Così danneggia tutti gli altri paesi UE. E nel 2015 l'avanzo corrente della Germania è arrivato all'8%
27 febbraio, di MAURIZIO RICCI
Bacchettate a sorpresa dalla Commissione Ue: Spagna e Germania dietro la lavagna - Repubblica.it
C'è un paese dell'eurozona che non fa i compiti a casa, promette riforme che poi tiene nel cassetto, rifiuta da anni di prendere le decisioni di politica economica che l'Europa reclama, sbaglia la politica di bilancio e compromette così la salute di tutti gli altri paesi membri. Non è l'unico, ma è il più inaspettato. La Commissione europea ha aspettato un venerdì sera, a mercati chiusi e menti già rivolte al weekend, per far uscire i Country Reports, in cui i tecnici dell'esecutivo di Bruxelles danno i voti ai singoli paesi dell'Unione.
La lettura è poco confortante. La crescita mondiale rallenta, quella americana delude e la ripresa europea, attesa da anni, continua a non manifestarsi. Questa settimana, a Francoforte, Mario Draghi annuncerà nuove misure monetarie per stimolare l'economia europea, ma sottolineerà ancora una volta che la banca centrale può arrivare solo fino ad un certo punto e tocca poi ai governi fornire alle singole economie la spinta necessaria. Ed ecco i Country Reports a valutare le politiche economiche delle diverse capitali.
Riflettori puntati sull'Italia e sulle sue debolezze strutturali, che finiscono per rendere più ardue anche le prospettive di ripresa dell'intera economia europea. Come sull'altra grande economia, la Francia, dove una ripresa troppo debole compromette anche le potenzialità future. Il volumone contiene, però, due sorprese. La prima riguarda la Spagna, supposto allievo modello
delle politiche di austerità invocate, fino a ieri, dalla Commissione. Il debito privato e pubblico, tuttavia, resta troppo alto a Madrid e la vivacità dell'economia nasconde il fatto che la lunga, durissima crisi attraversata ha intaccato il potenziale di sviluppo e, dunque, amplificato i rischi legati agli squilibri macroeconomici.
La seconda sorpresa è il giudizio, insolitamente duro e severo, che gli economisti della Commissione danno sulla Germania. Mentre in Cina, il ministro delle Finanze tedesco, Schaeuble, era come sempre impegnato a dare lezioni a tutti, invocando riforme strutturali e respingendo l'opportunità di stimoli diretti alle economie, Bruxelles gli rimproverava di predicare bene e razzolare male, tenendo nel cassetto le riforme strutturali che Berlino dovrebbe attuare a casa propria. Non solo. I tecnici della Commissione si spendono con decisione a favore di quegli stimoli fiscali che Schaeuble continua a indicare come fonte di peccato e condannano, invece, come un pericolo crescente quello che è il ricorrente motivo di vanto del ministro e di tutto il suo governo: il suo enorme surplus commerciale.
Anche l'anno scorso la Commissione aveva espresso insoddisfazione per la politica tedesca e il documento di venerdì è ancora un documento tecnico. Bisognerà vedere, poi, se Juncker e colleghi decideranno di avallarlo con un giudizio politico e un esplicito cartellino giallo a Berlino. I toni del documento sono però assai espliciti e ripetono quanto molti economisti sostengono da tempo. In particolare, l'avanzo commerciale che, secondo le regole di Bruxelles, non dovrebbe superare il 6 per cento, già l'anno scorso aveva superato il 7 per cento, creando parecchi malumori nella Commissione anche se nessuna censura esplicita. Ma il boom dell'export tedesco continua, l'avanzo è arrivato all'8 per cento e, questa volta, Bruxelles dice chiaramente che questo squilibrio "ha implicazioni negative" per il resto dell'eurozona. Bruxelles contesta, poi, a Berlino, i progressi "limitati o nulli" su quanto la Commissione chiede da anni: investimenti in infrastrutture, maggiore spesa per la scuola e la ricerca, incentivi per ritardare i pensionamenti perché gli squilibri demografici non consentono troppe uscite dal lavoro, la liberalizzazione dei servizi. Tocca a Berlino, che ne ha la possibilità, grazie al pareggio di bilancio, sostenere la domanda nell'economia europea. Bruxelles ci tiene a dire anche che, in Germania, c'è "margine per aumenti salariali".