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    Predefinito Tito Boeri new Mario Monti ?

    CHI VUOL MANDARE IN PENSIONE RENZI




    DI CLAUDIO CERASA
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    Il club degli ex premier e delle prime mogli (Letta, D’Alema, Prodi) cerca sponde nell’establishment per commissariare Renzi. Borse giù, spread su, molta zizzania e una scommesa: Tito Boeri new Mario Monti. Risate. O no?
    La scena che vi stiamo per descrivere si ripete ormai da un po’ di settimane con una certa continuità. E da quando i mercati hanno deciso di punire con decisione le Borse europee, e soprattutto quella italiana, facendo registrare delle brusche oscillazioni sui titoli bancari (ieri Milano ha chiuso a meno 5,63 per cento) e rimettendo in movimento lo spread tra titoli di stato italiani e titoli di stato tedeschi (spread che ieri ha superato i 150 punti base), capita sempre più spesso che i collaboratori più stretti del presidente del Consiglio si ritrovino a rispondere a domande brusche come quelle ricevute in queste ore, a Roma, da diversi ambasciatori


    Il tema è il seguente e la domanda è stata rivolta ancora una volta ieri, da parte di un importante ambasciatore, a un esponente del Pd vicino al premier: “Ci risulta ci sia un piano per far cadere questo governo. Siete sicuri che il presidente del Consiglio non faccia la fine che ha fatto Berlusconi nel 2011?”. Il collaboratore di Renzi anche in questa occasione ha risposto con un sorriso e ha argomentato l’inesistenza di questa eventualità. La scena si ripete ormai da settimane con vari pezzi più o meno pregiati della diplomazia straniera.
    Ma al contrario di quello che si potrebbe credere, la ragione per cui si è diffusa, anche in molte ambasciate romane, la voce che ci sia qualcuno che stia provando a lavorare ai fianchi il presidente del Consiglio non è legata a un’invenzione di qualche malelingua diplomatica. E’ legata, piuttosto, alla presenza sulla scena internazionale di un pezzo di establishment italiano, un po’ sgangherato, che da alcune settimane tende a sponsorizzare la tesi, esplicita, che ci sia una connessione precisa tra lo stato di salute delle Borse italiane e lo stato di salute del governo. Un pezzo di establishment, dicevamo, guidato da uno speciale club con ottimi contatti in Europa formato da ex presidenti del Consiglio (Enrico Letta, Massimo D’Alema, Romano Prodi) che da tempo, a vario titolo, sostiene, in modo più o meno implicito, che – per salvare l’Italia e non condannare il nostro paese a una nuova recessione e a un imminente collasso economico – sia necessario, urgentissimo, preparare la strada a un’alternativa all’attuale presidente del Consiglio. Commissariare, adesso. L’idea che D’Alema, Letta e Prodi – spalleggiati da un establishment in movimento e in leggero riposizionamento che si riconosce negli editoriali di Eugenio Scalfari e in molti fondi del Corriere della Sera improvvisamente critici con il governo – possano ambire a innescare una scintilla capace di far saltare Renzi può apparire goffa e sconclusionata anche perché i tre ex presidenti del Consiglio si trovano ormai distanti anni luce dal Parlamento e dai giochi di palazzo e difficilmente sarebbe sufficiente una raffica di interviste o una mitragliata di dichiarazioni sulle agenzie, come quelle registrate negli ultimi giorni, per far cambiare il volto di un governo (anche se Enrico Letta, per esempio, mantiene da tempo ottimi rapporti con il Mef, dove si trovano diversi tecnici che Letta aveva a Palazzo Chigi, e con lo stato maggiore del Quirinale). Eppure, a credere alla possibilità di uno switch off, non sono soltanto gli amici del club degli ex premier e alcuni ambasciatori ma è anche un personaggio particolare, un tecnico di lusso con il profilo da perfetto politico, che da mesi prova ad accreditarsi, anche con il Quirinale, come il sostituto naturale di Matteo Renzi in caso di improvviso collasso di questo governo.
    Come se fosse lui, in un certo senso, il Mario Monti del 2016. Il nome del tecnico è quello dell’attuale presidente dell’Inps Tito Boeri, economista di fama internazionale, professore ordinario di Economia del lavoro all’Università Bocconi, già consulente del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale, della Commissione europea, già senior economist all’Ocse dal 1987 al 1996, già direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, ottimi rapporti con il mondo Rep. e ottimi legami con la sinistra non solo del Pd (ai tempi della riforma del mercato del lavoro, la proposta alternativa al Jobs Act, la legge Boeri-Garibaldi, fu sponsorizzata non solo dalla sinistra del Pd ma persino dalla sinistra a sinistra del Pd, fronte Pippo Civati). Nonostante sia stato proprio Renzi a nominarlo a capo dell’Inps – anche se la decisione è stata presa più sulla base della rinuncia degli altri candidati che su quella di un investimento specifico di Palazzo Chigi – dal giorno del suo insediamento all’Istituto nazionale della previdenza sociale Boeri ha scelto di muoversi con un passo non da tecnico puro ma da tecnico politico. Già pochi mesi dopo la sua nomina (24 dicembre 2014) ha cominciato a intestarsi alcune battaglie squisitamente politiche: lotta ai vitalizi (“Dimezziamo quelli sopra gli 80 mila euro”), lotta alle pensioni d’oro (“Ricalcoliamo tutte le pensioni retributive o miste con il solo calcolo contributivo”), lotta a favore dell’introduzione del reddito minimo (“Andrebbe introdotto un reddito minimo garantito per gli over 55”).
    Al di là delle dichiarazioni, che quasi somigliano comunque a una bozza di agenda di governo, la tentazione di Boeri (fratello di Stefano, architetto, ex assessore della giunta Pisapia) di svestire i panni del tecnico per indossare gli abiti del politico era già emersa esattamente due anni fa, quando il fondatore del sito Lavoce.info si illuse che le voci che lo davano come prossimo ministro del Lavoro del governo Renzi fossero vere – Boeri digerì a fatica la scelta fatta dal segretario del Pd di affidare invece quel ruolo a Giuliano Poletti. Oggi Tito Boeri coltiva una nuova illusione. E se da un lato il club delle prime mogli (D’Alema, Letta, Prodi) probabilmente non crede fino in fondo alla possibilità di spodestare Renzi da Palazzo Chigi (anche perché il presidente della Bce Mario Draghi, pur mantenendo alcune riserve nei confronti dell’atteggiamento del governo in Europa, non ha alcuna intenzione di triangolare neanche lontanamente con il partito della zizzania), dall’altro lato si può dire che il bocconiano Boeri sogna ormai da tempo di poter essere un giorno la guida di un governo alternativo a quello attuale (e poi chissà). Oggi i renziani sorridono, e sorridiamo anche noi. Ma se un domani dovesse esserci un qualche cortocircuito al governo il partito trasversale di Tito Boeri proverà in tutti i modi a trasformare il presidente dell’Inps nel Monti del 2016. Auguri, e figli spread.

    Claudio Cerasa
    Fonte: www.ilfoglio.it
    Link: Chi vuol mandare in pensione Renzi
    12.02.2016

  2. #2
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    Predefinito Chi vuol mandare in pensione renzi


    Come Don Chisciotte - CHI VUOL MANDARE IN PENSIONE RENZI
    CHI VUOL MANDARE IN PENSIONE RENZI

    Postato il Sabato, 13 febbraio @ 22:47:49 GMT di davide

    DI CLAUDIO CERASA
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    Il club degli ex premier e delle prime mogli (Letta, D’Alema, Prodi) cerca sponde nell’establishment per commissariare Renzi. Borse giù, spread su, molta zizzania e una scommesa: Tito Boeri new Mario Monti. Risate. O no?
    La scena che vi stiamo per descrivere si ripete ormai da un po’ di settimane con una certa continuità. E da quando i mercati hanno deciso di punire con decisione le Borse europee, e soprattutto quella italiana, facendo registrare delle brusche oscillazioni sui titoli bancari (ieri Milano ha chiuso a meno 5,63 per cento) e rimettendo in movimento lo spread tra titoli di stato italiani e titoli di stato tedeschi (spread che ieri ha superato i 150 punti base), capita sempre più spesso che i collaboratori più stretti del presidente del Consiglio si ritrovino a rispondere a domande brusche come quelle ricevute in queste ore, a Roma, da diversi ambasciatori


    Il tema è il seguente e la domanda è stata rivolta ancora una volta ieri, da parte di un importante ambasciatore, a un esponente del Pd vicino al premier: “Ci risulta ci sia un piano per far cadere questo governo. Siete sicuri che il presidente del Consiglio non faccia la fine che ha fatto Berlusconi nel 2011?”. Il collaboratore di Renzi anche in questa occasione ha risposto con un sorriso e ha argomentato l’inesistenza di questa eventualità. La scena si ripete ormai da settimane con vari pezzi più o meno pregiati della diplomazia straniera.
    Ma al contrario di quello che si potrebbe credere, la ragione per cui si è diffusa, anche in molte ambasciate romane, la voce che ci sia qualcuno che stia provando a lavorare ai fianchi il presidente del Consiglio non è legata a un’invenzione di qualche malelingua diplomatica. E’ legata, piuttosto, alla presenza sulla scena internazionale di un pezzo di establishment italiano, un po’ sgangherato, che da alcune settimane tende a sponsorizzare la tesi, esplicita, che ci sia una connessione precisa tra lo stato di salute delle Borse italiane e lo stato di salute del governo. Un pezzo di establishment, dicevamo, guidato da uno speciale club con ottimi contatti in Europa formato da ex presidenti del Consiglio (Enrico Letta, Massimo D’Alema, Romano Prodi) che da tempo, a vario titolo, sostiene, in modo più o meno implicito, che – per salvare l’Italia e non condannare il nostro paese a una nuova recessione e a un imminente collasso economico – sia necessario, urgentissimo, preparare la strada a un’alternativa all’attuale presidente del Consiglio. Commissariare, adesso. L’idea che D’Alema, Letta e Prodi – spalleggiati da un establishment in movimento e in leggero riposizionamento che si riconosce negli editoriali di Eugenio Scalfari e in molti fondi del Corriere della Sera improvvisamente critici con il governo – possano ambire a innescare una scintilla capace di far saltare Renzi può apparire goffa e sconclusionata anche perché i tre ex presidenti del Consiglio si trovano ormai distanti anni luce dal Parlamento e dai giochi di palazzo e difficilmente sarebbe sufficiente una raffica di interviste o una mitragliata di dichiarazioni sulle agenzie, come quelle registrate negli ultimi giorni, per far cambiare il volto di un governo (anche se Enrico Letta, per esempio, mantiene da tempo ottimi rapporti con il Mef, dove si trovano diversi tecnici che Letta aveva a Palazzo Chigi, e con lo stato maggiore del Quirinale). Eppure, a credere alla possibilità di uno switch off, non sono soltanto gli amici del club degli ex premier e alcuni ambasciatori ma è anche un personaggio particolare, un tecnico di lusso con il profilo da perfetto politico, che da mesi prova ad accreditarsi, anche con il Quirinale, come il sostituto naturale di Matteo Renzi in caso di improvviso collasso di questo governo.
    Come se fosse lui, in un certo senso, il Mario Monti del 2016. Il nome del tecnico è quello dell’attuale presidente dell’Inps Tito Boeri, economista di fama internazionale, professore ordinario di Economia del lavoro all’Università Bocconi, già consulente del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale, della Commissione europea, già senior economist all’Ocse dal 1987 al 1996, già direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, ottimi rapporti con il mondo Rep. e ottimi legami con la sinistra non solo del Pd (ai tempi della riforma del mercato del lavoro, la proposta alternativa al Jobs Act, la legge Boeri-Garibaldi, fu sponsorizzata non solo dalla sinistra del Pd ma persino dalla sinistra a sinistra del Pd, fronte Pippo Civati). Nonostante sia stato proprio Renzi a nominarlo a capo dell’Inps – anche se la decisione è stata presa più sulla base della rinuncia degli altri candidati che su quella di un investimento specifico di Palazzo Chigi – dal giorno del suo insediamento all’Istituto nazionale della previdenza sociale Boeri ha scelto di muoversi con un passo non da tecnico puro ma da tecnico politico. Già pochi mesi dopo la sua nomina (24 dicembre 2014) ha cominciato a intestarsi alcune battaglie squisitamente politiche: lotta ai vitalizi (“Dimezziamo quelli sopra gli 80 mila euro”), lotta alle pensioni d’oro (“Ricalcoliamo tutte le pensioni retributive o miste con il solo calcolo contributivo”), lotta a favore dell’introduzione del reddito minimo (“Andrebbe introdotto un reddito minimo garantito per gli over 55”).
    Al di là delle dichiarazioni, che quasi somigliano comunque a una bozza di agenda di governo, la tentazione di Boeri (fratello di Stefano, architetto, ex assessore della giunta Pisapia) di svestire i panni del tecnico per indossare gli abiti del politico era già emersa esattamente due anni fa, quando il fondatore del sito Lavoce.info si illuse che le voci che lo davano come prossimo ministro del Lavoro del governo Renzi fossero vere – Boeri digerì a fatica la scelta fatta dal segretario del Pd di affidare invece quel ruolo a Giuliano Poletti. Oggi Tito Boeri coltiva una nuova illusione. E se da un lato il club delle prime mogli (D’Alema, Letta, Prodi) probabilmente non crede fino in fondo alla possibilità di spodestare Renzi da Palazzo Chigi (anche perché il presidente della Bce Mario Draghi, pur mantenendo alcune riserve nei confronti dell’atteggiamento del governo in Europa, non ha alcuna intenzione di triangolare neanche lontanamente con il partito della zizzania), dall’altro lato si può dire che il bocconiano Boeri sogna ormai da tempo di poter essere un giorno la guida di un governo alternativo a quello attuale (e poi chissà). Oggi i renziani sorridono, e sorridiamo anche noi. Ma se un domani dovesse esserci un qualche cortocircuito al governo il partito trasversale di Tito Boeri proverà in tutti i modi a trasformare il presidente dell’Inps nel Monti del 2016. Auguri, e figli spread.

    Claudio Cerasa
    Fonte: www.ilfoglio.it
    Link: Chi vuol mandare in pensione Renzi
    12.02.2016

  3. #3
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    Predefinito Re: Chi vuol mandare in pensione renzi

    Confonde speranze con previsioni basate su fatti.

  4. #4
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    Predefinito Re: Chi vuol mandare in pensione renzi

    Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace.

  5. #5
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    Arrow Il piano per commissariare il premier Renzi


    Un governo tecnico a guida Tito Boeri per continuare le riforme imposte dall’Europa. Per ora è solo fantapolitica, ma in futuro chissà. A rilanciare questo stravagante scenario ci ha pensato il Foglio dando voce ad indiscrezioni che si susseguono ormai da alcune settimane. Precisamente da quando i rapporti tra Roma e Bruxelles si sono fatti tesi dopo le richieste di Renzi su una maggiore flessibilità. Il caso banche e il crollo borse hanno fatto il resto. La voce che gira tra le ambasciate è più o meno questa: “Ci risulta ci sia un piano per far cadere questo governo. Siete sicuri che il presidente del Consiglio non faccia la fine che ha fatto Berlusconi nel 2011?”.
    A dirigere una crisi pilotata, fa sapere il giornale diretto da Claudio Cerasa, sarebbero tre ex premier: Enrico Letta, Romano Prodi e Massimo D’Alema.
    Un pezzo di establishment, dicevamo, guidato da uno speciale club con ottimi contatti in Europa formato da ex presidenti del Consiglio (Enrico Letta, Massimo D’Alema, Romano Prodi) che da tempo, a vario titolo, sostiene, in modo più o meno implicito, che – per salvare l’Italia e non condannare il nostro paese a una nuova recessione e a un imminente collasso economico – sia necessario, urgentissimo, preparare la strada a un’alternativa all’attuale presidente del Consiglio
    Sia D’Alema che Prodi e Letta non dispongono di armi in Parlamento (leggasi deputati) per effettuare un ribaltone. E nemmeno i corsivi di Scalfari e gli editoriali del Corriere potranno scalfire la maggioranza del governo. Certo, se sul*lato economico le cose dovessero peggiorare, i tre hanno già individuato il tecnico perfetto per replicare un Monti bis.
    Tito Boeri per il dopo Renzi

    Si tratta del presidente Inps Tito Boeri. Scottato dalla mancata nomina a ministro del Lavoro, poi andata a Poletti, l’economista medita una vendetta politica nei confronti di Renzi. Boeri gode di grande stima in Europa e con la sinistra Pd ha rapporti ottimi a differenza del premier fiorentino.


    Il fondatore del sito Lavoce.info si è portato avanti col lavoro intestandosi alcune battaglie squisitamente “politiche”: la lotta ai vitalizi, quella alle pensioni d’oro e l’introduzione di un reddito minimo. Insomma, Boeri ha già creato una base da cui partire. Se il vento dovesse cambiare, il “partito trasversale” è pronto a puntare su di lui.


    Scritto da: Andrea Turco
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  6. #6
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    Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono.
    (Pablo Neruda - Attribuita)

  7. #7
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    Predefinito Re: Il piano per commissariare il premier Renzi

    Commissariano l'Ebetino..
    La moderazione è una virtù solo per quelle persone che pensano di avere un'alternativa.”
    HENRY KISSINGER
    @Scomunista Reloaded più incazzoso di prima!!

  8. #8
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    Predefinito Re: Chi vuol mandare in pensione renzi

    Citazione Originariamente Scritto da sintierra Visualizza Messaggio
    Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace.
    No , anzi è abilissimo nelle manovre che portano a cambi di partito , tradimenti ecc. Sentivo stasera che nell'attuale parlamento il 25% ha cambiato partito , con il record di Dorina Bianchi che è rimbalzata da destra a sx per ben 6 volte , e ora è sottosegretario.
    Diciamolo , nel promuovere il trasformismo per fini partitocratici e di potere , Renzi è da premio nobel......

  9. #9
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    Predefinito Re: Il piano per commissariare il premier Renzi


  10. #10
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    Predefinito Re: Il piano per mandare a casa il premier Renzi

    IO !!! Ci sto !! Dove devo firmare ?

 

 
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