuti terreni, con cuore più libero attendiamo alla ricerca degli eterni beni. Così favoriti da voi, vi saremo sempre più devoti e potremo giungere un giorno ad amare, lodare e benedire con voi Iddio nella patria celeste per tutti i secoli. Così sia.”


    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare san Vincénzo Ferréri, dell’Ordine dei Predicatori, Confessore, il quale, potente per le opere e per la predicazione, convertì a Cristo molte migliaia di infedeli. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Confessore, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Vincénzo Ferréri possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”


    Ligue Saint Amédée
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “5 Avril : Saint Vincent Ferrier, Missionnaire (1357-1418).”




    http://radiospada.org/
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf

    “5 APRILE 2017: SAN VINCENZO FERRERI, CONFESSORE.

    L'Apostolo del Giudizio.
    È ancora la Spagna che oggi offre alla Chiesa uno dei suoi figli da proporre all'ammirazione dei cristiani. Vincenzo Ferreri, l'Angelo del giudizio, annuncia imminente l'avvento del supremo Giudice dei vivi e dei morti. Un tempo egli solcò tutta quanta l'Europa con le sue corse evangeliche, ed i popoli, inteneriti dalla sua eloquenza, si percuotevano il petto, gridando pietà e convertendosi al Signore. Oggi il pensiero dell'assise che Gesù Cristo presiederà sulle nubi del cielo non commuove più i cristiani alla stessa maniera. Essi credono al giudizio finale, perché è un articolo di fede; ma tremano ben poco mentre attendono quel giorno. Per tanti e tanti anni peccano; poi un giorno, per una grazia particolare della bontà divina, si convertono; ma la maggior parte di questi neofiti continua a fare una vita tiepida, a pensare il meno possibile all'inferno ed alla riprovazione, ed ancor meno al giudizio col quale Dio porrà fine a questo mondo.
    La vera e falsa sicurezza.
    Ma non così nei secoli cristiani e nelle anime convertite sinceramente. In esse l'amore domina il timore; ma il timore del giudizio di Dio è sempre vivo nella loro mente, e con tale disposizione restano sempre saldi nel bene che hanno riconquistato. Ma oggi tanti cristiani pensano ben poco alla loro situazione nel giorno in cui sfolgorerà in cielo il segno del Figlio dell'uomo, Gesù, quando non più Redentore ma Giudice verrà a separare i capri dalle pecore; ogni anno, per costoro, la Quaresima non è che una nuova occasione per dimostrare la loro codardia e indifferenza. A vederli così sicuri si direbbe ch'essi hanno avuto la certezza che in quel momento sì terribile saranno immuni dal provare il minimo turbamento o disinganno.
    Preparazione prudente.
    Siamo più prudenti, guardiamoci dalle illusioni della superbia e dell'apatia, e, con una sincera penitenza, garantiamoci di guardare con umile confidenza a quell'ora tremenda, che fece tremare tutti i santi. Qual gioia sarà allora sentire dalla bocca del nostro Giudice: "Venite, o benedetti dal Padre mio, a possedere il regno per voi preparato sin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34).
    Vincenzo Ferreri sacrificò la quiete della cella per andare a destare intere nazioni che dormivano nell'oblio del gran giorno di giustizia. Noi, è vero, non ne abbiamo sentita la voce; ma non possediamo i santi Vangeli? Non abbiamo la Chiesa che, fin dal primo giorno di Quaresima, ci ha fatto leggere gli oracoli che Vincenzo Ferreri ricordava ai cristiani del suo tempo? Non pertanto, prepariamoci a comparire davanti a colui che ci chiederà conto delle grazie che ci prodiga; approfittando di tutti gli aiuti che ci offre la santa Quarantena, ci prepareremo un favorevole giudizio.
    VITA. - Vincenzo nacque a Valencia. Diciottenne, entrò nell'Ordine dei Frati Predicatori. Con la predicazione e lo zelo convertì molti Ebrei e Saraceni, confermò nella fede molte nazioni e lavorò con successo alla cessazione del grande Scisma d'Occidente. Di una austerità straordinaria, diede anche l'esempio d'ogni virtù ed operò molti miracoli. Vinto dalle fatiche e dalla vecchiaia, morì a Vannes nel 1419 e fu canonizzato dal Papa Callisto III.
    Il timore del Giudizio.

    Com'era eloquente la tua voce, o Vincenzo, quando venne a svegliare dal sonno gli uomini incutendo il timore del giudizio! I nostri padri l'udirono, tornarono a Dio e Dio li perdonò. Anche noi stavamo addormentati, allorché la Chiesa, all'aprirsi della Quaresima, venne a scuoterei dal sonno imprimendoci sulla rea fronte la cenere ricordandoci l'irrevocabile sentenza di morte che Dio sanzionò contro di noi. Quando morremo, un giudizio particolare deciderà la nostra sorte per tutta l'eternità. Poi, nell'ora fissata dai divini decreti, risusciteremo, per assistere all'ultimo più solenne giudizio. La nostra coscienza sarà messa a nudo in faccia a tutto il genere umano; saranno pesate in pubblico tutte le nostre opere buone, e cattive; fatto ciò, ci sarà confermata la sentenza meritata. Peccatori quali siamo, come potremo sostenere lo sguardo del Redentore, divenuto in quel momento Giudice incorruttibile? come sosterremo anche la vista dei nostri simili, che affonderanno il loro occhio in tutte le iniquità della nostra vita? Ma, quel che più importa, a quale delle due sentenze che gli uomini sentiranno tuonare, noi avremo diritto? Se il giudice l dovesse proferire in questo momento, a qual parte ci destinerebbe, a destra o a sinistra? fra i benedetti dal Padre suo o fra i maledetti?
    Preghiera.
    I nostri avi rimasero turbati, quando tu, o Vincenzo, facesti loro simili interrogativi; fecero sincera penitenza dei peccati, e, ricevuto il perdono dal Signore, deposero le inquietudini e si abbandonarono alla speranza ed alla fiducia. O angelo del giudizio di Dio, ti preghiamo, affinché anche noi siamo presi da un timore salutare. Fra breve, vedremo coi nostri occhi il Redentore salire il Calvario, curvo sotto il peso della Croce, e lo sentiremo dire alle figlie di Gerusalemme: "Non piangete su di me, ma su voi stesse e i figli vostri..., perché se si tratta così il legno verde, che sarà del secco?" (Lc 23,29-31). Aiutaci a trarre profitto da questo avvertimento. I nostri peccati ci avevano ridotti come questo legno di morte, che ad altro non serve che per essere gettato nel fuoco delle divine vendette; con la tua intercessione, inserisci di nuovo nel tronco questi rami tagliati, affinché riprendano vita e la linfa vitale torni a fluire in essi. Amico delle anime, noi mettiamo nelle tue mani l'intera opera di riconciliazione con Dio.
    Prega anche per la Spagna, che ti diede i natali, e dove attingesti la fede, la professione religiosa ed il sacerdozio. E ricordati anche della Francia, tua seconda patria, che evangelizzasti con tante fatiche e tanto successo. Non dimenticare la Bretagna, che custodisce religiosamente le tue sacre spoglie. Fosti il nostro Apostolo in tempi calamitosi; ma quelli che attraversiamo non sono meno tempestosi: dal cielo, degnati di essere sempre il nostro fedele protettore.
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 899-901.”


    “5 aprile 2017 MERCOLEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE.
    La Stazione è, a Roma, nella chiesa di S. Marcello, Papa e Martire (308-310).
    LETTURA (Lv 19,11-19). - In quei giorni: Il Signore parlò a Mosè, dicendo: Parla a tutta l'adunanza dei figli d'Israele e di' loro: Io sono il Signore Dio vostro. Non ruberete. Non mentirete e nessuno ingannerà il suo prossimo. Non giurerai il falso nel mio nome, e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non calunnierai il tuo prossimo, ne l'opprimerai con violenza. Il salario del tuo operaio non resterà presso di te fino al mattino. Non maledirai il sordo, e non porrai inciampo dinanzi al cieco; ma temerai il Signore Dio tuo: io sono il Signore. Non fare ciò che è iniquo, né giudicar contro giustizia. Non disprezzare il povero, né onorar la faccia del potente; ma giudica il tuo prossimo con giustizia; non accusare e non maledire tra il popolo. Non recarti contro il sangue del tuo prossimo. Io sono il Signore. Non odiare il fratello nel tuo cuore, e riprendilo in pubblico per non peccare. Non vendicarti, né serbar rancore contro i tuoi concittadini. Amerai il tuo amico come te stesso. Io sono il Signore. Osservate le mie leggi; poiché io sono il Signore Dio vostro.
    Dovere della carità fraterna.
    Oggi la Chiesa, presentandoci questo brano del Levitico, nel quale troviamo esposti con tanta chiarezza ed abbondanza i doveri dell'uomo verso il prossimo, vuoi far comprendere al cristiano con quale attenzione debba scrutare e riformare la sua vita sopra un punto di sì grande importanza. Qui è Dio stesso che parla e intima ordini. Guardate come replica ad ogni frase: "Io sono il Signore", per farci comprendere che si costituirà vendicatore del prossimo, che noi avessimo leso. Come un tale linguaggio doveva suonare nuovo alle orecchie dei Catecumeni, tolti dal mondo pagano, egoista e senza cuore, se non fosse mai stato loro detto che, essendo tutti gli uomini fratelli, Dio, Padre comune dell'immensa famiglia umana, esigeva da loro che s'amassero tutti di sincero amore, senza distinzione di razza e di condizione! In questi giorni di riparazione, procuriamo, noi cristiani, d'adempiere alla lettera la volontà del Signore Dio nostro; e ricordiamoci che tali precetti furono imposti al popolo israelita molti secoli prima della promulgazione della legge di misericordia. Ora, se il Signore imponeva ai Giudei un amore così sincero verso i fratelli, quando la legge non era scritta che su tavole di pietra, quanto più lo esigerà dal cristiano, che ora le legge nel cuore dell'Uomo-Dio, disceso dal ciclo e fattosi nostro fratello, per renderci ad un tempo più facile e più dolce l'adempimento del precetto della carità? Ormai l'umanità, unita nella sua persona alla divinità, è divenuta sacra, fatta oggetto delle compiacenze del Padre celeste; ed è per il fraterno amore verso di lei che Gesù si votò alla morte, insegnandoci col suo esempio ad amare così sinceramente i nostri, fratelli da "dare perfino la nostra vita per loro", se sarà necessario, e come c'insegna il discepolo prediletto, che lo apprese dal Maestro (1Gv 3,16).
    VANGELO (Gv 10,22-38). - In quel tempo: Si faceva in Gerusalemme la festa della Dedicazione, ed era d'inverno. E Gesù passeggiava nel tempio sotto il portico di Salomone. Gli si affollarono allora d'intorno i Giudei e gli dissero: Fino a quando ci terrai sospesi? Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente. Rispose loro Gesù: Ve l'ho detto e non credete: le opere che faccio nel nome del Padre mio, queste mi rendono testimonianza. Ma voi non credete, perché non siete delle mie pecore. Le mie pecorelle ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono. E dò loro la vita eterna, ed in eterno mai periranno, e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio che me l'ha date, è più grande di tutti, e nessuno può rapirle di mano al Padre mio. Io ed il Padre mio siamo una sola cosa. I Giudei diedero allora di piglio alle pietre per lapidarlo. Gesù disse loro: Molte buone opere vi mostrai per virtù del Padre mio, per quale di queste opere mi lapidate? Gli risposero i Giudei: Non ti lapidiamo per nessuna opera buona: ma per la bestemmia, perché tu che sei uomo, ti fai Dio. Replicò loro Gesù: Non è scritto nella vostra legge: Io dissi: Voi siete dei? Ora se dei chiamò quelli ai quali Dio parlò, e la Scrittura non può mancare, a me che il Padre ha consacrato e mandato al mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Son Figlio di Dio? Se non fo' le opere del Padre mio, non mi credete. Ma se le faccio, anche se non volete credere a me, credete alle opere; onde conosciate e crediate che il Padre è in me ed io nel Padre.
    La fede.
    Dopo la festa dei Tabernacoli venne quella della Dedicazione e Gesù rimase in Gerusalemme. L'odio dei nemici s'inaspriva sempre più; ed eccoli accalcarsi intorno a lui, per fargli dichiarare ch'era il Messia, e quindi accusarlo di usurpare una missione che non era la sua. Gesù si rifiuta di rispondere, e si appella ai prodigi, che hanno visto da lui operare e gli rendono testimonianza. Per la fede, soltanto per la fede, l'uomo può arrivare a Dio in questo mondo. Dio si manifesta con opere divine; l'uomo, conoscendole, deve credere a tali opere che attestano la verità; così credendo ha la certezza di ciò che crede ed il merito di credere. Ma il Giudeo superbo si ribella; vorrebbe dettare legge anche a Dio, e non capisce che questa sua pretesa è empia ed assurda.
    Unità del Padre e del Figlio.
    Tuttavia bisogna che la dottrina divina si faccia strada, anche se dovesse provocare lo scandalo degli spiriti perversi ; perché Gesù non parla solamente per loro: lo deve fare anche per quelli che crederanno. Quindi pronuncia quella grande parola, nella quale attesta non solo la sua qualità di Cristo, ma anche la divinità: "Io ed il Padre mio siamo una cosa sola". Sapeva bene che esprimendosi in tali termini li avrebbe accesi di rabbia; ma era necessario che si rivelasse sulla terra, per confondere anticipatamente l'eresia. Ario un giorno si leverà contro il Figlio di Dio e lo dirà la creatura più perfetta; ma la chiesa risponderà ch'egli è uno col Padre, consustanziale a lui; e dopo tante agitazioni ed errori, la setta ariana scomparirà e cadrà In oblio. Qui i Giudei sono i precursori di Ario: comprendono che Gesù si confessa Dio, e tentano di lapidarlo. Con un ultimo tratto di condiscendenza, Gesù cerca di provare loro questa verità, mostrando con le stesse Scritture che talvolta l'uomo può, in senso ristretto, essere detto Dio, in ragione delle funzioni divine che esercita; ma poi li porta di nuovo a riflettere sui prodigi che testimoniano tanto solennemente l'assistenza che gli dà il Padre, e con rinnovata fermezza ripete, che "il Padre è in lui e lui nel Padre". Ma niente può convincere questi cuori ostinati; e la pena del peccato che hanno commesso contro lo Spirito Santo pesa maggiormente su di loro.
    Docilità.
    Come però è differente la sorte delle pecorelle del Salvatore! "Esse ascoltano la sua voce, lo seguono; ed egli dà loro la vita eterna, e nessuno le strapperà dalle sue mani". Fortunate pecorelle! credono, perché amano; per l'amore, la verità risplende in esse; come per la superbia dello spirito le tenebre penetrano nell'anima dell'incredulo, e vi rimangono sempre. L'incredulo ama le tenebre, le chiama luce, e, bestemmiando, non s'accorge di bestemmiare. Il Giudeo arriva a crocifiggere il Figlio di Dio, credendo d'onorare Dio.
    PREGHIAMO
    Sii propizio, o Dio onnipotente, alle nostre suppliche; e a quanti dai la fiducia di sperare pietà, concedi benigno l'effetto della consueta misericordia.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 651-653.”



    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    Santi e ricorrenze dei giorni 6 e 7 aprile 2017...



    6 aprile 2017: GIOVEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE; san Marcellino, Martire…



    Ligue Saint Amédée
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “6 Avril : Saint Marcellin, Martyr († 413).”



    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare san Marcellino Martire, il quale, per la difesa della fede cattolica, fu ucciso dagli eretici. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Martire, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Marcellino possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”



    http://radiospada.org/
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf




    Guéranger, L'anno liturgico - Giovedì della Settimana di Passione
    http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-gio.htm
    “GIOVEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE.

    La Stazione è, a Roma, nella chiesa di S. Apollinare, primo Vescovo di Ravenna e Martire.
    LETTURA (Dn 3,25,34-45). - In quei giorni: Azaria pregò il Signore, dicendo: Signore, Dio nostro, non ci abbandonare per sempre; te ne scongiuriamo per amore del tuo nome, non distruggere il tuo testamento; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore d'Abramo tuo amico, d'Isacco tuo servo, d'Israele tuo santo, ai quali parlasti, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come l'arena ch'è sul lido del mare. Ed ora invece, o Signore, noi siamo divenuti più piccoli di qualunque altra nazione, ora siamo annichiliti per tutta la terra a causa dei nostri peccati. Ora non abbiamo più né principe, né capo, né profeta, né olocausto, né sacrificio, né oblazione, né incenso, né luogo per presentarti le primizie e trovar la tua misericordia. Ma ricevici col cuore contrito e con lo spirito umiliato. Come un olocausto d'arieti e di tori; come un sacrificio di mille pingui agnelli, così sia il nostro sacrificio oggi nel tuo cospetto e ti sia gradito, giacché non possono star confusi quelli che in te confidano. Ed ora ti seguitiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo la tua faccia. Fa' che non restiamo confusi; trattaci secondo la tua benignità, secondo la grandezza della tua misericordia, salvaci coi tuoi prodigi, e glorifica, o Signore, il tuo nome. Sian confusi tutti coloro che minacciano i tuoi servi, sian confusi con tutta la tua potenza, sia annientata la loro fortezza, e conoscano che tu sei il Signore, il solo Dio, il glorioso sopra tutta la terra, o Signore Dio nostro.
    L'idolatria.
    Così Giuda, prigioniero in Babilonia, effondeva i suoi voti al Signore per bocca d'Azaria. La desolazione in Sion era giunta al colmo, privata com'era del suo popolo e delle sue celebrazioni; i suoi figli erano stati portati sopra una riva straniera, per morirvi uno dopo l'altro fino al settantesimo anno d'esilio; dopo di che Dio si sarebbe ricordato di loro e li avrebbe ricondotti a Gerusalemme per la mano di Ciro. Solo allora avrebbero potuto ricostruire il secondo tempio, che avrebbe visto il Messia. Quale delitto aveva dunque commesso Giuda per essere sottoposto ad una tale espiazione? Si era prostituito all'idolatria, rompendo il patto che lo legava al Signore. Tuttavia il suo delitto fu cancellato con la prigionia d'un limitato numero di anni; per cui Giuda, tornato alla terra dei padri, non s'abbandonò più al culto dei falsi dei. Era mondo d'idolatria, quando il Figlio di Dio venne ad abitare in mezzo a lui.
    Il deicidio.
    Ma non erano trascorsi quarant'anni dopo l'Ascensione di Gesù, che Giuda ritornava sul cammino dell'esilio; e non già portato schiavo in Babilonia, ma, dopo grandi massacri, disperso in tutte le nazioni della terra. Ora, non più da settant'anni, ma da diciannove secoli Giuda non ha più "principe, né capo, né profeta, né olocausto, né sacrificio, né tempio". Deve, perciò, avere perpetuato un delitto ben più grande dell'idolatria, se dopo una sì lunga catena di sciagure ed umiliazioni, la giustizia del Padre non è ancora placata! Infatti, il sangue versato dal popolo giudeo sul Calvario non era solamente il sangue d'un uomo; era il sangue d'un Dio!
    Castigo e conversione.
    È bene che tutta la terra lo sappia e lo comprenda, solo nel costatare il castigo dei carnefici; e tale immensa espiazione d'un delitto infinito dovrà continuare fino agli ultimi giorni del mondo: solo allora il Signore si ricorderà d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, facendo scendere su Giuda una grazia straordinaria, tale, che il suo ritorno consolerà la Chiesa afflitta dalla defezione di moltissimi suoi figli. Lo spettacolo d'un intero popolo, colpito da maledizione in tutte le sue generazioni, per aver crocifisso il Figlio di Dio, fa riflettere il cristiano, che in tal modo impara a conoscere quanto è terribile la divina giustizia; e come il Padre domanderà conto del sangue del Figliol suo, fino all'ultima goccia, a coloro che l'avranno versato. Affrettiamoci a lavare in questo sangue prezioso il marchio di complicità che abbiamo avuto coi Giudei, e, con una totale conversione, imitiamo quelli fra loro che di tanto in tanto vediamo separarsi da quel popolo e venire al Messia: le sue braccia sono allargate sulla Croce per ricevere tutti quelli che si convertono a lui.
    VANGELO (Lc 7, 36-50). - In quel tempo: Uno dei Farisei pregò Gesù d'andare a desinare da lui. Ed entrato in casa del Fariseo, prese posto su un divano a tavola. Ed ecco una donna che era conosciuta nella città come peccatrice, appena seppe che egli era a mangiar in casa del Fariseo, portò un alabastro d'unguento; e stando ai piedi di lui, cominciò a bagnare i piedi, e coi capelli del suo capo li asciugava, e li baciava e li ungeva d'unguento. Vedendo ciò il Fariseo che l'aveva invitato, prese a dire dentro di sé: Costui se fosse un profeta, certo saprebbe che donna è costei che lo tocca, e com'è peccatrice. E Gesù, rivolgendosi a lui, disse: Simone, ho da dirti una cosa. Ed egli: Maestro, di' pure. Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento danari e l'altro cinquanta. Or non avendo quelli di che pagare, condonò il debito a tutte e due. Chi dunque di loro lo amerà di più? Simone rispose: Secondo me, colui al quale ha condonato di più. Gesù replicò: Hai giudicato rettamente. Poi, rivolto alla donna, disse a Simone: Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua, tu non hai dato acqua per i miei piedi, ma essa li ha bagnati con le sue lacrime e li ha riasciugati coi suoi capelli. Tu non mi hai dato il bacio; ma lei, da che è venuta, non ha smesso di baciarmi i piedi. Tu non hai unto di olio il mio capo, ma essa con l'unguento ha unto i miei piedi. Per questo ti dico: i suoi numerosi peccati sono stati perdonati, peché essa molto ha amato. Invece quello a cui poco si perdona, poco ama. Poi disse a lei: Ti son perdonati i peccati. E i convitati cominciarono a dire dentro di sé: Chi è costui che perdona anche i peccati? Ma Gesù disse alla donna: La tua fede ti ha salvata: va' in pace.
    Maria Maddalena.
    Ai tristi pensieri suggeriti dallo spettacolo della riprovazione d'un popolo deicida, la Chiesa s'affretta di far seguire quelli più consolanti che deve ispirare alle anime la storia della peccatrice del Vangelo. Anche questo tratto della vita di Gesù non si riferisce all'epoca della Passione; ma non sono i giorni, in cui siamo, i giorni della misericordia? e non è giusto che in essi glorifichiamo la mansuetudine e la tenerezza del cuore del Redentore, ch'è pronto a far discendere il perdono su un numero stragrande di peccatori di tutta la terra? Del resto, non è Maddalena la compagna inseparabile del suo crocifisso Maestro? Fra poco noi la vedremo ai piedi della Croce; studiarne questo personaggio d'amore, fedele fino alla morte, e consideriamo questo, ch'è il punto di partenza.
    Il suo pentimento.
    Maddalena aveva condotto una vita indegna; ci dice altrove il santo Vangelo che sette demoni avevano fissata in lei la loro dimora. Appena questa donna vede ed ascolta Gesù, immediatamente concepisce odio al peccato, ed un santo amore si rivela nel suo cuore; non ha che un desiderio, quello di riparare la sua vita passata. Ha peccato clamorosamente e perciò vuoi fare una ritrattazione clamorosa dei suoi traviamenti; ha vissuto nella lussuria: e d'ora in poi i suoi profumi saranno per il liberatore; era così vanitosa della sua capigliatura: con quella gli asciugherà i piedi; il suo volto non vorrà più saperne dei risi immodesti; gli occhi, coi quali seduceva le anime, s'immergono nelle lacrime. Dunque, per un impulso dello Spirito divino che la possiede, parte e viene a rivedere Gesù. Ma questi si trovava in casa del Fariseo, seduto ad un banchetto; perciò andrà a dar spettacolo di sé: che importa? s'avanza col suo vaso prezioso, e, in un attimo, è ai piedi del Salvatore; e là rimane, ad effondere il suo cuore e le sue lacrime. Chi potrebbe descrivere i sentimenti che si succedono nella sua anima? Lo stesso Gesù ce li rivelerà fra brevi istanti con una delle sue parole. Ma è facile scorgere dai suoi pianti quanto sia pentita; dalla profusione dei profumi e dallo sciogliersi dei suoi capelli, quanto sia riconoscente; e dalla sua predilezione per i piedi del Salvatore, quanto sia umile.
    Il suo perdono.
    Il Fariseo si scandalizza; per un moto di quella giudaica superbia che presto metterà in croce il Messia, ne trae occasione per porre in dubbio la missione di Gesù. "Se costui fosse un profeta, egli pensa, certo saprebbe che donna è costei". Ma se lui avesse lo spirito di Dio, riconoscerebbe il Messia promesso proprio dalla sua bontà condiscendente verso la creatura pentita. Con tutta la sua apparenza di virtù quanto è inferiore a questa donna peccatrice! Gesù si preoccupa a farglielo capire, facendo il parallelo tra la Maddalena e Simone il Fariseo; ma con questo paragone la Maddalena ne rimane avvantaggiata. Qual è dunque la causa che ha trasformato la Maddalena così da meritare non solo il perdono, ma anche gli aperti elogi di Gesù? Il suo amore: "essa ha amato il suo Redentore, lo ha molto amato"; e il perdono che ha ottenuto è in proporzione di quest'amore. Fino a poche ore fa aveva amato il mondo e la vita sensuale; ma il pentimento ha creato in lei un essere nuovo; quindi non cerca più, non vede più, non ama più nessuno che Gesù. D'ora innanzi seguirà i suoi passi, vorrà aiutarlo nei suoi bisogni; ma soprattutto lo vorrà vedere ed ascoltare; e quando, nel momento della prova, gli Apostoli saranno fuggiti, la Maddalena sarà là, ai piedi della Croce, a ricevere l'ultimo sospiro di colui al quale l'anima sua deve la vita.
    Quale motivo di Speranza per il peccatore, nel sentire Gesù che gli dice: "Si rimette di più a colui che ama di più"! Peccatori, pensate ai vostri peccati, ma soprattutto ad accrescere il vostro amore: che sia in proporzione della grazia del perdono che riceverete, e "i vostri peccati vi saranno rimessi".
    PREGHIAMO
    Deh! Signore, sii propizio al tuo popolo, e fa' che, rigettando ciò che non ti piace, sia ripieno delle delizie che gli procurano i tuoi comandamenti.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 654-658.”



    Luca, Sursum Corda!








    7 aprile 2017: VENERDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE; I SETTE DOLORI DI MARIA SANTISSIMA…


    "Venerdì dei Dolori Di Maria"
    https://forum.termometropolitico.it/...l#post16260398
    "I Sette Dolori Di Maria"
    https://forum.termometropolitico.it/...l#post16260441


    https://www.radiospada.org/2013/08/ave-maria


    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Venerdì della Settimana di Passione
    http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-ven.htm

    Dom Guéranger, L'anno liturgico - I Sette Dolori di Maria Santissima

    http://www.unavoce-ve.it/pg-settedolori.htm


    http://www.sodalitium.biz/s-vergine-addolorata/
    “7 aprile, i Sette Dolori della Beata Vergine Maria.
    O gran Regina dei Martiri e la più desolata di tutte le madri! Il vostro dolore è immenso come il mare, perché tutte le piaghe che tutti i peccati degli uomini hanno impresse nel sacro corpo del vostro divin figliuolo, sono altrettante spade che trafiggono il vostro cuore. Ecco prostrato ai vostri piedi il peccatore più indegno, sinceramente pentito d’aver maltrattato il divin Redentore. Le colpe che io ho commesso sono più gravi di quello che io possa soffrire per cancellarle. Deh! Madre beata, imprimete nel mio cuore le piaghe santissime del vostro amore onde non brami che di patire e morire con Gesù crocifisso, e spirar l’anima penitente nel vostro purissimo cuore.”

    Pratica del Tempo di Passione e della Settimana Santa - Sodalitium
    Pratica del Tempo di Passione e della Settimana Santa - Sodalitium



    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare sant’Afraàte Anacoreta, che, al tempo di Valènte, colla virtù dei miracoli difese la fede cattolica contro gli Ariani. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Anacoreta, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, sant’Afraàte possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”


    Ligue Saint Amédée
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “7 Avril : Saint Hégésippe.”





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    “7 aprile 2017: VENERDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE.
    A Roma la Stazione è nella chiesa di S. Stefano, sul monte Celio. In questo giorno che doveva essere consacrato a Maria, la Regina dei Martiri, è commovente il dover ammettere che, per una specie di presentimento profetico, tale chiesa dedicata al primo Martire era, fin dalla più remota antichità, destinata alla riunione dei fedeli.
    EPISTOLA (Ger 17,13-18). - In quei giorni: Geremia disse: Signore tutti quelli che t'abbandonano saran confusi, quelli che s'allontanano da te saranno scritti in terra; perché hanno abbandonato la sorgente delle acque vive, il Signore. Guariscimi, o Signore, e sarò guarito; salvami, e sarò salvato: la mia gloria sei tu. Ecco essi stanno a dirmi: Dov'è la parola del Signore? S'adempia! Tu lo sai: non mi son turbato, ho seguito te, mio pastore, e non ho desiderato la vendetta. Quello che usci dalle mie labbra fu retto dinanzi a te. Non mi diventare causa di spavento tu, mia speranza nel giorno dell'afflizione. Sian confusi i miei persecutori e non io, tremino essi non tremi io; fa' piombare su loro il giorno dell'afflizione, percuotili con doppio flagello, o Signore Dio nostro.
    Geremia, figura del Messia.
    Geremia è una delle principali figure di Gesù Cristo nell'Antico Testamento, dove rappresenta specialmente il Messia perseguitato dai Giudei. Per questo la Chiesa nelle due settimane consacrate alla Passione del Salvatore, ha voluto scegliere le sue Profezie a soggetto delle lezioni del Mattutino. Abbiamo udita una delle lamentazioni che il giusto rivolge a Dio contro i suoi nemici; e parla in nome di Cristo. Ascoltiamo dai suoi accenti come viene dipinta, nello stesso tempo, la malizia dei Giudei e quella dei peccatori che perseguitano Gesù Cristo in seno allo stesso cristianesimo. "Essi, dice il Profeta, hanno abbandonato la sorgente delle acque vive". Difatti Giuda ha perso la memoria della roccia del deserto, dove zampillarono le acque che spensero la sua sete; e quand'anche se ne ricordasse, non sa che quella roccia misteriosa significava il Messia.
    Gerusalemme, immagine dei peccatori.
    Ciò nonostante, Gesù è là, a Gerusalemme, che grida: "Chi ha sete venga a me e beva, e si disseti". La bontà, la dottrina, le opere sue meravigliose e gli oracoli adempiutisi in lui dicono abbastanza che si deve credere alla sua parola. Ma Giuda è sordo al suo invito; e parecchi cristiani lo imitano. Ve ne sono di quelli che dopo aver gustato della "sorgente delle acque vive", si sono allontanati per andare a dissetarsi ai ruscelli fangosi del mondo; e la loro sete s'è irritata di più. Tremino costoro alla vista del castigo dei Giudei, perché, non ritornando al Signore loro Dio, cadranno negli ardori eterni che li divoreranno, e là invocheranno una goccia d'acqua, che sarà loro rifiutata. Per bocca di Geremia il Signore predice "un giorno d'afflizione" che piomberà sui Giudei; e più tardi, quando verrà in persona, li previene che la tribolazione cadrà sopra Gerusalemme, in punizione del suo deicidio, e sarà così spaventosa "quale non fu dal principio del mondo fino ad ora, né mai sarà" (Mt 24,21). Ma se il Signore ha vendicato con tanta severità il sangue del Figlio suo contro una città, che fu per tanto tempo sgabello dei suoi piedi, e contro un popolo che aveva preferito a tutti gli altri, come potrà risparmiare il peccatore che, disprezzando i richiami della Chiesa, s'ostina a rimanere nel suo indurimento? Giuda ebbe la disgrazia di colmare la misura delle sue iniquità; anche noi abbiamo tutti un limite al male che la giustizia di Dio non permetterà mai d'oltrepassare. Affrettiamoci dunque a rimuovere il peccato; preoccupiamoci di colmare un'altra misura, quella delle buone opere; e preghiamo pei peccatori che non vogliono convertirsi. Domandiamo che il sangue divino, ch'essi ancora una volta disprezzeranno, e dal quale sono ancora protetti, non ricada sopra di loro.
    VANGELO (Gv 11,47-54). - In quel tempo: I prìncipi dei Sacerdoti ed i Farisei radunarono il consiglio contro Gesù, e dicevano: Che facciamo? Quest'uomo fa molti miracoli. Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e stermineranno il nostro paese e la nazione. Allora uno di loro chiamato Caifa, che era in quell'anno pontefice, disse loro: Voi non capite nulla, e non pensate come vi torni conto che un uomo solo muoia per il popolo, e non perisca tutta la nazione. E questo non lo disse di suo, ma essendo pontefice di quell'anno profetò che Gesù doveva morire per la nazione, e non per la nazione soltanto, ma anche per raccogliere insieme i figli dispersi di Dio. E da quel giorno proposero di dargli la morte. Gesù adunque non conversava più in pubblico tra i Giudei; ma si ritirò in una regione vicina al deserto in una città, chiamata Efrem, dove si tratteneva coi suoi discepoli.
    Il Consiglio del Sinedrio.
    La vita del Salvatore è più che mai minacciata. Il consiglio della nazione s'è riunito per vedere come disfarsi di lui. Sentite questi uomini; spinti a radunarsi dalla più vile delle passioni, la gelosia, non negano i miracoli di Gesù; sono dunque in grado di dare un giudizio sulla sua missione, e questo giudizio dovrebbe essere favorevole. Non sono però convenuti per questo scopo, ma per intendersi sui mezzi di farlo perire. Che cosa diranno a se stessi? Quali sentimenti esprimeranno in comune accordo per legittimare una tale sanguinaria risoluzione? Avranno il coraggio di mettere avanti la politica e l'interesse della nazione: se Gesù, infatti, continua a mostrarsi al popolo e ad operare prodigi, presto la Giudea vorrà proclamarlo suo Re, e non tarderanno a venire i Romani a vendicare l'onore del Campidoglio oltraggiato dalla più debole nazione ch'esiste nell'Impero. Insensati; essi non comprendono, che se il Messia avesse dovuto essere un re terreno, tutte le nazioni della terra sarebbero rimaste senza forza contro di lui! Perché non si ricordano piuttosto della predizione di Daniele, che durante la settantesima settimana di anni, a partire dal decreto per la riedificazione del tempio, il Cristo sarebbe stato messo a morte, ed il popolo che l'avrebbe rinnegato non sarebbe stato più il suo popolo? (Dn 9,25) che, dopo quest'eccesso, verrà un popolo guidato da un capo militare, e metterà a soqquadro la città ed il tempio? ed entrerà nel santuario l'abbominazione della desolazione e la desolazione s'insedierà a Gerusalemme, e vi rimarrà fino alla fine? (ivi, 26-27). Non capiscono che, facendo perire il Messia, contemporaneamente annienteranno la patria.
    La profezia del Gran Sacerdote.
    Frattanto, l'indegno pontefice che presiede negli ultimi giorni della religione mosaica, rivestito dell'efod, ha profetizzato, e la sua profezia risponde a verità. Non ce ne stupiamo, perché il velo del tempio non s'è ancora spaccato, ed ancora non è rotta l'alleanza tra Dio e Giuda. Caifa è un sanguinario, un vile, un sacrilego; ma è pontefice, quindi Dio parla ancora per la sua bocca. Sentiamo che cosa dice questo nuovo Balaam: "Gesù dovrà morire per la nazione, e non per la nazione soltanto, ma anche per raccogliere insieme i figli dispersi di Dio". Così la moribonda Sinagoga è costretta a profetizzare la nascita della Chiesa per l'effusione del sangue di Gesù! Qua e là sulla terra esistono figli di Dio che lo servono, in mezzo alla gentilità, come il centurione Cornelio; ma non c'è un legame visibile che li unisca.
    S'avvicina l'ora in cui l'unica, la grande Città di Dio apparirà sul monte, "e tutte le genti vi accorreranno" (Is 2,2). Dopo che sarà sparso il sangue dell'alleanza universale, ed il sepolcro ci avrà reso il vincitore della morte, passeranno cinquanta giorni, e la Pentecoste non convocherà più i Giudei al tempio di Gerusalemme, ma chiamerà tutti i popoli alla Chiesa di Gesù Cristo. Caifa si dimentica dell'oracolo ch'egli stesso aveva proferito, e fa restaurare il velo del Santo dei Santi, che s'era spezzato in due, nel momento che Gesù spirava sulla Croce; ma questo velo non copre più che un ridotto deserto. Non è più là il Santo dei Santi; ora "in ogni luogo si sacrifica un'ostia pura" (Ml 1,11,) non ancora sono apparsi, sul monte degli Olivi, i vendicatori del deicidio, con le loro aquile, che i suoi sacrificatori hanno sentito tuonare, in fondo al ripudiato santuario, una voce che diceva: "Usciamo via di qui.
    PREGHIAMO
    A noi che cerchiamo la grazia della tua protezione, concedi, o Dio onnipotente, di servirti con animo tranquillo e libero da ogni male.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 658-661.”



    “7 aprile 2017: I SETTE DOLORI DI MARIA SANTISSIMA.
    La compassione della Madonna.
    La pietà degli ultimi tempi ha consacrato in una maniera speciale questo giorno alla memoria dei dolori che Maria provò ai piedi della Croce del suo divin Figliolo. La seguente settimana è interamente dedicata alla celebrazione dei Misteri della Passione del Salvatore, e sebbene il ricordo di Maria che soffre insieme a Gesù sia sovente presente al cuore del fedele, il quale segue piamente tutti gli atti di questo dramma, tuttavia i dolori del Redentore e lo spettacolo della giustizia divina che s'unisce a quello della misericordia per operare la nostra salvezza, assillano troppo la mente, perché sia possibile onorare come merita il mistero della compassione di Maria ai patimenti di Gesù. Conveniva perciò che fosse scelto un giorno, nell'anno, per adempiere a questo dovere; e quale giorno meglio si addiceva del Venerdì della presente settimana, ch'è di per se stesso interamente dedicato al culto della Passione del Figlio di Dio?
    Storia di questa festa.
    Fin dal XV secolo, nel 1423, un arcivescovo di Colonia, Thierry de Meurs, inaugurava tale festa nella sua chiesa con un decreto sinodale [1]. Successivamente si propagò, sotto diversi nomi, nelle regioni cattoliche, con tolleranza della Sede Apostolica; fino a che il Papa Benedetto XIII, con decreto del 22 agosto 1727, non l'inserì solennemente nel calendario della Chiesa universale, sotto il nome di Festa dei sette Dolori della Beata Vergine Maria. In tal giorno dunque la Chiesa vuole onorare Maria addolorata ai piedi della Croce. Fino all'epoca in cui il Papa non estese all'intera cristianità la Festa, col titolo suindicato, essa veniva designata con differenti nomi: La Madonna della Pietà, La Madonna Addolorata, La Madonna dello Spasimo; in una parola, questa festa era già sentita dalla pietà del popolo, prima che fosse consacrata dalla Chiesa.
    Maria Corredentrice.
    Per ben comprendere l'oggetto, e meglio compiere in questo giorno, verso la Madre di Dio e degli uomini i doveri che le sono dovuti, dobbiamo ricordare che Dio, nei disegni della sua sovrana Sapienza, ha voluto in tutto e per tutto associare Maria alla restaurazione del genere umano. Tale mistero ci mostra un'applicazione della legge che rivela tutta la grandezza del piano divino; ed ancora una volta ci fa vedere il Signore sconfiggere la superbia di Satana col debole braccio di una donna. Nell'opera della salvezza, noi costatiamo tre interventi di Maria, tre circostanze, nelle quali è chiamata ad unire la sua azione a quella stessa di Dio.
    La prima, nell''Incarnazione del Verbo, il quale non assume carne in lei se non dopo averne ottenuto il consenso con quel solenne FIAT che salvò il mondo; la seconda, nel Sacrificio di Gesù Cristo sul Calvario, ove ella assiste per partecipare all'offerta espiatrice; la terza, nel giorno della Pentecoste, quando riceve lo Spirito Santo come lo ricevettero gli Apostoli, per potere adoperarsi efficacemente alla fondazione della Chiesa. Nella festa dell'Annunciazione esponemmo la parte ch'ebbe la Vergine di Nazaret al più grande atto che piacque a Dio intraprendere per la sua gloria, e per il riscatto e la santificazione del genere umano. In seguito avremo occasione di mostrare la Chiesa nascente che si sviluppa e s'ingigantisce sotto l'influsso della Madre di Dio. Oggi dobbiamo descrivere la parte che toccò a Maria nel mistero della Passione di Gesù, spiegare i dolori che sopportò presso la Croce, ed i nuovi titoli che ivi acquistò alla nostra filiale riconoscenza.
    La predizione di Simeone.
    Il quarantesimo giorno dopo la nascita di Gesù, la Beata Vergine venne a presentare il Figlio al Tempio. Questo fanciullo era atteso da un vegliardo, che lo proclamò "luce delle nazioni e gloria d'Israele". Ma, volgendosi poi alla madre, le disse: "(Questo fanciullo) è posto a rovina e risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione; anche a te una spada trapasserà l'anima" (Lc 2,34-35). L'annuncio dei dolori alla madre di Gesù ci fa comprendere che le gioie natalizie erano cessate, ed era Venuto il tempo delle amarezze per il figlio e per la madre. Infatti, dalla fuga in Egitto fino a questi giorni in cui la malvagità dei Giudei va macchinando il più grave dei delitti, quale fu lo stato del figlio, umiliato, misconosciuto, perseguitato e saziato d'ingratitudini? Quale fu, per ripercussione, il continuo affanno e la costante angoscia del cuore della più tenera delle madri? Noi oggi, prevenendo il corso degli eventi, facciamo un passo avanti ed arriviamo subito al mattino del Venerdì Santo.
    Maria, il Venerdì Santo.
    Maria sa che questa stessa notte suo figlio è stato tradito da un suo discepolo, da uno che Gesù aveva scelto a suo confidente, ed al quale ella stessa, più d'una volta, aveva dato segni della sua materna bontà. Dopo una crudele agonia, s'è visto legare come un malfattore, e la soldatesca l'ha condotto da Caifa, suo principale nemico. Di là l'hanno portato al governatore romano, la cui complicità era necessaria ai prìncipi dei sacerdoti e ai dottori della legge, perché potessero versare, secondo il loro desiderio, il sangue innocente. Maria si trova allora a Gerusalemme, attorniata dalla Maddalena e da altre seguaci del Figlio; ma esse non possono impedire che le grida di quel popolo giungano fino a lei. Del resto, chi potrebbe far scomparire i presentimenti nel cuore d'una tal madre? In città non tarda a spargersi la voce che Gesù Nazareno è stato consegnato al governatore per essere crocifisso. Si terrà forse in disparte Maria, in questo momento in cui tutto un popolo s'è mosso per accompagnare coi suoi insulti fino al Calvario, questo Figlio di Dio che ha portato nel suo seno ed ha nutrito del suo latte? Ben lungi da tale viltà, si leva e si mette in cammino, fino a portarsi al passaggio di Gesù.
    L'aria risuonava di schiamazzi e di bestemmie. La moltitudine che precedeva e seguiva la vittima era composta da gente feroce od insensibile; solo un gruppetto di donne faceva sentire i suoi dolorosi lamenti, e per questa compassione meritò d'attirare su di sé gli sguardi di Gesù. Poteva Maria, dinanzi alla sorte del suo figlio dimostrarsi meno sensibile di queste donne, che avevano con lui solo legami di ammirazione o di riconoscenza? Insistiamo su questo punto, per dimostrare quanto abbiamo in orrore il razionalismo ipocrita che, calpestando tutti i sentimenti del cuore e le tradizioni della pietà cattolica ha tentato, sia in Oriente che in Occidente, di mettere in dubbio la verità della Stazione della Via dolorosa, che segna il punto d'incontro del figlio e della madre. Questa setta che non osa negare la presenza di Maria ai piedi della Croce, perché il Vangelo è troppo esplicito al riguardo, piuttosto di rendere omaggio all'amore materno più devoto che mai sia esistito, preferisce dare ad intendere che, mentre le figlie di Gerusalemme si mostrarono intrepide al passaggio di Gesù, Maria si recò al Calvario per altra via.
    Lo sguardo di Gesù e di Maria.
    Il nostro cuore di figli tratterà con più giustizia la donna forte per eccellenza. Chi potrebbe dire il dolore e l'amore che espressero i suoi sguardi, quando s'imbatterono in quelli del figlio carico della Croce? e dire con quale tenerezza e con quale rassegnazione rispose Gesù al saluto della madre? e con quale affetto Maddalena e le altre sante donne sostennero fra le loro braccia colei che doveva ancora salire il Calvario, per ricevere l'ultimo respiro del suo dilettissimo figlio? Il cammino è ancora lungo sulla Via dolorosa, dalla quarta alla decima Stazione, e se fu irrigato dal sangue del Redentore, fu anche bagnato dalle lacrime della madre sua.
    La Crocifissione.
    Gesù e Maria sono giunti sulla sommità della collina che servirà da altare al più augusto dei sacrifici; ma il divino decreto ancora non permette alla madre d'accostarsi al figlio; solo quando sarà pronta la vittima, s'avanzerà colei che deve offrirla. Mentre aspetta questo solenne momento, quali scosse per la Vergine ad ogni colpo di martello che inchioda sul patibolo le delicate membra del suo Gesù! E quando finalmente le sarà permesso d'avvicinarsi a lui col prediletto Giovanni, la Maddalena e le compagne, quali indicibili tormenti proverà il cuore di questa madre nell'alzare gli occhi e nello scorgere, attraverso il pianto, il corpo lacerato del figlio, stirato violentemente sul patibolo, col viso coperto di sangue e imbrattato di sputi, e col capo coronato da un diadema di spine!
    Ecco dunque il Re d'Israele, del quale l'Angelo le aveva preannunziato le grandezze; ecco il figlio della sua verginità, colui che ella ha amato come suo Dio e insieme come frutto benedetto del suo seno! Per gli uomini, più che per sé, ella lo concepì, lo generò, lo nutrì; e gli uomini l'hanno ridotta in questo stato! Oh, se, con uno di quei prodigi che sono in potere del Padre celeste, potesse essere reso all'amore di sua madre, e se la giustizia alla quale s'è degnato di pagare tutti i nostri debiti volesse accontentarsi di ciò che egli ha sofferto! Ma no, deve morire, ed esalare lo spirito in mezzo alla più crudele agonia.
    Il martirio di Maria.
    Dunque Maria è ai piedi della Croce per ricevere l'addio del figlio, che sta per separarsi da lei; fra qualche istante, di questo suo amatissimo figlio non le resterà che un corpo inanimato e coperto di piaghe. Ma cediamo qui la parola a san Bernardo, del cui linguaggio si serve oggi la Chiesa nell'Ufficio del Mattutino: "Oh, Madre, egli esclama, considerando la violenza del dolore che ha trapassata l'anima tua, noi ti proclamiamo più che martire, perché la compassione che hai provato per tuo figlio, sorpassa tutti i patimenti che il corpo può sopportare. Non è forse stata più penetrante d'una spada per la tua anima quella parola: Donna ecco il figlio tuo? Scambio crudele! in luogo di Gesù, ricevi Giovanni; in luogo del Signore, il servo; in luogo del Maestro, il discepolo; in luogo del figlio di Dio, il figlio di Zebedeo: un uomo, insomma, in luogo d'un Dio! Come poté la tua anima sì tenera non essere ferita, quando i cuori nostri, i nostri cuori di ferro e di bronzo, si sentono lacerati al solo ricordo di quello. che dovette allora soffrire il tuo? Perciò non vi meravigliate, fratelli miei, di sentir dire che Maria fu martire nella sua anima. Di nulla dobbiamo stupirci, se non di colui che avrà dimenticato ciò che san Paolo annovera tra i più gravi delitti dei Gentili, l'essere stati disamorati. Ma un tale difetto è lungi dal cuore di Maria; che sia lungi anche dal cuore di coloro che l'onorano!" (Discorso delle dodici stelle).
    Nella mischia dei clamori e degl'insulti che salgono fino al figlio elevato sulla Croce, nell'aria, Maria ascolta quella parola che scende dall'alto fino a lei e l'ammonisce che d'ora in poi non avrà altro figlio sulla terra che quello di adozione. Le gioie materne di Betleem e di Nazaret, gioie così pure e sì spesso turbate dalla trepidazione, sono compresse nel suo cuore e si cambiano in amarezza. Era la madre d'un Dio, e suo figlio le è stato tolto dagli uomini! Alza per un'ultima volta i suoi sguardi al caro Figlio, e lo vede in preda ad un'ardentissima sete, e non può ristorarlo; contempla i suoi occhi che si spengono, il capo che si reclina sul petto: tutto è consumato!
    La ferita della lancia.
    Maria non s'allontana dall'albero del dolore, all'ombra del quale è stata trattenuta fino adesso dal suo amore materno; ma quali crudeli emozioni l'attendono ancora! Sotto i suoi occhi, s'avvicina un soldato a trapassare con una lanciata il costato del figlio suo appena spirato. "Ah, dice ancora san Bernardo, il tuo cuore, o madre, è trapassato dal ferro di quella lancia ben più che il cuore del figlio tuo, che ha già reso l'ultimo suo anelito. Non c'è più la sua anima; ma c'è la tua, che non può distaccarsene" (Ibidem).
    L'invitta madre rimane immobile a custodire i sacri resti del figlio; coi suoi occhi lo vede distaccare dalla Croce; e quando alla fine gli amici di Gesù, con tutte le attenzioni dovute al figlio ed alla madre, glielo rendono così come la morte l'ha ridotto, ella lo riceve sulle sue ginocchia, che una volta furono il trono sul quale ricevette gli omaggi dei prìncipi dell'Oriente. Chi potrà contare i sospiri ed i singhiozzi di questa madre, che stringe al cuore la spoglia esamine del più caro dei figli? Chi conterà le ferite, di cui è coperto il corpo della vittima universale?
    La sepoltura di Gesù.
    Ma l'ora passa; il sole declina sempre più verso il tramonto: bisogna affrettarsi a rinchiudere nel sepolcro il corpo, di colui ch'è l'autore della vita. La madre di Gesù raccoglie in un ultimo bacio tutta la forza del suo amore, ed oppressa da un dolore immenso come il mare, affida l'adorabile corpo a chi, dopo averlo imbalsamato, lo distenderà sulla pietra della tomba. Chiuso il sepolcro, accompagnata da Giovanni suo figlio adottivo, dalla Maddalena, dai due discepoli che hanno assistito ai funerali e dalle altre pie donne, Maria rientra nella città maledetta.
    La novella Eva.
    Vedremo noi, in tutti questi fatti, solo lo spettacolo delle sofferenze sopportate dalla madre di Gesù, vicino alla Croce del figlio? Non aveva forse Dio una intenzione, nel farla assistere di persona alla morte del Figlio? E perché non la tolse da questo mondo, come Giuseppe, prima del giorno della morte di Gesù, senza causare al suo cuore materno un'afflizione superiore a quella di tutte la madri prese insieme, che si sarebbero succedute da Eva in poi, lungo il corso dei secoli? Dio non l'ha fatto, perché la novella Eva aveva una parte da compiere ai piedi dell'albero della Croce. Come il Padre celeste attese il suo consenso prima d'inviare sulla terra il Verbo eterno, così pure richiese l'obbedienza ed il sacrificio di Maria per l'immolazione del Redentore. Non era il bene più caro di questa incomparabile madre, quel figlio che aveva concepito solo dopo aver accondisceso alla divina proposta? Ma il cielo non poteva riprenderselo, senza che lei stessa lo donasse.
    Quale terribile conflitto scoppiò allora in quel cuore sì amante! L'ingiustizia e la crudeltà degli uomini stanno per rapirle il figlio: come può lei, la madre, ratificare, col suo assenso la morte di chi ama d'un duplice amore, come suo figlio e come suo Dio? D'altra parte, se Gesù non viene immolato, il genere umano continua a rimanere preda di Satana, il peccato non è riparato, ed invano lei è divenuta la madre d'un Dio. Per lei sola sarebbero gli onori e le gioie; e noi saremmo abbandonati alla nostra triste sorte. Che farà, allora, la Vergine di Nazaret, dal cuore così grande, la creatura sempre immacolata, i cui affetti non furono mai intaccati dall'egoismo che s'infiltra così facilmente nelle anime nelle quali è regnato il peccato originale? Maria, per la sua dedizione unendosi per gli uomini al desiderio di suo figlio, che non brama che la loro salvezza, trionfa di se stessa: una seconda volta pronuncia il suo FIAT, ed acconsente all'immolazione del figlio. Non è più la giustizia di Dio che glielo rapisce, ma è lei che lo cede: e, quasi a ricompensa, viene innalzata a un piano di grandezza che mai la sua umiltà avrebbe potuto concepire. Un'ineffabile unione si crea fra l'offerta del Verbo incarnato e quella di Maria; scorrono insieme il sangue divino e le lacrime della madre, e si mescolano per la redenzione del genere umano.
    La fortezza di Maria.
    Comprendete ora la condotta di questa Madre ed il coraggio che la sostiene. Ben differente da quell'altra madre di cui parla la Scrittura, la sventurata Agar, la quale dopo aver cercato invano di spegnere la sete d'Ismaele, ansimante sotto la canicola solare del deserto, fugge per non vedere morire il figlio, Maria inteso che il suo è condannato a morte, si alza, corre sulle sue tracce fin che non lo ritrova e l'accompagna al luogo ove dovrà spirare. Ed in quale atteggiamento rimane ai piedi della Croce di questo figlio? La vediamo forse venir meno e svenire? L'inaudito dolore che l'opprime l'ha forse fatta cascare al suolo, o fra le braccia di quelli che l'attorniano? No; il santo Vangelo risponde con una sola parola a tutte queste domande: "Maria stava (in piedi) accanto alla Croce". Come il sacrificatore sta eretto dinanzi all'altare, così Maria, per offrire un sacrificio come il suo, conserva il medesimo atteggiamento. Sant'Ambrogio, che col suo tenero spirito e la profonda intelligenza dei misteri, ci ha tramandato preziosissimi trattati del carattere di Maria, esprime tutto in queste poche parole: "Ella rimase ritta in faccia alla Croce, contemplando coi suoi occhi il figlio, ed aspettando, non la morte del caro figlio, ma la salvezza del mondo" (Comment. su san Luca. c. xxiii).
    Maria, madre nostra.
    Così la Madre dei dolori lungi dal maledirci, in un simile momento, ci amava e sacrificava a nostra salvezza perfino i ricordi di quelle ore di felicità che aveva gustate nel figliol suo. Facendo tacere lo strazio del suo cuore materno, ella lo rendeva al Padre come una sacro deposito che le aveva affidato. La spada penetrava sempre più nell'intimo dell'anima sua; ma noi eravamo salvi: da semplice creatura, essa cooperò insieme col figlio alla nostra salute. Dopo di ciò, ci meraviglieremo sé Gesù scelse proprio questo momento per eleggerla Madre degli uomini, nella persona di Giovanni che rappresentava tutti noi? Mai, come allora, il Cuore di Maria era aperto in nostro favore. Sia dunque, ormai, l'Eva novella, la vera "Madre dei viventi". La spada, trapassando il suo Cuore immacolato, ce ne ha spalancata la porta. Nel tempo e nell'eternità, Maria estenderà anche a noi l'amore che porta a suo figlio, perché da questo momento ha inteso da lui che anche noi le apparteniamo. A riscattarci è stato il Signore: a cooperare generosamente al nostro riscatto è stata la Madonna.
    Preghiera.
    Con tale confidenza, o Madre afflitta, oggi noi veniamo con la santa Chiesa, a renderti il nostro filiale ossequio. Tu partoristi senza dolore Gesù, frutto dal tuo ventre; ma noi, tuoi figli adottivi, siamo penetrati nel tuo Cuore per mezzo della lancia. Con tutto ciò amaci, o Maria, corredentrice degli uomini! E come potremmo noi non cantare all'amore del tuo Cuore sì generoso, quando sappiamo che per la nostra salvezza ti sei unita al sacrificio del tuo Gesù? Quali prove non ci hai costantemente date della tua materna tenerezza, tu che sei la Regina di misericordia, il rifugio dei peccatori, l'avvocata instancabile di tutti noi miseri? Deh! o Madre, veglia su noi; fa' che sentiamo e gustiamo la dolorosa Passione di tuo figlio. Non si svolse, essa, sotto i tuoi occhi? non vi prendesti parte? Facci dunque penetrare tutti i misteri, affinché le nostre anime, riscattate dal sangue di Gesù, e lavate dalle tue lacrime, si convertano finalmente al Signore e perseverino d'ora innanzi nel suo santo servizio.
    [1] Labbe, Concilies, t. XII p. 365. - Il decreto esponeva la ragione dell'istituzione di tale festa: "Onorare l'angoscia che provò Maria quando il Redentore s'immolò per noi e raccomandò questa Madre benedetta a Giovanni, ma soprattutto affinché sia repressa la perfidia degli empi eretici Ussiti".
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 661-669”



    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    8 aprile 2017: SABATO DELLA SETTIMANA DI PASSIONE…



    "Sabato della Settimana di Passione"
    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Sabato della Settimana di Passione
    http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-sab.htm



    San Dionigi - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/san-dionigi/
    8 aprile, San Dionigi, Vescovo.

    “A Corinto il beato Dionigi Vescovo, il quale colla dottrina e colla grazia, che ebbe nel predicare la divina parola, istruì non solamente i popoli della sua città e provincia, ma anche per mezzo di lettere i Vescovi di altre provincie e città; ed ebbe in tanta riverenza i Romani Pontefici, che soleva leggere pubblicamente nella chiesa le loro lettere nei giorni di Domenica. Visse ai tempi di Marco Antonino Vero e di Lucio Aurelio Commodo”.



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    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
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    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare il beato Dionigi Vescovo, il quale con la dottrina e con la grazia, che ebbe nel predicare la divina parola, istruì non solamente i popoli della sua città e provincia, ma anche per mezzo di lettere i Vescovi di altre provincie e città. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Vescovo, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, il beato Dionigi possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”



    Ligue Saint Amédée
    http://www.SaintAmedee.ch/
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “8 Avril : Saint Perpet ou Perpetuus, Évêque de Tours († 494).”






    http://radiospada.org/
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf

    "Il sabato è dedicato in modo particolare alla Madonna."

    https://www.radiospada.org/2013/08/ave-maria/

    "I sette dolori e gioie di S. Giuseppe"
    https://www.radiospada.org/2015/03/18249/

    "L' 8 aprile 1378 Papa Urbano VI Prignano viene esaltato al Sommo Pontificato"


    “8 aprile 2017: SABATO DELLA SETTIMANA DI PASSIONE.

    Oggi cominciamo, col santo Vangelo, a contare esattamente i giorni che dovranno trascorrere prima dell'immolazione del divino Agnello. Questo Sabato è il sesto giorno prima di Pasqua, secondo il computo di san Giovanni al capitolo dodicesimo.
    L'unzione di Betania.
    Gesù si trova a Betania, dove si tiene un festino in suo onore. Lazzaro risuscitato è presente al banchetto, che ha luogo in casa di Simone il Lebbroso. Mentre Marta si occupa nel servirli, Maria Maddalena, alla quale lo Spirito Santo fa quasi presentire l'avvicinarsi della morte e della sepoltura del suo amato Maestro, ha preparato un profumo e lo viene a spandere sopra di lui. Il santo Vangelo, che conserva sempre un misterioso riserbo sulla Madre di Gesù, non ci dice ch'era presente anche lei quel giorno a Betania ma non si può metterlo in dubbio; pure gli Apostoli presero parte al banchetto. Mentre nel villaggio di Betania, situato a due chilometri da Gerusalemme, gli amici del Signore si stringevano così intorno a lui, sulla città infedele il cielo andava sempre più ottenebrandosi. Tuttavia, Gesù, domani vi farà una sua apparizione; e i discepoli ancora non lo sanno. Il cuore di Maria è triste; Maddalena è tutta assorta in lugubri pensieri; tutto presagisce la fine imminente.
    Storia di questo giorno.
    La Chiesa ha però riservato il passo del Vangelo di san Giovanni che narra questi fatti, per la Messa del Lunedì prossimo. La ragione di questo particolare sta nel fatto che, fino al XII secolo, non c'era, ancora, una Stazione a Roma. Il Papa preludeva con una giornata di riposo alle fatiche della grande Settimana, le cui solenni funzioni cominceranno domani. Ma se egli non presiedeva all'assemblea dei fedeli, non trascurava di compiere in questo giorno due tradizionali prescrizioni che avevano la loro importanza negli usi liturgici della Chiesa Romana.
    Nel corso dell'anno, il Papa costumava mandare ogni Domenica una porzione della santa Eucarestia, ch'egli consacrava, a ciascun sacerdote che era addetto ai titoli presbiteriali, che erano le chiese parrocchiali della città. Questo invio, o meglio distribuzione, aveva luogo da oggi per tutta la Settimana Santa, forse perché l'ufficiatura di domani non avrebbe permesso d'effettuarla comodamente. Gli antichi documenti liturgici di Roma c'informano, che la consegna del pane consacrato si faceva nel Concistoro del Laterano; il Cardinal Tommaso e Benedetto XIV inclinano a credere che i Vescovi delle Chiese suburbucarie vi prendessero parte. Abbiamo altre prove, dall'antichità, che talvolta i Vescovi s'inviavano scambievolmente la santa Eucarestia, in segno della comunione che li univa. Quanto ai sacerdoti preposti ai Titoli presbiteriali della città, ai quali ogni settimana veniva consegnata una porzione dell'Eucarestia consacrata dal Papa, essi se ne servivano all'altare, mettendo una piccola parte di questo pane consacrato nel calice, prima di comunicarsi.
    L'altra usanza di questo giorno consisteva in una elemosina generale alla quale presiedeva il Papa, e che senza dubbio, nella sua abbondanza, aveva lo scopo di supplire a quella che non avrebbe potuto aver luogo durante la Settimana Santa, troppo occupata negli Uffici divini e nelle altre cerimonie. I Liturgisti del Medio Evo spiegano la commovente relazione tra il Pontefice Romano, che esercita di persona le opere di misericordia verso i poveri, e Maria Maddalena, che pure oggi imbalsama coi suoi profumi i piedi del Salvatore.
    Posteriormente al XII secolo, venne fissata una Stazione, la quale ha luogo nella chiesa di S. Giovanni a Porta Latina, che, secondo la tradizione, sorge sul luogo dove il Discepolo prediletto per ordine di Domiziano sarebbe stato immerso in una caldaia d'olio bollente.
    LETTURA (Ger 18,18-23). - In quei giorni: Degli empi Giudei dissero fra di sé: Venite, facciamo una congiura contro il giusto, perché la legge non può mancare al sacerdote, il consiglio al sapiente, la parola al profeta. Venite, abbattiamolo con la lingua, senza dar retta a tanti suoi discorsi. Signore, rivolgiti verso di me, ascolta quanto dicono i miei avversari. Si rende forse il male, per il bene giacché essi hanno scavato una fossa all'anima mia? Ricordati che io sono stato nel tuo cospetto, per parlare in loro favore, per allontanare da essi il tuo sdegno. Per questo abbandona i loro figli alla fame, falli cadere sotto la spada; le loro mogli restino senza figli e vedove, i loro mariti siano messi a morte, i loro giovani siano trafitti dalla spada in battaglia. Si sentano le grida uscir dalle loro case: Manderai adunque all'improvviso, addosso a loro il ladrone, perché essi hanno scavato la fossa per prendermi, han teso dei lacci ai miei piedi. Ma tu, o Signore, ben conosci quanto tramano contro di me per farmi morire; non perdonare la loro iniquità, non si cancelli dinanzi a te il loro peccato, siano calpestati e maltrattati nel tempo del tuo furore, Signore Dio nostro.
    Anatemi contro i peccatori.
    Non si possono leggere senza fremere gli anatemi che Geremia, figura di Gesù Cristo, indirizza ai Giudei, suoi persecutori. Questa predizione, che s'avverò alla lettera fin dalla prima rovina di Gerusalemme, per mano degli Assiri, ebbe una conferma ancora più terribile nella seconda visita dell'ira di Dio sulla maledetta città. Non era solo un profeta, Geremia, che i Giudei avevano perseguitato col loro odio e con indegni trattamenti; ma lo stesso Figlio di Dio, che avevano rigettato e messo in croce: al loro Messia avevano "ricambiato il bene col male". Quindi, non era stato solo Geremia "a pregare il Signore che facesse la grazia d'allontanare da essi il suo sdegno": l'Uomo-Dio in persona aveva sempre interceduto per loro; e se alla fine loro furono abbandonati alla giustizia divina, questo avvenne dopo ch'ebbero esaurite tutte le vie della misericordia e del perdono. Ma tanto amore era rimasto sterile; e l'ingrato popolo, sempre più irritato contro il suo benefattore, nell'impeto del suo odio gridava: "Che il suo sangue ricada sopra di noi e sui nostri figli!" Quale sentenza Giuda attirava a proprio danno, formulando un tale augurio! Dio l'intese e se ne ricordò.
    Il peccatore, ahimé, che conosce Gesù Cristo ed il prezzo del suo sangue, e che continua a versare a suo piacimento un sangue sì prezioso, non s'espone forse agli stessi rigori di quella giustizia, che si mostrò così tremenda verso Giuda? Tremiamo e preghiamo, implorando la divina misericordia per tanti ciechi volontari e cuori ostinati che corrono alla rovina; e con le suppliche incessanti che rivolgeremo al Cuore misericordioso del Redentore di tutti, facciamo sì che sia revocato il decreto ch'essi hanno meritato e si tramuti in una sentenza di perdono.
    VANGELO (Gv 12,10-36). - In quel tempo: I prìncipi dei sacerdoti deliberarono di ammazzare anche Lazzaro; perché molti per causa di lui abbandonavano i Giudei e credevano in Gesù. Il giorno dopo, una gran folla, accorsa alla festa, avendo sentito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e andò ad incontrarlo, gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore: il Re d'Israele. E Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: Non temere, figlia di Sion; ecco il tuo Re viene seduto sopra un puledro d'asina. I suoi discepoli non compresero allora queste cose; ma glorificato che fu Gesù, si ricordarono ch'erano state scritte di lui, e che gli erano state fatte. E la folla ch'era con lui quando chiamò Lazzaro fuori del sepolcro e lo risuscitò dai morti, ne rendeva testimonianza. Anche per questo gli andò incontro la turba, perché aveva sentito che egli aveva fatto quel miracolo. I Farisei allora dissero: Vedete che non concludiamo nulla? Ecco, tutto il mondo gli va dietro. Or fra quelli accorsi ad adorare per la festa, v'erano alcuni Gentili. Questi, accostatisi a Filippo, che era di Betsaida della Galilea, lo pregarono dicendo: Signore, desideriamo vedere Gesù. Filippo andò a dirlo ad Andrea e Andrea e Filippo lo dissero a Gesù. E Gesù rispose loro: È venuta l'ora nella quale dev'essere glorificato il Figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane infecondo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perderà e chi odia la sua vita in questo mondo, la salverà per la vita eterna. Se uno mi vuol seguire mi segua; e dove son io, ci sarà pure il mio servo. Se uno mi serve l'onorerà mio Padre. Ma ora l'anima mia è conturbata. E che dico? Padre, salvami da quest'ora. Ma per questo son giunto a questo momento. Padre, glorifica il tuo nome. E dal cielo venne questa voce: E l'ho glorificato, e di nuovo lo glorificherò. Or la folla ch'era presente, e udì, disse ch'era stato un tuono. Altri dicevano: Un angelo gli ha parlato. E Gesù prese a dire: Non per me, ma per voi è venuta questa voce. Or si fa giudizio di questo mondo, ora il principe di questo mondo sarà cacciato fuori. Ed io quando sarò innalzato da terra trarrò tutti a me. Ciò diceva per significare di qual morte doveva morire. Gli rispose la gente: Noi abbiamo appreso dalla legge che il Cristo vive in eterno. Or come dici tu che il Figlio dell'uomo dev'essere innalzato? Chi è questo Figlio dell'uomo? Disse allora Gesù ad essi: Ancora un poco la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, affinché non vi sorprendano le tenebre; e chi cammina al buio non sa dove vada. Finché avete luce, credete nella luce, per essere figli della luce. Queste cose disse Gesù; poi se ne andò (a Betania coi dodici) e si nascose da loro.
    L'odio dei Giudei.
    I nemici del Salvatore sono giunti a tal segno di follia da perdere la ragione. È davanti a loro Lazzaro risuscitato; ma invece di riconoscere in lui la prova schiacciante della divina missione di Gesù, ed arrendersi finalmente davanti all'evidenza, pensano di far perire questo testimone incontestabile, come se Chi lo aveva risuscitato una volta non potesse di nuovo ridargli la vita. La trionfale accoglienza che il popolo fa al Signore in Gerusalemme li spinge ad inasprire la loro stizza ed il loro odio. "Vedete che non concludiamo nulla? essi mormorano; ecco che tutto il mondo gli va dietro". Ahimé! ad una momentanea ovazione succederà immediatamente uno di quei voltafaccia ai quali il popolo è troppo abituato. Ma intanto, ecco che anche i Gentili si fanno avanti per vedere Gesù. È il preludio del prossimo avveramento della profezia del Salvatore: "Vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a gente che ne produca i frutti" (Mt 21,43). Sarà quello il momento che "il Figlio dell'Uomo sarà glorificato" e che tutte le nazioni protesteranno il loro umile omaggio al Crocifisso, contro l'accecamento dei Giudei. Ma prima bisognerà che il divino " Frumento caduto in terra, muoia"; poi quando verrà il tempo della mietitura, darà il cento per uno.
    La Redenzione.
    Tuttavia Gesù non può non risentire nella sua umanità un istantaneo turbamento al pensiero di questa morte. Non è ancora l'agonia dell'Orto; ma un brivido l'assale. Ecco come grida: "Padre! salvami da quest'ora". Cristiani, è il nostro Dio ch'è preso da paura, nel prevedere ciò che fra poco comincerà a soffrire per noi; e domanda che s'allontani il destino ch'egli ha previsto e voluto. "Ma, soggiunge, per questo son venuto al mondo; Padre, glorifica il tuo nome". Ora il suo spirito è sereno, e torna ad accettare le condizioni della nostra salute. Sentite anche questa parola di trionfo: "Il principe di questo mondo sarà cacciato fuori": cioè Satana sarà detronizzato, in virtù del Sacrificio che egli sta per offrire.
    Ma non è solamente la disfatta del demonio, il frutto dell'immolazione del Redentore: questo essere terreno e pervertito che è l'uomo sta per distaccarsi dalla terra ed innalzarsi al cielo; e sarà il Figlio di Dio, quale amante celeste, che lo attirerà a sé: "Quando sarò innalzato da terra trarrò tutti a me". Non si preoccupa più dei patimenti, della terribile morte che poco fa lo spaventava; non vede più che la rovina del nostro nemico, e la nostra salvezza e glorificazione per la sua Croce. In queste parole noi abbiamo tutto il Cuore del Redentore; meditiamole, perché bastano da sole a disporre le nostre anime a gustare i misteri di cui è piena la grande Settimana che si apre domani.
    PREGHIAMO
    La tua destra, o Signore, difenda e, dopo averlo purificato, istruisca degnamente il popolo che prega; affinchè mediante la consolazione presente avanzi verso i beni futuri.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 669-674.”



    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    9 aprile 2017: SECONDA DOMENICA DI PASSIONE O DOMENICA DELLE PALME…



    "Domenica Seconda di Passione o delle Palme"
    Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Seconda di Passione o delle Palme
    http://www.unavoce-ve.it/pg-palme.htm



    Domenica delle Palme (Santa Messa) - Don Floriano Abrahamowicz
    https://www.youtube.com/watch?v=FL-q7hDRb_Q
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php



    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare santa Maria di Cléofa, che il beato Giovanni Evangelista chiama sorella della santissima Madre di Dio Maria,e dice che sia stata con Lei presso la croce di Gesù. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi le avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questa preziosa Santa, ed a lei affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, santa Maria di Cléofa possa essere mia avvocata e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”



    Ligue Saint Amédée
    http://www.SaintAmedee.ch/
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “9 Avril : Saint Jean l'Aumônier, Patriarche d'Alexandrie (556-619).”
    “Sermon du Père Joseph-Marie pour le Dimanche des Rameaux (2015).
    http://prieure2bethleem.org/predica/...ars.mp3”





    Domenica delle Palme - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/domenica-delle-palme/
    “9 aprile 2017, Domenica delle Palme.

    “Púeri Hebraéorum, tolléntes ramos olivárum, obviavérunt Dómino, clamántes, et dicéntes: Hosánna in excélsis”.
    Veramente mio amato Gesù, Voi fate l’ingresso in un’altra Gerusalemme, mentre entrate nell’anima mia.
    Gerusalemme non si mutò avendovi ricevuto, anzi divenne più barbara, perchè vi crocifisse.
    Ah, non permettete mai tale sciagura, che io vi riceva e, rimanendo in me tutte le passioni e le mali abitudini contratte, divenga peggiore!
    Ma vi prego col più intimo del cuore, che vi degniate annientarle e distruggerle totalmente, mutandomi il cuore, la mente e la volontà, che siano sempre rivolti ad amarvi, servirvi e glorificarvi in questa vita, per poi goderne nell’altra eternamente. Così sia.”

    Catechismo di San Pio X - La Settimana Santa - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/catechismo...ttimana-santa/
    “Catechismo Maggiore di san Pio X – Della settimana santa

    § 3. – Della settimana santa in generale
    45 D. Perché l’ultima settimana di Quaresima si dice santa?
    R. L’ultima settimana di Quaresima si dice santa, perché in essa si celebra la memoria dei più grandi misteri operati da Gesù Cristo per la nostra redenzione.
    46 D. Di qual mistero si fa memoria nella domenica delle Palme?
    R. Nella domenica delle Palme si fa memoria dell’entrata trionfante che Gesù Cristo fece in Gerusalemme sei giorni avanti la sua passione.
    47 D. Per qual causa Gesù Cristo valle entrare trionfante in Gerusalemme avanti la sua passione?
    R. Gesù Cristo avanti la sua passione volle entrare trionfante in Gerusalemme, come era stato predetto:
    1. per animare i suoi discepoli dando loro in tal maniera una chiara prova che andava a patire spontaneamente;
    2. per insegnarci che colla sua morte egli trionferebbe del demonio, del mondo e della carne, e che ci aprirebbe l’entrata in cielo.
    48 D. Qual mistero si celebra nel giovedì santo?
    R. Nel giovedì santo si celebra l’istituzione del santissimo Sacramento dell’Eucaristia.
    49 D. Qual mistero si ricorda nel venerdì santo?
    R. Nel venerdì santo si ricorda la passione e morte del Salvatore.
    50 D. Quali misteri si onorano nel sabato santo?
    R. Nel sabato santo si onorano la sepoltura di Gesù Cristo e la sua discesa al limbo e dopo il segno del Gloria si comincia ad onorare la sua gloriosa resurrezione.
    51 D. Che cosa dobbiamo noi fare per passare la settimana santa secondo la mente della Chiesa?
    R. Per passare la settimana santa secondo la mente della Chiesa dobbiamo fare tre cose:
    1. unire al digiuno un maggior raccoglimento interno, e un maggior fervore di orazione;
    2. meditare di continuo con ispirito di compunzione i patimenti di Gesù Cristo;
    3. assistere se si può, ai divini uffici con questo medesimo spirito.
    § 2. – Di alcuni riti della settimana santa.
    52 D. Perché la domenica della settimana santa si dice delle Palme?
    R. La domenica della settimana santa si dice delle Palme a cagione della processione che si fa in questo giorno, in cui si porta in mano da’ fedeli un ramo d’olivo o di palma.
    53 D. Perché nella domenica delle Palme si fa la processione portando rami d’olivo o palme?
    R. Nella domenica delle Palme si fa la processione portando rami di olivo o palme per ricordare l’entrata trionfante di Gesù Cristo in Gerusalemme, incontrato dalle turbe con rami di palma in mano.
    54 D. Perché nel ritorno della processione delle Palme si batte tre volte alla porta della Chiesa prima che si apra?
    R. Nel ritorno della processione delle Palme si batte tre volte alla porta della Chiesa, prima che si apra, per significare che il paradiso era chiuso pel peccato di Adamo, e che Gesù Cristo ce ne ha meritato l’ingresso colla sua morte.
    55 D. Chi furono quelli che andarono incontro a Gesù Cristo allorché entrò trionfante in Gerusalemme?
    R. Allorché Gesù Cristo entrò trionfante in Gerusalemme, gli andò incontro il popolo semplice ed i fanciulli, non già i grandi della città; così disponendo Iddio per farci conoscere che la superbia rese questi indegni di aver parte nel trionfo di nostro Signore, che ama la semplicità di cuore, l’umiltà e l’innocenza.
    56 D. Perché non si suonano le campane dal giovedì santo al sabato santo?
    R. Dal giovedì sino al sabato santo non si suonano le campane in segno di grande afflizione per la passione e morte del Salvatore.
    57 D. Perché si conserva nel giovedì santo un’ostia grande consacrata?
    R. Nel giovedì santo si conserva un’ ostia grande consacrata:
    1. affinché si tributino speciali adorazioni al sacramento dell’ Eucaristia nel giorno in cui venne istituito;
    2. perché si possa compiere la liturgia nel venerdì santo, in cui non si fa dal sacerdote la consacrazione.
    58 D. Perché nel giovedì santo dopo la Messa si spogliano gli altari?
    R. Nel giovedì santo dopo la Messa si spogliano gli altari per rappresentarci Gesù Cristo spogliato delle sue vesti per essere flagellato e affisso alla croce; e per insegnarci che per celebrare degnamente la sua passione dobbiamo spogliarci dell’uomo vecchio, cioè d’ogni affetto mondano.
    59 D. Perché si fa la lavanda dei piedi nel giovedì santo?
    R.Nel giovedì santo si fa la lavanda dei piedi:
    1. per rinnovare la memoria di quell’atto di umiliazione con cui Gesù Cristo si abbassò a lavarli ai suoi Apostoli;
    2. perché Egli medesimo esortò gli Apostoli e, in persona di essi, i fedeli ad imitare il suo esempio;
    3. per insegnarci, che dobbiamo purificare il nostro cuore da ogni macchia, ed esercitare gli uni verso degli altri i doveri della carità ed umiltà cristiana.
    60 D. Perché nel giovedì santo i fedeli si recano alla visita del Santissimo Sacramento in più chiese pubblicamente nelle processioni, o privatamente?
    R. Nel giovedì santo i fedeli si recano alla visita del Santissimo Sacramento in più chiese in memoria de’ dolori sofferti da Gesù Cristo in più luoghi, come nell’orto, nelle case di Caifa, di Pilato e di Erode, e sul Calvario.
    61 D. Con quale spirito si devono fare le visiti nel giovedì santo?
    R. Nel giovedì santo si devono fare le visite non per curiosità, per abitudine o per divertimento, ma per sincera contrizione dei nostri peccati, che sono la vera cagione della passione e morte del nostro Redentore, e con vero spirito di compassione delle sue pene, meditandone i vari patimenti; per esempio nella prima visita quel che soffri nell’orto; nella seconda, quel che soffrì nel pretorio di Pilato; e così dicasi delle altre.
    62 D. Perché nel venerdì santo la Chiesa, in modo particolare, presa il Signore per ogni sorta di persone, anche per i pagani e per i giudei?
    R. La Chiesa nel venerdì santo, in modo particolare, prega il Signore per ogni sorta di persone per dimostrare che Cristo è morto per tutti gli uomini e per implorare a beneficio di tutti il frutto di sua passione.
    63 D. Perché nel venerdì santo si adora solennemente la croce?
    R. Nel venerdì santo si adora solennemente la Croce, perché essendovi Gesù Cristo stato inchiodato ed essendovi morto in quel giorno, la santificò col suo sangue.
    64 D. L’adorazione si deve al solo Dio, perché adunque si adora la Croce?
    R. Si deve adorazione al solo Dio, e però quando si adora la Croce, la nostra adorazione si riferisce a Gesù Cristo morto su di essa.
    65 D. Qual cosa è da considerarsi specialmente nei riti del sabato santo?
    R. Nei riti del sabato santo è da considerarsi specialmente la benedizione del cero pasquale e del fonte battesimale.
    66 D. Che cosa significa il cero pasquale?
    R. Il cero pasquale significa lo splendore e la gloria, che Gesù Cristo risuscitato apportò al mondo.
    67 D. Perché si benedice nel sabato santo il fonte battesimale?
    R. Nel sabato santo si benedice il fonte battesimale, perché anticamente in questo giorno, come ancora nella vigilia della Pentecoste, si conferiva il Battesimo solennemente.
    68 D. Che cosa dobbiamo fare mentre si benedice il fonte battesimale?
    R. Mentre si benedice il fonte battesimale, dobbiamo ringraziare il Signore d’averci ammessi al Battesimo, e rinnovare le promesse che allora abbiamo fatto.”




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    "9 aprile 2017: SECONDA DOMENICA DI PASSIONE O DOMENICA DELLE PALME."

    "Il 9 aprile 715 muore Papa Costantino, Sommo Pontefice."
    "Il 9 aprile 1024 muore Papa Benedetto VIII dei conti di Tuscolo, Sommo Pontefice."
    "Il 9 aprile 1555 Papa Marcello II Cervini viene esaltato al Sommo Pontificato."


    https://www.radiospada.org/2016/03/m...a-delle-palme/
    "La Domenica delle Palme [MATTIA ROSSI].
    La liturgia della II domenica di Passione, detta “delle Palme”, è bipartita: la gioia e la solennità dell’acclamante processione iniziale, da un lato; la tristezza e il lutto del severo Proprio della Messa di Passione, dall’altro.
    L’inizio della liturgia processionale in onore di Cristo Re è accompagnata dal canto dell’Hosanna filio David. Non è l’unica volta – fatta eccezione per la festa di Cristo Re di istituzione recente – che la Chiesa celebra la regalità di Nostro Signore: già col Natale e con l’Epifania, la liturgia aveva esaltato la gloria e la potenza del Signore. E, infatti, l’antifona che apre la solenne processione delle palme si richiama direttamente al Natale: l’incipit melodico dell’Hosanna filio David è identico all’attacco dell’introito Puer natus del giorno di Natale «Puer natus est nobis, et filius datus est nobis: cuius imperium super humerum eius: et vocabitur nomen eius, magni consilii Angelus». Anche il testo natalizio lo annunciava: un bimbo è nato, un Figlio ci è donato che ha ricevuto sulle sue spalle il principato, l’imperio.
    Il Figlio osannato alla nascita e il Figlio osannato al suo ingresso in Gerusalemme vengono identificati con la stessa cellula melodia di due note posta prima sul Puer e poi sull’Hosanna. Il legame tra Incarnazione e Passione, per noi moderni, è un remoto discorso teologico; per i medievali era, invece, un’immediata percezione liturgica e musicale data da un minuscolo segnale melodico.
    A rendere ancor più affascinante, ma anche comprovato, questa lettura della prima parte della II domenica di Passione si aggiunge un ulteriore elemento: anticamente, la benedizione delle palme si svolgeva alla basilica di Santa Maria Maggiore che a Roma, come spiega dom Gaspare Lefebvre osb, simboleggiava Betlemme, la città della nascita di Gesù e dell’adorazione del Re dei re da parte dei Magi.
    A fare da contraltare alla prima parte della solenne liturgia di questo giorno, che si conclude con il grandioso inno a Cristo Re Gloria laus, c’è il tremendo Proprio della Messa tutto incentrato sulla dolorosa Passione di Nostro Signore.
    Come già segnalato per domenica scorsa, la I di Passione, tutti i cinque brani del Proprio sono in prima persona: è il canto straziato di Cristo che sale al macello e invoca l’aiuto del Padre dell’introito («Signore, non allontanare da me il tuo soccorso, volgiti a mia difesa. Strappami dalle fauci del leone e libera la mia anima dalle corna dei bufali»); è il fiducioso appello, nel graduale, del Figlio sacrificato («Tu mi tieni per la mano destra, mi guiderai col tuo consiglio e mi accoglierai nella gloria»); è il lunghissimo lamento disperato del Crocifisso nel tractus, con una melodia che ricorda l’inizio dell’itinerario quaresimale ovvero il tratto del Mercoledì delle Ceneri («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»); è il racconto dell’offertorio dell’Agnello immolato deriso e oltraggiato dai persecutori («L’insulto ha spezzato il mio cuore e venni meno; speravo compassione, ma invano; consolatori, ma non ne trovai. Come nutrimento di diedero fiele e nella mia sete mi diedero da bere aceto»); è il grido finale dell’Uomo che non vorrebbe bere quell’amaro calice ma al contempo si affida totalmente a Dio («Padre, se questo calice non può passare senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà»).
    La prima parte della liturgia della II domenica di Passione è tutta incentrata sulla glorificazione di Cristo e della Sua regalità, ma è una lode che presto si tramuta (nella Messa) in dolore e mestizia che prefigurano direttamente la croce del Golgota che splenderà gloriosa, tra pochi giorni, nel Triduo Pasquale."



    http://www.unavoce-ve.it/pg-palme.htm
    “SECONDA DOMENICA DI PASSIONE O DOMENICA DELLE PALME.
    La partenza da Betania.
    Di primo mattino, Gesù lascia a Betania Maria sua madre, le due sorelle Marta e Maria Maddalena, con Lazzaro, e si dirige a Gerusalemme in compagnia dei discepoli. Trema la Vergine, nel vedere così il Figlio avvicinarsi ai suoi nemici, che bramano versare il suo sangue; però oggi, Gesù, non va incontro alla morte a Gerusalemme, ma al trionfo. Bisogna che il Messia, prima d'essere sospeso alla croce, sia, in Gerusalemme, proclamato Re dal popolo; e che di fronte alle aquile romane, sotto gli occhi dei Pontefici e dei Farisei rimasti muti per la rabbia e lo stupore, la voce dei fanciulli, mescolandosi con le acclamazioni della cittadinanza, faccia echeggiare la lode al Figlio di David.
    Avveramento della Profezia.
    Il profeta Zaccaria aveva predetta l'ovazione preparata dalla eternità al Figlio dell'uomo, alla vigilia delle sue umiliazioni: "Esulta grandemente, o figlia di Sion, giubila, o figlia di Gerusalemme; ecco viene a te il tuo Re, il Giusto, il Salvatore: egli è povero, e cavalca un'asina e un asinello" (Zc 9,9). Vedendo Gesù ch'era venuta l'ora del compimento di questo oracolo, prende in disparte due discepoli, e comanda loro di portargli un'asina ed un puledro d'asina che troveranno poco lontano di lì. Mentre il Signore giungeva a Betfage, sul monte degli Olivi, i due discepoli s'affrettano ad eseguire la commissione del loro Maestro.
    I due popoli.
    I santi Padri ci han data la chiave del mistero di questi due animali. L'asina figura il popolo giudeo sottoposto al giogo della Legge; "il puledro sul quale, dice il Vangelo, nessuno è ancora montato" (Mc 11,2), rappresenta la gentilità, non domata da nessuno fino allora. La sorte di questi due popoli sarà decisa da qui a pochi giorni: il popolo giudaico, per aver respinto il Messia, sarà abbandonato a se stesso e in suo luogo Dio adotterà le nazioni che, da selvagge che erano, diventeranno docili e fedeli.
    Il corteo del trionfo.
    I discepoli stendono i mantelli sull'asinello; allora Gesù, perché fosse adempita la figura profetica, monta su quell'animale (ivi 11,7) e s'accinge così ad entrare nella città. Nel contempo si sparge la voce in Gerusalemme che arriva Gesù. Mossa dallo Spirito divino, la moltitudine dei Giudei, convenuta d'ogni parte nella santa città per celebrare la festa di Pasqua, esce ad incontrarlo, agitando palme e riempiendo l'aria di evviva. Il corteo che accompagnava Gesù da Betania si confonde si confonde con quella folla trasportata dall'entusiasmo: ed alcuni stendono i loro mantelli sulla terra che Gesù dovrà calcare, altri gettano ramoscelli di palme al suo passaggio. Echeggia un grido: Osanna! E la grande nuova per la città è, che Gesù, figlio di David, vi sta facendo il suo ingresso come Re.
    Regalità del Messia.
    In tal modo Dio, con la potenza che ha sui cuori, approntò un trionfo al Figliol suo in questa città, che di lì a poco doveva a gran voce reclamare il suo sangue. Questo giorno fu un momento di gloria per Gesù; e la santa Chiesa vuole che tutti gli anni noi rinnoviamo tale trionfo dell'Uomo-Dio. Al tempo della nascita dell'Emmanuele, vedemmo arrivare i Magi dal lontano Oriente e cercare e chiedere, in Gerusalemme, del Re dei Giudei per offrirgli i loro doni; oggi è la stessa Gerusalemme che si muove al suo incontro. Questi due fatti sono in rapporto ad un unico fine: riconoscere la regalità di Gesù Cristo: il primo da parte dei Gentili, il secondo da parte dei Giudei. Mancava che il Figlio di Dio, prima di soffrire la Passione, ricevesse l'uno e l'altro omaggio insieme: e l'iscrizione che presto Pilato farà collocare sul capo del Redentore, Gesù Nazareno, Re dei Giudei, esprimerà il carattere indispensabile del Messia. Invano i nemici di Gesù si sforzeranno in tutti i modi di far cambiare i termini di quella scritta; non ci riusciranno. "Quel che ho scritto ho scritto", risponderà il governatore romano, che, senza saperlo, di sua mano dichiarò l'adempimento delle Profezie. Oggi Israele proclama Gesù suo Re; domani Israele sarà disperso in punizione del suo rinnegamento; ma Gesù da lui oggi proclamato Re, tale rimane nei secoli. Così s'adempiva esattamente l'oracolo dell'Angelo che parlò a Maria, annunciandole le grandezze del figlio che doveva nascere da lei: "Il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe" (Lc 1,32-33). Oggi comincia Gesù il suo regno sulla terra; e se il primo Israele non tarderà a sottrarsi al suo scettro, un nuovo Israele, sorto dalla porzione fedele dell'antico, e formato da tutti i popoli della terra, offrirà a Cristo un impero più vasto, che mai conquistatore sognò.
    Tale è il mistero glorioso di questo giorno, in mezzo alla tristezza della Settimana dei dolori. La santa Chiesa oggi vuole che siano sollevati i nostri cuori da un momento di allegrezza, e che salutiamo Gesù nostro Re. Ella ha perciò disposto il sevizio divino di questa giornata, in modo da esprimere insieme la gioia, unendosi agli evviva che risuonarono nella città di David; la tristezza, tornando subito a gemere sui dolori del suo Sposo divino. Tutta la funzione è suddivisa come in tre atti distinti, di cui successivamente spiegheremo i misteri e le intenzioni.
    La benedizione delle palme.
    La benedizione delle palme, o dei rami, è il primo atto che si svolge sotto i nostri occhi; e se ne può giudicare l'importanza dalla solennità di cui fa pompa la Chiesa. Si disse per tanto tempo, che il Sacrificio veniva offerto con l'unico intento di celebrare l'anniversario dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme. L'Introito, la Colletta, l'Epistola, il Graduale, il Vangelo e lo stesso Prefazio si succedevano come a preparare l'immolazione dell'Agnello senza macchia; ma arrivati al triplice: Sanctus! Sanctus! Sanctus! la Chiesa sospendeva queste formule solenni, e per mezzo dei suo ministro procedeva alla santificazione dei rami che sono lì accanto.
    Dopo la recente riforma, appena cantata l'antifona Osanna, questi rami, oggetto della prima parte della funzione, ricevono, in virtù di una sola preghiera seguita dall'incensazione e dall'aspersione di acqua benedetta, una forza che li eleva all'ordine soprannaturale e li rende capaci di santificare le anime, di proteggere i nostri corpi e le nostre case. Durante la processione, i fedeli devono tenere rispettosamente in mano questi rami e portarli poi nelle loro case come segno della loro fede e promessa dell'aiuto divino.
    Antichità del rito.
    È superfluo spiegare al lettore, che le palme ed i ramoscelli di olivo che ricevono in questo momento la benedizione della Chiesa, stanno a ricordare quelle con le quali il popolo di Gerusalemme onorò l'entrata trionfale del Salvatore; ma è opportuno aggiungere qualche parola sull'antichità di questa tradizione. Essa cominciò presto in Oriente, probabilmente dalla pace della Chiesa a Gerusalemme. Nel IV secolo san Cirillo, vescovo di questa città, pensava che ancora esistesse nella valle del Cedron il palmizio che fornì i rami al popolo che andò incontro a Gesù (Catechesi, x); quindi, niente di più naturale che prendere da ciò occasione per istituire una commemorazione anniversaria di questo avvenimento. Nel secolo seguente si vede questa cerimonia, non solo fissata nelle chiese d'Oriente, ma anche nei monasteri, di cui erano popolate le solitudini dell'Egitto e della Siria. Arrivata la Quaresima, molti santi monaci ottenevano il permesso dal loro abate d'internarsi nel deserto, per passare questo tempo in un profondo ritiro; ma dovevano rientrare al monastero per la Domenica delle Palme, come sappiamo dalla vita di sant'Eutimio, scritta dal suo discepolo Cirillo. In Occidente, questo rito non si stabilì così presto; la prima traccia la riscontriamo nel Sacramentarlo di san Gregorio: il che equivale alla fine del VI secolo, od all'inizio del VII. Man mano che la fede si propagava verso il Nord, non era più possibile solennizzare tale cerimonia in tutta la sua integrità, poiché in quei climi non crescevano né palmizi né oliveti. Fu giocoforza sostituirli con rami d'altri alberi; però la Chiesa non permise di cambiare nulla delle orazioni che erano prescritte nella benedizione di questi rami, perché i misteri che si espongono in queste belle preghiere si fondano sull'olivo e sulla palma del racconto evangelico, figurati dai nostri rami di bossolo o di lauro.
    La processione.
    Il secondo rito di questa giornata è la celebre processione che segue alla benedizione delle palme. Essa ha lo scopo di rappresentare al vivo l'avvicinarsi del Salvatore a Gerusalemme ed il suo ingresso in quella città; appunto perché nulla manchi all'imitazione del fatto descritto nel santo Vangelo, le palme benedette vengono portate da tutti quelli che prendono parte a detta processione. Presso i Giudei, tenere in mano dei rami d'albero significava allegria; e la legge divina sanzionava loro quest'uso. Dio aveva detto nel libro del Levitino, stabilendo la festa dei Tabernacoli: "Nel primo giorno prenderete i frutti dell'albero più bello, dei rami di palma e dell'albero più frondoso, dei salici del torrente, e vi rallegrerete dinanzi al Signore Dio vostro" (Lv 23,40). Fu dunque con l'intenzione di manifestare l'entusiasmo per l'arrivo di Gesù fra le loro mura, che gli abitanti di Gerusalemme, compresi i bambini, ricorsero a tale gioiosa dimostrazione. Andiamo incontro anche noi al nostro Re, e cantiamo Osanna al vincitore della morte ed al liberatore del suo popolo.
    Nel Medio Evo, in molte chiese, si portava in processione il libro dei santi Vangeli, che per le parole che contengono rappresentano Gesù Cristo. A un punto stabilito e preparato per una stazione, la processione si fermava: allora il diacono apriva il sacro libro e cantava il passo ov'è narrato l'ingresso di Gesù in Gerusalemme. Quindi si scopriva la croce, fino allora rimasta velata; e tutto il clero veniva a prostrarsi solennemente in adorazione, depositando ciascuno ai suoi piedi un frammento di ramoscello che teneva in mano. Poi la processione ripartiva preceduta dalla croce, che rimaneva senza velo, fino a che il corteo non fosse rientrato in chiesa.
    In Inghilterra e in Normandia, nell'XI secolo, si praticava un rito che rappresentava ancora più al vivo la scena di questo giorno a Gerusalemme. Alla processione veniva portata in trionfo la santa Eucaristia. Difatti a quest'epoca era scoppiata l'eresia di Berengario contro la presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia; ed un tale trionfo della sacra Ostia doveva essere un lontano preludio dell'istituzione della Festa e della Processione del Ss. Sacramento.
    A Gerusalemme, nella Processione delle Palme, si pratica anche un'altra usanza, sempre allo scopo di rinnovare la scena evangelica. L'intera comunità dei Francescani, che sta alla custodia dei luoghi sacri, si reca di mattina a Betfage, ove il Padre Guardiano di Terra Santa, in abiti pontificali, monta un asinello adorno di vestiti e, accompagnato dai religiosi e dai cattolici di Gerusalemme, tenendosi tutti in mano la palma, fa l'ingresso nella città e smonta alla porta della chiesa del Santo sepolcro, dove si celebra la Messa con la maggiore solennità.
    Abbiamo qui riuniti, secondo il nostro costume, i differenti fatti che possono servire ad elevare il pensiero dei fedeli ai diversi misteri della Liturgia. Queste manifestazioni di fede li aiuteranno a comprendere come nella Processione delle Palme, la Chiesa intenda onorare Gesù Cristo, presente al trionfo che oggi gli tributa. Cerchiamo dunque con amore "quest'umile e mite Salvatore che viene a visitare la figlia di Sion", come dice il Profeta. Egli è qui in mezzo a noi: a lui s'indirizzi l'omaggio delle nostre palme, insieme a quello dei nostri cuori; egli viene a noi per diventare nostro Re: accogliamolo anche noi, dicendo: Osanna al figlio di David!
    L'entrata in chiesa.
    La fine della processione, prima della recente riforma, si distingueva per una cerimonia improntata al più alto e profondo simbolismo. Al momento di rientrare in chiesa, il corteo trovava le porte serrate. S'arrestava la marcia trionfale; ma non venivano sospesi i canti di gioia; un lieto ritornello risuonava nell'inno speciale a Cristo Re, fino a che il Suddiacono batteva con l'asta della croce la porta; questa s'apriva, e la folla, preceduta dal clero, rientrava in chiesa, glorificando colui che, solo, è la Risurrezione e la Vita.
    Questa scena sta ad indicare l'entrata del Salvatore in un'altra Gerusalemme, di cui quella della terra è soltanto la figura. Quest'altra Gerusalemme è la patria celeste, di cui Gesù ci ha aperte le porte. Il peccato del primo uomo le aveva chiuse; ma Gesù il Re della Gloria, ce le ha riaperte in virtù della Croce, alla quale non hanno potuto resistere.
    Il canto in onore di Cristo Re è stato conservato, mentre invece è stato soppresso il particolare della porta chiusa. Continuiamo pertanto a seguire i passi del Figlio di David; egli è pure Figlio di Dio e ci invita a partecipare al suo regno.
    Nella Processione delle Palme, commemorazione dell'avvenimento realizzatosi in questo giorno, la santa Chiesa solleva la nostra mente al mistero dell'Ascensione col quale termina, in cielo, la missione del Figlio di Dio sulla terra. Ma, ahimé, i giorni che separano l'uno dall'altro questi due trionfi del Figlio di Dio, non sono sempre giorni di gioia; infatti, è appena terminata la processione con la quale la Chiesa s'è liberata per un attimo della sua tristezza, che già iniziano i gemiti e i lamenti.
    La Messa.
    La terza parte della funzione odierna è l'offerta del santo Sacrificio. Tutti i canti che l'accompagnano esprimono desolazione e per completare la tristezza che è caratteristica della giornata, la Chiesa ci fa leggere il racconto della Passione del Redentore. Da cinque o sei secoli fa, la Chiesa ha adottato un particolare recitativo per la lettura di questo brano evangelico, che diventa così un vero dramma. Si sente prima lo storico raccontare quei fatti in tono grave e patetico; le parole di Gesù hanno un accento nobile e dolce, che contrastano in una maniera penetrante col tono elevato degli altri interlocutori e coi gridi della plebaglia giudaica.
    Nel momento in cui, nel suo amore per noi, si lascia calpestare sotto i piedi dei peccatori, noi dobbiamo proclamarlo più solennemente nostro Dio e nostro Re.
    Questi sono in genere i riti della grande giornata. Non ci rimane che inserire nel corso delle sacre letture, secondo il solito, quei dettagli che crederemo necessari per completare il significato.
    Nomi dati a questa Domenica.
    Oltre al nome liturgico e popolare di Domenica delle Palme, essa è chiamata anche Domenica dell'Osanna, per il grido di trionfo col quale i Giudei salutarono l'arrivo di Gesù. Anticamente i nostri padri la chiamarono Domenica della Pasqua fiorita, perché la Pasqua dalla quale ci separano solo otto giorni, oggi si considera in fiore, e i fedeli possono, fin da oggi, adempiere il dovere della comunione annuale. Per il ricordo di tale denominazione gli Spagnoli, avendo scoperta, la Domenica delle Palme del 1513, quella vasta regione che confina col Messico, la chiamarono Florida. Questa domenica la troviamo chiamata anche Capitilavium, cioè lava-testa, perché nei secoli della media antichità, quando si rinviava al Sabato Santo il battesimo dei bambini nati nei mesi precedenti, che potevano aspettare questo tempo senza pericolo, i genitori lavavano oggi il capo dei loro neonati, affinché il prossimo sabato si potesse fare con decenza l'unzione del Sacro Crisma. In epoca più remota tale Domenica, in certe chiese, veniva chiamata la Pasqua dei Competenti, cioè dei Catecumeni ammessi al santo battesimo. Questi si riunivano oggi in chiesa, e si faceva loro una spiegazione particolare del Simbolo che avevano ricevuto nello scrutinio precedente. Nella chiesa gotica di Spagna lo si dava solo oggi. Infine, presso i Greci, tale Domenica è designata col nome di Bifora, cioè Porta Palme.
    M E S S A
    La Stazione è a Roma, nella Basilica Lateranense, la chiesa Madre e Matrice di tutte le chiese. Ai nostri giorni, però, la funzione papale ha luogo a S. Pietro; ma tale deroga non arreca pregiudizio ai diritti dell'Arcibasilica la quale, anticamente, aveva oggi l'onore della presenza del Sommo Pontefice, ed ha tuttora conservate le indulgenze accordate a quelli che oggi la visitano.
    Alla Messa solenne, il Sacerdote si porta all'altare, e dopo aver tralasciato il salmo Iudica me, Deus, e il Confiteor, sale i gradini e lo bacia nel mezzo e lo incensa.
    EPISTOLA (Fil 2,5-11) – Fratelli: abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale, esistendo nella forma di Dio, non considerò questa sua uguaglianza con Dio come una rapina, ma annichilò se stesso, prendendo la forma di servo, e, divenendo simile agli uomini, apparve come semplice uomo; umiliò se stesso fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo però anche Dio lo esaltò e gli donò un nome, che è sopra ogni altro nome, tale che nel nome di Gesù si deve piegare ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'inferno, ed ogni lingua deve confessare che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre.
    Umiliazione e gloria di Gesù.
    La santa Chiesa prescrive di genuflettere al punto dell'Epistola dove l'Apostolo dice, che ogni ginocchio si deve piegare nel pronunciare il nome di Gesù; e noi ne abbiamo seguito il comando. Dobbiamo comprendere che, se vi è un'epoca dell'anno in cui il Figlio di Dio ha diritto alle nostre più profonde adorazioni è soprattutto in questa Settimana, nella quale è lesa la sua maestà, e lo vediamo calpestato sotto i piedi dei peccatori. Indubbiamente i nostri cuori saranno animati da tenerezza e compassione alla vista dei dolori che sopporta per noi; ma non meno sensibilmente dobbiamo risentire gli oltraggi e le bassezze di cui è fatto segno, lui che è uguale al Padre e Dio come lui. Con le nostre umiliazioni, rendiamo a lui, per quanto ci è possibile, la gloria di cui egli si sveste per riparare la nostra superbia e le nostre ribellioni; ed uniamoci ai santi Angeli che, testimoni di tutto ciò che Gesù ha accettato per il suo amore verso l'uomo, s'annientano più profondamente, nel vedere l'ignominia alla quale è ridotto.
    Ma è ormai tempo d'ascoltare il racconto della Passione del Signore. La Chiesa ne legge la narrazione secondo i quattro Vangeli, nei quattro differenti giorni della Settimana. Oggi comincia col racconto di san Matteo, che per primo scrisse i fatti della vita e della morte del Redentore.
    Le lacrime di Gesù.
    Terminiamo questa giornata del Redentore a Gerusalemme, richiamando alla memoria gli altri fatti che la segnalarono. San Luca c'informa, che fu durante la sua marcia trionfale verso questa città che Gesù, vicino ad entrarvi, pianse su di lei e manifestò il suo dolore con queste parole: "Oh se conoscessi anche tu, e proprio in questo giorno quel che giova alla tua pace! Ora invece è celato agli occhi tuoi. Ché verranno per te i giorni nei quali i nemici ti stringeranno con trincee, ti chiuderanno e ti assedieranno d'ogni parte, e distruggeranno te e i tuoi figli che sono in te, e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai conosciuto il tempo in cui sei stata visitata" (Lc 19,42-44).
    Qualche giorno fa il santo Vangelo ci mostrò Gesù che piangeva sulla tomba di Lazzaro; oggi lo vediamo spargere nuove lacrime sopra Gerusalemme. A Betania piangeva pensando alla morte del corpo, conseguenza e castigo del peccato; ma questa morte non è senza rimedio. Gesù è "la risurrezione e la vita; chi crede in lui non rimarrà nella morte eterna" (Gv 11,25). Ma lo stato dell'infedele Gerusalemme rappresenta la morte dell'anima; ed una tale morte è senza risurrezione, se l'anima non ritorna tempestivamente all'autore della vita. Ecco perché sono tanto amare le lacrime che sparge oggi Gesù. Il suo cuore è triste, proprio in mezzo alle acclamazioni che fanno accoglienza al suo ingresso nella città di David: perché sa, che molti "non conosceranno il tempo che furono visitati". Consoliamo il cuore del Redentore, e siamogli una Gerusalemme fedele.
    Gesù torna a Betania.
    Sappiamo da san Matteo che il Signore andò a chiudere la giornata a Betania. Naturalmente la sua presenza dovette sospendere le materne inquietudini di Maria e tranquillizzare la famiglia di Lazzaro. Ma in Gerusalemme nessuno si presentò ad offrire ospitalità a Gesù; almeno il Vangelo non fa alcuna menzione a questo riguardo. Le anime che meditarono la vita del Signore si sono soffermate su questa considerazione: Gesù onorato la mattina con solenne trionfo, alla sera è ridotto a cercarsi il nutrimento e il riposo fuori della città che lo aveva accolto con tanti applausi. Nei monasteri dei Carmelitani della riforma di santa Teresa esiste una consuetudine che si propone d' offrire a Gesù una riparazione, per l'abbandono in cui fu lasciato dagli abitanti di Gerusalemme. Si presenta una tavola in mezzo al refettorio e vi si serve un pasto; dopo che la comunità ha finito di cenare, quel pasto offerto al Salvatore del mondo, viene distribuito ai poveri, che sono le sue membra.
    PREGHIAMO
    O Dio onnipotente ed eterno, che per dare al genere umano esempio d'umiltà da imitare, hai deciso l'incarnazione del Salvatore e la sua passione in croce; concedici propizio d'imitarlo nella sofferenza per poter poi partecipare alla risurrezione.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 674-683.”





    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    Santi e ricorrenze dei giorni della SETTIMANA SANTA 10, 11 e 12 aprile 2017...

    10 aprile 2017: LUNEDÌ SANTO…




    "Lunedì Santo"
    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Lunedì Santo
    http://www.unavoce-ve.it/pg-lunedisanto.htm



    http://www.sodalitium.biz/santezechiele/
    “10 aprile, Sant’Ezechiele Profeta.

    “Presso Babilonia sant’Ezechiele Profeta, il quale, ucciso dal Giudice del popolo d’Israele, perchè lo rimproverava di adorare gli idoli, fu deposto nel sepolcro di Sem ed Arfaxad, progenitori di Abramo, al cui sepolcro molti solevano accorrere per fare orazione.”.”



    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare sant’Ezechiéle Profeta, il quale, ucciso dal Giudice del popolo d’Israèle, perchè lo rimproverava di adorare gli idoli, fu deposto nel sepolcro di Sem ed Arfàxad, progenitori di Àbramo, al cui sepolcro molti solevano accorrere per fare le orazioni. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Profeta, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, sant’Ezechiéle possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”



    Ligue Saint Amédée
    http://www.SaintAmedee.ch/
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “Lundi Saint”




    https://www.radiospada.org/2017/04/p...ttimana-santa/
    "[PIO XII] Per vivere la Settimana Santa
    Pubblichiamo di seguito una serie di brevi meditazioni di Papa Pio XII, che possono essere utili per la preghiera personale in ciascun giorno della Settimana Santa. [RS]"
    "Lunedì Santo. La Passione di Cristo in chi soffre.
    Sotto il peso opprimente della malattia, della infermità, acuta o cronica, torturante per la sua intensità o per la sua durata senza fine, alla povera natura crocifissa riesce spesso ben difficile di rassegnarsi, di continuare a credere che Dio l’ama ancora, mentre la lascia tanto soffrire: Crocifissa? Sì; ma guardate Colui che è il « crocifisso » per eccellenza. Lo riconoscete voi? È il Figlio diletto, in cui il Padre si è compiaciuto. Guardatelo, gli occhi negli occhi, e dite al buon Dio che voi credete al suo amore per voi. Distesi forse sopra un disagiato giaciglio, voltandovi ora da una parte ora dall’altra senza trovare mai tregua, guardatelo, immobilitato dai chiodi che lo configgono sul legno ruvido della nuda croce. La vostra gola è riarsa per la febbre? Le medicine sono amare? A Gesù, sul Golgota, non diedero che fiele e aceto. E così a ciascuna delle vostre doglianze, Egli risponde dolcemente: Oh sì; io so quel che è; sono passato per le stesse pene. Avendo preso su di me tutti i dolori, sono anche per propria esperienza compassionevole e misericordioso.
    21 novembre 1949
    qui la novena dei malati a Pio XII"



    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Lunedì Santo
    http://www.unavoce-ve.it/pg-lunedisanto.htm
    “10 aprile 2017: LUNEDÌ SANTO.

    Il fico maledetto.
    Gesù si reca anche oggi a Gerusalemme, di buon mattino, coi discepoli. Partì digiuno, e il Vangelo ci dice ch'ebbe fame durante il tragitto (Mt 21,18). S'avvicinò ad un fico; ma questo albero non aveva che foglie. Allora Gesù, volendoci dare un insegnamento, maledisse quel fico, che inaridì all'istante. Voleva significare con tale castigo la sorte di coloro che hanno solo dei buoni desideri, sui quali però non si coglie mai il frutto della conversione. Non era meno incisiva l'allusione a Gerusalemme; questa città tanto zelante per l'esteriorità del culto divino aveva il cuore cieco e duro, tanto che fra poco rigetterà e metterà in croce il Figlio del Dio di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe.
    La giornata trascorse in gran parte nel Tempio, ove Gesù ebbe lunghe discussioni coi prìncipi dei sacerdoti e con gli anziani del popolo; e parlò con più forza che mai, sventando le insidie delle loro questioni. Si può vedere, specialmente nei capitoli 21, 22, 23 di san Matteo, il dettaglio dei discorsi del Signore, che diventando sempre più veementi, con energia sempre crescente denunciano ai Giudei la loro infedeltà e la terribile vendetta da essa provocata.
    Il castigo di Gerusalemme.
    Infine, Gesù uscì dal Tempio e si diresse verso Betania. Giunto sul monte degli Olivi, dal quale si dominava la città, si sedette un po'. I suoi discepoli approfittarono di questo momento di riposo per domandargli in qual tempo si dovevano avverare i castighi da lui ora predetti contro il Tempio. Allora Gesù, riunendo in uno stesso quadro profetico il disastro di Gerusalemme e la distruzione del mondo alla fine dei tempi, essendo la prima di queste calamità la figura della seconda, annunciò ciò che accadrà quando sarà colma la misura del peccato. Per quanto concerne la rovina di Gerusalemme in particolare, ne fissò la data con queste parole: "In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto ciò non avvenga" (Mt 24,34). Infatti, solo dopo appena quarant'anni l'esercito romano, accorso per sterminare il popolo deicida, minacciava dall'alto dello stesso monte degli Olivi, e dallo stesso posto dove oggi è seduto Gesù, l'ingrata e sdegnosa Gerusalemme. Gesù, dopo aver parlato ancora a lungo sul giudizio divino, che un giorno dovrà revisionare tutti i giudizi degli uomini, rientra in Betania per consolare con la sua presenza il cuore afflitto della sua santissima madre.
    Oggi la Stazione, a Roma, è nella chiesa di S. Prassede. Questa chiesa, nella quale, nel IX secolo, il Papa san Pasquale I depose duemila e trecento corpi di Martiri estratti dalle Catacombe, possiede la colonna alla quale fu legato Nostro Signore durante il supplizio della flagellazione, un'insigne reliquia della Croce, tre spine della santa Corona date da san Luigi e le reliquie di san Carlo Borromeo.
    LETTURA (Is 50,5-10). - In quei giorni: Isaia disse: Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio, ed io non resisto, non mi ritiro indietro. Ho abbandonato il mio corpo ai percotitori, le mie guance a chi mi strappava la barba, non ho allontanata la faccia da chi mi oltraggiava e da chi mi sputacchiava. Il Signore Dio è mio aiuto, per questo non sono stato confuso, per questo ho ridotto la mia faccia come pietra durissima, e so di non rimanere confuso. Mi sta vicino colui che mi giustifica: chi mi contraddirà? Presentiamoci insieme! Chi è il mio avversario? Si accosti a me! Ecco, il Signore Dio è mio aiuto. Chi è che possa condannarmi? Ecco tutti saran consumati come un vestito, li mangerà la tignola. Chi è tra voi che tema il Signore e ascolti la voce del suo servo? Chi cammina nelle tenebre ed è senza luce speri nel Signore e a lui s'appoggi.
    Le prove del Messia.
    Oggi è Isaia, questo Profeta così preciso ed eloquente dei dolori del Messia, che ci rivela le sofferenze del Redentore e la pazienza che oppone agl'iniqui maltrattamenti dei suoi nemici. Accettata la missione di Vittima universale, Gesù non indietreggia davanti a nessun dolore, a nessuna umiliazione. "Non ritira la sua faccia da chi la schiaffeggia e la copre di sputi". Quali riparazioni non dobbiamo fare alla sovrana Maestà che, per salvarci, s'è esposta a simili oltraggi? Guardate come sono vigliacchi e crudeli i Giudei, che non tremano più davanti alla loro vittima! Prima, nell'Orto degli Olivi, una sola parola della sua bocca li fa cadere tramortiti al suolo; ma poi si lascia legare e trascinare in casa del gran sacerdote. Lo si accusa, elevando schiamazzi; ed egli, a mala pena, risponde qualche parola. Gesù di Nazaret, il dottore, il taumaturgo, ha perduto ogni prestigio; tutto è lecito osare contro di lui. Alla stessa maniera si tranquillizza il peccatore, quando sente scoppiare la folgore che non lo fulmina. Ma i santi Angeli si sprofondano nel loro nulla, davanti all'augusto volto che quei miserabili hanno contuso ed imbrattato; pure noi prostriamoci con essi e propiziamolo, perché anche i nostri peccati hanno maltrattato la divina vittima.
    Ma ascoltiamo le ultime parole del nostro Salvatore, e ringraziamolo. "Chi cammina nelle tenebre, egli dice, ed è senza luce, speri nel Signore". Questi è il pagano, che vive affogato nel vizio e nell'idolatria ed ignora ciò che succede in questo momento a Gerusalemme; egli non sa che la terra possiede un Uomo-Dio, e che questo Uomo-Dio è, in questa medesima ora, messo sotto i piedi da un popolo che aveva eletto e colmato di favori; ma presto la luce del Vangelo arriverà ad illuminare coi suoi raggi l'infedele, il quale crederà, si sottometterà, ed amerà il suo liberatore fino a rendergli vita per vita, sangue per sangue. Allora s'avvererà la profezia dell'indegno pontefice che, suo malgrado, annunciò la salvezza dei Gentili mediante la morte di Gesù; predisse, nei suoi ultimi giorni, che questa morte stava per unire in un'unica famiglia i figli di Dio dispersi sulla faccia della terra.
    VANGELO (Gv 12,1-9). - Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Betania, dov'era Lazzaro, il morto che Gesù aveva risuscitato. Ed ivi gli fecero una cena: e Marta serviva a tavola: Lazzaro poi era uno dei commensali. Or Maria, presa una libbra d'unguento di nardo puro e di pregio, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò coi suoi capelli, e la casa fu ripiena del profumo d'unguento. Disse allora uno dei suoi discepoli, Giuda Iscariota, il quale stava per tradirlo: E perché tale unguento non si è venduto per trecento denari e dato ai poveri? Ciò disse, non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro, e tenendo la borsa, portava via quel che ci mettevan dentro. Disse adunque Gesù: Lasciatela fare: e ciò le valga pel giorno della mia sepoltura. Ché i poveri li avete sempre con voi, me però non sempre mi avrete. Or molta gente dei Giudei venne a sapere come Gesù fosse in Betania, e vi andarono non per Gesù soltanto, ma anche per vedere Lazzaro, da lui risuscitato da morte.
    L'unzione di Betania.
    Abbiamo già notato che il fatto evangelico ora letto si riferisce al Sabato, vigilia della Domenica delle Palme, e fu inserito nella Messa odierna, perché anticamente questo Sabato mancava della Stazione. La santa Chiesa ha voluto attirare la nostra attenzione su questo episodio degli ultimi giorni del Redentore, per farci cogliere l'insieme delle circostanze che si verificano in quel momento intorno a lui.
    Maria Maddalena, la cui conversione era, qualche giorno fa, l'oggetto della nostra ammirazione, occupa un posto nelle scene della Passione e della Risurrezione del suo Maestro. Tipo dell'anima purificata, e quindi ammessa ai favori celesti, c'interessa seguirla nelle diverse fasi che la grazia divina le fa percorrere. L'abbiamo vista seguire i passi del Salvatore e soccorrerlo nei suoi bisogni; altrove il santo Vangelo ce la fa vedere preferita a Marta sua sorella, per aver scelto la parte migliore; nei giorni in cui siamo, ella soprattutto c'interessa per il suo tenero attaccamento a Gesù. Ella sa che lo cercano per farlo morire: e lo Spirito Santo, che la conduce interiormente attraverso stati sempre più perfetti che si susseguono in lei, vuole che oggi compia una funzione profetica in ciò ch'ella teme maggiormente.
    Dei tre doni offerti dai Magi, uno significava la morte del Re divino, che questi uomini fedeli erano venuti a salutare dal lontano Oriente: era la mirra, un profumo funerario che fu adoperato con tanta profusione nella sepoltura del Signore. Abbiamo visto la Maddalena, nel giorno della sua conversione, testimoniare il suo mutamento di vita con l'effusione del suo più prezioso profumo sui piedi di Gesù. Oggi ella ricorre ancora una volta a questo segno del suo amore. Il suo divin Maestro è a tavola in casa di Simone il Lebbroso; Maria sta con lui, come anche i discepoli; Marta attende a servirli; tutto è calmo nella casa; ma tristi presentimenti si nascondono nei loro cuori. All'improvviso compare la Maddalena, recando tra le mani un vaso ripieno d'unguento di nardo, del più pregevole. Si accosta a Gesù, s'attacca ai suoi piedi e li unge con quel profumo; ed anche questa volta li asciuga coi suoi capelli.
    Gesù stava adagiato sopra uno di quei divani che adoperano gli Orientali, quando pranzano nei festini; era dunque agevole, per la Maddalena, arrivare ai piedi del Maestro. Due degli Evangelisti, di cui san Giovanni ha voluto completare la narrazione troppo succinta, ci dicono ch'ella sparse l'odoroso unguento anche sul capo del Salvatore. La Maddalena sentì, forse, in questo momento, tutta la grandezza dell'azione che lo Spirito divino le ispirava? Il Vangelo non lo dice; ma Gesù ne rivelò il mistero ai discepoli; e noi, che abbiamo raccolte le sue parole, apprendiamo da questo fatto che la Passione del Redentore è, per così dire, incominciata, poiché la Maddalena l'ha già imbalsamato per la tomba.
    L'odore soave e penetrante del profumo aveva riempito tutta la sala. Allora uno dei discepoli, Giuda Iscariota, ardisce protestare contro ciò ch'egli chiama uno sperpero. La bassezza di quest'uomo e la sua avarizia l'hanno reso indelicato e senza pudore. Ma intanto anche la voce di altri discepoli s'unisce alla sua: tanto erano ancora volgari i loro sentimenti! Gesù permette tale indegna protesta per diversi motivi: prima di tutto per annunciare prossima la sua morte a coloro che lo circondavano, svelando loro il segreto manifestato con questa effusione di profumo sul suo corpo; poi anche per glorificare la Maddalena, che aveva un amore così tenero ed insieme così ardente. Difatti annunciò allora che la fama di questa illustre santa si sarebbe propagata per tutta la terra, lontano, ovunque fosse penetrato il Vangelo. Infine, Gesù intendeva consolare fin d'allora quelle anime pie che, mosse dal suo amore, avrebbero profuse larghezze intorno ai suoi altari, e rivendicare le meschine critiche cui spesso sarebbero andate incontro.
    Raccogliamo questi divini insegnamenti e procuriamo d'onorare amorosamente Gesù nella sua persona e nei suoi poveri. Onoriamo anche la Maddalena, e seguiamola, quando fra breve la vedremo così assidua al Calvario ed al Sepolcro. Infine, prepariamoci ad imbalsamare il nostro Salvatore, mettendo insieme per la sua sepoltura la mirra dei Magi, che figura la penitenza, ed il prezioso nardo della Maddalena, che rappresenta l'amore generoso e compassionevole.
    PREGHIAMO
    Aiutaci, o Dio nostro Signore, e concedici di venire con gioia a celebrare i benefici, coi quali ti sei degnato rinnovarci.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 683-688.”



    Luca, Sursum Corda!






    11 APRILE 2017: MARTEDÌ SANTO…



    "Martedì Santo"
    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Martedì Santo
    http://www.unavoce-ve.it/pg-martedisanto.htm


    “San Leone I, detto Magno Papa e dottore della Chiesa”
    https://forum.termometropolitico.it/...la-chiesa.html
    https://forum.termometropolitico.it/...-chiesa-2.html



    http://www.sodalitium.biz/san-leone/
    “11 aprile, San Leone I, Papa , Confessore e Dottore (390 ca – Roma, 10 novembre 461).

    Guarda propizio, o Pastore eterno, al tuo gregge, e, per intercessione del beato Leone Sommo Pontefice, assisti con perpetua protezione quegli che stabilisti pastore di tutta la Chiesa.”


    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare san Filippo Vescovo, chiarissimo per santità e dottrina, il quale, ai tempi di Marco Antonino Vero e Lucio Aurélio Cómmodo, governò e difese dal furore dei pagani e dalle insidie degli eretici la Chiesa a sè affidata. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti di questo santo Vescovo, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Filippo possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”


    Ligue Saint Amédée
    http://www.SaintAmedee.ch/
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “Mardi Saint”





    https://www.radiospada.org
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
    “L'11 aprile 1903 moriva a Lucca Santa Gemma Galgani, vergine.”
    “11 aprile 2017: San Leone Magno, Papa, confessore e dottore della Chiesa.

    Sommo Pontefice dal 29 settembre 440 al 10 novembre 461.
    Arcidiacono (430), consigliere di Celestino I e di Sisto III, inviato da Valentino a pacificare le Gallie, venne eletto papa nel 440 circa. Fu un papa energico, avversò le sopravvivenze del paganesimo; combatté manichei e priscillanisti. Intervenne d’autorità nella polemica cristologica che infiammava l’Oriente, convocando il concilio ecumenico di Calcedonia, nel quale si proclamava l’esistenza in Cristo di due nature, nell’unica persona del Verbo. Nel 452 fu designato dal debole imperatore Valentiniano III a guidare l’ambasceria romana inviata ad Attila. I particolari della missione furono oscuri: è solo che il re degli Unni, dopo l’incontro con la delegazione abbandonò l’Italia. Quando Genserico nel 455 entrò in Roma, Leone ottenne dai Vandali il rispetto della vita degli abitanti, ma non poté impedire l’atroce saccheggio dell’Urbe. Dotato di un alto concetto del pontificato romano, fece rispettare ovunque la primazia del vescovo di Roma. Compose anche preghiere contenute nel “Sacramentario Veronese”. Benedetto XIV, nel 1754 lo proclamò dottore della Chiesa, E’ il primo papa che ebbe il titolo di Magno.”

    https://www.radiospada.org/2017/04/p...ttimana-santa/
    [PIO XII] Per vivere la Settimana Santa.
    Martedì Santo. La Passione di Cristo nelle famiglie.

    Cari sposi, come voi avete ricevuto e riceverete gioie – quelle di oggi e quelle di domani – con filiale riconoscenza e saggia moderazione, così accoglierete con spirito di fede e sommissione i misteri dolorosi dell’avvenire, quando verrà la loro ora. Misteri? È il nome che l’uomo spesso dà al dolore, perché, se non è solito di cercare una giustificazione alle sue gioie, vorrebbe invece colla corta sua veduta rendersi ragione delle sue sventure, e soffre doppiamente, quando non ne vede di quaggiù il perché. La Vergine del Rosario, che è anche quella dello «Stabat» sul Calvario, vi insegnerà a restare ritti sotto la croce, per quanto densa possa essere la sua ombra, giacché voi comprenderete dall’esempio di questa «Mater dolorosa» e Regina dei martiri che i disegni di Dio superano infinitamente i pensieri degli uomini e, anche allorché spezzano il cuore, sono ispirati dal più tenero amore delle nostre anime.
    16 ottobre 1940
    qui la novena degli sposi a Pio XII."




    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Martedì Santo
    http://www.unavoce-ve.it/pg-martedisanto.htm
    “MARTEDÌ SANTO.

    Il fico maledetto.
    Anche oggi vediamo Gesù dirigersi, di mattino, a Gerusalemme, volendo recarsi al Tempio a confermare i suoi ultimi insegnamenti. Ma è chiaro che la fine della sua missione sta per sopraggiungere;difatti, egli stesso oggi dice ai suoi discepoli: "Voi sapete che fra due giorni è Pasqua, e il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso" (Mt 26,2).
    Sulla strada da Betania a Gerusalemme, i discepoli che vanno in compagnia del loro Maestro rimangono colpiti da stupore nel vedere il fico che Gesù aveva maledetto il giorno innanzi seccato e inaridito dalle radici. Allora Pietro, rivolgendosi a Gesù: "Maestro, gli disse, guarda il fico che hai maledetto come s'è seccato!". Gesù approfitta dell'occasione per ammonire tutti noi, che la natura fisica è subordinata all'elemento spirituale, quando questo si mantiene unito a Dio mediante la fede; e dice: "Abbiate fede in Dio. In verità vi dico, che se uno dirà a questo monte: levati e gettati in mare, e non esiterà nel suo cuore, ma crederà che avvenga quanto ha detto, gli avverrà. Perciò vi dico: qualunque cosa chiederete con la preghiera, abbiate fede d'ottenerla e l'otterrete" (Mc 11,20-24).
    Gesù al Tempio.
    Seguitando il cammino, presto entrano nella città; e, non appena Gesù arriva al Tempio, i prìncipi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani s'avvicinano a gli dicono: "Con quale autorità fai questo? E chi ti ha dato il potere di fare tali cose?" (ivi, 28). Nel santo Vangelo troviamo la risposta di Gesù, come anche i diversi insegnamenti che ci dà in tale occasione. Noi non faremo che indicare in genere in che modo il Redentore passò le ultime ore della sua vita mortale; la meditazione del Vangelo supplirà al resto che sorvoliamo.
    Come soleva fare nei giorni precedenti, Gesù, verso sera esce dalla città, oltrepassa il monte degli Olivi e si ritira in Betania, vicino a sua madre ed agli amici fedeli.
    Alla Messa, oggi la Chiesa legge il Passio secondo san Marco, poiché, in ordine di tempo, questo Vangelo fu scritto dopo quello di san Matteo, onde la ragione d'occupare questo Passio il secondo posto. Il suo Vangelo è più breve di quello di san Matteo, del quale molte volte sembra il riassunto; ma s'incontrano in esso dei dettagli che sono propri di questo Evangelista, e dimostrano le caratteristiche d'un testimone oculare. Difatti, sappiamo che san Marco era discepolo di san Pietro, e scrisse il suo Vangelo sotto l'ispirazione del Principe degli Apostoli.
    La Stazione è oggi, a Roma, nella chiesa di S. Prisca.
    LETTURA (Ger 11,18-20). - In quei giorni: Geremia disse: Tu, o Signore, me lo facesti conoscere, ed io lo compresi, allora mi facesti vedere le loro intenzioni. Come agnello mansueto portato al macello non avevo compreso che avevano cattivi disegni contro di me, dicendo: Diamogli del legno invece di pane, facciamolo sparire dalla terra dei viventi, ché non si rammenti più il suo nome! Ma tu, o Signore degli eserciti, che giudichi con giustizia, e scruti gli affetti e i cuori, fammi vedere la tua vendetta contro di essi; perché è a te che ho affidata la mia causa, Signore Dio mio.
    L'immolazione del Messia.
    Ancora una volta Geremia ci fa intendere la sua voce, riferendoci oggi proprio le parole dei suoi nemici che cospiravano di farlo morire. Tutto qui è misterioso e ci dà la sensazione che il Profeta è la figura di uno più grande di lui. "Diamogli del legno invece di pane", cioè: mettiamogli nel piatto un legno velenoso, per causargli la morte. Trattandosi del Profeta, è questo il senso letterale; ma quanto più veristicamente s'avverano tali parole nel nostro Redentore! La sua carne divina, egli ci dice, è il Pane vero disceso dal cielo; e questo Pane, questo corpo dell'Uomo Dio è pesto, lacero, sanguinante: i Giudei lo inchiodano sul legno, così che tutto vi aderisce, e nello stesso tempo il legno è tutto irrigato del suo sangue. Sul legno della croce è immolato l'Agnello di Dio; ed è per la sua immolazione che noi veniamo in possesso d'un sacrificio degno di Dio; di quel Sacrificio, per cui partecipiamo del pane celeste che è nello stesso tempo la carne dell'Agnello e la nostra vera Pasqua.
    PREGHIAMO
    La tua misericordia, o Dio, ci purifichi da ogni residuo dell'uomo vecchio, e ci renda capaci d'un santo rinnovamento.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 688-690.”



    Luca, Sursum Corda!







    12 aprile 2017: MERCOLEDÌ SANTO…



    "Mercoledì santo"
    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Mercoledì santo
    http://www.unavoce-ve.it/pg-mercoledisanto.htm



    Mercoledì Santo - Sodalitium
    “12 aprile 2017, Mercoledì Santo.

    Riguarda, te ne preghiamo, o Signore, questa tua famiglia, per la quale nostro Signore Gesù Cristo non esitò a darsi in mano dei carnefici e a subire il supplizio della croce.
    Funzioni del Triduo Sacro a Verrua Savoia (TO) e a Rimini:
    http://www.sodalitium.biz/settimana-...triduo/”



    https://www.sursumcorda.cloud/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.
    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare san Zenóne Vescovo, il quale fra le procelle della persecuzione con ammirabile costanza governò quella Chiesa di Verona, e, al tempo di Galliéno, fu coronato col martirio. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Vescovo, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Zenóne possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”



    Ligue Saint Amédée
    http://www.SaintAmedee.ch/
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    “Mercredi Saint”






    https://www.radiospada.org/
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf


    https://www.radiospada.org/2017/04/p...ttimana-santa/
    “Pubblichiamo di seguito una serie di brevi meditazioni di Papa Pio XII, che possono essere utili per la preghiera personale in ciascun giorno della Settimana Santa. [RS]”
    “Mercoledì Santo. La Passione di Cristo nella Chiesa.

    Lo stesso Divin Redentore aveva detto: «Non vi è discepolo al di sopra del maestro»; «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi»; «Beati siete voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli». Non vi è dunque ragione di meravigliarsi se ai nostri giorni, e forse più che nei secoli passati, la Chiesa di Gesù Cristo e in modo particolare i suoi ministri vengono colpiti da persecuzioni, menzogne, calunnie e afflizioni di ogni genere; ma riponiamo piuttosto la nostra speranza in Lui, che se già ha predetto le future calamità, volle tuttavia preammonirci con queste parole: «Nel mondo avrete da soffrire; ma fatevi animo, io ho vinto il mondo». Perciò sia lontano da voi ogni abbattimento…Orientales Ecclesias, 1952.”

    https://www.radiospada.org/2017/04/p...ttimana-santa/
    “#Catholicus 12 aprile 2017 at 9:44 am
    Apparizione della Madonna del 12 Aprile 1947, a Roma alle Tre Fontane, (Madonna della Rivelazione), che parla di purificazione e castigo. Ricorrendo oggi mercoledì 12 aprile i 70 anni dell’apparizione, invito tutti gli amici del blog a dedicarle l’odierno Santo Rosario, per la sconfitta del modernismo e la cacciata dei falsi pastori dalle sedi che stanno occupando ingiustamente (cfr S. Atanasio).
    E’ tempo di ritornare al Christus Vincit, Christus Regnat, Christus Imperat ….. e a Maria SS.ma Fortezza Inespugnabile, Vergine Potente contro il male, Regina delle Vittorie. Ad Jesum per Mariam, quindi, e buona solennità delle Tre Fontane.”

    http://www.fedeecultura.it/file/trefontane.pdf
    “Apparizioni Mariane: la Bella Signora delle Tre Fontane (Storia della Vergine della Rivelazione).”


    Le apparizioni della Vergine alle Tre Fontane
    http://trefontane.altervista.org/doc...parizioni.html

    "Saverio Gaeta - Bruno Cornacchiola e la Vergine della Rivelazione alle Tre Fontane di Roma (1947)."
    https://www.youtube.com/watch?v=LAPSd9pkUVU
    Saverio Gaeta, Il veggente. Il segreto delle tre fontane, Salani, Milano 2016.
    Il Segreto delle Tre Fontane | don Curzio Nitoglia
    http://doncurzionitoglia.net/2016/04...eto-3-fontane/
    "Saverio Gaeta ha scritto un interessante libro intitolato “Il veggente. Il segreto delle tre fontane” (Salani editore, Milano, 2016). L’Autore ha potuto consultare i Diari che Bruno Cornacchiola aveva scritto dal 1947 al 2001, anno della sua morte, custoditi presso l’associazione dei fedeli da lui fondata, e ne svela i contenuti nel suddetto libro."
    Saverio Gaeta, Il Veggente - Il segreto delle Tre Fontane - Recensione di Don Curzio Nitoglia
    MONS. FRANCESCO SPADAFORA - “TRE FONTANE” - Articolo di Don Curzio Nitoglia






    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Mercoledì santo
    http://www.unavoce-ve.it/pg-mercoledisanto.htm
    “MERCOLEDÌ SANTO.
    Ultimo consiglio del Sinedrio.
    Oggi i principi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si sono riuniti in una sala del Tempio per deliberare, un'ultima volta, in qual maniera togliere di mezzo Gesù. Si sono discussi diversi progetti. Ma, è prudente mettergli le mani addosso in una circostanza come la Pasqua, in cui la città è piena di tanti stranieri che conoscono il Nazareno solo per l'ovazione solenne tributatagli appena tre giorni fa? Non ci sono anche, fra gli abitanti di Gerusalemme, moltissimi di quelli che applaudirono al suo trionfo, e dei quali bisogna temere l'entusiasmo per Gesù? No: per il momento, non si deve assolutamente ricorrere a misure violente: potrebbe scoppiare una sedizione proprio in mezzo alla solennità pasquale. Coloro che ne sarebbero i fautori verrebbero facilmente a compromettersi con Ponzio Pilato, e forse avrebbero da temere la vendetta del popolo. È meglio, dunque, lasciar passare la festa, e trovare piuttosto un pretesto per impadronirsi della persona di Gesù senza rumore.
    Ma questi uomini sanguinari s'illudevano, pensando di ritardare,col comodo della loro politica, la morte del Giusto. Volevano prorogare il loro assassinio; ma il decreto divino, che da tutta l'eternità ha preparato un sacrificio per la salvezza del genere umano, aveva precisamente fissato tale sacrificio in quella medesima festa di Pasqua, che domani una tromba annuncerà nella città santa. Per troppo tempo è stato offerto un agnello misterioso, in figura del vero Agnello; dunque sta per inaugurarsi quella famosa Pasqua, che vedrà fugare le ombre all'apparire della realtà; ed il sangue redentore, versato dalla mano dei pontefici accecati, si mescolerà a quello delle vittime, che il Signore d'ora in poi non gradirà più. Fra poco il sacerdozio giudaico vibrerà su se stesso il colpo di grazia, mentre immolerà colui che, col sangue, abrogherà l'alleanza antica e suggellerà in eterno la nuova.
    Il tradimento.
    Ma in che modo i nemici del Salvatore avranno nelle mani la vittima che nei loro sanguinari desideri bramano ardentemente? essi, che vogliono evitare un gesto spettacolare ed il rumore? Hanno fatto i conti senza sapere del tradimento. Un discepolo del Signore chiede d'essere introdotto da loro, avendo una proposta da fare: "Che mi date, dice, ed io ve lo consegno?". Che gioia per cotesti miserabili! Sono dottori della legge, e non viene loro in mente il Salmo 108, nel quale David predisse tutte le circostanze dell'infame vicenda; né dell'oracolo di Geremia, che indicò persino la somma di trenta denari d'argento come prezzo del riscatto del Giusto? Proprio questa somma Giuda viene loro a chiedere; e gliela sborsano immediatamente.
    Tutto è combinato. Domani sera Gesù sarà a Gerusalemme a fare la Pasqua. Verso sera si ritirerà come di consueto, nell'orto situato alle falde del monte degli Olivi. Ma. come faranno, nel cuore della tenebrosa notte a distinguerlo dai discepoli, gli uomini incaricati di catturarlo? Tutto aveva previsto Giuda: i soldati potranno con tutta sicurezza mettere le mani su colui ch'egli bacerà.
    È questo l'orribile misfatto che oggi si congiura all'ombra del Tempio di Gerusalemme. Per esprimere tutta la sua esecrazione, e farne onorevole ammenda al Figlio di Dio, così indegnamente oltraggiato con tale mostruoso patto, la santa Chiesa, dai secoli più antichi, consacrò il Mercoledì alla penitenza. Anche ai nostri giorni, la Quaresima si apre di Mercoledì; e quando la Chiesa c'impone, quattro volte all'anno, i digiuni che segnano l'apertura d'ogni stagione, il Mercoledì è appunto uno dei tre giorni che dobbiamo dedicare alla mortificazione del corpo.
    Il VI Scrutinio.
    Oggi aveva luogo, nella Chiesa Romana, il sesto Scrutinio per l'ammissione dei Catecumeni al Battesimo. Si ascoltavano, se ne erano degni, quelli sui quali ancora non era stata pronunciata la parola definitiva. Alla Messa si leggevano due letture prese dai Profeti, come si fece il giorno del grande Scrutinio, il Mercoledì della quarta Settimana di Quaresima. I Catecumeni, come d'ordinario, uscivano dalla chiesa dopo il Vangelo; ma, terminato il Sacrificio, erano nuovamente introdotti dall'Ostiario, ed un sacerdote diceva loro queste parole: "Sabato prossimo, vigilia di Pasqua, alla tale ora vi radunerete nella Basilica del Laterano per il settimo Scrutinio; per ripetere poi il Simbolo che dovete aver appreso; infine per ricevere, con l'aiuto di Dio, il bagno santo della rigenerazione. Preparatevi con zelo ed umiltà, con digiuni e preghiere continue, sepolti per il santo Battesimo con Gesù Cristo, possiate con lui risuscitare nella vita eterna. Amen".
    La Stazione, a Roma, oggi ha luogo nella Basilica di S. Maria Maggiore. Compassioniamo i dolori della nostra santa Madre, che prova nel suo cuore sì crudeli angosce nell'imminenza del Sacrificio che si sta preparando.
    LETTURA (Is. 62, 11; 63, 1-7). - Queste cose dice il Signore Iddio: Dite alla figlia di Sion: Ecco viene il tuo Salvatore, porta con sé la sua ricompensa, Chi è costui che viene da Edom, da Bosra, con le vesti tinte di rosso? È bello nel suo vestito, e cammina nella grandezza della sua forza. Son io che parlo con giustizia e proteggo in modo da salvare. Perché dunque son rossi i tuoi panni, e le tue vesti sono come quelle di chi pigia nello strettoio? Da me pestati nel mio furore, nel mio sdegno li ho schiacciati, e il loro sangue è schizzato sui miei panni, e ho macchiate tutte le mie vesti. Il giorno della vendetta è nel mio cuore; è venuto l'anno della mia redenzione. Guardai intorno, e non c'era chi desse una mano, cercai e non ci fu chi mi aiutasse. E mi ha salvato il mio braccio, e mi ha aiutato il mio stesso sdegno. E nel mio furore calpestai i popoli, li inebriai con la mia indignazione, e feci cadere interra la loro fortezza. Io ricorderò le misericordie del Signore, e celebrerò il Signore per tutte le cose che ha fatto per noi, il Signore Dio nostro.
    La vittoria del Messia.
    Com'è impressionante questo liberatore che schiaccia sotto i piedi i suoi nemici come i racemi dello strettoio, al punto che le sue vesti sono intinte del loro sangue! Ma non è oggi il giorno di rilevare ed esaltare la forza del suo braccio, oggi ch'è abbeverato d'umiliazioni, e che i suoi nemici, col più ignobile dei mercati, l'hanno comprato da uno dei suoi discepoli? Egli non rimarrà sempre nell'abbassamento; presto si rialzerà, e la terra imparerà a conoscere la sua potenza, alla vista dei castighi coi quali schiaccerà coloro che ardirono di calpestarlo. Gerusalemme è pronta a lapidare quelli che predicheranno in nome suo; e sarà la più crudele matrigna dei veri Israeliti, che, docili agl'insegnamenti dei Profeti, hanno riconosciuto in Gesù tutti i caratteri del Messia. La Sinagoga cercherà di soffocare la Chiesa fin dalla sua culla; ma appena questa Chiesa, scuotendo la polvere dei suoi piedi contro Gerusalemme, si rivolgerà alle nazioni, la vendetta del Cristo, simile a un turbine, si scaglierà contro la città che l'ha mercanteggiato, tradito e crocifisso.
    La distruzione di Gerusalemme però non fu che la figura di quell'altra rovina, cui è destinata l'umanità colpevole, quando il divino vendicatore che ogni giorno vediamo contraddetto e schernito, riapparirà sulle nubi del cielo a rivendicare il suo onore oltraggiato. Ora si lascia tradire, sputare e vilipendere; ma quando "sarà venuto il giorno della vendetta che sta nel suo cuore, e l'anno della sua redenzione", beati quelli che l'avranno riconosciuto ed avranno compatito le sue umiliazioni e i suoi dolori! E guai a quelli che non vorranno vedere in lui che un uomo! Guai a coloro che, non scontenti di scrollare il suo giogo dalle loro spalle, avranno strappato anche altri al suo impero! Poiché egli è Re, ed è venuto in questo mondo per regnare: e coloro che avranno disprezzato la sua clemenza, non potranno sfuggire alla sua giustizia.
    EPISTOLA (Is. 53, 1-12). - In quei giorni: Disse Isaia: O Signore, chi ha creduto a ciò che annunziammo? e il braccio del Signore a chi è stato rivelato? Egli spunterà dinanzi a lui come un virgulto, come un germoglio che ha radici in arida terra. Egli non ha bellezza, né splendore,
    l'abbiamo veduto; non era di bello aspetto, né l'abbiamo amato. Disprezzato, l'ultimo degli uomini, l'uomo dei dolori, assuefatto al patire. Teneva nascosto il volto, era vilipeso, e noi non ne facemmo alcun conto. Veramente egli ha preso sopra di sé i nostri mali, ha portato i nostri dolori; e noi l'abbiamo considerato come un lebbroso, come un percosso da Dio e umiliato. Egli invece è stato piagato per le nostre iniquità, è stato trafitto per le nostre scelleratezze: piombò sopra di lui il castigo che ci ridona la pace, per le sue lividure siamo stati risanati. Noi tutti siamo stati come pecore erranti, ciascuno aveva deviato per la sua strada, e il Signore pose addosso a lui l'iniquità di noi tutti. È stato sacrificato perché ha voluto: non ha aperto bocca. Come pecorella sarà condotto ad essere ucciso; come agnello muto dinanzi a chi lo tosa, egli non aprirà bocca. Dopo l'oppressione e la condanna fu innalzato; chi parlerà della sua generazione? Egli è stato reciso dalla terra dei viventi; l'ho percosso per il peccato del mio popolo. Metterà gli empi alla sua sepoltura e un ricco alla sua morte; perché egli non ha commesso l'iniquità, né ebbe mai la frode nella sua bocca. Il Signore volle consumarlo coi patimenti; ma quando avrà dato la sua vita in sacrificio di espiazione, vedrà una lunga posterità, e i voleri del Signore andranno ad effetto nelle sue mani. Per gli affanni dell'anima sua vedrà e ne sarà sazio. Con la sua dottrina, il Giusto, il mio servo, giustificherà molti, e ne prenderà sopra di sé le iniquità. Per questo gli darò una gran moltitudine; egli dividerà le spoglie dei forti, perché consegnò la sua vita alla morte, fu annoverato tra i malfattori, egli che tolse i peccati di molti e pregò per i peccatori.

    I patimenti del Messia.
    In questa profezia è ancora Isaia che parla; ma non è più il poeta sublime che cantava le vendette dell'Emmanuele. Qui descrive le angosce dell'Uomo-Dio, "dell'ultimo degli uomini, dell'uomo dei dolori e assuefatto a patire". Proprio per questo, il più eloquente dei Profeti merita l'appellativo di quinto Evangelista, come lo chiamano i Santi Padri. Difatti, non riassume ed anticipa la narrazione del Passio, mostrandoci il Figlio di Dio "simile ad un lebbroso, ad un percosso da Dio e umiliato"? Ma noi, che dalla santa Chiesa sentiamo leggere queste pagine ispirate, ed unire, insieme al Vecchio il Nuovo Testamento, per dimostrarci tutti i lineamenti della Vittima universale, come faremo ad essere riconoscenti per l'amore che Gesù ci ha testimoniato attirando su se stesso tutte le vendette che noi ci eravamo meritate?
    "Per le sue lividure siamo stati risanati". Oh, il medico celeste che si addossa le infermità di coloro che vuol guarire! E non solo s'è lasciato per noi "coprire di lividure"; ma s'è anche fatto sgozzare come un agnello da macello. È mai possibile che si sia sottomesso all'inflessibile giustizia del Padre, "che pose sopra di lui l'iniquità di tutti noi"? Ascoltate il Profeta: "È stato sacrificato, perché ha voluto". Il suo amore per noi equivale alla sua sottomissione al Padre. Vedetelo, come tace davanti a Pilato, che con una sola parola avrebbe potuto strapparlo ai suoi nemici!: "come un agnello muto dinanzi a chi lo tosa, non apre bocca". Adoriamo il suo silenzio che ci salva; rileviamo ogni minuto ragguaglio d'una dedizione che nessun uomo ebbe per un altro uomo, e che solo possiamo riscontrare nel cuore d'un Dio. Come ci ama, noi "sua generazione", figli del suo sangue, compenso del suo sacrificio! Chiesa santa, posterità di Gesù morente, tu gli sei cara; a caro prezzo ti comprò, ed in te si compiacque. Anime fedeli, ricambiategli amore per amore; anime peccatrici, ritornate fedeli, attingendo la vita nel suo sangue, e ricordatevi, che se "noi avevamo deviato come pecore erranti", il Signore "ha posta sopra dilui l'iniquità di tutti noi". Non v'è peccatore sì reo, non v'è pagano, non v'è infedele, che non abbia la sua parte nel suo sangue prezioso; la sua virtù infinita è tale, da riscattare milioni di mondi più malvagi del nostro.
    P R E G H I A M O
    Riguarda, te ne preghiamo, o Signore, questa tua famiglia, per la quale nostro Signore Gesù Cristo non esitò a darsi in mano dei carnefici e a subire il supplizio della croce.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 690-694.”




    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    11 FEBBRAIO 2018: DOMENICA DI QUINQUAGESIMA; PRIMA APPARIZIONE A LOURDES DELL'IMMACOLATA VERGINE MARIA…
    Oggi 11 febbraio 2018 è il 160esimo anniversario dell’apparizione dell’Immacolata Vergine Maria a Bernadette Soubirous (Maria Bernarda Sobirós) avvenuta il giorno 11 febbraio 1858: Nostra Signora di Lourdes…Pregate per noi!




    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Domenica di Quinquagesima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quinq-dom.htm
    “DOMENICA DI QUINQUAGESIMA.”

    Guéranger, L'anno liturgico - 11 febbraio. Apparizione dell'Immacolata Vergine Maria
    http://www.unavoce-ve.it/pg-11feb.htm
    “11 FEBBRAIO APPARIZIONE DELL'IMMACOLATA VERGINE MARIA.”





    Santa Messa domenicale celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (TV) stamattina 11 FEBBRAIO 2018, 160esimo anniversario dell’apparizione dell’Immacolata Vergine Maria a Lourdes e DOMENICA DI QUINQUAGESIMA:


    “Quinquagesima (Santa Messa)
    https://www.youtube.com/watch?v=pat-pZot2ec
    Quinquagesima (Omelia)
    https://www.youtube.com/watch?v=PdSaG0UeGUk
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php”




    Don Floriano Abrahamowicz nell’Omelia odierna ha tra l’altro auspicato di pregare per la conversione al Cattolicesimo integrale dei non-cattolici e degli pseudo-cattolici, dei neomodernisti che occupano il Vaticano e dei vari politici di destra, sinistra e centro, perché per quanto appaia umanamente impossibile in realtà è un miracolo sempre possibile; ed io ho pensato soprattutto a Franco Freda ed a Kristian Vikernes…
    Auguri a loro anche quest’anno nel giorno del loro compleanno, ma la conversione al Cattolicesimo integrale resta il meglio, poiché bene soprannaturale, che posso loro augurare…
    B. V. Maria Immacolata di Lourdes pregate per loro e per tutti noi!






    B. Vergine di Lourdes - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/b-vergine-lourdes/
    “11 febbraio, Apparizione della B. V. Maria Immacolata a Lourdes (dall’11 febbraio al 16 luglio 1858).

    O Vergine Immacolata, Madre di Misericordia, salute degli infermi, rifugio dei peccatori, consolatrice degli afflitti, Tu conosci i miei bisogni, le mie sofferenze; degnati di volgere su di me uno sguardo propizio a mio sollievo e conforto. Con l’apparire nella grotta di Lourdes, hai voluto ch’essa divenisse un luogo privilegiato, da dove diffondere le tue grazie, e già molti infelici vi hanno trovato il rimedio alle loro infermità spirituali e corporali. Anch’io vengo pieno di fiducia ad implorare i tuoi materni favori; esaudisci, o tenera Madre, la mia umile preghiera, e colmato dei tuoi benefici, mi sforzerò d’imitare le tue virtù, per partecipare un giorno alla tua gloria in Paradiso. Così sia. Nostra Signora di Lourdes, prega per noi.
    Sia benedetta la Santa ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria, Madre di Dio.”


    http://www.sodalitium.biz/wp-content...es-200x300.jpg








    Ligue Saint Amédée
    http://liguesaintamedee.ch/
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/
    11 février : Apparition de Notre-Dame de Lourdes (1858) :: Ligue Saint Amédée
    “11 février : Apparition de Notre-Dame de Lourdes (1858).”





    “Dimanche de la Quinquagésime.”






    “Sermon du Père Joseph-Marie Mercier pour le Dimanche de Quinquagésime (2016) : croire à la charité.
    http://prieure2bethleem.org/predica/...ier.mp3”










    http://www.sursumcorda.cloud/
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/

    “Io scorsi una signora vestita di bianco. Indossava un abito bianco, un velo bianco, una cintura blu ed una rosa gialla sui piedi. + Nostra Signora di Lourdes pregate per noi e per il mondo intero. Così sia. +”










    Quaresima « www.agerecontra.it
    http://www.agerecontra.it/public/pre.../quaresima.jpg




    Ҡ Santa Bernardetta - Lourdes - filmine don Bosco
    https://www.youtube.com/watch?v=63dnJ7wEFoI”

    “Maria Ss. - Don Giulio Tam
    https://www.youtube.com/watch?v=_WwFE-qos”








    "Radio Spada è un sito di controinformazione cattolico Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale e una casa editrice http://www.edizioniradiospada.com"
    “11 FEBBRAIO 2018: APPARIZIONE DELL'IMMACOLATA VERGINE MARIA.”






    “11 febbraio 2018: DOMENICA DI QUINQUAGESIMA.”






    “11 febbraio 1906 : "Vehementer Nos" di san Pio X.

    “"È una tesi assolutamente falsa, un errore pericolosissimo, pensare che bisogna separare lo Stato dalla Chiesa. Questa opinione si basa infatti sul principio che lo Stato non deve riconoscere nessun culto religioso: ed è assolutamente ingiuriosa verso Dio, poiché il Creatore dell'uomo è anche il fondatore delle società umane e conserva nella vita tanto loro che noi, individui isolati. Perciò noi gli dobbiamo non soltanto un culto privato, ma anche un culto sociale e onori pubblici. [...] Questa tesi danneggia gravemente la stessa società civile, che non può essere né prospera né duratura quando non vi è posto per la religione, regolatrice suprema e sovrana maestra allorché si tratta dei diritti e dei doveri dell'uomo".”






    La Quaresima prima del Concilio? Ecco le regole. | Radio Spada
    “(...) GIORNI DI ASTINENZA E DI DIGIUNO: – Mercoledì delle Ceneri; – ogni Venerdì e Sabato di Quaresima; – il Mercoledì, il Venerdì e il Sabato delle Quattro Tempora; – le Vigilie di Natale (24 Dicembre), di Pentecoste, dell’Immacolata (7 dicembre), d’Ognissanti (31 Ottobre).
    GIORNI DI SOLO DIGIUNO SENZA ASTINENZA: tutti gli altri giorni feriali di Quaresima (le Domeniche non c’è digiuno).(...)”






    Dom Guéranger, L'anno liturgico - Domenica di Quinquagesima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quinq-dom.htm
    “DOMENICA DI QUINQUAGESIMA.

    La vocazione di Abramo.
    L'argomento che presenta oggi la Chiesa da meditare è la vocazione di Abramo.
    Scomparse le acque del diluvio, la terra cominciò di nuovo a riempirsi di uomini; ma insieme comparve la corruzione, e l'idolatria venne a colmare la misura dei disordini. Ora prevedendo il Signore nella sua divina sapienza, la defezione dei popoli, volle costituire una nazione che gli sarebbe stata particolarmente devota, e nella quale si sarebbero conservate le sacre verità destinate a diffondersi fra i Gentili. Questo nuovo popolo doveva cominciare da un solo uomo, padre e tipo dei credenti, Abramo. Pieno di fede e di obbedienza verso il Signore, egli era chiamato ad essere il padre dei figli di Dio, il capo di quella generazione spirituale, alla quale appartennero ed apparterranno fino alla fine dei tempi tutti gli eletti, sia dell'Antico Testamento che della Chiesa Cristiana.
    Dobbiamo dunque conoscere Abramo, nostro capo e modello, la cui vita è tutta sintetizzata nella fedeltà a Dio, nell'osservanza dei suoi comandamenti e nel sacrificio e nella rinuncia ad ogni cosa in ossequio alla volontà di Dio; in queste virtù appunto si riconosce il vero carattere del cristiano. Siamo dunque molto diligenti ad attingere dalla vita di questo grande personaggio tutti gl'insegnamenti che contiene per noi.
    Il testo del Genesi che qui citiamo, e che la Chiesa legge al Mattutino, formerà la base di tutto ciò che dobbiamo dire intorno a lui.

    Dal libro del Genesi (Gen 12,1-9)
    E il Signore disse ad Abramo: "Parti dalla tua terra, dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, e vieni nel paese che io ti mostrerò. Io poi farò di te una grande nazione, ti benedirò e farò grande il tuo nome, e tu sarai una benedizione. Io benedirò chi ti benedice e maledirò chi ti maledice, e in te saranno benedette tutte le nazioni della terra". Partì dunque Abramo secondo l'ordine del Signore, e Lot andò con lui. Abramo aveva settantacinque anni quando partì da Haran. Egli prese con sé la sua moglie Sarai, e Lot figlio di suo fratello, e tutto quello che possedevano, e le persone che avevano acquistate in Haran, e partirono per andare nella terra di Canaan. E giunti colà, Abramo attraversò il paese fino al luogo di Sichem, fino alla valle famosa. Erano allora in quella terra i Cananei. Là il Signore apparve ad Abramo e gli disse: "Alla tua progenie io darò questa terra". Ed egli edificò in quel luogo un altare al Signore, che gli era apparso. E di lì, procedendo verso il monte ad oriente di Betel, vi tese la sua tenda, avendo Betel a occidente ed Ai ad oriente; e anche lì edificò un altare al Signore e ne invocò il nome.


    Santità di Abramo.
    Quale più viva immagine poteva darci del discepolo di Gesù Cristo questo Patriarca, così docile e generoso a seguire la voce di Dio? E con quale ammirazione non dobbiamo ripetere la parola dei santi Padri: "Oh, uomo veramente cristiano prima della venuta di Cristo! uomo evangelico prima del Vangelo! uomo apostolico prima degli apostoli!".
    Il Signore lo chiama ed egli abbandona tutto, patria, famiglia, casa paterna, e s'incammina verso un ignoto paese. Gli basta che Dio lo conduca, e si sente sicuro, e non guarda indietro. Non hanno fatto così gli Apostoli? Ma guardate la ricompensa: Saranno in lui benedette tutte le nazioni della terra. Questo Caldeo, che porta nelle vene il sangue che salverà il mondo, doveva tuttavia morire prima di vedere sorgere il giorno, in cui un suo discendente avrebbe riscattato tutte le generazioni passate, presenti e future. Un giorno il Redentore aprirà il cielo, e i nostri progenitori, con Mosè, Noè e David, in una parola tutti i giusti, andranno a riposarsi nel seno di Abramo (Lc. 16, 22), immagine dell'eterna beatitudine. Così Dio onorò l'amore e la fedeltà di questa sua creatura.
    La posterità spirituale di Abramo.
    Al compiersi dei tempi il Figlio di Dio e di Abramo rivelò la potenza del Padre, che s'apprestava a far nascere una nuova generazione di figli di Abramo dalle pietre della gentilità. Siamo noi, cristiani, questa nuova generazione: ma siamo degni di tale padre? Ecco come ne parla l'Apostolo delle Genti: "Per la fede, colui ch'è chiamato Abramo ubbidì per andare alla terra che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andasse. Per la fede dimorò nella terra promessa, perché aspettava quella città ben fondata, della quale Dio è architetto e costruttore" (Ebr. 11, 8-10).
    Se dunque siamo figli di Abramo, in questo tempo di Settuagesima dobbiamo considerarci dei viaggiatori sulla terra, desiderosi di vivere, nello spirito, in quell'unica nostra patria donde fummo esiliati, ma alla quale ci avvicineremo ogni giorno più, se, come Abramo, saremo fedeli a guadagnare le diverse tappe che il Signore c'indicherà. Egli vuole che usiamo di questo mondo come se non ne usassimo (1 Cor. 7, 31), perché non è quaggiù la nostra dimora permanente (Ebr. 13, 14); e dimenticare che la morte ci separerà da tutte le cose che passano, sarebbe la nostra più grande sventura.
    La vita cristiana e il divertimento.
    Come sono lontani dall'essere veri figli di Abramo quei cristiani, che oggi e nei due prossimi giorni, s'abbandonano all'intemperanza e ai divertimenti peccaminosi, col pretesto che sta per cominciare la santa Quaresima. L'ingenuità dei costumi dei nostri primi padri poteva più facilmente conciliare la gravità cristiana con gli addii ad una vita più dolce che la Quaresima stava per interrompere, alla stessa maniera che la gioia dei loro pasti testimoniava, nella solennità della Pasqua, la stretta osservanza delle prescrizioni della Chiesa. È sempre possibile conciliare le due cose. Ma spesso avviene che l'idea cristiana dell'austerità si imbatte con le seduzioni della natura corrotta, e così la prima intenzione d'una semplice familiare allegria finisce per svanire in un lontano ricordo. Che cosa, per esempio, possono avere in comune con le gioie permesse dalla Chiesa nelle case dei suoi figli, quelli che lasceranno passare l'intera Quaresima senza accostarsi ai Sacramenti? E quegli altri che si preoccuperanno di ricorrere alle dispense, per mettersi più o meno al coperto dalle imposizioni della Chiesa, come potranno preludere alla festa di Pasqua con tante festicciole, in periodo durante il quale il peso dei loro peccati, lungi dall'alleggerirsi, diventerà ancora più pesante?
    Potessero queste illusioni avere minore influenza sulle anime, e potessero queste ritornare per quanto riguarda i legami della carne e del sangue, alla libertà dei Figli di Dio che sola può restituire all'uomo la sua prima dignità! I veri cristiani non devono mai dimenticare, che nel tempo quaresimale la Chiesa si priva perfino dei suoi canti di letizia spirituale, per farci intendere più sensibilmente la durezza del giogo che Babilonia fa pesare su di noi, e rinnovarci nello spirito cristiano tanto facile ad affievolirsi. Se doverose convenienze trascineranno, in questi giorni, i seguaci di Cristo nel vortice dei profani divertimenti, vi portino almeno un cuore retto e sempre preoccupato delle massime del Vangelo. Come fece santa Cecilia, quando risuoneranno nelle loro orecchie le note d'una musica mondana, cantino a Dio nei loro cuori dicendo "Custoditesi puri, o Signore, e che niente alteri la santità e la dignità della vostra abitazione in noi". Evitino soprattutto di autorizzare, partecipandovi, le danze, dove fa naufragio il pudore; esse saranno materia di più severo giudizio per quelli e quelle che le promuovono. Infine meditino le energiche considerazioni di san Francesco di Sales: "Mentre la folle ubriachezza dei divertimenti mondani sembrava aver cancellato ogni altro sentimento che non fosse quello di un piacere futile e troppo spesso pericoloso, innumerevoli anime continuavano ad espiare eternamente, nel fuoco dell'inferno, le colpe commesse in simili occasioni; in quelle stesse ore, servi e serve di Dio sacrificavano il sonno per andare a cantare le sue lodi ed implorare la sua misericordia sopra di voi; migliaia di vostri simili morivano d'angoscia e di tristezza nel loro misero giaciglio; Dio e i suoi Angeli vi guardavano attentamente dal cielo; e il tempo della vita passava, e la morte s'avvicinava a voi con un passo che non retrocede" (Introduzione alla Vita devota, III parte, c. 33).
    L'adorazione delle Quarantore.
    Per tutto questo giustamente conveniva, che i tre ultimi giorni ancora esenti dal rigore quaresimale, non passassero senza offrire un adeguato alimento al bisogno di emozioni che tormenta tante anime. E ci ha pensato con materno intuito la Chiesa, ma non secondo i desideri di frivoli passatempi e di vane soddisfazioni: ai suoi figlioli devoti essa prepara un diversivo potente, che è nello stesso tempo un mezzo per placare lo sdegno di Dio provocato da tali eccessi.
    Durante questi tre giorni viene esposto sugli altari l'Agnello, che dall'alto del suo trono di misericordia riceve gli omaggi degli adoratori che lo riconoscono per loro re; accetta il pentimento di coloro che rimpiangono ai suoi piedi d'aver servito, in passato, un altro signore; si offre al Padre per gli altri peccatori che, non contenti di trascurare i suoi benefici, sembrano di aver deciso di oltraggiarlo in questi giorni più che in qualsiasi altro tempo dell'anno.
    L'idea di offrire una riparazione alla divina Maestà per i peccati degli uomini, proprio nel momento che se ne commettono di più, e di opporre all'ira del divin Padre il proprio Figliolo, mediatore fra il cielo e la terra, fu ispirata fin dal XVI secolo al cardinale Gabriele Paleotti, Arcivescovo di Bologna, contemporaneo di san Carlo Borromeo ed emulo del suo zelo pastorale. Quest'ultimo adottò subito nella sua diocesi e provincia una pratica così salutare. Nel XVIII secolo, Prospero Lambertini, volle continuare le tradizioni del Paleotti, suo predecessore, ed esortò il popolo alla devozione al Ss. Sacramento nei tre giorni di Carnevale. Salito poi sulla cattedra di san Pietro col nome di Benedetto XIV, arricchì il tesoro delle indulgenze a favore dei fedeli che, durante tali giorni, avrebbero visitato Nostro Signore nel mistero del suo amore ed implorato il perdono dei peccati. Tale favore, prima limitato alle chiese dello Stato Romano, fu da Clemente XIII, nel 1765, esteso a tutto il mondo; e così la devozione comunemente chiamata delle Quarantore, divenne una delle più solenni manifestazioni della pietà cattolica.
    Siamo dunque molto solleciti ad approfittarne. Allontaniamoci, come Abramo, dalle profane influenze che ci assediano e cerchiamo il Signore Dio Nostro: riposandoci un po' dalle libere dissipazioni del mondo, veniamo a meritare, ai piedi del Salvatore, la grazia di passare attraverso quelle che sono inevitabili senza attaccarvi il cuore.
    I misteri di questo giorno.
    Consideriamo ora gli altri misteri della Domenica di Quinquagesima. Il passo evangelico contiene la predizione del Signore agli Apostoli della Passione che doveva fra poco soffrire a Gerusalemme. Un tale solenne annuncio prelude ai dolori della Settimana Santa. Accogliamo questa parola nelle nostre anime con ogni tenerezza e riconoscenza, e decidiamoci a metterci a disposizione del Signore, come fece Abramo.
    Gli antichi liturgisti segnalavano inoltre la guarigione del cieco di Gerico come simbolo dell'accecamento dei peccatori. Il cieco riacquistò la vista perché sentiva il suo male e desiderava guarire. La santa Chiesa vuole che sentiamo lo stesso desiderio e ci assicura che sarà esaudito.
    M E S S A
    La Stazione è nella Basilica Vaticana di S. Pietro.
    Questa scelta pare risalire all'epoca in cui si leggeva ancora in questa domenica la narrazione della Legge data a Mosè, considerato dai primi cristiani di Roma il tipo di san Pietro. Avendo poi la Chiesa rimandata la lettura dell'Esodo nel periodo della Quaresima, e sostituendo quel racconto col mistero della vocazione di Abramo, la Stazione romana restò nella Basilica del Principe degli Apostoli, che fu pure figurato da Abramo nella qualità di Padre dei credenti.

    EPISTOLA (1 Cor. 13, 1-13). - Fratelli: quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli Angeli, se non ho la carità, sono come un bronzo che suona e un cembalo che squilla. E quando avessi la profezia, e conoscessi tutti i misteri ed ogni scienza, e quando avessi tutta la fede, fino a trasportare i monti, se non ho la carità, sono un niente. E quando distribuissi tutto il mio per nutrire i poveri e sacrificassi il mio corpo ad essere bruciato, se non ho la carità, nulla mi giova. La carità è paziente, è benefica; la carità, non è invidiosa, non è insolente, non si gonfia, non è ambiziosa, non cerca il proprio interesse, non s'irrita, non pensa male, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non verrà mai meno. Le profezie passeranno, cesseranno le lingue, la scienza avrà fine: perché imperfettamente conosciamo e imperfettamente profetiamo; e quando sarà venuta la perfezione ciò ch'è imperfetto dovrà sparire. Quando ero bambino parlavo da bambino, avevo gusti da bambino, pensavo da bambino; ma fatto uomo non ho smesso le cose che eran da bambino. Ora noi vediamo come in uno specchio in modo enigmatico; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco parzialmente, ma allora conoscerò come io sono conosciuto. Rimangono per ora tutte e tre: fede, speranza e carità, ma la più grande di queste tre virtù è la carità.

    Elogio della carità.
    Oggi la Chiesa ci fa leggere il magnifico elogio che fa san Paolo della carità, la virtù che insieme racchiude l'amor di Dio e del prossimo, ed è luce delle anime nostre. Se esse ne sono prive, vivono nelle tenebre, e tutte le loro opere sono impregnate di sterilità. Lo stesso potere dei miracoli non potrebbe garantire la salvezza a chi non ha la carità, senza di cui le opere apparentemente più eroiche potrebbero da se stesse costituire un'insidia.
    Chiediamo al Signore questa luce; per quanto ci venga accordata anche quaggiù, ci è riservata senza misura nell'eternità. I giorni più splendenti che possiamo godere in questo mondo non sono che tenebre in paragone degli eterni splendori, dove, in presenza della realtà per sempre contemplata svanirà la fede; nell'istante che cominceremo a godere di quel possesso la speranza verrà a mancare del suo oggetto; solo regnerà l'amore; ed è questo il motivo della sua sovraeccellenza sulle altre due virtù teologali.
    Ora, se il destino dell'uomo redento e illuminato da Gesù Cristo sta tutto qui, nel regno della carità, dobbiamo meravigliarci che egli debba lasciar tutto per seguire un tale Maestro? Purtroppo vi sono cristiani, battezzati in questa fede e in questa speranza, e che ricevettero le primizie di quest'amore, i quali s'ingolfano in questi giorni nei più grossolani disordini, anche se possono apparire raffinati e delicati. Si direbbe che abbiano fatto un patto con le tenebre tanto si sforzano d'oscurare l'ultimo raggio della luce divina che sta in loro.
    La Carità, se regna in noi, ci deve rendere sensibili all'oltraggio che fanno a Dio questi nostri ciechi fratelli, e portarci nello stesso tempo a sollecitare si di loro la sua misericordia.

    VANGELO (Lc. 18, 31-43). - In quel tempo: Gesù, presi in disparte i dodici, disse loro: Ecco noi ascendiamo a Gerusalemme e s'adempiranno tutte le cose predette dai Profeti riguardo al Figlio dell'uomo; egli sarà dato nelle mani dei gentili, sarà schernito e flagellato e coperto di sputi. E, dopo averlo flagellato, lo uccideranno; ma risorgerà il terzo giorno. E quelli nulla compresero di tutte quelle cose, ed il senso di esse era loro nascosto e non afferravano quanto veniva loro detto. Or avvenne che mentre egli s'avvicinava a Gerico, un cieco stava seduto lungo la strada a mendicare; e sentendo passare la folla, domandò che cosa fosse. Gli dissero che passava Gesù Nazareno. Allora egli gridò: Gesù, figlio di David, abbi pietà di me. E quelli che precedevano gli gridavano di tacere. Ma lui a gridar più forte che mai: Figlio di David abbi pietà di me. Allora Gesù, fermatosi, comandò che gli fosse menato. E quando gli fu vicino, gli domandò: Che vuoi ch'io ti faccia? E quello: Signore, esclamò, che ci veda. E Gesù gli disse: Guarda, la tua fede ti ha salvato. E subito ci vide e gli andava dietro glorificando Dio. E tutto il popolo, visto il miracolo, lodò Dio.

    Cecità e luce spirituale.
    Abbiamo sentita la voce di Cristo annunciante la Passione, la stessa voce che sentirono gli Apostoli, i quali accolsero la confidenza del loro Maestro, ma senza comprendere nulla perché essendo ancora imbevuti dei pregiudizi del loro popolo contro le sofferenze del Messia, non potevano comprendere il vero senso della sua missione di Salvatore. Tuttavia non lo lasciano e continuano a seguirlo.
    Adoriamo con amore la divina misericordia, che ci volle separare, come Abramo, da quel popolo abbandonato; seguiamo l'esempio del cieco di Gerico, alzando la voce al Signore, perché c'illumini sempre di più: Signore, fate che io veda; ecco la sua preghiera. Già ci concesse la sua luce: ma ci gioverà ben poco, se essa non risvegliasse in noi il desiderio di vederci sempre di più. Dio promise ad Abramo di mostrargli la terra a lui destinata: che si degni mostrare anche a noi la terra dei viventi. Soprattutto preghiamolo, secondo la bella espressione di sant'Agostino, che si mostri a noi affinché lo amiamo e di mostrare noi a noi stessi perché cessiamo d'amarci.

    PREGHIAMO
    Esaudisci con clemenza, o Signore, le nostre preghiere e, dopo averci sciolti dai lacci dei peccati, preservaci da ogni avversità.

    da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. GRAZIANI, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 451-458.”




    Guéranger, L'anno liturgico - 11 febbraio. Apparizione dell'Immacolata Vergine Maria
    http://www.unavoce-ve.it/pg-11feb.htm
    “11 FEBBRAIO APPARIZIONE DELL'IMMACOLATA VERGINE MARIA.

    Il messaggio di Lourdes.
    Nelle nubi comparirà il mio arco, ed io mi ricorderò del mio patto con voi (Gen 9,14-15). Nell'Ufficio dell'11 febbraio 1858 (giovedì di Sessagesima) le lezioni liturgiche ricordavano queste parole alla terra, quando il mondo apprese che in quello stesso giorno Maria era apparsa più bella del segno della speranza, che al tempo del diluvio fu la sua meravigliosa figura.
    Era il tempo in cui si moltiplicavano per la Chiesa i sintomi forieri di un avvenire che oggi s'è fatto presente e che ben conosciamo. La vecchia umanità sembrava fosse sul punto di sommergere in un diluvio peggiore dell'antico.
    IO SONO L'IMMACOLATA CONCEZIONE, dichiarò la Madre della divina grazia all'umile fanciulla scelta in quel momento a recare il suo messaggio ai custodi dell'arca della salvezza. Alle tenebre che salivano dall'abisso ella opponeva, come un faro, l'augusto privilegio che, tre anni prima, il supremo nocchiero aveva proclamato come dogma in sua gloria.
    Infatti se, come afferma Giovanni il prediletto, è la nostra fede che possiede quaggiù le promesse della vittoria (1Gv 5,4); e, se la fede si alimenta di luce: qual dogma meglio di questo che racchiude e proclama tutti gli altri, li rischiara allo stesso tempo di sì soave splendore? Sul capo della trionfatrice temuta dall'inferno, esso è veramente la regale corona su cui, come nell'arca vincitrice delle tempeste, convergono i diversi splendori del cielo.
    Tuttavia occorreva aprire gli occhi dei ciechi a queste bellezze, incoraggiare i cuori angosciati dalle audaci negazioni dell'inferno, rialzare dall'impotenza a formulare l'atto di fede tante intelligenze debilitate dall'educazione delle scuole moderne. Convocando le folte sul luogo benedetto della sua apparizione, l'Immacolata veniva incontro, con fortezza e soavità, alle anime deboli guarendo i corpi; sorridendo alla pubblicità e accettando ogni controllo, confermava, con l'autorità del miracolo permanente, la propria parola e la definizione fatta dal Vicario del Suo Figliolo.
    Come il Salmista celebrava le opere di Dio che narrano in ogni lingua la gloria del creatore (Sal 18,2-5); come san Paolo tacciava d'insania, nonché d'empietà, chiunque non credeva alla loro testimonianza (Rm 1,18-32): altrettanto si può dire degli uomini del nostro tempo, che sono inescusabili, se non riconoscono dalle opere sue la SS. Vergine. Ella potrebbe moltiplicare i suoi benefici, aver compassione dei più gravi infermi: ma queste anime malate che, nel timore inconfessato di importune conclusioni, ricusano di vedere oltre; o lottando apertamente contro la verità, spingono al paradosso il proprio pensiero, avvolgono nelle tenebre i loro cuori, come dice l'Apostolo (Rm 1,21), e fanno temere che il senso depravato, il cui castigo portavano nella carne i pagani (ivi 28), abbia leso la loro ragione.
    Appello alla penitenza.
    "O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi!" È la preghiera che, dall'anno 1830, voi stessa c'insegnaste contro le minacce dell'avvenire. In seguito, nel 1846, i due pastorelli della Salette ci rammentavano le vostre esortazioni e le vostre lacrime. "Pregate per i poveri peccatori e per il mondo così sconvolto", ci ripete oggi da parte vostra la veggente della grotta di Massabielle : "Penitenza! penitenza! penitenza!".
    Noi vogliamo obbedirvi, o Vergine benedetta, vogliamo combattere in noi e dovunque l'universale e unico nemico, il peccato, male supremo donde derivano tutti i mali. Lode all'Onnipotente, che si degnò preservarvi da ogni contaminazione e specialmente riabilitare in voi la nostra natura umiliata!
    Lode a voi che, non avendo alcun debito, rimetteste i nostri con le materne lacrime e col sangue del Figlio! vostro, riconciliando la terra col cielo e schiacciando la testa al serpente (Gen 3,15)!
    Preghiera ed espiazione! Non era questa, sin dai primi tempi, dai tempi degli Apostoli, in questi giorni di avvicinamento più o meno immediato alla Quaresima, l'insistente raccomandazione della Chiesa? O Madre nostra del Cielo, siate benedetta per essere venuta sì opportunamente ad armonizzare la vostra voce con quella della grande Madre della terra. Il mondo ormai rifiutava, non comprendeva più l'infallibile e indispensabile rimedio, offerto dalla misericordia e dalla giustizia di Dio alla sua miseria; sembrava aver dimenticato per sempre il monito: Se non fate penitenza perirete tutti (Lc 13,3-5).
    La vostra pietà, o Maria, ci desta dal nostro torpore! Conoscendo la nostra debolezza, voi accompagnate con mille dolcezze il calice amaro, e per indurre l'uomo ad implorarvi i beni eterni, gli prodigate quelli del tempo. Noi non vorremo essere come quei fanciulli che ricevono volentieri le carezze materne e trascurano gl'insegnamenti e le correzioni che quelle carezze avevano lo scopo di fare accettare. D'ora innanzi sapremo, con voi e con Gesù, pregare e soffrire; durante la santa Quarantena, col vostro aiuto, ci convertiremo e faremo penitenza.
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 808-810.”




    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    14 FEBBRAIO 2018: SAN VALENTINO, PRETE E MARTIRE; MERCOLEDÌ DELLE CENERI (ASTINENZA E DIGIUNO - INIZIO DELLA SANTA QUARANTENA)…



    “MERCOLEDÌ DELLE CENERI.”
    Guéranger, L'anno liturgico - Mercoledì delle Ceneri
    http://www.unavoce-ve.it/pg-ceneri-mer.htm

    “TEMPO DI QUARESIMA”
    Capitolo I - Storia della Quaresima
    Guéranger, L'anno liturgico - Storia della Quaresima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-st.htm

    Capitolo II - Mistica della Quaresima
    Guéranger, L'anno liturgico - Mistica della Quaresima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-mist.htm

    Capitolo III - Pratica della Quaresima
    Guéranger, L'anno liturgico - Pratica della Quaresima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-pr.htm


    Guéranger, L'anno liturgico - 14 febbraio. San Valentino, Prete e Martire
    http://www.unavoce-ve.it/pg-14feb.htm
    “14 FEBBRAIO, SAN VALENTINO: PRETE E MARTIRE.”





    http://www.sodalitium.biz/san-valentino/
    “14 febbraio, San Valentino, Prete e Martire.

    ”A Roma, sulla via Flaminia, il natale di san Valentino, Prete e Martire, il quale, glorioso per guarigioni e dottrina, fu percosso con bastoni e decapitato sotto Claudio Cesare”.
    O glorioso martire San Valentino, che per la vostra intercessione liberaste i vostri devoti dalla peste e da altre terribili malattie, liberateci, vi supplichiamo, dalla peste terribile dell’anima, che è il peccato mortale. Così sia.”


    Mercoledì delle Ceneri - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/mercoledi-delle-ceneri/
    “4 febbraio 2018, Mercoledì delle Ceneri.
    “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris” (Ricordati, o uomo, che sei polvere, e in polvere ritornerai).

    Concedi, o Signore, ai tuoi fedeli: che questo tempo venerando, consacrato ai digiuni, venga da loro accolto con la debita pietà e trascorso con la ferma devozione. Per nostro Signore Gesú Cristo.”





    http://www.sodalitium.biz/wp-content...11-300x200.jpg






    Della Quaresima - Sodalitium
    “Catechismo Maggiore di San Pio X – Della Quaresima.

    35 D. Che è la Quaresima?
    R. La Quaresima è un tempo di digiuno e di penitenza istituito dalla Chiesa per tradizione apostolica.
    36 D. Per qual fine è istituita la Quaresima?
    R. La Quaresima è istituita:
    1. per farci conoscere l’obbligo che abbiamo di far penitenza in tutto il tempo della nostra vita, di cui, secondo i santi Padri la Quaresima è la figura;
    2. per imitare in qualche maniera il rigoroso digiuno di quaranta giorni, che Gesù Cristo fece nel deserto;
    3. per prepararci coi mezzo della penitenza a celebrare santamente la Pasqua.
    37 D. Perché il primo giorno di Quaresima si chiama il giorno delle Ceneri?
    R. Il primo giorno di Quaresima si chiama giorno delle Ceneri, perché la Chiesa mette in quel giorno le sacre ceneri sul capo dei fedeli.
    38 D. Perché la Chiesa nel principio della Quaresima usa imporre le sacre ceneri?
    R. La Chiesa nel principio della Quaresima usa imporre le sacre ceneri, affinché noi ricordandoci che siamo composti di polvere, e colla morte dobbiamo ridurci in polvere, ci umiliamo e facciamo penitenza de’ nostri peccati mentre ne abbiamo il tempo.
    39 D. Con quale disposizione dobbiamo noi ricevere le sacre ceneri?
    R. Noi dobbiamo ricevere le sacre ceneri con cuor contrito ed umiliato, e con la santa risoluzione di passare la Quaresima nelle opere di penitenza.
    40 D. Che cosa dobbiamo noi fare per passar bene la Quaresima secondo la mente della Chiesa?
    R. Per passar bene la Quaresima secondo la mente della Chiesa dobbiamo fare quattro cose:
    1. osservare esattamente il digiuno, e mortificarci non solamente nelle cose illecite e pericolose, ma ancora, per quanto si può, nelle cose lecite, come sarebbe moderarsi nelle ricreazioni;
    2. fare preghiere, limosine, ed altre opere di cristiana carità verso il prossimo più che in ogni altro tempo;
    3. ascoltare la parola di Dio non già per pura usanza o curiosità, ma per desiderio di mettere in pratica le verità che si ascoltano;
    4. essere solleciti a prepararci alla confessione, per rendere più meritorio il digiuno, e per disporci meglio alla Comunione pasquale.
    41 D. In che consiste il digiuno?
    R. Il digiuno consiste nel fare un solo pasto al giorno, e nell’astenersi dai cibi vietati.
    42 D. Nei giorni di digiuno oltre l’unico pasto è vietata qualunque altra refezione?
    R. Nei giorni di digiuno la Chiesa permette una leggiera refezione alla sera, o pure sul mezzogiorno quando l’unico pasto viene differito alla sera.
    43 D. Chi è obbligato al digiuno?
    R. Al digiuno sono obbligati tutti coloro che hanno compito il ventesimo primo anno e non ne sono legittimamente impediti.
    44 D. Quelli che non sono obbligati al digiuno sono affatto esenti dalle mortificazioni?
    R. Quelli che non sono obbligati al digiuno non sono affatto esenti dalle mortificazioni, perché niuno è dispensato dall’obbligo generale di far penitenza e perciò devono mortificarsi in altre cose secondo le loro forze.”





    http://www.sodalitium.biz/wp-content...-1-678x381.jpg




    "Disciplina del digiuno e dell'astinenza - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/disciplina...dellastinenza/

    Disciplina del digiuno e dell’astinenza.
    Poichè la Costituzione “Poenitemini” del 1966 di Paolo VI e il “Nuovo Diritto Canonico” del 1983 di Giovanni Paolo II non hanno nessun valore giuridico, è ancora in vigore la disciplina osservata sotto il pontificato di Pio XII (secondo i Canoni 1250-1254 del Diritto Canonico piano-benedettino del 1917, modificati dal Decreto dalla S. Congregazione dei Riti del 16 settembre 1955 e dalla S. Congregazione Concilio del 25 luglio 1957).
    L’attuale legge per i fedeli di rito latino è quindi la seguente:
    – LA LEGGE DEL DIGIUNO obbliga tutti i fedeli che hanno compiuto i 21 anni e non hanno ancora iniziato il 60° anno.
    – LA LEGGE DELL’ASTINENZA dalla carne obbliga tutti i fedeli a partire dai 7 anni compiuti.
    IL DIGIUNO consiste nel fare un solo pasto al giorno e due piccole refezioni nel corso della giornata (i moralisti quantificano in 60 grammi al mattino e 250 grammi alla sera; la refezione serale è sempre di magro).
    L’ASTINENZA vieta l’uso della carne, di estratto o brodo di carne, ma non quello delle uova, dei latticini e di qualsiasi condimento di grasso animale.
    GIORNI DI ASTINENZA DALLA CARNI:
    – tutti i Venerdì dell’anno (tranne se vi cade una festa di precetto, ma questo vale solo al di fuori della quaresima).
    GIORNI DI ASTINENZA E DI DIGIUNO:
    – Mercoledì delle Ceneri;
    – ogni Venerdì e Sabato di Quaresima;
    – il Mercoledì, il Venerdì e il Sabato delle Quattro Tempora;
    – le Vigilie di Natale (24 Dicembre), di Pentecoste, dell’Immacolata (7 dicembre),
    d’Ognissanti (31 Ottobre).
    GIORNI DI SOLO DIGIUNO SENZA ASTINENZA:
    – tutti gli altri giorni feriali di Quaresima (le Domeniche non c’è digiuno).
    POSSONO NON PRATICARE L’ASTINENZA:
    – i poveri che ricevono carne in elemosina e non hanno altro da mangiare;
    – gli infermi, i convalescenti, i deboli di stomaco, le donne che allattano, le donne incinte se deboli;
    – gli operai che fanno lavori più pesanti quotidianamente;
    – mogli, figli, servi, tutti coloro che esercitano in servizio essendovi costretti, e che non possono avere altro cibo sufficientemente nutriente.
    POSSONO NON PRATICARE IL DIGIUNO:
    – coloro che digiunerebbero con grave incomodo: ammalati, convalescenti, deboli di nervi, donne che allattano o incinte;
    – poveri che hanno già poco cibo a disposizione;
    – coloro che esercitano un lavoro che è moralmente e ordinariamente incompatibile con il digiuno (es: lavori pesanti);
    – coloro che fanno un lavoro intellettuale molto faticoso (es. studenti sotto esami);
    – chi deve fare un lungo e faticoso viaggio; per un maggiore bene o per un’opera di pietà più grande, se questa è moralmente incompatibile con il digiuno (es.: assistenza ai malati)."





    http://www.sodalitium.biz/wp-content...ni-300x282.jpg






    Tempo di Quaresima - Centro Studi Giuseppe Federici
    http://www.centrostudifederici.org/tempo-di-quaresima/
    “Tempo di Quaresima 14 febbraio 2018
    Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
    Tempo di Quaresima
    Catechismo Maggiore di San Pio X – Della Quaresima
    Della Quaresima - Sodalitium
    Disciplina del digiuno e dell’astinenza
    Disciplina del digiuno e dell'astinenza - Sodalitium
    http://www.centrostudifederici.org/w...-1-520x498.jpg













    "QUARESIMA, IL SIGNIFICATO DELLE CENERI « www.agerecontra.it
    QUARESIMA, IL SIGNIFICATO DELLE CENERI « www.agerecontra.it

    Segnalazione di Interris, quotidiano internazionale on-line di Fabio Beretta
    “Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris”. Le parole pronunciate da Dio nel giardino dell’Eden, e che accompagnano la cacciata dal paradiso terrestre di Adamo ed Eva, segnano l’inizio della Quaresima, un tempo di preghiera, digiuno e penitenza durante il quale i cristiani si preparano alla grande festa della Pasqua. “Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai” (Genesi 3,19), è la stessa frase che caratterizza la celebrazione peculiare del Mercoledì delle Ceneri. Tradizionalmente ricavate dai rami d’ulivo benedetti in occasione della Domenica delle Palme dell’anno precedente, le ceneri, e il rito della loro imposizione, hanno origini antichissime.
    Il significato biblico
    Da Abramo a Giuditta, le ceneri, assumono un duplice significato nella storia dell’Antico Testamento. Sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere” (Gen 18,27). Giobbe, riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19). Ma la cenere è anche segno di penitenza, di chi si accorge del proprio agire “malvagio” e decide di “convertirsi”. Noto, a tal proposito, il testo della conversione degli abitanti di Ninive dopo la predicazione di Giona: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: “Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore” (Gdt 4,11). Inoltre, Giuditta, prima di intraprendere l’ardua impresa di liberare Betulia, “cadde con la faccia a terra e sparse cenere sul capo e mise allo scoperto il sacco di cui sotto era rivestita e, nell’ora in cui veniva offerto nel tempio di Dio in Gerusalemme l’incenso della sera, supplicò a gran voce il Signore” (Gdt 9, 1). Nel Nuovo Testamento, poi, Gesù stesso, parlando delle città di Corazin e Betsaida, afferma che avrebbero meritato la stessa fine di Tiro e Sidone se non avessero fatto penitenza con cenere e cilicio (Mt 11, 21).
    La penitenza “pubblica” nel medioevo
    È da queste pagine che i Padri della Chiesa, come San Cipriano, Sant’Ambrogio, San Girolamo e altri, alludono spesso alla penitenza “in cinere et cilicio”. A cavallo tra il V e il VI secolo, quando la Chiesa istituì la “penitenza pubblica”, scelse proprio la cenere e il sacco per indicare il castigo di coloro che avevano commesso peccati gravi e notori. Il periodo di quella penitenza canonica iniziava il mercoledì, primo giorno di Quaresima, e terminava il Giovedì Santo. Nella Roma del VII secolo, quaranta giorni prima della Pasqua, i penitenti si presentavano ai presbiteri, confessavano le proprie colpe e, se era il caso, ricevevano un vestito di cilicio impregnato di cenere. Essi restavano esclusi dalla chiesa, con la prescrizione di ritirarsi in qualche abbazia per compiere la penitenza.
    La benedizione delle ceneri
    Il primo formulario di benedizione delle ceneri risale all’XI secolo. Il rito di imporle sulla testa dei penitenti, gesto simbolico che si rifà alla tradizione biblica, si diffuse rapidamente in tutta Europa. Inizialmente venivano deposte sul capo degli uomini, mentre alle donne veniva fatta una croce sulla fronte. Inoltre, esso era riservato solo ai penitenti. Poi, essendo in seguito abolita la penitenza pubblica, il rito fu esteso a tutti i fedeli per richiamare alla memoria il comune destino mortale causato dal peccato originale.
    Le “stationes” romane
    A Roma, capitale dell’Impero e sede papale, a partire dal V secolo, si sviluppa la tradizione delle “stationes” quaresimali: i fedeli, ogni giorno, si radunano e sostano presso una delle tante “memorie” dei Martiri, che costituiscono le fondamenta della Chiesa di Roma. Nelle Basiliche, dove vengono esposte le reliquie, è celebrata la Santa Messa preceduta da una processione, durante la quale si cantano le Litanie dei Santi. Si fa in questo modo memoria di quanti, con il loro sangue, hanno testimoniato Cristo.
    La prima notizia storica ufficiale, registrata nel “Liber pontificalis”, risale a Papa Ilario (461-468). È scritto che il Papa donò alla Chiesa di Roma una serie di vasi sacri da utilizzare nelle chiese in cui avvenivano le stationes. Questa pratica si diffuse poi in tutta Europa e nell’Africa del nord. Nei calendari liturgici che non seguono il Martirologio Romano venivano esplicitamente ricordate le chiese stazionali dell’Urbe, per sentirsi in piena comunione con il Papa. Una prima riorganizzazione e sistemazione delle stationes avviene, secondo la tradizione, con Gregorio Magno.
    La riforma di Gregorio Magno
    Il Papa si recava nella chiesa vicina a quella stazionaria. Lì si recitava un’orazione, quindi prendeva forma la processione che, al canto delle litanie dei santi, giungeva alla chiesa stazionaria dove si partecipava a una veglia di preghiera, successivamente sostituita dalla celebrazione eucaristica. Questo avvenne fino all’esilio avignonese. Nel 1870, le stationes non ebbero più luogo, a causa dei moti che portarono all’unità d’Italia e alla presa di Roma. Bisognerà attendere l’inizio del XX secolo per vedere rinascere le stationes romane, grazie a monsignor Carlo Respighi, che dal ’31 al ’47 sostenne e incoraggiò questa tradizione. Paolo Vi fu il primo Pontefice a riprendere l’uso di presiedere la prima “statio“, quella che per tradizione si svolge nella basilica di Santa Sabina sull’Aventino.
    Santa Sabina, la “statio” del Papa
    La scelta di partire proprio da questa particolare chiesa è probabilmente dovuta al fatto che anticamente la processione iniziava dalla chiesa di Santa Anastasia, nei pressi del Circo Massimo, e dunque la salita all’Aventino simboleggiava il cammino di purificazione dell’anima verso la perfezione spirituale. Santa Sabina non è sempre stata la prima “statio”. Infatti, fino a una certa epoca la Quaresima cominciava la domenica e in questo giorno le processioni iniziavano sempre dalle grandi basiliche. (…)
    Fonte: QUARESIMA, IL SIGNIFICATO DELLE CENERI di Fabio Beretta”
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    "Carlo Di Pietro - Sursum Corda"
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    "Vi compatisco, madre mia addolorata, per la sesta spada che vi trafisse in vedere ferito da parte a parte il dolce Cuore del vostro Figlio già morto, e morto per quegl'ingrati che neppure dopo la morte erano sazi di tormentarlo. Per questo fiero dolore dunque che fu tutto vostro, vi prego ad ottenermi la grazia di abitare nel Cuore di Gesù ferito ed aperto per me; in quel Cuore dico, ch'è la bella cella d'amore, dove riposano tutte le anime amanti di Dio, e dove io vivendo non pensi né ami altro che Dio. Vergine sacrosanta, voi lo potete fare, da voi lo spero.
    Madre mia, fa che il mio core
    Accompagni il tuo dolore
    Nella morte di Gesù."







    https://www.facebook.com/romancatholicsnonunacum/






    Ligue Saint Amédée
    http://liguesaintamedee.ch/
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/

    "Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum]."

    https://liguesaintamedee.ch/saint-du...saint-valentin
    “14 février : Saint Valentin, Prêtre et Martyr († 268).”





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    “Mercredi des Cendres”




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    “Sermon du Père Joseph-Marie Mercier pour le Mercredi des Cendres
    http://prieure2bethleem.org/predica/2015_02_18_fevrier.mp3"






    "Du Carême et de la Pénitence"




    "Nous vous souhaitons un saint et fructueux Carême!"






    "Nous vous souhaitons un pieux et profitable Carême. UdP"





    “Dieu tout-puissant et éternel, vous avez pardonné aux Ninivites, faisant pénitence sous la cendre et le cilice : faites que nous les imitions, de telle sorte que nous obtenions comme eux notre pardon. Prière de la bénédiction des cendres.”










    "Radio Spada è un sito di controinformazione cattolico Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale e una casa editrice Edizioni Radio Spada - Home "
    “14 FEBBRAIO 2018: SAN VALENTINO PRETE E MARTIRE.”





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    Valentino da Terni: il santo che non fu degli innamorati | Radio Spada
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    “14 febbraio 2018: MERCOLEDÌ DELLE CENERI (Inizio della Santa Quarantena).”





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    [Audio, 26-2-15] P. Seveso ci dice qualcosa in più sulla Quaresima Cattolica | Radio Spada

    La Quaresima prima del Concilio? Ecco le regole. | Radio Spada

    https://www.radiospada.org/2018/02/m...e-quaresimale/
    “Morire per tornare a vivere ancora: una meditazione quaresimale di Isacco Tacconi

    La Quaresima ormai è incipiente, il peso morale e psicologico della penitenza già incombe su di noi. Un tempo apparentemente lungo e sofferto sta per cominciare: è lo spazio necessario che ci separa e prepara alla Santa Pasqua.
    La meditazione che ho sentito di dover offrire a voi miei Confratelli della Buona Morte e più in generale a chiunque ne sia interessato, quest’anno la vorrei incentrare sull’insegnamento che ci offre il Patriarca San Benedetto (terzo patrono della nostra Compagnia) nella sua Santa Regola. È singolare infatti che la sua festa (21 Marzo) cada inevitabilmente ogni anno all’interno del Tempo di Quaresima quasi a rimarcarne la l’importanza drammatica, e incoraggiandoci al contempo nella sua fedele osservanza.
    San Benedetto dice che “che la vita del monaco deve avere sempre un carattere quaresimale” (Regula, XLIX, I) ma rivolgendosi direttamente ai monaci non intende dire che per gli altri cristiani la vita può essere vissuta in un clima un po’ meno quaresimale ed anzi un po’ più come un carnevale, saremmo lontani dal cuore di Cristo se lo pensassimo. Chiunque, infatti, padre o madre di famiglia, laico o chierico, il sano ma afflitto nell’anima al pari dell’ammalato crocifisso in un letto di dolore vive e assapora fino in fondo la drammaticità della vita umana. Nessuno è esente dal fardello dell’esistenza.
    E che la vita umana sia, volenti o nolenti, un vero e proprio “tempo di quaresima” lo sperimentiamo quotidianamente nelle incombenze, incomprensioni, fatiche, fallimenti, paure ed ansie di cui le nostre giornate sono costellate. Ad esempio, un padre e una madre che si svegliano nel cuore della notte per occuparsi del loro bimbo piangente rompendo il necessario riposo, sopportando per amore del Signore la stanchezza opprimente mentre vegliano accanto al letto dei loro figli un attimo prima che il gallo canti e il peso del nuovo giorno già corra loro incontro, non fanno altro che vivere quello che San Benedetto prescrive ai suoi monaci, e la Scrittura a tutti i cristiani: “Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode” (Sal 118,62). Poiché per i genitori è questo il modo proprio e specifico di essere cristiani, essere fedeli ai sacrifici della vita matrimoniale, solo così possono dar gloria a Dio.
    Tale è la bellezza ed unicità salvifica della vita cristiana, ogni sofferenza anche la più piccola può e deve divenire non un ostacolo all’unione con Dio, come vorrebbe lo stolto quando nel suo cuore dice «se esiste il dolore e la morte Dio non esiste», ma bensì la strada maestra per penetrare nel suo Cuore. San Tommaso conclude il trattato sul male in una maniera quasi scandalosa per il mondo incredulo di ieri e di oggi: “SI MALUM EST, DEUS EST” – se esiste il male, Dio esiste (Contra Gentiles, 1. III, c.71).
    Mentre il mondo fugge la sofferenza, la morte ed ogni patire il cristiano gli va incontro, li abbraccia tutti stringendoli a sé e li bacia come l’ancora della propria salvezza. Il cristiano, vale a dire il vero imitatore di Cristo che ha ricevuto il diritto e il privilegio di essere chiamato con il nome del Figlio di Dio, è precisamente colui che porta nel suo corpo il morire di Gesù (Cfr. 2Cor 4,10). A tal proposito le Fonti raccontano che San Francesco amava i luoghi più solitari e impervi andandosi ad annidare nelle fenditure della roccia perché, diceva, voleva nascondersi nelle piaghe di Gesù, alla cui morte “la terra tremò e le rocce si spezzarono” (Mt 27,51).
    Personalmente credo che la principale e in un certo senso più santificante forma di penitenza sia quella che San Benedetto da padre buono e saggio prescrive ai suoi figli quando dice loro: “sopportino con grandissima pazienza le proprie miserie fisiche e morali” (Regula, LXXII, V). E noi tutti sappiamo quanto anzitutto abbiamo da perdonare a noi stessi, quanto siamo noi per primi peso a noi stessi come sospira Giobbe nella sua angoscia: «factus sum mihimet ipsi gravis». La verità è che la nostra prima frustrazione e fonte di sofferenza è la nostra incapacità di soffrire, vale a dire la nostra fragilità molto spesso emotiva che ci rende duro e a volte impossibile l’affrontare virilmente il patire che avvolge l’uomo come una ragnatela in questa breve vita. Eppure la differenza tra un cristiano e un uomo qualunque non è come alcuni credono banalmente che il primo non sente la sofferenza, ma esattamente il contrario. Il cristiano sente la sofferenza fino in fondo come qualsiasi uomo ed anzi l’assapora gustandone la dolcezza alla bocca e la tremenda amarezza nell’inghiottirla: “Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo»”. E questa è l’anima della fece cattolica. Noi infatti non siamo buddisti, non crediamo cioè che il male assoluto sia il desiderio e la sofferenza che da esso deriva, rifiuto così radicalmente anticristiano, quindi anticristico, che consiste nel continuo tentativo e sforzo di eliminare la sofferenza da questo mondo a costo di eliminare, con essa, l’uomo medesimo. Non esiste infatti l’uno senza l’altra. Tentando di estirparla infatti non è solo la sofferenza che si vuole negare ma la realtà stessa, la vita e l’uomo. Noi cristiani invece la sofferenza non solo non dobbiamo fuggirla ma siamo chiamati, unici fra gli uomini, ad amarla, onorarla e, in un certo senso, invocarla su di noi. Mi ricorderò sempre la commozione che destarono in me le parole di San José Maria Escrivà quando ad una madre che aveva perso in maniera assurda, irragionevole, inaccettabile il suo figlioletto innocente disse con amore: “Benedetto sia il dolore. Amato sia il dolore. Santificato sia il dolore. Glorificato sia il dolore”. Allora mi parvero, e tutt’ora mi paiono, come lo scuotimento violento di un albero alle sue radici, un albero avvizzito e ripiegato su se stesso che pur di non provare la sofferenza della potatura preferisse morire soffocato sotto il peso delle proprie fronde orgogliose e sterili. Ma la Quaresima sta a ricordarci “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
    La differenza tra un cristiano e un uomo qualunque è che il primo deve saper soffrire e sa perché soffre, il suo dolore quindi non è semplicemente subito ma voluto. Difatti la Redenzione che Iddio è venuto ad offrirci liberamente è anzitutto una via da percorrere, non una semplice conoscenza, ma la via drammatica della Croce, la passerella dei condannati, il tragitto che ci conduce al patibolo, la sfilata infamante che Egli per primo ha voluto percorrere “per lasciarci un esempio” (Cfr. 1Pt 2,21). Non c’è nulla di romantico o di sentimentale nella Croce quanto piuttosto il pulsare reale e vivido del dolore causato dal peccato e sanato dall’amore. Un cammino umiliante che macerò il corpo del Logos incorporeo, una discesa nel grembo della morte dall’Eternità del seno del Padre e del Santo Spirito fino nel mezzo di una folla di creature per Lui insignificanti che lo ricoprono d’ingiurie, sassi e sputi. Lo spettacolo che la religione cristiana offre al mondo è tutt’altro che allettante per un’umanità assuefatta al piacere e al godimento, schiava del peccato e di Satana. Questa è la condizione dell’umanità decaduta: ciò che non possiede l’essere disprezza e sputa sopra Colui che è l’Essere, quello che è creato crocifigge l’Increato e mentre l’ignobile si spinge fino al disprezzo dell’Altissimo il cristiano deve, come dice San Benedetto, “non anteporre nulla all’amore di Cristo”. Ed è precisamente per questo che il Santo Patriarca dice che bisogna «amare il digiuno» (IV, XIII) e non soltanto “patire il digiuno”. L’amore infatti è il motore del patire cristiano, e il dono della fede dalla quale soltanto deriva la salvezza dell’uomo non si realizza attraverso una sorta di sforzo stoico o di virtù pelagiano-kantiana ma bensì nell’abbracciare per amore tutto ciò che proviene dalla mano del Padre: “Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?” (Gb 2,10). Ogni cosa – la gioia e il dolore, le conquiste e le perdite, il premio e il castigo, la riconoscenza e l’ingratitudine – assume in Cristo un valore di medietas vale a dire di mezzo per raggiungere il fine, che è Dio e l’unione con Dio.
    Bisogna ricordare che il Santo Patriarca di Montecassino nel redigere la Regula non si rivolge a degli individui “speciali”, a delle lodevoli ma pur sempre eccezioni in mezzo alla massa di cristiani “normali” con cui di solito s’intendono gli intiepiditi, ma si rivolge propriamente a tutti coloro che desiderano essere dei cristiani autentici. Non ci nascondiamo che spesso nell’immaginario comune si è portati a concepire un’idea distorta quasi idealizzata di coloro che, uomini e donne, offrono le loro vite in un completo olocausto a Dio, quella cioè di una sorta di ceto sovrumano, un’immagine che, ad essere onesti, tende ad esimerci da una più seria e radicale osservanza dei precetti evangelici per riservarli a “pochi eletti”. Invece San Benedetto senza alcun timore di offendere i pusillanimi dice: “Io mi rivolgo personalmente a te, chiunque tu sia, che, avendo deciso di rinunciare alla volontà propria, impugni le fortissime e valorose armi dell’obbedienza per militare sotto il vero re, Cristo Signore” (Prologo, III). Costoro, dice il Santo legislatore, devono «avere sempre dinanzi agli occhi la possibilità della morte» (IV, XLVII). E il motivo di questa continua meditatio mortis a cui ogni cristiano, uomo o donna, consacrato o sposato, giovane o vecchio è chiamato, è molto semplice: “Se non farete penitenza, – dice Colui che ha scelto la Croce per salvarci – perirete tutti quanti” (Lc, 13, 3).
    Ma quest’anno in maniera particolare la Quaresima sembra essere circondata da un’aurea “benedettina”. Infatti soltanto pochi giorni prima l’inizio del periodo più austero che la Chiesa conosca la Provvidenza ha disposto che incontrassimo sul nostro cammino la figura della sorella di San Benedetto, Santa Scolastica. Poche e scarne sono le notizie che abbiamo sul suo conto, eppure sappiamo l’essenziale. San Gregorio Magno ne descrive l’efficace e potente carità dicendo soltanto che «potè di più colei che più amò». E questo appare a noi oggi che ci incamminiamo per l’aspro sentiero quaresimale, figura di tutta la nostra vita terrena, una grande consolazione e un grande criterio d’azione che ci consentirà, con l’aiuto di Dio, di spingerci molto oltre nel glorioso viaggio della fede: l’amore vince gli ostacoli della carne, dell’anima e del mondo. Ragion per cui il dolore e il peso che da principio la penitenza volontaria, oltre a quella quotidianamente accettata, ci procura può essere davvero sublimato nell’amore del Cristo, motore e fondamento di ogni nostro essere ed agire. Affidandoci perciò a San Benedetto, tale di nome e di grazia, cingiamo i nostri fianchi per affrontare con cristiana virtù il santo e propizio tempo di Quaresima poiché “il Signore attende che, giorno per giorno, rispondiamo con i fatti alle sue sante esortazioni. Ed è proprio per permetterci di correggere i nostri difetti che ci vengono dilazionati i giorni di questa vita secondo le parole dell’Apostolo: “Non sai che con la sua pazienza Dio vuole portarti alla conversione? Difatti il Signore misericordioso afferma: “Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Prologo, XXXV-XXXVIII).”
    https://i1.wp.com/www.radiospada.org...pg?w=848&ssl=1










    Guéranger, L'anno liturgico - Mercoledì delle Ceneri
    http://www.unavoce-ve.it/pg-ceneri-mer.htm
    “MERCOLEDÌ DELLE CENERI.

    L'appello del profeta.
    Ieri il mondo s'agitava nei piaceri, e gli stessi cristiani si abbandonavano ai leciti divertimenti; ma questa mattina ha squillato la sacra tromba di cui parla il profeta Gioele (v. Epistola della Messa) per annunciare l'apertura solenne del digiuno quaresimale, il tempo dell'espiazione, l'imminente avvicinarsi dei grandi anniversari della nostra salvezza. Destiamoci, cristiani, e prepariamoci a combattere le battaglie del Signore.
    L'armatura spirituale.
    Ricordiamoci, però, che nella lotta dello spirito contro la carne, dobbiamo essere armati: ecco perché la santa Chiesa ci raccoglie nei suoi templi per iniziarci alla milizia spirituale. San Paolo ce ne ha già fatto conoscere i dettagli della difesa con queste parole: "Siate dunque saldi, cingendo il vostro fianco con la verità, vestiti della corazza della giustizia, avendo i piedi calzati in preparazione al Vangelo di pace. Prendete soprattutto lo scudo della fede, l'elmo della saldezza e la spada dello spirito, cioè la Parola di Dio" (Ef 6,14-17). Il principe degli Apostoli aggiunge: "Avendo Cristo patito nella carne, armatevi anche voi dello stesso pensiero" (1Pt. 4,1).
    Ricordandoci oggi la Chiesa questi apostolici insegnamenti, ne aggiunge un altro non meno eloquente, obbligandoci a risalire al giorno della prevaricazione, che rese necessario quelle lotte che stiamo per intraprendere e le espiazioni attraverso le quali dobbiamo passare.
    I nemici da combattere.
    Noi siamo assaliti da due sorta di nemici: le passioni dentro il nostro cuore, il demonio fuori; entrambi disordini che derivano dalla superbia. L'uomo si rifiutò d'obbedire a Dio; ciò nonostante egli lo risparmiò, ma alla dura condizione di subire la morte: "Uomo, disse, tu sei polvere, ed in polvere ritornerai" (Gen 3,19). Ah! perché dimenticammo quell'avvertimento? A Dio bastò solo premunirci contro noi stessi; compresi del nostro niente, non avremmo mai dovuto infrangere la sua legge. Se ora vogliamo perseverare nel bene, al quale ci ha ricondotti la sua grazia, dobbiamo umiliarci, accettare la sentenza e considerare la vita come un viaggio più o meno breve che termina alla tomba. Sotto questa luce tutto diventa nuovo, ogni cosa si schiarisce. Nell'immensa sua bontà, Dio, che si compiacque riversare tutto il suo amore su di noi, esseri condannati alla morte, ci appare ancor più ammirabile. Nelle brevissime ore della nostra esistenza, l'ingratitudine e l'insolenza con cui ci scagliammo contro di lui ci sembrano sempre più degne del nostro disprezzo, e più legittima e salutare la riparazione che ora ci è possibile e che egli si degna d'accettare.
    L'imposizione delle ceneri.
    A questo pensava la santa Chiesa, quando fu indotta ad anticipare di quattro giorni il digiuno quaresimale e ad aprire questo sacro tempo cospargendo di cenere la fronte colpevole dei suoi figli, e ripetendo a ciascuno di loro le parole con cui il Signore li condannava alla morte.
    Come segno d'umiliazione e penitenza, però, l'uso delle ceneri è molto anteriore a quella istituzione. Infatti lo troviamo praticato fin nell'Antico Testamento. Perfino Giobbe, che apparteneva alla gentilità, copriva di cenere la sua carne dilaniata dalla mano di Dio, per implorare così la sua misericordia (Gb 16,16). Più tardi il Salmista, nell'ardente contrizione del suo cuore, mescolava cenere nel pane che mangiava (Sal 101,10). Analoghi esempi abbondano nei Libri storici e nei Profeti dell'Antico Testamento. Si avvertiva anche allora il rapporto esistente fra la polvere d'una materia bruciata e l'uomo peccatore, il corpo del quale sarà disfatto in polvere sotto il fuoco della giustizia divina. Per salvare almeno l'anima, il peccatore ricorreva alla cenere, e nel riconoscere quella triste fraternità con essa si sentiva più al riparo dalla collera di colui che resiste ai superbi e perdona agli umili.
    I pubblici penitenti.
    L'uso liturgico delle Ceneri al Mercoledì di Quinquagesima non sembra che in origine sia stato imposto a tutti i fedeli, ma solo ai colpevoli di certi peccati soggetti alla pubblica penitenza della Chiesa. In questo giorno, prima della Messa, essi si presentavano in Chiesa dove stava raccolto tutto il popolo, i sacerdoti ricevevano la confessione dei loro peccati, quindi li vestivano di cilizi e spargevano sulle loro teste la cenere. Dopo questa cerimonia, il clero ed il popolo si prostravano a terra, mentre ad alta voce venivano recitati i sette salmi penitenziali. Successivamente aveva luogo la processione, durante la quale i penitenti camminavano a piedi scalzi. Di ritorno, erano solennemente cacciati fuori dalla Chiesa dal Vescovo, che diceva loro: "Vi scacciamo fuori dal recinto della Chiesa a causa dei vostri peccati e delitti, come fu scacciato fuori dal Paradiso il primo uomo Adamo a causa della sua trasgressione". Poi il clero cantava diversi Responsori tratti dal Genesi, dov'erano ricordate le parole del Signore che condannava l'uomo ai sudori ed al lavoro sulla terra, ormai maledetta a causa sua. Quindi venivano chiuse le porte della Chiesa, affinché i penitenti non ne passassero più le soglie fino al Giovedì Santo, giorno nel quale ricevevano solennemente l'assoluzione.
    Estensione del rito liturgico.
    Dopo il XII secolo, la penitenza pubblica cominciò a cadere in disuso; ma l'uso d'imporre in questo giorno le ceneri a tutti i fedeli divenne sempre più generale e prese posto fra le cerimonie essenziali della Liturgia Romana. È difficile dire esattamente in quale epoca si produsse tale evoluzione. Sappiamo solo che nel Concilio di Benevento (1091) Urbano II ne fece un obbligo a tutti i fedeli. L'attuale cerimonia è descritta negli Ordines del XII secolo; le antifone, i responsori e le preghiere della benedizione delle Ceneri erano già in uso fra l'VIII e il X secolo.
    Una volta i cristiani si avvicinavano a piedi nudi a ricevere l'ammonimento sul niente dell'uomo, e, ancora nel XII secolo, lo stesso Papa, per recarsi da S. Anastasia a S. Sabina, dov'è la Stazione, faceva tutto il percorso senza calzatura, come pure i Cardinali che l'accompagnavano. Poi la Chiesa mitigò questo rigore esteriore; ma continuò a dare valore ai sentimenti interni che deve produrre in noi un rito così espressivo.
    Come abbiamo or ora detto, la Stazione odierna è a Roma, in S. Sabina, sul colle Aventino, aprendosi così sotto gli auspici di questa santa Martire la penitenza quaresimale.
    La sacra funzione incomincia con la benedizione delle ceneri, ottenute dalle Palme benedette l'anno prima nella Domenica che precede la Pasqua. La nuova benedizione ch'esse ricevono in questa circostanza ha lo scopo di renderle più degne del mistero di contrizione e di umiltà che stanno a significare.
    MESSA
    EPISTOLA (Gl 2,12-19). - Queste cose dice il Signore: Convertitevi a me con tutto il vostro cuore nel digiuno, nelle lacrime, nei sospiri. Lacerate i vostri cuori e non le vostre vesti; tornate al Signore, Dio vostro, che è benigno e misericordioso, paziente e ricco di clemenza, e ci pensa molto avanti di castigare. Chi sa che non cambi e perdoni, e non lasci dietro a sé la benedizione pel sacrificio e la libazione al Signore Dio vostro? Sonate la tromba in Sion, pubblicate il digiuno, convocate l'adunanza, radunate il popolo, purificate la riunione, convocate gli anziani; fate venire i fanciulli e i lattanti, lo sposo novello lasci il suo letto e la novella sposa il suo talamo. Tra il vestibolo e l'altare i sacerdoti, ministri del Signore, piangano, e dicano: Perdona, Signore, perdona al tuo popolo, non abbandonare la tua eredità all'obbrobrio, non la render serva delle nazioni; che non si dica fra i popoli: Dov'è il loro Dio? Il Signore ha mostrato zelo per la sua terra ed ha perdonato al suo popolo. Il Signore ha risposto e ha detto al suo popolo: Ecco che io vi manderò il frumento, il vino e l'olio, e ne avrete in abbondanza. e non vi farò più essere l'obbrobrio delle genti: dice il Signore onnipotente.
    Efficacia del digiuno.
    Questo magnifico passo del Profeta ci rivela l'importanza che il Signore dà all'espiazione fatta col digiuno. Quando l'uomo contrito dei propri peccati affligge la sua carne. Dio si commuove, come lo dimostra l'esempio di Ninive. Il Signore perdonò a una città infedele, perché i suoi abitanti imploravano pietà con l'abito della penitenza. Che non farà allora in favore del suo popolo, se questo saprà unire all'immolazione del corpo il sacrificio del cuore ?
    Affrontiamo dunque coraggiosamente la via della penitenza; e se l'affievolimento della fede e del timor di Dio sembra far cadere intorno a noi pratiche antiche quanto il cristianesimo, guardiamoci dal non esagerare in un rilassamento così pregiudizievole al complesso dei costumi cristiani. Riflettiamo soprattutto ai nostri obblighi personali verso la giustizia divina, la quale ci rimetterà i peccati e le pene meritate, in misura che ci mostreremo premurosi d'offrirle la soddisfazione cui ha diritto.
    VANGELO (Mt 6,16-21). - In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Quando digiunate, non prendete un'aria melanconica, come gl'ipocriti, che sfigurano la loro faccia per mostrare alla gente che digiunano. In verità vi dico che han già ricevuto la loro mercede. Ma tu, quando digiuni, profumati il capo e la faccia, affinché non alla gente apparisca che tu digiuni, ma al tuo Padre, che è nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa. Non vogliate accumulare tesori sulla terra, dove la ruggine e la tignola consumano e i ladri scassinano e rubano; ma fatevi dei tesori nel cielo, dove né ruggine né tignole consumano, dove i ladri né scassinano né rubano. Perché dove è il tuo tesoro, quivi è anche il tuo cuore.
    La gioia della Quaresima.
    Nostro Signore non vuole che i cristiani accolgano il digiuno espiatorio, con un'aria triste e lugubre. Anzi, persuasi ch'è tanto pericoloso differire i conti con la giustizia, si devono consolare e mostrarsi allegri all'avvicinarsi di quel tempo sì salutare perché sanno in anticipo che, se saranno fedeli alle prescrizioni della Chiesa, il peso del loro fardello si alleggerirà.
    Queste soddisfazioni, oggi tanto mitigate dall'indulgenza della Chiesa, se offerte a Dio con quelle del Redentore e fecondate da quella comunione di opere propiziatorie che unisce in un sol fascio le opere sante di tutti i membri della Chiesa militante, purificheranno le loro anime e le faranno degne di partecipare alle purissime gioie della Pasqua. Perciò, non dobbiamo essere tristi perché digiuniamo, ma perché abbiamo col peccato reso necessario il digiuno.
    Il Signore, poi, ci dà un altro consiglio, che la Chiesa ci ricorderà spesso nel corso dei quaranta giorni: quello d'aggiungere l'elemosina alle privazioni del corpo. Vuole che tesorizziamo, ma per il cielo. Abbiamo bisogno d'intercessori: li dobbiamo cercare tra i poveri. Ogni giorno di Quaresima, eccetto le Domeniche, prima di congedare l'assemblea dei fedeli, il Sacerdote recita per loro una preghiera particolare, sempre preceduta dall'esortazione del diacono: "Umiliate le vostre teste dinanzi a Dio". La preghiera è una formula di benedizione, implorante il pegno della protezione celeste sui fedeli che ritornano alle ordinarie occupazioni (Callewaert, Sacris erudiri, p. 694).
    PREGHIAMO
    Riguarda placato, o Signore, il popolo prostrato dinanzi a te e, dopo averlo ristorato col dono divino, confortalo sempre con celesti aiuti.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 463-467.”




    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

  9. #39
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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    16 FEBBRAIO 2018: Sant’Onesimo, Vescovo e Martire; VENERDÌ DOPO LE CENERI…



    Guéranger, L'anno liturgico - Venerdì dopo le Ceneri
    http://www.unavoce-ve.it/pg-ceneri-ven.htm
    “VENERDÌ DOPO LE CENERI.

    La stazione è nella Chiesa dei santi Martiri Giovanni e Paolo.
    EPISTOLA (Is 58,1-9). - Queste cose dice il Signore: Grida senza darti posa, fa risonar la tua voce come una tromba, e annuncia al mio popolo i suoi peccati, e le sue iniquità alla casa di Giacobbe. Essi mi cercano ogni giorno per conoscere le mie vie, come gente che ha praticata la giustizia e non ha abbandonata la legge del suo Dio. Mi chiedon ragione dei miei giusti giudizi, e vogliono essere vicini a Dio. Perché abbiamo digiunato e non ci guardasti, abbiamo umiliato le anime nostre e fingi di non saperlo? Ecco, nel giorno del vostro digiuno, apparisce la vostra volontà, e mettete alle strette i vostri debitori. Ecco voi digiunate per litigare e questionare e fare empiamente ai pugni. Non vogliate più digiunare come fino ad oggi, per far sentire in alto i vostri clamori. È forse questo il digiuno ch'io voglio? Che l'uomo affligga per un giorno l'anima sua, torca come un cerchio il capo, si getti col sacco sulla cenere? Questo lo chiamerai digiuno, e giorno accetto al Signore? Non è forse quest'altro il digiuno da me preferito? Rompi le catene del peccato, sciogli le obbligazioni che opprimono, metti in libertà chi è in strettezze, togli ogni gravame. Spezza all'affamato il tuo pane, accogli nella tua casa i poveri e i pellegrini, e se vedi un ignudo, rivestilo, e non disprezzare la tua propria carne. Allora la tua luce spunterà come l'aurora, presto verrà la tua guarigione, andrà dinanzi a te la tua giustizia, e la gloria del Signore ti accoglierà. Allora tu pregherai, e il Signore t'esaudirà. Appena alzerai la voce, egli dirà: Eccomi. Perché sono il misericordioso Signore Dio tuo.
    Il digiuno gradito a Dio.
    Le disposizioni per il buon adempimento del digiuno sono l'oggetto della lettura precedente. Nel prescrivere il digiuno al suo popolo il Signore dichiara che quello dei cibi materiali è un niente ai suoi occhi, se coloro che lo praticano non cessano di camminare nella via dell'iniquità. Esige sì, il sacrificio del corpo, ma non l'accetta se non è accompagnato da quello dell'anima. Difatti il Dio vivente non poteva mai accondiscendere d'essere trattato alla stregua degli dèi di legno o di pietra che adoravano i Gentili, ai quali bastavano omaggi puramente esteriori, perché erano ciechi e senz'anima. Cessi allora l'eretico di rimproverare alla Chiesa queste sue sante pratiche, che egli osa definire materiali; è lui che, volendo liberare il proprio corpo da ogni legame, s'è precipitato nella materia.
    I figli di questa santa Madre s'impongono il digiuno, perché sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento viene inculcato ad ogni pagina e perché lo stesso Gesù Cristo digiunò quaranta giorni nel deserto. Ma intanto essi apprezzano una pratica dettata da tale autorità, in quanto è elevata e perfezionata dall'offerta del cuore, risoluto alla riforma delle inclinazioni viziose. Il corpo è divenuto colpevole per la perversità dell'anima; sarebbe forse giusto che quello stia nella sofferenza, mentre questa continua la sua corsa verso la opere malvage? Così coloro, la cui debolezza fisica impedisce in questo santo tempo di soddisfare alle penitenze corporali, non sono affatto dispensati dall'obbligo d'imporsi il digiuno spirituale, che consiste nell'emendamento della vita, nella fuga di tutto ciò ch'è male e nella pratica d'ogni opera di bene.
    VANGELO (Mt 5,43-48; 6,1-4). - In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Avete udito che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici; fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; il quale fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Che se amate chi vi ama quale premio ne avrete? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di speciale? Non fanno altrettanto i Gentili ? Siate adunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Guardate di non fare le vostre opere buone alla presenza degli uomini, per essere da loro veduti, altrimenti non ne sarete rimunerati dal Padre vostro che è nei cieli. Quando adunque tu fai elemosina, non suonar la tromba davanti a te, come fanno gl'ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere onorati dagli uomini. In verità vi dico: han già ricevuto la loro mercede. Ma quando fai elemosine, non sappia la tua sinistra quel che fa la destra, sicché la tua elemosina sia nascosta; e il Padre, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
    L'elemosina.
    Sorella dell'orazione e del digiuno, l'elemosina è la terza fra le opere principali della penitenza cristiana. Oggi la Chiesa ci presenta gl'insegnamenti di Gesù sul modo di soddisfare le opere di misericordia. Gesù Cristo c'impone l'amore dei nostri simili senza distinzione d'amici o nemici. Tutti li ha creati Dio, tutti li ama: da ciò nasce l'obbligo per noi d'essere misericordiosi con tutti, indistintamente. Se i nostri fratelli si trovano in peccato, egli li sopporta e ne attende il ritorno fino al termine della loro vita; nessuno perisce se non per propria colpa e volontà. Ora, quale sarà la nostra condotta verso di loro? Noi siamo peccatori ed essi nostri fratelli, creati dal nulla come noi. E rendiamo un omaggio a Dio, quando lo serviamo e lo assistiamo negli uomini, dei quali egli è il Padre. La regina delle virtù, la Carità, comprende l'amore del prossimo come un'applicazione dell'amore verso Dio. L'elemosina dunque, come esercizio di questa virtù è un sacro dovere pei membri della grande famiglia umana; ma agli occhi di Dio negli atti che essa ispira è anche un'opera di penitenza, in forza delle privazioni che impone e delle ripugnanze da vincere nel suo adempimento.
    Notiamo anche che il Signore ci ripete a proposito dell'elemosina lo stesso consiglio che ci diede nei riguardi del digiuno: fuggire il chiasso o l'ostentazione, perché la penitenza è umile e silenziosa e non cerca l'ammirazione degli uomini: basta come testimone l'occhio di Chi vede nel segreto.
    PREGHIAMO
    Difendi, o Signore, il tuo popolo, e benigno purificalo da tutti i peccai perché nessuna avversità potrà nuocergli, se sarà dominato da nessuna iniquità.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 470-472."





    Ligue Saint Amédée
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    16 février : Saint Onésime, Évêque d'Éphèse (? 95) :: Ligue Saint Amédée
    “16 février : Saint Onésime, Évêque d'Éphèse († 95). ”





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    Sant'Onesimo - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/santonesimo/
    “16 febbraio, Sant’Onesimo, Vescovo e Martire.

    “A Roma il beato Onesimo, ricordato da san Paolo Apostolo nella lettera a Filemone. San Paolo lo ordinò, dopo san Timoteo, Vescovo di Efeso, e gli affidò la predicazione della parola di Dio. Lo stesso Onesimo poi, condotto legato a Roma e lapidato per la fede di Cristo, prima fu ivi sepolto, poi il suo corpo fu trasportato nel luogo dove era stato ordinato Vescovo”.”





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    http://www.centrostudifederici.org/tempo-di-quaresima/
    “Tempo di Quaresima 14 febbraio 2018
    Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
    Tempo di Quaresima
    Catechismo Maggiore di San Pio X – Della Quaresima
    http://www.sodalitium.biz/della-quaresima/
    Disciplina del digiuno e dell’astinenza
    http://www.sodalitium.biz/disciplina...dellastinenza/
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    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
    “Come giglio tra le spine
    Sei tu, Vergine beata,
    Dalla colpa preservata,
    Perché Madre del Signore.
    Ora pro nobis, Virgo immaculata.”












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    “16 febbraio 2018: VENERDÌ DOPO LE CENERI.”





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    “Venerdì dopo le Ceneri : Si venera in modo particolare la Corona di Spine che, intessuta dai soldati di Pilato, cinse il capo del Cristo Re durante la Passione per il riscatto dell'uman genere. Conservata a Gerusalemme prima e poi a Costantinopoli, Baldovino II la donò a san Luigi IX di Francia, il quale la depose a Notre Dame di Parigi dove ancora è conservata.”





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    “Orazione a Gesù Crocefisso
    Chiunque reciterà col cuor contrito la seguente orazione dinanzi a un'Immagine di Gesù Crocifisso, pregando per i bisogni della Santa Chiesa e per il Papa, potrà conseguire:
    - indulgenza di 10 anni in tutti i giorni dell'anno;
    - indulgenza plenaria dopo la Comunione nei singoli venerdì di Quaresima e di Passione (Pio VII, 10 aprile 1821. Pio IX, 31 luglio 1859)
    Le indulgenze sono applicabili alle anime purganti (Leone XII, 17 settembre 1825).”

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    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: Nostra Signora di Lourdes e Quaresima…

    18 FEBBRAIO 2018: SAN SIMEONE E SANTA BERNARDETTA SOUBIROUS; PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA…



    Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Prima di Quaresima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-dom1.htm
    "Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Prima di Quaresima"
    “PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA.”


    Guéranger, L'anno liturgico - 18 febbraio. San Simeone, Vescovo e Martire
    http://www.unavoce-ve.it/pg-18feb.htm
    "Guéranger, L'anno liturgico - 18 febbraio. San Simeone, Vescovo e Martire"
    “SAN SIMEONE VESCOVO E MARTIRE.”

    Guéranger, L'anno liturgico - Lo stesso giorno (18 febbraio) Santa Bernardetta Soubirous
    http://www.unavoce-ve.it/pg-18feb-2.htm
    "Guéranger, L'anno liturgico - Lo stesso giorno (18 febbraio) Santa Bernardetta Soubirous"
    “LO STESSO GIORNO 18 FEBBRAIO
    SANTA BERNARDETTA SOUBIROUS”






    Santa Messa domenicale celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (TV) stamattina 18 FEBBRAIO 2018, PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA:


    “I domenica di Quaresima (Santa Messa)
    https://www.youtube.com/watch?v=0eUkkthaSAA
    I domenica di Quaresima (Omelia)
    https://www.youtube.com/watch?v=E-CgmbT_d-g
    https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
    Omelie IT - domusmarcellefebvre110815
    http://www.domusmarcellefebvre.it/se...ssa.php”






    I domenica di Quaresima - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/i-domenica-di-quaresima/
    “18 febbraio 2018, I domenica di Quaresima.

    O Dio, che ogni anno purifichi la tua Chiesa con l’osservanza quaresimale, concedi alla tua famiglia di rendere fruttuose con le buone opere quelle grazie che si sforza di ottenere con l’astinenza.”





    http://www.sodalitium.biz/wp-content...12-180x300.jpg




    http://www.sodalitium.biz/san-simeone/
    “18 febbraio, San Simeone, Vescovo e Martire.

    “A Gerusalemme il natale di san Simeone, Vescovo e Martire, che si dice sia stato figlio di Cleofa e parente del Salvatore secondo la carne. Ordinato Vescovo di Gerusalemme dopo san Giacomo, consanguineo del Signore, e nella persecuzione di Traiano straziato con molti supplizi, finì la vita col martirio, meravigliandosi tutti gli astanti e lo stesso giudice nel vedere come un vecchio di centoventi anni sopportasse con tanta fortezza e costanza il supplizio della croce”.”



    http://www.centrostudifederici.org/tempo-di-quaresima/
    "Tempo di Quaresima
    Catechismo Maggiore di San Pio X – Della Quaresima
    http://www.sodalitium.biz/della-quaresima/
    Disciplina del digiuno e dell’astinenza"
    http://www.sodalitium.biz/disciplina...dellastinenza/







    Ligue Saint Amédée
    http://www.saintamedee.ch/
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/
    “Premier Dimanche de Carême”





    Méditation pour le premier dimanche de Carême





    https://2.bp.blogspot.com/-mxbt-QlNl...-au-desert.jpg



    “Sermon du Père Joseph-Marie pour le Premier Dimanche de Carême.”


    http://prieure2bethleem.org/predica/...22_fevrier.mp3
    http://prieure2bethleem.org/predica/...14_fevrier.mp3






    “18 Février : Saint Siméon, Evêque et Martyr († 106)”


    “18 Février : Sainte Bernadette Soubirous, Voyante de Lourdes, Religieuse à Nevers († 1879)”










    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    Contenuti pubblicati sul numero 100 di SVRSVM CORDA® del 18 febbraio 2018:

    - Comunicato numero 100. I razionalisti e la vita di Gesù (Terza parte);
    - Sant’Onesimo, Vescovo e Martire;
    - Preghiera ai Santi Faustino e Giovita, Martiri;
    - Vita e detti dei Padri del deserto: Padre Eraclio;
    - Preghiera per il Mercoledì delle Ceneri;
    - Rinnovo tessera e nuove iscrizioni anno 2018;
    - Gli anatemi del Concilio di Trento, numeri 125, 126 e 127;
    - Preghiera ai Sette Santi Fondatori, Confessori;
    - Sant’Alfonso: Il prezzo del tempo. Parte quinta;
    - Leone XIII: Ogni forma politica è buona in se stessa;
    Già leggibili sul sito:
    - Teologia Politica 90. Teologia politica. Il “democristiano” distoglie dalla giusta battaglia politica;
    - Racconti miracolosi n° 48. Il Card. Guglielmo Massaia miracolato da San Giuseppe.”
    https://www.sursumcorda.cloud/






    “Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare san Simeone, Vescovo e Martire, ordinato Vescovo di Gerusalémme dopo san Giacomo, consanguineo del Signore, e nella persecuzione di Traiano straziato con molti supplizi, finì la vita col martirio, meravigliandosi tutti gli astanti e lo stesso giudice nel vedere come un vecchio di centoventi anni sopportasse con tanta fortezza e costanza il supplìzio della croce. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti di questo santo Vescovo e Martire, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Simeone, Vescovo e Martire, possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr”


    "Vergine benedetta ed immacolata, regina e madre nostra, rifugio e consolazione di tutti i miserabili, io prostrato avanti al vostro trono con tutta la mia famiglia vi eleggo per mia signora, madre ed avvocata presso Dio. Io con tutti i miei mi dedico per sempre alla vostra servitù; e vi prego, o Madre di Dio, di porci nel numero de' vostri servi, con prenderci tutti sotto la vostra protezione, soccorrendoci in vita e più nel tempo della nostra morte."












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    “18 FEBBRAIO 2018: PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA.”





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    “18 FEBBRAIO 2018: SAN SIMEONE VESCOVO E MARTIRE.”






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    Guéranger, L'anno liturgico - 18 febbraio. San Simeone, Vescovo e Martire
    http://www.unavoce-ve.it/pg-18feb.htm
    “SAN SIMEONE VESCOVO E MARTIRE.

    Congiunto e discepolo di Gesù.
    Festeggiamo oggi un vegliardo di centoventi anni, un Vescovo, un Martire, Simeone, che fu Vescovo di Gerusalemme, successore dell'Apostolo san Giacomo in quella sede. Conobbe Cristo e fu suo discepolo; anzi, ne è anche parente secondo la carne, perché della stessa casa di David; figlio di Cleofa e di quella Maria, i cui legami l'avvicinarono tanto alla Madre di Dio da essere chiamata sua sorella. Quali titoli di gloria in questo venerabile Pontefice, che viene ad accrescere la schiera dei Martiri, il cui patrocinio incoraggia la Chiesa in questa parte dell'anno in cui ci troviamo! Un discepolo contemporaneo alla vita mortale di Cristo, un pastore che ripeté ai fedeli le lezioni che aveva apprese dalla stessa bocca del Salvatore, non doveva ritornare al suo Maestro che attraverso la via più gloriosa di tutte. Come Gesù, fu sospeso alla croce; e alla sua morte, avvenuta nel 106 o 107, ebbe termine il primo periodo della Storia Cristiana, quello che viene chiamato il Tempo Apostolico.
    Onoriamo un uomo, nel quale si adunano tanti ricordi, e preghiamo che estenda su di noi la paternità di cui per tanto tempo si glorificarono i fedeli di Gerusalemme. Dall'eccelso radioso trono al quale salì per mezzo della Croce, rivolga a noi i suoi occhi e ci ottenga quelle grazie di conversione di cui han tanto bisogno le nostre anime.
    VITA. - Alla sua memoria la santa Liturgia consacra questi brevi cenni: Simeone, figlio di Cleofa, fu consacrato vescovo immediatamente dopo san Giacomo. Sotto l'impero di Traiano fu accusato al cospetto di Attico, funzionario consolare, d'essere cristiano e parente di Cristo. A quell'epoca si andavano imprigionando tutti quelli che appartenevano alla stirpe di David. Dopo molti tormenti, Simeone subì il medesimo supplizio che aveva sofferto il Salvatore; e tutto il mondo si meravigliò che un uomo sfinito di vecchiaia (aveva allora 120 anni) sopportasse con tanto coraggio e fermezza i tormenti della croce.
    Elogio e preghiera.
    Accogli gli umili omaggi della cristianità, tu che sorpassi in grandezza ogni celebrità umana. Il tuo sangue è quello di Cristo; la dottrina, quella che ricevesti dalla sua bocca; la carità per i fedeli la accendesti nel suo stesso cuore; la tua morte è il rinnovamento della sua. Noi non abbiamo l'onore di poterci chiamare, al pari di te, fratelli del Signore; ma fa', o Simeone, che possiamo intendere quella sua stessa parola: "Chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, esso mi è fratello e sorella e madre" (Mt 12,50). Non ricevemmo direttamente come te, dalla bocca di Gesù, la dottrina di salvezza; ma la possediamo non meno integra, per mezzo di quella santa tradizione di cui tu fosti uno dei primi anelli. Fa' che siamo ad essa sempre docili e che siano perdonate le nostre trasgressioni. Per noi non è stata eretta una croce, perché vi fossimo inchiodati; ma questo mondo è seminato di tribolazioni che il Signore stesso ha denominate Croci, e dobbiamo sopportarle con costanza, se vogliamo aver parte con Gesù nella sua gloria. Prega, affinché ci mostriamo più fedeli, e non si ribelli il nostro cuore, e ripariamo le molte colpe che abbiamo commesse, quando abbiamo voluto sottrarci alla legge del Signore.
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 813-814.”


    Guéranger, L'anno liturgico - Lo stesso giorno (18 febbraio) Santa Bernardetta Soubirous
    http://www.unavoce-ve.it/pg-18feb-2.htm
    “LO STESSO GIORNO 18 FEBBRAIO
    SANTA BERNARDETTA SOUBIROUS

    Nel tempo natalizio, una pastorella, Genoveffa, protettrice di Parigi, era posta fra i pastori di Betlemme accanto al presepio dell'Emmanuele. Subito dopo, la Liturgia ci mostrava il Signore nell'atto di inaugurare la sua vita pubblica e di eleggere come Apostoli del sud Regno e messaggeri della sua parola, non uomini potenti e ricchi, ma poveri ed ignoranti peccatori; " Dio infatti, dice san Paolo, elesse delle creature deboli, secondo il mondo, per confondere i forti ". La SS. Vergine ha le stesse preferenze.
    Le apparizioni e il messaggio della Vergine.
    Volendo confermare in una maniera miracolosa la definizione di Pio IX che la proclamò Immacolata nella sua Concezione, ella, in un secolo materialista profondamente infatuato di scienza, s'indirizzò ad una figlia di semplici mugnai, ignorante pastorella del paese di Bigorre, la quale non possedeva altra dottrina che quella del catechismo, e le disse : "Io sono l'Immacolata Concezione".
    A questa fanciulla, ricca soltanto del "candore della sua anima squisita" (Pio XI, Omelia della Canonizzazione), volle affidare un messaggio: il messaggio della preghiera e della penitenza per i peccatori.
    Dall'11 febbraio al 16 luglio 1858, Bernardetta Soubirous, allora quattordicenne, ebbe la ventura di contemplare per ben diciotto volte la beltà incomparabile della Regina del cielo. Tutto ciò che fu autorizzata a comunicare a noi delle sue ore di estasi, di preghiere e di dolci colloqui con Maria, è racchiuso press'a poco in queste due parole: Preghiera! Penitenza!
    Il Signore venne sulla terra non tanto a moltiplicare i miracoli al suo passaggio, sebbene a chiamare gli uomini alla penitenza ed a riscattarli col suo sangue. La Madonna non apparve a Lourdes con l'unico disegno di far zampillare sotto le dita della sua confidente la sorgente che doveva sanare una folla di malati; apparve per ricordare al mondo il dovere della preghiera e quello della penitenza; e se vuole che si edifichi in suo onore una cappella e che vi si venga in pellegrinaggio, lo fa per far piovere con maggiore abbondanza sulle anime i benefici della Redenzione.
    Vita di preghiera e di penitenza.
    Più tardi, nel silenzio del chiostro, Bernardetta continuò la sua missione, più che con le parole, con la vita, fatta di continua preghiera, di sacrificio e d'un tenerissimo amore verso la SS. Vergine. "O Gesù e Maria, ella diceva, voglio che ogni mia consolazione in questo mondo consista nell'amarvi e soffrire pei peccatori. - Che io sia crocifissa vivente e trasformata in Gesù! Bisogna ch'io sia la vittima... Porterò la croce nel segreto del mio cuore con coraggio e generosità... La mia missione è di soffrire".
    Umiliazioni, incomprensioni, infermità furono da lei abbracciate come i mezzi più efficaci per ottenere la conversione dei peccatori. La preghiera costante e fervente, le innumerevoli Ave che recitava, imploravano la medesima grazia: "Se non so niente, diceva nella sua umiltà, che almeno io possa recitare il mio rosario e amare il buon Dio con tutto il cuore"; e ancora: "La Santa Vergine ha raccomandato a tutti di pregare per i peccatori!".
    Durante l'ultima Settimana Santa che passò sulla terra, unì la sua preghiera e le sue sofferenze a quelle del Salvatore del mondo, dicendo: "O Gesù, concedetemi, ve ne supplico, il pane della pazienza, per sopportare le pene che soffre il mio cuore. O Gesù, volete crocifiggermi? Fiat!" Suonarono le campane della Risurrezione... e il Mercoledì di Pasqua, nel pomeriggio, Bernardetta, poggiando le labbra sul Crocifisso, faceva l'ultima preghiera: "Mio Dio, vi amo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le mie forze"; qualche istante dopo, l'ultimo saluto a Maria: "Santa Maria, Madre di Dio, prega per me povera peccatrice, povera peccatrice... "; e così santa Bernardetta andò a terminare in cielo l'ultima sua Ave Maria...
    VITA. - Bernardetta nacque a Lourdes il 7 gennaio 1844. Sin dall'infanzia rifulse per le sue eminenti qualità di semplicità e di pietà. Dall'11 febbraio al 16 luglio 1858 fu favorita dalle apparizioni della SS. Vergine Maria, che la esortò a recitare il rosario, a pregare e a far penitenza per i peccatori. Gli applausi delle folle non tolsero nulla alla sua semplicità. Nel 1866 entrò nelle Suore della Carità di Nevers, dove si mostrò perfetto modello di fedeltà religiosa, amante del nascondimento e d'una devozione ammirevole verso la santa Eucaristia, la Passione e l'Immacolata Concezione. Soffrì lunghe e crudeli infermità, e il 16 aprile 1879, all'età di trentacinque anni, rese l'anima innocente a Dio. Il suo corpo si conserva intatto a Nevers. Santa Bernardetta fu beatificata nel 1925 e canonizzata nel 1933 dal Papa Pio XI.
    Preghiera.
    Santa Bernardetta, quando, durante la tua vita mortale, alcuni visitatori ti cercavano con lo sguardo, si dicevano fra loro : "Guardate, è la più piccola". Ma sei oggi grandissima, e s'adempiono in te le parole del Vangelo : "Chi si umilia sarà innalzato". Come per la Vergine che ti apparve a Lourdes, il Signore considerò la tua umiltà e piccolezza, e tutte le generazioni ti proclameranno beata.
    Nel momento in cui ti si decretavano gli onori della canonizzazione, 1'8 dicembre 1933, Pio XI invitava tutti i cristiani a "camminare sulle tue orme santissime, ad imitare la tua modestia ed umiltà, la tua fede e carità ardente". Fa' che anche noi amiamo "tutto ciò ch'è piccolo", che cerchiamo costantemente "il silenzio, l'oblio di sé, fatto di abnegazione e di obbedienza, che ci meriterà le compiacenze dell'Altissimo".
    "Tu hai sempre risposto alle celesti ispirazioni con perfetta fedeltà: fa' che anche noi, grazie alla tua preghiera ed ai tuoi meriti, corrispondiamo di cuore alla grazia di Dio, il quale ci esorta ad uno stato più santo e perfetto. Se non ci sarà possibile emularti nell'innocenza della vita, ci sforzeremo almeno d'avere un uguale zelo per la penitenza, ciascuno secondo la propria condizione" (Omelia della Canonizzazione).
    Finalmente, fa che amiamo la santa Vergine come tu l'amasti. La nostra gioia non consiste solamente nel salutare in te una grande Santa, ma anche nel sentire che il tuo trionfo è lo stesso trionfo dell'Immacolata. "Io fisserò in volto la santa Vergine finché potrò", così tu dicevi. Oh! potessimo anche noi mirarla coi nostri occhi e con tutta l'anima, come tu a Massabielle, e poi ai piedi dell'altare a Nevers. Non pretendiamo, è vero, d'essere onorati d'una apparizione; ma, leggendo il Vangelo, meditando ogni giorno con te i misteri del Rosario, conservando molto puri i nostri cuori, noi faremo sin da quaggiù conoscenza con la santa Vergine, e meriteremo di andare a contemplare la sua bellezza in cielo.
    Come a Lourdes, la Madonna è stata sempre vicino a noi "calma e sorridente e ci guarda come una madre guarda il suo bambino". Prega, o S. Bernardetta, affinché non contristiamo il suo sguardo benevolo. "Ella fa segno d'avvicinarci...". Il suo gesto materno ci attira, ma dacci la mano e guidaci tu stessa all'Immacolata!
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 815-817.”



    Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Prima di Quaresima
    http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-dom1.htm
    “PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA.

    Solennità di questo giorno.
    Questa Domenica, la prima della santa Quarantena, è anche una delle più solenni dell'anno. Il suo privilegio, esteso con le ultime decisioni di Roma alle altre Domeniche di Quaresima (Costituzione Divino afflatu), e che per molto tempo lo ha solo condiviso con la Domenica di Passione e delle Palme, è quello di non cedere il posto a nessuna festa, neppure a quella del Patrono, o del Santo Titolare della Chiesa, o della Dedicazione. Negli antichi calendari è chiamata Invocabit, dalla prima parola dell'Introito della Messa; mentre nel Medio Evo la chiamavano Domenica delle torce, in seguito ad un'usanza che non sempre né dovunque pare motivata alla stessa maniera; in certi luoghi, i giovani che s'erano lasciati andare troppo alle dissipazioni del carnevale, dovevano, in quella domenica, presentarsi in chiesa con una torcia in mano, per fare pubblica soddisfazione dei loro eccessi.
    Oggi la Quaresima appare in tutta la sua solennità. I quattro giorni che la precedono furono aggiunti abbastanza tardivamente, per completare la quarantena del digiuno; e il Mercoledì delle Ceneri i fedeli non hanno l'obbligo d'udire la Messa. La santa Chiesa nei vedere oggi tutti i suoi figli riuniti, rivolge loro la parola nell'Ufficio del Mattutino, facendo proprio il linguaggio eloquente di san Leone Magno: "Figli carissimi, dice loro, prima d'annunciarvi il sacro e solenne digiuno della Quaresima, posso io cominciare meglio il mio discorso servendomi delle parole dell'Apostolo, nel quale parlava Gesù Cristo, e ripetendo ciò che ora avete sentito leggere: Ecco ora il tempo propizio, ecco ora il giorno della salute? Perché sebbene non esista tempo dell'anno che non sia ripieno dei benefici di Dio, e benché per grazia sua noi abbiamo sempre accesso al trono della sua misericordia, tuttavia dobbiamo in questo santo tempo applicarci con maggior zelo al nostro profitto spirituale, ed essere animati da nuova fiducia. Infatti la Quaresima, ricordandoci quel sacro giorno in cui fummo riscattati, c'invita a praticare tutti i doveri della pietà, affinché, mediante la purificazione dei nostri corpi e delle nostre anime, ci disponiamo a celebrare i misteri della Passione del Signore".
    Il tempo propizio.
    Un tale mistero meriterebbe da parte nostra un rispetto ed una devozione senza limiti, in modo da essere sempre davanti a Dio quali vorremo essere nella festa di Pasqua. Ma una tale costanza non è la virtù della maggior parte di noi; la debolezza della carne ci obbliga a moderare l'austerità del digiuno, e le diverse occupazioni di questa vita formano l'oggetto delle nostre sollecitudini. Di conseguenza i cuori devoti vanno soggetti ad essere ricoperti da un po' della polvere di questo mondo. Con grande nostro vantaggio fu dunque stabilita questa divina istituzione, la quale ci offre quaranta giorni per ricuperare la purezza delle nostre anime, riparando con la santità delle nostre opere ed i meriti dei nostri digiuni, le colpe degli altri tempi dell'anno.
    Consigli apostolici.
    "Nell'entrare, miei carissimi figli, in questi giorni pieni di misteri, santamente istituiti per la purificazione delle nostre anime e dei nostri corpi, procuriamo d'obbedire al precetto dell'Apostolo, liberandoci da tutto ciò che può macchiare la carne e lo spirito, affinché il digiu¬no, dominando la lotta che esiste fra le due parti di noi stessi, faccia sì che l'anima riacquisti la dignità del comando, pur essendo anch'essa sottomessa a Dio, e da lui governata. Non diamo occasione a nessuno di mormorare contro di noi, né esponiamoci al giusto disprezzo di coloro che vogliono trovare a ridire, perché gl'infedeli avrebbero ben motivo di condannarci, se per nostra colpa fornissimo alle loro empie lingue le armi contro la religione, e se la purezza della nostra vita non rispondesse alla santità del digiuno che abbiamo abbracciato. Non ci dobbiamo immaginare che tutta la perfezione del nostro digiuno consiste nell'astinenza dai cibi, perché sarebbe vano sottrarre al corpo una parte del suo nutrimento, se nello stesso tempo non allontanassimo l'anima dall'iniquità".
    L'esempio di Gesù tentato da Satana.
    Ogni Domenica di Quaresima ha per oggetto principale una lettura dei santi Vangeli, destinata ad esercitare i fedeli nei sentimenti che la santa Chiesa vuole loro infondere durante la giornata. Oggi essa ci fa meditare la tentazione di Gesù Cristo nel deserto. Niente meglio di questo importante racconto è più adatto ad illuminarci e fortificarci.
    Riconosciamo di essere peccatori, e desideriamo espiare i nostri peccati. Ma come siamo caduti nel male? Il demonio ci ha tentati e noi non abbiamo respinta la tentazione; abbiamo ceduto alla suggestione dell'avversario, ed il male fu commesso. Tale è la storia del nostro passato, e uguale sarà nell'avvenire, se non approfittiamo della lezione che ci da oggi il Redentore.
    L'Apostolo, spiegandoci la misericordia del divino consolatore degli uomini, insiste sulle tentazioni ch'egli si degnò patire. Una tale prova d'illimitata devozione non ci è affatto mancata; e noi oggi contempliamo l'adorabile pazienza del Santo dei Santi, il quale non disdegna che gli s'avvicini questo schifoso nemico d'ogni bene, affinché noi impariamo come dobbiamo trionfarne.
    Satana guardava con preoccupazione alla santità incomparabile di Gesù: le meraviglie della sua nascita, i pastori chiamati dagli Angeli al presepio, i magi venuti dall'Oriente sotto la guida d'una stella, la protezione che sottrasse il Bambino al furore di Erode, la testimonianza resa da Giovanni Battista al nuovo profeta: tutto questo insieme di fatti contrastava in modo così strano con l'umiltà e l'oscurità dei primi trent'anni del Nazareno, che suscitò i timori del serpente infernale. Il mistero dell'Incarnazione s'era compiuto lontano dai suoi sguardi sacrileghi; e ignora che Maria è la Vergine che, come aveva preannunciato Isaia (7,14), doveva partorire l'Emmanuele. Ma sono giunti i tempi; l'ultima settimana di Daniele ha aperto la sua era; anche il mondo pagano attende dalla Giudea un liberatore. Satana sa tutto questo, e, nella sua ansietà, osa accostarsi a Gesù, sperando che nella conversazione con lui riesca a cogliere qualche indizio. È o non è il Figlio di Dio? Sta tutto qui il problema. Forse, chissà! potrà sorprenderlo in qualche debolezza; il fatto di saperlo un uomo come gli altri lo potrebbe rassicurare.
    La condotta di Gesù.
    Il nemico di Dio e degli uomini doveva però rimanere ben deluso nel suo intento; s'avvicina al Redentore, ma tutti i suoi sforzi dovevano tornare a sua confusione. Con la semplicità e la maestà del giusto, Gesù respinge ogni attacco di Satana, senza svelare la sua origine celeste. Così l'angelo perverso si ritira, senza aver potuto scoprire altra cosa in Gesù se non ch'era un profeta fedele al Signore. Ma si accecherà sempre più nel suo orgoglio, quando fra poco vedrà i disprezzi, le calunnie, le persecuzioni accumularsi sul capo del Figlio dell'uomo, e gli sembreranno così facili i tentativi di farlo cadere. Ma nel momento che Gesù, saziato d'obbrobri e di patimenti, espierà sulla Croce, s'accorgerà finalmente che la sua vittima non è un uomo, ma un Dio, e che tutti i furori congiurati contro il Giusto non erano serviti ad altro che a palesare l'ultimo sforzo della misericordia che salva il genere umano, e della giustizia, che atterra per sempre la potenza dell'inferno.
    Questo era il disegno della divina Provvidenza, nel permettere che lo spirito del male osasse contaminare con la sua presenza il ritiro dell'Uomo-Dio, indirizzargli la sua parola e mettere sopra di lui le sue empie mani. Ma studiamo le circostanze della triplice tentazione subita da Gesù per istruirci ed incoraggiarci.
    I nostri tre nemici.
    Noi abbiamo tre sorta di nemici da combattere, e l'anima nostra è vulnerabile da tre parti; infatti: "Tutto ciò ch'è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita" (1Gv 2,16). Per la concupiscenza della carne dobbiamo intendere l'amore dei sensi avido dei godimenti della carne; se esso non è frenato, trascina l'anima ai piaceri illeciti. La concupiscenza degli occhi significa l'amore dei beni di questo mondo, delle ricchezze e della fortuna; le quali cose brillano dinanzi ai nostri sguardi prima di sedurci il cuore. Finalmente la superbia della vita è la confidenza in noi stessi, che genera la vanagloria e la presunzione, e ci fa dimenticare che abbiamo ricevuto da Dio la vita e i doni che si degnò spargere sopra di noi.
    Ora, tutti i nostri peccati scaturiscono da una di queste tre fonti, e le tentazioni mirano a farci accettare, o la concupiscenza della carne, o la concupiscenza degli occhi, o la superbia della vita. Il Salvatore, nostro modello in ogni cosa, volle sottoporsi a tutte e tre le prove.
    Le tre tentazioni.
    Satana lo tenta prima nella carne, insinuandogli il pensiero che avrebbe adoperato il suo potere soprannaturale per saziare immediatamente la fame che lo stimola. Di' che queste pietre diventino pani: tale è il suggerimento del demonio al Figlio di Dio. Esso vuol vedere se la premura di Gesù nel soddisfare al bisogno del suo corpo non lo denoterà per un uomo debole e soggetto alla intemperanza. Quando invece viene a noi, tristi eredi della concupiscenza di Adamo, le sue suggestioni si spingono ancora oltre: aspira a macchiarci l'anima per mezzo del corpo. Ma la suprema santità del Verbo incarnato non poteva permettere che Satana ardisse di fare una simile prova del suo potere sopra di lui, alla stessa maniera che tenta l'uomo nei suoi sensi. In questo, dunque, il Figlio di Dio ci dà una lezione di temperanza; e sappiamo che per noi la temperanza è la madre della purità, e che l'intemperanza solleva la ribellione dei sensi.
    La seconda tentazione è di superbia. Gettati sotto, e gli Angeli ti sosterranno. Qui il nemico vuoi vedere se i favori del cielo hanno generato nell'anima di Gesù quell'alterigia e quella ingrata presunzione, che inducono la creatura ad attribuire a sé i doni di Dio e a dimenticare il proprio benefattore, per mettersi a regnare al suo posto. L'Angelo ribelle è deluso ancora una volta, e l'umiltà del Redentore spaventa la sua superbia.
    Fa allora un ultimo tentativo. Forse, pensa, colui che s'è mostrato così temperante ed umile, sarà sedotto dall'ambizione della ricchezza. "Guarda lo splendore e la gloria di tutti i regni della terra: io te li posso dare, purché mi adori. Gesù respinge sdegnato la meschina offerta, e caccia via da sé il seduttore maledetto, il principe del mondo, insegnandoci con tale esempio a disprezzare le ricchezze della terra ogni volta che, per conservale od acquistarle, dovessimo violare la legge di Dio e rendere un omaggio a Satana.
    Le vittorie e l'esempio di Cristo.
    Ora, in che modo il Redentore, nostro divino capo, respinge la tentazione? Ascolta forse i discorsi del suo nemico? Gli lascia il tempo di far brillare davanti agli occhi tutto il suo prestigio? È così che troppo spesso abbiamo fatto noi, e siamo stati vinti. Gesù oppone semplicemente al nemico lo scudo dell'inflessibile Legge di Dio:
    Sta scritto: - gli risponde - Non di solo pane vive l'uomo. Sta scrìtto: Non tenterai il Signore Dio tuo. Sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e servirai a lui solo. Seguiamo d'ora innanzi questa grande lezione. Eva si perdette, e con essa il genere umano, per aver intavolato conversazione col serpente. Chi procura la tentazione vi soccomberà. In questi santi giorni il cuore è più guardingo, le occasioni sono allontanate e le abitudini interrotte; purificate dal digiuno, dalla preghiera e dall'elemosina, le anime nostre risusciteranno con Gesù Cristo; ma conserveranno questa nuova vita? Tutto dipenderà dalla nostra condotta nelle tentazioni. Fin dall'inizio della santa Quarantena la Chiesa, mettendo sotto ai nostri occhi la narrazione del santo Vangelo, vuole al precetto aggiungere l'esempio. Se saremo vigili e fedeli, la lezione ci porterà i suoi frutti; e quando avremo raggiunta la Pasqua, la vigilanza, la diffidenza di noi stessi e la preghiera, col divino aiuto che non manca mai, ci assicureranno le perseveranza.
    La Chiesa greca oggi celebra una delle sue più grandi solennità. Chiamano tale festa Ortodossia, ed ha lo scopo d'onorare la restaurazione delle sante Immagini a Costantinopoli e nell'impero d'Oriente, nell'842, quando l'imperatrice Teodora, col concorso del santo Patriarca Metodio, pose fine alla persecuzione degl'iconoclasti e fece rimettere in tutte le chiese le sante Immagini, che il furore degli eretici aveva fatto scomparire.
    MESSA
    La Stazione è, a Roma, nella Basilica di S. Giovanni Laterano. Era giusto che una Domenica così solenne fosse celebrata nella Chiesa Madre e Matrice di tutte le Chiese, non solo della santa città, ma di tutto il mondo. Li, il Giovedì Santo, si riconciliavano i pubblici Penitenti; lì pure, nella notte di Pasqua, i Catecumeni ricevevano il santo Battesimo nel Battistero di Costantino. Nessun'altra Basilica era più adatta alla riunione dei fedeli, in questo giorno in cui tante volte venne promulgato, dalla voce dei Papi, il digiuno quaresimale.
    EPISTOLA (2Cor 6, 1-10). - Fratelli: vi esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio. Egli infatti dice: T'ho esaudito nel tempo propizio, e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il tempo propizio, ecco ora il giorno della salute. Non diamo motivo di scandalo a nessuno, affinché non sia vituperato il nostro ministero, ma diportiamoci in ogni cosa come ministri di Dio, con molta pazienza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angustie. Sotto le battiture, nelle prigionie, nelle sedizioni, nelle fatiche, nelle vigilie, nei digiuni, con purezza, con scienza, con longanimità, con soavità, con Spirito Santo, con carità non simulata, con la parola della verità, con la virtù di Dio, con le armi della giustizia a destra e a sinistra; in mezzo alla gloria e all'ignominia, alla cattiva e alla buona fama; siam trattati come seduttori e siamo veraci; come ignoti, e siamo ben conosciuti; come moribondi, ed ecco viviamo; siamo castigati, e non uccisi; tristi e sempre allegri; poveri, e ne arricchiamo tanti; possessori di niente, e possediamo ogni cosa.
    La vita dell'uomo è una milizia.
    Questo passo dell'Apostolo ci mostra la vita cristiana sotto un aspetto ben differente da come suole vederla la nostra debolezza. Per trascurarne l'importanza, noi saremmo facilmente portati a pensare che tali consigli s'addicevano ai primi tempi della Chiesa, quando i fedeli, esposti a continue persecuzioni ed alla morte, avevano bisogno d'un grado eccezionale di rinuncia e d'eroismo. Ma sarebbe una grande illusione, credere che siano finite tutte le battaglie del cristiano. Esiste sempre la lotta contro i demoni e il mondo, contro il sangue e la carne; per questo la Chiesa ci manda nel deserto con Gesù Cristo, per ivi imparare a combattere. Lì comprenderemo che la vita dell'uomo sulla terra è una milizia (Gb 7,1), e se non lottiamo sempre e coraggiosamente, questa vita che vorremmo passare nel riposo finirà con la nostra disfatta. Appunto per farci evitare tale sventura, la Chiesa ci dice oggi per bocca dell'Apostolo: Ecco ora il tempo propizio, ecco ora il giorno della salute. Perciò, comportiamoci in ogni cosa come servi del Signore e resistiamo con fermezza fino alla fine di questo tempo. Dio veglia sopra di noi, come vegliò sul suo Figliolo nel deserto.
    VANGELO (Mt 4, 1-11). - In quel tempo: Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, finalmente ebbe fame. E il tentatore, accostandosi disse: Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pani. Ma Gesù rispose: Sta scritto: Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio. Allora il diavolo lo trasportò nella città santa e avendolo posto sul pinnacolo del tempio gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, gettati di sotto, poiché sta scritto che agli Angeli suoi ha commessa la cura di te; ed essi ti sosterranno, affinché il tuo piede non inciampi in qualche pietra. E Gesù a lui: Sta anche scritto: Non tentare il Signore Dio tuo. Di nuovo il diavolo lo menò sopra un monte altissimo e, mostrandogli tutti i regni del mondo e la loro magnificenza, gli disse: Tutto questo io ti darò, se prostrandoti, mi adorerai. Allora Gesù rispose: Va' via Satana, che sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e servirai a lui solo. Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco gli Angeli vennero a servirlo.
    Compassione verso Gesù.
    Ammiriamo l'ineffabile bontà del Figlio di Dio, che, non contento d'espiare tutti i nostri peccati con la croce, si degnò imporsi un digiuno di quaranta giorni e di quaranta notti per incoraggiarci alla penitenza. Egli non permise che la giustizia del Padre suo esigesse da noi un sacrificio, ch'egli per primo non avesse offerto con la sua persona, e in circostanze mille volte più rigorose di quelle che si possono riscontrare in noi. Che sono mai le nostre opere di penitenza, spesso anche così contese alla giustizia di Dio dalla nostra viltà, se le paragoniamo al rigore del digiuno di Gesù sul monte? Cercheremo ancora di dispensarci dalle leggere penitenze, di cui il Signore si degna accontentarsi, e che sono così lontane da ciò che abbiamo meritato con le nostre colpe? Invece di lamentarci di un piccolo incomodo e della stanchezza di qualche giorno, compatiamo piuttosto il tormento della fame che prova l'innocente Redentore per quaranta lunghi giorni e quaranta lunghe notti nel deserto.
    Confidenza nella tentazione.
    La sua preghiera, l'abnegazione per noi, il pensiero della giustizia del Padre suo lo sostengono nella debolezza; ma, allo spirare della quarantena, la natura umana è ridotta agli estremi. È allora che l'assale la tentazione; ma ne trionfa con una calma ed una fermezza che ci devono servire d'esempio. Quale audacia in Satana, osare avvicinarsi al giusto per eccellenza ! Ma anche che pazienza in Gesù che si lascia mettere le mani addosso e trasportare nell'aria, da un luogo all'altro, dal mostro dell'abisso!
    L'anima cristiana è frequentemente esposta a crudeli insulti da parte del suo nemico, fino ad essere tentata, qualche volta, di lagnarsi con Dio per l'umiliazione che soffre. Pensi allora a Gesù, al Santo dei Santi, al Figlio di Dio e al vincitore dell'inferno dato, per cosi dire, in balìa dello spirito del male; da lui Satana avrà una vergognosa sconfitta. Così anche l'anima cristiana, se resisterà con tutta la sua energia alla forza della tentazione, diventerà l'oggetto delle più tenere compiacenze di Dio, a eterna infamia e castigo di Satana.
    Uniamoci agli Angeli fedeli che, dopo l'allontanamento del principe delle tenebre, accorrono a ristorare le forze esauste del Redentore, offrendogli da mangiare.
    Che compassione essi sentono della sua divina stanchezza! Come s'affrettano a riparare, con le loro adorazioni, l'orribile oltraggio di cui s'è fatto reo Satana verso il sovrano Padrone di tutte le cose! E come ammirano la carità di un Dio che, per amore degli uomini, sembra aver dimenticato la sua dignità, e non pensa che alle sventure ed alle necessità dei figli di Adamo!
    PREGHIAMO
    O Dio, che ogni anno purifichi la tua Chiesa con l'osservanza quaresimale, concedi alla tua famiglia di rendere fruttuose con le buone opere quelle grazie che si sforza di ottenere con l'astinenza.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 506-513.”




    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

 

 
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