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Discussione: Il filone "nazionale"

  1. #11
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    Partito dei Lavoratori (Turchia)

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


    Il Partito dei Lavoratori turco (in Turco: İşçi Partisi) è un partito politico in Turchia, guidato da Doğu Perinçek. L' İP è erede del Partito Rivoluzionario dei Lavoratori e dei Contadini di Turchia (TİİKP) e del Partito Socialista di Turchia (SP), entrambi vietati dal governo turco in epoche diverse. Nel febbraio del 2015 IP ha cambiato nome in Partito Patriottico (in Turco: Vatan Partisi), accentuando l'ancoraggio ai principi del Kemalismo.

    Ufficio dell'İP a Üsküdar.

    L' İP unisce una retorica rivoluzionaria a elementi di patriottismo turco, dal momento che sostiene gli ideali del Kemalismo. Tradizionalmente İP si rifà al maoismo e lo coniuga con la tradizione di Mustafa Kemal Atatürk, considerato un "rivoluzionario borghese democratico di sinistra". La strategia di İP è quella della "Rivoluzione Democratica Nazionale".
    In merito alla questione curda İP ritiene che una soluzione basata sulla fratellanza fra le etnie deve escludere a priori ogni iniziativa dell'imperialismo nel Medio Oriente. Secondo İP, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) guidato da Abdullah Öcalan è sotto controllo del governo USA fin dalla prima Guerra del Golfo. Per İP è possibile e necessario unire il popolo turco con il popolo curdo all'interno dei confini di uno stato nazionale unitario di stampo "anti-imperialista". Il separatismo etnico è diventato, secondo İP, uno strumento dell'imperialismo USA per distruggere i mercati nazionali nel terzo mondo ed evitare il sorgere di potenze ad esso concorrenti. Per İP la chiave di volta del problema è quella di demolire le strutture feudali che permangono nelle province turche a maggioranza curda.
    L'İP condivide con i nazionalisti turchi questioni come quella cipriota e quella armena. Il presidente dell' İP è stato condannato inSvizzera per aver pubblicamente negato il genocidio armeno, definito "menzogna degli imperialisti". İP ha peraltro pubblicato numerosi libri sorti da ricerche negli archivi sovietici di Mosca che avvalorano le tesi negazioniste del genocidio armeno.
    L' İP pubblica un settimanale di attualità politica Aydınlık (diventato quotidiano nel 2011), una rivista mensile di teoria marxistaTeori e il mensile di divulgazione scientifico-razionalista Bilim ve Ütopya. Controlla le trasmissioni di un canale TV chiamatoUlusal Kanal ed è proprietario della casa editrice Kaynak Yayınları.
    Il movimento studentesco dell' İP si chiama Öncü Gençlik (Avanguardia giovanile), il movimento destinato invece agli apprendisti "Emekçi Gençlik" (Gioventù Operaia). L'organizzazione femminile dell' İP si chiama Öncü Kadin (Donna Avanguardista).




    FONTE: https://it.wikipedia.org/wiki/Partit...tori_(Turchia)


    IL PRIMO SIMBOLO



    IL SIMBOLO ATTUALE

    Ultima modifica di LupoSciolto°; 01-05-19 alle 12:15
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  2. #12
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    PARTITO CARLISTA

    Il Partito Carlista ( PC ) è un partito politico spagnolo che afferma di essere il continuatore dell'organizzazione storica del Carlismo. Tra il 1970 e il 1972 la "Comunione Tradizionalista", diretta da Javier de Bourbon-Parma , tenne ad Arbonne ( Iparralde ) i tre Congressi del Popolo Carlista. In queste assemblee venne abbandonata la denominazione "Comunione Tradizionalista" , ufficializzata nel 1930, e restaurata quella di "Partito Carlista, " che fu il nome primordiale dell'organizzazione. Il rifondato Partito Carlista è definito come democratico, socialista e contraddistinto da posizioni federali chiaramente di sinistra. Questa linea ideologica rappresentò il culmine di un processo di rinnovamento iniziato nel 1950 dal settore studentesco (AET) e operaio (MOT) carlista. Particolarmente forte è stata l'influenza del cattolicesimo progressista e del Concilio Vaticano II . I critici di questi Congressi affermarono che si stava consumando una rottura con la tradizione politica del carlismo, mentre i suoi sostenitori dissero che si trattava di una necessaria attualizzazione in accordo con i profondi cambiamenti strutturali della società spagnola, che in poco tempo avrebbe sperimentato un alto grado di sviluppo industriale e urbano.
    Attualmente il partito si colloca nella sinistra alternativa, sostenendo il socialismo auto-gestionario come progetto di società e il confederalismo plurinazionale come modello di stato. Per quanto riguarda l'istituzione del capo dello Stato si è dichiarato "accidentalista" nel pieno rispetto della volontà popolare. Rigetta il regime politico nato nel 1978 e pone la necessità di una rottura democratica attraverso un processo costituzionale diretto verso la mobilitazione sociale e il pluralismo nazionale.


    Il Segretario Generale-Federale del Partito Carlista è, dal novembre 2009, Jesus Maria Aragona. Il suo ramo giovanile è costituito dai giovani carlisti. L'organo ufficiale a livello statale è la rivista El federal , che ha iniziato le pubblicazioni nel 1999 come sostituzione dello storico bollettino IM-Informazioni Mensili . Vengono organizzate annualmente, ai primi di maggio, alcune giornate in Montejurra , nella città di Navarra di Estella. Il suo principale organo decisionale è il Congresso Federale , che si tiene una volta ogni quattro anni. Dentro il Congresso l'indirizzo è affidato a un Consiglio federale composto dai rappresentanti carlisti di diverse province dello Stato spagnolo: Euskalherriko Karlista Alderdia , Partito Carlista della Catalogna, Partito Carlista della città di Valencia, Partito Carlista d'Aragona , etc. Dal 2000 esiste un'iniziativa editoriale legata al partito, la Biblioteca Popolare Carlista, che ha pubblicato circa 27 libri.

    Fonte: https://es.wikipedia.org/wiki/Partido_Carlista_(1971) TRADOTTA ALLA BUONA


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  3. #13
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    Partito Nazionalista Sociale Siriano

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

    Il Partito Nazionalista Sociale Siriano o SSNP (in arabo: الحزب السوري القومي الاجتماعي‎, al-Ḥizb al-Sūrī al-Qawmī al-Ijtimāʿī, traducibile anche come Partito Patriottico Sociale Siriano), è un partito politico laico, socialista e nazionalista attivo inLibano, Siria, Giordania, Iraq e Palestina.
    Fondato nel 1932 dal libanese Antun Saade a Beirut, esso preconizza la creazione della cosiddetta Grande Siria, cioè di uno Stato nazionale siriano la cui estensione comprenda la Mezzaluna Fertile, includendo i territori della attuale Siria, Libano, Iraq,Giordania, Territori palestinesi, Cipro, Kuwait, Sinai, la Cilicia in Turchia e lo Shaṭṭ al-ʿArab (ivi compresa la parte iraniana). È la più grande formazione politica della Siria dopo il Baʿth, con più di 100.000 membri, e ha giocato un ruolo fondamentale nella politica libanese sin dalla sua fondazione, essendo notoriamente responsabile di due tentativi di colpo di Stato: il primo nel giugno del 1949 e il secondo il 31 dicembre 1961. Ha avuto una funzione di rilievo contro l'occupante israeliano sin dal 1982. Ha cominciato ad assumere le dimensioni di un partito maggiore negli anni Cinquanta, ma venne reso illegale nel 1955, senza perdere però la sua organizzazione.
    Nel 1985, un membro del partito, Sana'a Mehaidli, si fece esplodere con la sua auto piena di esplosivi in prossimità di un convoglio israeliano a Jezzin, nel Sud del Libano. Uccise due soldati israeliani, diventando la prima donna kamikaze dei giorni nostri.[6][7][8][9] È conosciuta come "La Sposa del Sud".[10]
    Nel 2005 è stato di nuovo legalizzato e si è unito al Fronte Nazionale Progressista guidato dal Baʿth. Il Partito ritiene che esistano solo quattro nazioni arabe: la Siria, l'Arabia, l'Egitto e il Maghreb. Al pari di altri partiti politici libanesi, il PNSS ha una sua milizia armata e ha preso parte ai combattimenti nella guerra tra Israele e Libano nel 1982 e nella guerra civile libanese.
    Attualmente fa parte dell'Alleanza dell'8 marzo.

    Fonte:
    https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_Nazionalista_Sociale_Siriano


    DIFFERENZE TRA PNSS E NAZISMO TEDESCO


    At the core of National Socialism was the Nationalism advocated by the historian Heinrich von Treitschke. A basic theme was Social Darwinism: individuals and nations are both subject to a continuous struggle for life. In this struggle, race is the center of life and all other elements are rated with reference to it. National Socialism claimed that keeping the blood and the race pure is a nation's noblest task. It proclaimed the Germanic race as the new ‘icorpus mysticum’ on which the salvation of the Aryan race and consequently that of the world depended. Accordingly, Nazist policies "figured solely as an expedient intended to improve the Germanic race genetically and to protect it against racial interbreeding which according to the National Socialists, always entails the doctrine of the higher race."

    By contrast, Saadeh excluded the notion of race as a criteria of nationality. In one of his most vigorous statements against the national socialist conception of the N.S.D.A.P, he declared: "The alleged purity of the race or the blood of any nation is a groundless myth. It is found only in savage groups, and even there it is rare." For the same reason, Saadeh reproached both Count Gobineau and Chamberlain, the forefathers of National Socialism, and Pascal Mancini who unconsciously lapsed into the use of the catchword race in defining the concept of the nation.

    In National Socialism, the national idea lost any pretense of scientific objectivity. This is because there is no correlation between race and national frontiers. More importantly, when seen from a purely social perspective, the nation is not a single race in the scientific sense, but a multiracial society fused together in multitudes. This fusion is a process by which two or more races combine to produce a new whole which is significantly different from each of its parent races, but includes elements from all of them, produced through the stimulation of contact and subsequent internal development.

    Another significant difference between National Socialism and Social Nationalism relates to the concept of national history. In National Socialism purity of blood speaks louder than reason, and race is the center of all human history. Ernest Kriek, a National Socialist philosopher at Heidelberg, asserted the contrast as follows: "There has arisen ... blood against formal reason; race against purposeful rationality; honour against profit; unity against individualistic disintegration; martial virtue against bourgeois security; the folk against the individual and the mass."

    In Mein Kampf Hitler stated the basic postulates of the race theory as follows: First, a struggle for the survival of the fittest sets the pace for social progress. This struggle occurs within the race, thus giving rise to a natural elite; it also occurs between races and the cultures that express the inherent natures of different races. Second, hybridization by the intermixture of two races results in the degeneration of the higher race. Third, that all high civilizations or important cultures are the creation of one race, or at most of a few. One particular race singled out is the 'culture-creating Aryan' which, according to Hitler, achieved its superior moral qualities through dutifulness and idealism (honour) rather than intelligence. In this organic conception of life, all history "must be rewritten and reinterpreted in terms of the struggle between the races and their characteristic ideas, or more specifically, as a struggle between the Aryan or culture-creating race and all the lower breeds of mankind."

    On the contrary, Saadeh regarded racial fusion as one of the driving forces of human history. Although he distinguished between higher and lower civilizations he never lost sight of the common sense approach to the question of race relations. This distinction itself was maintained on the ground of racial hybridization. Higher civilization was thus seen as the product not of racial purity, as the national socialists would have us believe, but of the group's on-going inter-racial mixture, and vice versa in relation to lower civilizations. Moreover, whereas in national socialism the nation, in both its existence and history, is seen in a purely racial sense, in social nationalism, it is based on human as well as geographical factors. "There can be no people," wrote Saadeh, "where there is no land, no society where there is no physical environment, and no history where there is no society."In short, National Socialism and Social Nationalism operate on two separate intellectual planes: the former connects between race and nation and the later discounts any such connection. While they may be similar in certain limited ways, it must be recognized that, from both a theoretical and practical perspective, a certain correlation exists between all ideologies no matter how far apart they may be. More obvious, at any rate, is the difference between the intrinsic elements of an idea and its extrinsic parts which can become the great enemy of the intrinsic. It is within this context that comparative analysis should take place, not only between National Socialism and Social Nationalism but also between any two ideas.

    FONTE: http://www.ssnp.com/new/ssnp/en/ssnp_001.htm


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  4. #14
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    Zjuganov racconta la "sua" Russia

    Scritto da Andrea FaisCategoria: Speciale
    Pubblicato: Martedì, 03 Marzo 2015 04:11


    (ASI) Appena uscito per i tipi di Anteo Edizioni, La mia Russia. Ideologia del patriottismo russo è già arrivato a Mosca, in mano al diretto interessato.
    Gennadij Zjuganov è un dirigente politico di lungo corso, arcinoto in patria ma poco conosciuto in un'Europa dove, molte volte, l'immagine sociale del vastissimo Paese orientale viene riduttivamente identificata con la vicenda personale di Vladimir Putin. Prima che l'attuale presidente balzasse agli onori delle cronache, infatti, la Russia trascorse uno dei periodi più bui della sua storia moderna. Molti analisti scorsero negli anni Novanta una nuova epoca dei torbidi, la drammatica e caotica fase di transizione cominciata con la fine della Dinastia Rjurik e terminata con l'inizio della Dinastia Romanov, a cavallo tra XVI e XVII secolo.
    L'anarchia liberista portò alla disintegrazione quel che restava dell'URSS, sotto l'attenta egida di un manipolo di oligarchi-liquidatori gravitanti nell'orbita di Boris Eltsin che, dopo aver cannoneggiato il Parlamento prossimo a sfiduciarlo nell'ottobre 1993, si presentò a Bill Clinton come il demiurgo della "nuova democrazia" russa. A mantenere in vita le speranze delle categorie sociali più colpite dalla shock-therapy del liquidatore Anatolj Chubais, c'era proprio Zjuganov.
    I contenuti di quest'opera propongono per la prima volta in lingua italiana un insieme di scritti, analisi e riflessioni elaborati in quegli anni dal leader del Partito Comunista della Federazione Russa, ancor oggi seconda forza politica alla Duma di Stato, dopo il partito di governo Russia Unita.
    La mia Russia è un compendio indispensabile per conoscere il pensiero dell'autore nella sua originalità e nella particolarità di una linea politica che, senza rinnegare le radici leniniste, ha inglobato tutta una serie di istanze patriottiche e strategiche, finalizzate a riscoprire l'autenticità del pensiero tradizionale russo e a "ricucire gli strappi del 1917". La revisione storica del passato, nella sua eroicità e nella sua tragicità, pone il lettore di fronte a dilemmi di importanza capitale per il futuro della Russia, risolvibili, secondo l'autore, soltanto recuperando la tesi fondante dell'Unione come forma statale essenziale per la salvezza della nazione. Zjuganov delinea l'idea patriottica russa attraverso le tappe che ne hanno scandito la formazione storica nel corso dei secoli. Nonostante alcune particolarità ideologiche inedite, anche l'Unione Sovietica avrebbe dunque riprodotto l'antico confronto tra forze ostili, indifferenti alle sorti nazionali o ammaliate dal modello occidentale, e lo spirito russo autentico, radicato nell'idea sociale (sobornost') comune ai popoli slavi [cfr. Alekseij Chomjakov], ma anche a quelli uralo-altaici [cfr. Lev Gumilëv].
    Per larghi tratti ispirato dall'opera dell'intellettuale nazionalista sovietico Sergeij Semanov, autore di un controverso saggio dal titolo "Valori Relativi e Valori Eterni", pubblicato nel 1970 dal mensile del KomsomolMolodaja Gvardija, Zjuganov ha tenuto unito quel vasto e disseminato fronte di personalità politiche, scientifiche e culturali del panorama sovietico che, sotto la sbrigativa etichetta di "partito russo", chiedevano una riforma sistemica capace di restituire, a tutti i livelli, l'impulso e la dinamicità perduti negli anni della stagnazione. Deluso dalla perestrojka, Zjuganov aveva intuito con largo anticipo i pericoli nascosti dietro la glasnost' e la Dottrina Sinatra. L'accordo di Beloveža, che nel dicembre 1991 mise la parola fine su quanto rimaneva dell'Unione, avrebbe confermato i timori politici di Zjuganov e del "partito russo".
    La mia Russia è dunque un testo essenziale per capire la storia recente del Paese, le sue caratteristiche storico-sociali e le sue direttrici geopolitiche, mantenendo, a quasi venti anni di distanza dalla pubblicazione originale dei suoi contenuti, una sorprendente attualità in alcuni dei suoi passaggi salienti.
    La mia Russia. Ideologia del patriottismo russo
    Gennadij Zjuganov
    Anteo Edizioni, 2015 € 20,00

    Fonte: http://www.agenziastampaitalia.it/sp...-la-sua-russia
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  5. #15
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    Partito Radicale Serbo



    I


    SRS è nato nel 1991, dopo la fine del regime comunista, dalla fusione tra una frazione del Partito Radicale Popolare guidata da Tomislav Nikolić e dal Movimento Cetnico Serbo di Vojislav Šešelj, a sua volta nato da una scissione delMovimento del Rinnovamento Serbo. Il termine Cetnico richiama i membri delle organizzazioni serbe che, nel XIX secolo, si impegnavano per l'indipendenza della Serbia dall'Impero Ottomano. Da qui è facile comprendere il carattere indipendentista e nazionalista del MSC e, di conseguenza, di SRS. SRS, infatti, si contraddistinse subito nella difesa dell'idea della Grande Serbia, con il relativo totale controllo sulle regioni del Kosovo, della Voivodina,il mantenimento della federazione con il Montenegro, l'annessione della Republika Srpska e delle regioni della ex-Repubblica Serba di Krajina.



    Storia

    Dal 1991 al 2000

    Alle elezioni politiche del 1992,ottenne il 22,6% ed elesse 73 deputati. Tra il 1991 ed il 1993, SRS ed il suo leader Vojislav Šešelj sostennero il presidente Slobodan Milošević, del Partito Socialista di Serbia (SPS), nella guerra che portò alla divisione della ex-Jugoslavia. Šešelj, per l'attività durante la guerra, è stato accusato dal tribunale penale internazionale per crimini contro l'umanità.
    Alle politiche anticipate del 1993, SRS calò ulteriormente al 13,8% e dimezzò i propri seggi (39). Tra il 1993 ed il 1998, SRS fu all'opposizione del governo di Milošević, perché non condivise il mancato sostegno alla Republika Srpska e al suo presidente Radovan Karadžić durante il conflitto in Bosnia ed Erzegovina. Alle politiche del 1997, grazie alla propria intransigente opposizione, SRS salì al 28,1% dei voti ed elesse ben 81 deputati. Tra il 1998 ed il 2000 SRS e SPS tornarono ad allearsi, difendendo la sovranità della Serbia sul Kosovo e opponendosi all'aggressione della NATO contro laRepubblica Federale di Jugoslavia.
    Dal 2000 al 2007

    Le proteste di piazza dell'Opposizione Democratica di Serbia portarono, nel 2000, alla caduta del governo di Milošević. Alle elezioni politiche dello stesso anno SRS perse il 20% dei voti, crollò all'8,6% ed elesse 23 deputati. SRS passò, così, all'opposizione di un governo formato, tra gli altri, dal Partito Democratico (DS) e dal Partito Democratico di Serbia (DSS).
    Alle politiche del 2003, accentuando i toni nazionalisti e l'attenzione ai temi sociali, approfittando, inoltre, della spaccatura tra DS e DSS, SRS ottenne il 27,6% dei voti, eleggendo 82 deputati e divenendo il primo partito serbo. Il risultato fu dovuto anche al travaso dei voti da SPS a SRS. I socialisti, infatti, privati ormai di Milošević, scesero ulteriormente dal 13,8% al 7,6% dei consensi.
    Alle elezioni presidenziali del 2004, il candidato di SRS, Tomislav Nikolić, si piazzò al primo posto con il 30% dei voti. Al ballottaggio, però, venne superato dal candidato del DS, Boris Tadić, che vinse con il 54% dei suffragi. Al primo turno il candidato dei socialisti ottenne appena il 3,5% dei voti, ad ulteriore conferma del fatto che SRS è divenuto ormai il partito di riferimento dei nazionalisti serbi.
    Alle politiche del 2007, i radicali salgono al 28,7% dei consensi, con un incremento dello 0,9%. Ciò nonostante SRS perse un seggio (81 in totale). Il variegato fronte "democratico" (DS, DSS, G17 Plus, LDP, GSS, LSV, SDU) ha potuto contare su un incremento di 8 seggi, grazie al calo del Partito Socialista di Serbia. Ad avvantaggiarsi è stato soprattutto il Partito Democratico, che è salito al 22,9% (+10,3%).

    Dalla scissione di SNS ad oggi

    Alle politiche anticipate del 2008, SRS è salito al 29,5% dei consensi, ma è sceso a 78 seggi.
    Il 21 luglio 2008, le forze speciali del nuovo governo europeista (formato da DS, SPS, G17 e altri) catturarono Radovan Karadžić, ex-presidente della Republika Srpska. Il 29 luglio, dopo la sua estradizione al tribunale dell'Aja, i leader radicali organizzarono un grande meeting con quasi 100.000 manifestanti, protestando contro l'arresto del leader serbo-bosniaco.
    Nel settembre 2008, i radicali hanno subito una scissione ad opera del vicepresidente del partito Tomislav Nikolić, che dopo essersi scontrato con Vojislav Šešelj (riguardo all'entrata della Serbia nell'UE) ha deciso insieme a 20 deputati di lasciare SRS, dando vita al Partito Progressista Serbo (SNS), di ispirazione nazional-conservatrice ma favorevole all'entrata della Serbia nell'UE.
    Dopo l'uscita di Nikolić, il presidente Seselj ha nominato Dragan Todorović vicepresidente vicario.
    Il 26 maggio 2011 fu arrestato anche il generale serbo Ratko Mladić, SRS anche questa volta ha protestato vivamente e ha causato per diverse settimane il blocco del parlamento e organizzando proteste con lo slogan La Serbia non è Tadic!.
    Alle elezioni parlamentari del 2012 SRS a causa della scissione di Nikolić, ha avuto un tracollo elettorale ottenendo solo il 4,6% e perdendo tutti i suoi parlamentari, trovandosi così per la prima volta fuori dall'Assemblea Nazionale dal 1992. Anche la candidata di SRS alle elezioni presidenziali Jadranka Šešelj, moglie di Vojislav Šešelj, ha ricevuto solo il 3,8% e non è passata così al primo turno.
    Alle elezioni parlamentari anticipate del 2014 SRS ha deciso di creare un cartello elettorale con le organizzazioni ultra-nazionaliste Onore Serbo e Movimento Nazionale Serbo "Naši". SRS ha ricevuto l'appoggio del geopolitico russo Aleksandr Dugin e del Movimento Internazionale Eurasiatista. Nonostante ciò ha ottenuto solo il 2,0% dei voti, rimanendo così extraparlamentare.


    OVVIAMENTE NON CONDIVIDIAMO TUTTE LE POSIZIONI ESPRESSE E SOSTENUTE DA QUESTO PARTITO
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  6. #16
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    32 County Sovereignty Movement




    Il 32 County Sovereignty Movement (irlandese: Gluaiseacht Ceannasachta na Dhá Chontae is Tríocha) spesso abbreviato in 32CSM o 32csm, è un'organizzazione politica repubblicana irlandese.
    Gli obbiettivi del 32 County Sovereignty Movement sono:

    • "Restaurare la sovranità nazionale irlandese";
    • "Cercare di raggiungere l'unità e l'accordo tra il popolo irlandese sulla questione del ripristino della sovranità nazionale e promuovere gli ideali rivoluzionari del movimento repubblicano e, a tal fine, partecipare allo stesso movimento come rifiuto di ogni forma di colonialismo e imperialismo";
    • "Chiedere l'immediato e incondizionato rilascio di tutti i prigionieri repubblicani irlandesi in tutto il mondo."[1]

    Molti dei membri fondatori del 32CSM sono stati membri dello Sinn Féin ed erano parte di un sottogruppo dello Sinn Féin chiamato 32 County Sovereignty Committee.
    Il 32CSM è spesso indicato come "ala politica" della Real IRA[2][3].
    Storia

    L'organizzazione è stata fondata il 7 dicembre 1997 durante un incontro nella contea di Fingal, a Dublino, da attivisti repubblicani che si trovavano in forte disaccordo con la politica adottata dallo Sinn Féin e da altri politici repubblicani nel processo di pace, che avrebbe portato, l'anno seguente, al cosiddetto Belfast Agreement (conosciuto anche come Accordo del Venerdì Santo). La stessa rottura del movimento repubblicano ha portato alla formazione di quell'organizzazione paramilitare conosciuta come Real IRA in seguito alla scissione di alcuni elementi dissidenti dalla Provisional IRA; le due scissioni sono avvenute pressoché nello stesso tempo. Il 32CSM viene spesso considerato l'"ala politica" della Real IRA[2][3], anche se i membri rifiutano questa definizione.
    La maggior parte dei suoi fondatori sono stati membri dello Sinn Féin; alcuni sono stati espulsi dal partito e altri non erano stati in grado di mantenere con esso un buon rapporto per la linea politica adottata dalla leadership. Bernadette Sands McKevitt, sorella di Bobby Sands e moglie di Michael McKevitt, era un importante membro del partito fino alla scissione nel movimento.
    Il nome fa riferimento alle 32 contee d'Irlanda, che sono state create dal Regno Unito e rivendicate dalla Repubblica d'Irlanda proclamata nel 1919. A causa della divisione dell'Irlanda nel 1920-22, 26 contee sono andate a formare il Libero Stato d'Irlanda (divenuta successivamente la Repubblica d'Irlanda), mentre le altre 6 sono andate a costituire l'Irlanda del Nord, ancora oggi parte integrante del Regno Unito.
    Nel novembre 2005 il 32CSM ha lanciato un'iniziativa politica del titolo Irish Democracy, A Framework For Unity (Democrazia Irlandese, un quadro per l'Unità).
    Proteste

    Il 32CSM ha protestato contro l'internamento sia nella Repubblica d'Irlanda sia in Irlanda del Nord.

    Il 32CSM è stata oggetto di proteste da parte delle famiglie delle vittime dell'attentato di Omagh del 1998, compiuto dalla Real IRA[4].Altre proteste sono quelle contro l'ex capo del Democratic Unionist Party (DUP) Ian Paisley; contro l'ex primo ministro inglese John Majora Cobh, nella contea di Cork, contro la visita del capo del Police Service of Northern Ireland Sir Hugh Orde, contro l'occupazione israeliana della palestina e contro quella anglo-americana dell'Iraq.
    Gary Donnely, membro importante del 32CSM, si è recentemente presentato alle elezioni nel Foyle West Ward (come candidato indipendente), e ha ricevuto un totale di 612 voti. Il 32CSM ha un seguito molto limitato sia in Irlanda del Nord, sia nella Repubblica.
    Legalità

    Negli Stati Uniti d'America, questo gruppo è considerato tra le organizzazioni terroristiche straniere (le cosiddette Foreign Terrorist Organization - FTO), nonché un tutt'uno con la più famosa Real IRA, già compresa nel FTO.[5] In una conferenza del 2001, il portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America ha affermato che "prove fornite da entrambi i governi del Regno Unito e dell'Irlanda e altri materiali reperibili dimostrano chiaramente che chi ha creato la Real IRA formò anche queste due entità legali per curare l'aspetto pubblico della RIRA. Queste organizzazioni corrispondenti dunque si impegnano nella propaganda e nella raccolta di fondi per conto della RIRA e in collaborazione con essa".[6]



    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  7. #17
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    Zjuganov racconta la "sua" Russia

    Scritto da Andrea FaisCategoria: Speciale
    Pubblicato: Martedì, 03 Marzo 2015 04:11


    (ASI) Appena uscito per i tipi di Anteo Edizioni, La mia Russia. Ideologia del patriottismo russo è già arrivato a Mosca, in mano al diretto interessato.
    Gennadij Zjuganov è un dirigente politico di lungo corso, arcinoto in patria ma poco conosciuto in un'Europa dove, molte volte, l'immagine sociale del vastissimo Paese orientale viene riduttivamente identificata con la vicenda personale di Vladimir Putin. Prima che l'attuale presidente balzasse agli onori delle cronache, infatti, la Russia trascorse uno dei periodi più bui della sua storia moderna. Molti analisti scorsero negli anni Novanta una nuova epoca dei torbidi, la drammatica e caotica fase di transizione cominciata con la fine della Dinastia Rjurik e terminata con l'inizio della Dinastia Romanov, a cavallo tra XVI e XVII secolo.
    L'anarchia liberista portò alla disintegrazione quel che restava dell'URSS, sotto l'attenta egida di un manipolo di oligarchi-liquidatori gravitanti nell'orbita di Boris Eltsin che, dopo aver cannoneggiato il Parlamento prossimo a sfiduciarlo nell'ottobre 1993, si presentò a Bill Clinton come il demiurgo della "nuova democrazia" russa. A mantenere in vita le speranze delle categorie sociali più colpite dalla shock-therapy del liquidatore Anatolj Chubais, c'era proprio Zjuganov.
    I contenuti di quest'opera propongono per la prima volta in lingua italiana un insieme di scritti, analisi e riflessioni elaborati in quegli anni dal leader del Partito Comunista della Federazione Russa, ancor oggi seconda forza politica alla Duma di Stato, dopo il partito di governo Russia Unita.
    La mia Russia è un compendio indispensabile per conoscere il pensiero dell'autore nella sua originalità e nella particolarità di una linea politica che, senza rinnegare le radici leniniste, ha inglobato tutta una serie di istanze patriottiche e strategiche, finalizzate a riscoprire l'autenticità del pensiero tradizionale russo e a "ricucire gli strappi del 1917". La revisione storica del passato, nella sua eroicità e nella sua tragicità, pone il lettore di fronte a dilemmi di importanza capitale per il futuro della Russia, risolvibili, secondo l'autore, soltanto recuperando la tesi fondante dell'Unione come forma statale essenziale per la salvezza della nazione. Zjuganov delinea l'idea patriottica russa attraverso le tappe che ne hanno scandito la formazione storica nel corso dei secoli. Nonostante alcune particolarità ideologiche inedite, anche l'Unione Sovietica avrebbe dunque riprodotto l'antico confronto tra forze ostili, indifferenti alle sorti nazionali o ammaliate dal modello occidentale, e lo spirito russo autentico, radicato nell'idea sociale (sobornost') comune ai popoli slavi [cfr. Alekseij Chomjakov], ma anche a quelli uralo-altaici [cfr. Lev Gumilëv].
    Per larghi tratti ispirato dall'opera dell'intellettuale nazionalista sovietico Sergeij Semanov, autore di un controverso saggio dal titolo "Valori Relativi e Valori Eterni", pubblicato nel 1970 dal mensile del KomsomolMolodaja Gvardija, Zjuganov ha tenuto unito quel vasto e disseminato fronte di personalità politiche, scientifiche e culturali del panorama sovietico che, sotto la sbrigativa etichetta di "partito russo", chiedevano una riforma sistemica capace di restituire, a tutti i livelli, l'impulso e la dinamicità perduti negli anni della stagnazione. Deluso dalla perestrojka, Zjuganov aveva intuito con largo anticipo i pericoli nascosti dietro la glasnost' e la Dottrina Sinatra. L'accordo di Beloveža, che nel dicembre 1991 mise la parola fine su quanto rimaneva dell'Unione, avrebbe confermato i timori politici di Zjuganov e del "partito russo".
    La mia Russia è dunque un testo essenziale per capire la storia recente del Paese, le sue caratteristiche storico-sociali e le sue direttrici geopolitiche, mantenendo, a quasi venti anni di distanza dalla pubblicazione originale dei suoi contenuti, una sorprendente attualità in alcuni dei suoi passaggi salienti.
    La mia Russia. Ideologia del patriottismo russo
    Gennadij Zjuganov
    Anteo Edizioni, 2015 € 20,00

    Fonte: Zjuganov racconta la "sua" Russia | Agenzia Stampa Italia
    Se fossi russo voterei senz'altro il partito di Zjuganov, a quando un partito comunista patriottico italiano?
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  8. #18
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    Citazione Originariamente Scritto da Gianky Visualizza Messaggio
    Se fossi russo voterei senz'altro il partito di Zjuganov, a quando un partito comunista patriottico italiano?
    Qualcuno ti potrebbe dire: c'è già

    Scherzi a parte, ci vorranno almeno cento anni
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  9. #19
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    Ollanta Humala. Il fasciocomunista peruviano


    di Giorgio Ballario - 19/04/2011

    Fonte: mirorenzaglia [scheda fonte]






    Manca oltre un mese e mezzo al ballottaggio del 5 giugno, ma la sfida per diventare presidente del Perù si fa ogni giorno più calda. I due candidati usciti dal primo turno elettorale – Ollanta Humala di “Gana Perù” e Keiko Fujimori di “Fuerza 2011”, rispettivamente con il 31,7 e il 23,5 per cento – stanno affilando le armi in vista del rush finale e soprattutto provano a raggiungere un’intesa con le altre forze politiche rimaste fuori dal ballottaggio.
    Finora nulla di ufficiale, ma il populista “di sinistra” (quando si parla di categorie politiche europee, in Sudamerica le virgolette sono d’obbligo) Humala avrebbe incassato l’appoggio dell’ex presidente centrista Alejandro Toledo e persino una certa simpatia del Premio Nobel Mario Vargas Llosa, che pure aveva descritto l’alternativa fra lui e la figlia di Fujimori come «una scelta fra l’Aids e il cancro».
    Da parte sua la populista “di destra” ha già sondato il terreno con l’ex sindaco diLima Castañeda e sta tentando un abboccamento con “El Gringo” Kuczynski, l’ex candidato liberista e i filo-americano, espressione delle classi agiate della capitale e della costa. Tutto ciò mentre su Facebook una pagina che invitava le forze armate al colpo di Stato contro Humala raggiungeva in poche ore le duemila adesioni, prima di venir bloccata. A quanto pare, ogni Paese ha i suoi Asor Rosa
    Il guerriero che tutto vede
    In attesa delle prossime mosse della lunga campagna elettorale, è interessante conoscere meglio Ollanta Humala, il favorito, l’uomo che già quattro anni fa andò al ballottaggio in testa e invece venne clamorosamente battuto in “zona Cesarini” da Alan Garcia. La stampa internazionale lo presenta come il candidato di sinistra, socialista e populista, una specie di Chàvez peruviano, insomma, anche se negli ultimi mesi Ollanta ha di gran lunga attenuato le posizioni più radicali e ha preso le distanze dallo scomodo “caudillo” venezuelano.
    Nella coalizione che lo sostiene hanno trovato posto minuscoli partiti socialisti e comunisti, ma la formazione politica e culturale di Ollanta (che nella lingua incaica significa “il guerriero che tutto vede”) è tutt’altro che di sinistra, e tanto meno marxista. Il suo movimento, il Partito Nazionalista Peruviano, affonda le radici nella dottrina etnocacerista, una strana (per noi) ideologia che prende il nome dal generale Càceres, presidente della repubblica nell’Ottocento ed eroe della guerra con il Cile. Fondatore e ideologo dell’etnocacerismo è il padre di Ollanta, Isaac Humala, un avvocato con il pallino della politica che ha imposto ai figli tutti nomi di derivazione incaica (ma la madre, Elena Tasso, è di origine italiana). Fondatore dell’Istituto di Studi Etnopolitici, negli scorsi decenni Humala senior ha elaborato una dottrina nazionalista e socialista basata sul riscatto etnico della popolazione di origine india, che in Perù è maggioranza ma a livello politico, economico e sociale non conta quasi nulla.
    L’etnocacerismo
    In Perù molti osservatori hanno apertamente accusato gli etnocaceristi di razzismo e persino di nazismo. Sul finire degli anni Novanta i militanti del partito erano soprattutto reduci della guerricciola di confine con l’Ecuador, avviata nel 1995 dall’allora presidente Fujimori per vecchie questioni di frontiera. Veterani che agitavano la bandiera del nazionalismo peruviano e cavalcavano lo spettro di una “vittoria mutilata”, addossando al “Chino” le colpe per la grave crisi economica e morale in cui era precipitato il Paese andino dopo aver sconfitto, con le buone e molto di più con le cattive, la minaccia del terrorismo maoista di Sendero Luminoso. Ollanta Humala, ufficiale dell’esercito, aveva combattuto entrambe le guerre: quella subdola e scivolosa contro il terrorismo e quella ufficiale contro l’Ecuador. Così come il fratello Antauro, pure lui ufficiale, ancor più radicale nella lotta politica.
    Il 29 ottobre del 2000, mentre il regime di Fujimori è scosso dagli scandali giudiziari e la popolarità del “Chino” è in picchiata, i due fratelli Humala, alla testa di una settantina di reduci, assaltano in armi una caserma nella cittadina mineraria di Locumba, denunciando l’illegalità del governo e chiedendo le dimissioni del presidente. Gli etnocaceristi contestano la corruzione imperante, anche ai vertici delle forze armate, e invocano più dignità per i militari e i reduci della guerra. La sollevazione dura un mese, poi gli insorti si arrendono. Poco dopo, grazie anche alla destituzione di Fujimori, i fratelli Humala fruiranno di un’amnistia, anche se verranno per sempre messi ai margini dell’esercito.
    Ollanta si dedica agli studi universitari e alla politica, il fratello Antauro invece persegue strade più radicali. Cinque anni dopo, sotto la presidenza Toledo, Antauro Humala ritenta la via del colpo di mano: con un gruppo armato assalta un commissariato ad Andahuaylas, chiedendo le dimissioni del successore di Fijimori e la reintroduzione della vecchia costituzione del 1979. Questa volta le cose finiscono male: nello scontro a fuoco restano uccisi quattro poliziotti e due militanti etnocaceristi e quando Antauro si arrende viene arrestato, processato e condannato a 25 anni di carcere.
    La carriera politica
    I fatti di Andahuaylas peseranno come un macigno sulla carriera politica di Ollanta, che pure aveva preso le distanze dalle pozioni estremiste del fratello. Ritiratosi dall’esercito con il grado di tenente colonnello, nel 2005 Humala fonda il Partito Nazionalista e l’anno successivo si presenta alle elezioni presidenziali: raggiunge il ballottaggio ma l’appoggio di Chàvez (che lo indica ufficialmente come suo amico e futuro alleato) e la presenza nella coalizione di alcune formazioni di estrema sinistra gli costano il voto della classe media, che preferisce il discusso candidato dell’Apra (centrosinistra), Alan Garcia.
    Nei cinque anni che l’hanno separato dalle elezioni presidenziali del 2011l, Ollanta ha lavorato soprattutto per rinforzare il partito sul territorio e per rimodellare la sua immagine di “estremista”, prendendo le distanze dall’etnocacerismo di famiglia. Secondo il sociologo Gonzalo Portocarrero, «l’ideologia razzista e autoritaria di Isaac Humala e dell’etnocacerismo, nella versione più “light” di Ollanta risulta accettabile per molti».
    Il programma di Ollanta
    Nei mesi che hanno preceduto le presidenziali, le posizioni di Humala si sono via via moderate, anche in virtù dei consigli di alcuni “spin doctor” vicini all’ex presidente brasiliano Lula. Ed è probabile che nelle prossime settimane l’ex tenente colonnello debba smussare ancor di più i suoi angoli, in vista di un apparentamento con i moderati di Toledo.
    Restano comunque i punti fissi del programma politico del Pnp: nazionalismo; socialismo andino (che rispetta le forme comunitarie tradizionali, i diritti, le proprietà comunali e il patrimonio culturale delle popolazioni di origine india); continuità con l’ideale della Grande Patria latinoamericana di Bolìvar e San Martìn; riferimento alla storia patria, in particolare all’esperienza imperiale degli Incas. E ancora: giustizia sociale, opposizione alla globalizzazione al neoliberismo (i cui principi sono stati inseriti nella Costituzione del 1993 voluta da Fujimori) e modifica del Trattato sul Libero Commercio con gli Usa, interventismo pubblico in economia (aumento del salario minimo, tassa sui profitti del settore minerario, acqua potabile per tutti, servizio sanitario gratuito e incentivi all’agricoltura), estensione dei diritti sindacali.
    Un programma che può apparire “di sinistra”, se messo a confronto con la politica della destra neo-liberista; ma che in realtà appartiene a tutti gli effetti al patrimonio ideologico “tercerista” sudamericano, che spesso ha avuto proprio nei militari alcuni fra i suoi più convinti interpreti: da Peròn allo stesso Chàvez, dal messicano Càrdenas al peruviano Velasco, che non a caso figura nel pantheon ideale del Pnp di Ollanta Humala.
    Buona parte della sinistra ha appoggiato Humala (non l’Apra, che al primo turno si è avvicinata addirittura al candidato filo-americano Kuczynski), ma il candidato nazionalista persegue la sua strategia di concertazione e coinvolgimento della società peruviana al di fuori degli schemi classici. Nei giorni scorsi ha trovato terreno fertile anche nella Chiesa: è stato ricevuto da Juan Luis Cipriani, potente cardinale primate, che secondo la stampa gli ha strappato un paio di promesse poco digeribili per i progressisti: niente aborto e niente legge sulle coppie di fatto.

    Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it
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  10. #20
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    Predefinito Re: Il filone "nazionale"

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    Ollanta Humala. Il fasciocomunista peruviano


    di Giorgio Ballario - 19/04/2011

    Fonte: mirorenzaglia [scheda fonte]






    Manca oltre un mese e mezzo al ballottaggio del 5 giugno, ma la sfida per diventare presidente del Perù si fa ogni giorno più calda. I due candidati usciti dal primo turno elettorale – Ollanta Humala di “Gana Perù” e Keiko Fujimori di “Fuerza 2011”, rispettivamente con il 31,7 e il 23,5 per cento – stanno affilando le armi in vista del rush finale e soprattutto provano a raggiungere un’intesa con le altre forze politiche rimaste fuori dal ballottaggio.
    Finora nulla di ufficiale, ma il populista “di sinistra” (quando si parla di categorie politiche europee, in Sudamerica le virgolette sono d’obbligo) Humala avrebbe incassato l’appoggio dell’ex presidente centrista Alejandro Toledo e persino una certa simpatia del Premio Nobel Mario Vargas Llosa, che pure aveva descritto l’alternativa fra lui e la figlia di Fujimori come «una scelta fra l’Aids e il cancro».
    Da parte sua la populista “di destra” ha già sondato il terreno con l’ex sindaco diLima Castañeda e sta tentando un abboccamento con “El Gringo” Kuczynski, l’ex candidato liberista e i filo-americano, espressione delle classi agiate della capitale e della costa. Tutto ciò mentre su Facebook una pagina che invitava le forze armate al colpo di Stato contro Humala raggiungeva in poche ore le duemila adesioni, prima di venir bloccata. A quanto pare, ogni Paese ha i suoi Asor Rosa
    Il guerriero che tutto vede
    In attesa delle prossime mosse della lunga campagna elettorale, è interessante conoscere meglio Ollanta Humala, il favorito, l’uomo che già quattro anni fa andò al ballottaggio in testa e invece venne clamorosamente battuto in “zona Cesarini” da Alan Garcia. La stampa internazionale lo presenta come il candidato di sinistra, socialista e populista, una specie di Chàvez peruviano, insomma, anche se negli ultimi mesi Ollanta ha di gran lunga attenuato le posizioni più radicali e ha preso le distanze dallo scomodo “caudillo” venezuelano.
    Nella coalizione che lo sostiene hanno trovato posto minuscoli partiti socialisti e comunisti, ma la formazione politica e culturale di Ollanta (che nella lingua incaica significa “il guerriero che tutto vede”) è tutt’altro che di sinistra, e tanto meno marxista. Il suo movimento, il Partito Nazionalista Peruviano, affonda le radici nella dottrina etnocacerista, una strana (per noi) ideologia che prende il nome dal generale Càceres, presidente della repubblica nell’Ottocento ed eroe della guerra con il Cile. Fondatore e ideologo dell’etnocacerismo è il padre di Ollanta, Isaac Humala, un avvocato con il pallino della politica che ha imposto ai figli tutti nomi di derivazione incaica (ma la madre, Elena Tasso, è di origine italiana). Fondatore dell’Istituto di Studi Etnopolitici, negli scorsi decenni Humala senior ha elaborato una dottrina nazionalista e socialista basata sul riscatto etnico della popolazione di origine india, che in Perù è maggioranza ma a livello politico, economico e sociale non conta quasi nulla.
    L’etnocacerismo
    In Perù molti osservatori hanno apertamente accusato gli etnocaceristi di razzismo e persino di nazismo. Sul finire degli anni Novanta i militanti del partito erano soprattutto reduci della guerricciola di confine con l’Ecuador, avviata nel 1995 dall’allora presidente Fujimori per vecchie questioni di frontiera. Veterani che agitavano la bandiera del nazionalismo peruviano e cavalcavano lo spettro di una “vittoria mutilata”, addossando al “Chino” le colpe per la grave crisi economica e morale in cui era precipitato il Paese andino dopo aver sconfitto, con le buone e molto di più con le cattive, la minaccia del terrorismo maoista di Sendero Luminoso. Ollanta Humala, ufficiale dell’esercito, aveva combattuto entrambe le guerre: quella subdola e scivolosa contro il terrorismo e quella ufficiale contro l’Ecuador. Così come il fratello Antauro, pure lui ufficiale, ancor più radicale nella lotta politica.
    Il 29 ottobre del 2000, mentre il regime di Fujimori è scosso dagli scandali giudiziari e la popolarità del “Chino” è in picchiata, i due fratelli Humala, alla testa di una settantina di reduci, assaltano in armi una caserma nella cittadina mineraria di Locumba, denunciando l’illegalità del governo e chiedendo le dimissioni del presidente. Gli etnocaceristi contestano la corruzione imperante, anche ai vertici delle forze armate, e invocano più dignità per i militari e i reduci della guerra. La sollevazione dura un mese, poi gli insorti si arrendono. Poco dopo, grazie anche alla destituzione di Fujimori, i fratelli Humala fruiranno di un’amnistia, anche se verranno per sempre messi ai margini dell’esercito.
    Ollanta si dedica agli studi universitari e alla politica, il fratello Antauro invece persegue strade più radicali. Cinque anni dopo, sotto la presidenza Toledo, Antauro Humala ritenta la via del colpo di mano: con un gruppo armato assalta un commissariato ad Andahuaylas, chiedendo le dimissioni del successore di Fijimori e la reintroduzione della vecchia costituzione del 1979. Questa volta le cose finiscono male: nello scontro a fuoco restano uccisi quattro poliziotti e due militanti etnocaceristi e quando Antauro si arrende viene arrestato, processato e condannato a 25 anni di carcere.
    La carriera politica
    I fatti di Andahuaylas peseranno come un macigno sulla carriera politica di Ollanta, che pure aveva preso le distanze dalle pozioni estremiste del fratello. Ritiratosi dall’esercito con il grado di tenente colonnello, nel 2005 Humala fonda il Partito Nazionalista e l’anno successivo si presenta alle elezioni presidenziali: raggiunge il ballottaggio ma l’appoggio di Chàvez (che lo indica ufficialmente come suo amico e futuro alleato) e la presenza nella coalizione di alcune formazioni di estrema sinistra gli costano il voto della classe media, che preferisce il discusso candidato dell’Apra (centrosinistra), Alan Garcia.
    Nei cinque anni che l’hanno separato dalle elezioni presidenziali del 2011l, Ollanta ha lavorato soprattutto per rinforzare il partito sul territorio e per rimodellare la sua immagine di “estremista”, prendendo le distanze dall’etnocacerismo di famiglia. Secondo il sociologo Gonzalo Portocarrero, «l’ideologia razzista e autoritaria di Isaac Humala e dell’etnocacerismo, nella versione più “light” di Ollanta risulta accettabile per molti».
    Il programma di Ollanta
    Nei mesi che hanno preceduto le presidenziali, le posizioni di Humala si sono via via moderate, anche in virtù dei consigli di alcuni “spin doctor” vicini all’ex presidente brasiliano Lula. Ed è probabile che nelle prossime settimane l’ex tenente colonnello debba smussare ancor di più i suoi angoli, in vista di un apparentamento con i moderati di Toledo.
    Restano comunque i punti fissi del programma politico del Pnp: 1 -nazionalismo; socialismo andino (che rispetta le forme comunitarie tradizionali, i diritti, le proprietà comunali e il patrimonio culturale delle popolazioni di origine india); continuità con l’ideale della Grande Patria latinoamericana di Bolìvar e San Martìn; riferimento alla storia patria, in particolare all’esperienza imperiale degli Incas. E ancora: giustizia sociale, opposizione alla globalizzazione al neoliberismo (i cui principi sono stati inseriti nella Costituzione del 1993 voluta da Fujimori) e modifica del Trattato sul Libero Commercio con gli Usa, interventismo pubblico in economia (aumento del salario minimo, tassa sui profitti del settore minerario, acqua potabile per tutti, servizio sanitario gratuito e incentivi all’agricoltura), estensione dei diritti sindacali.
    Un programma che può apparire “di sinistra”, se messo a confronto con la politica della destra neo-liberista; ma che in realtà appartiene a tutti gli effetti al patrimonio ideologico “tercerista” sudamericano, che spesso ha avuto proprio nei militari alcuni fra i suoi più convinti interpreti: da Peròn allo stesso Chàvez, dal messicano Càrdenas al peruviano Velasco, che non a caso figura nel pantheon ideale del Pnp di Ollanta Humala.
    Buona parte della sinistra ha appoggiato Humala (non l’Apra, che al primo turno si è avvicinata addirittura al candidato filo-americano Kuczynski), ma il candidato nazionalista persegue la sua strategia di concertazione e coinvolgimento della società peruviana al di fuori degli schemi classici. Nei giorni scorsi ha trovato terreno fertile anche nella Chiesa:
    2 - è stato ricevuto da Juan Luis Cipriani, potente cardinale primate, che secondo la stampa gli ha strappato un paio di promesse poco digeribili per i progressisti: niente aborto e niente legge sulle coppie di fatto.

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    Interessante... articolo molto interessante, devo dire che ne sapevo davvero poco sul tizio.
    Non è di sinistra per la sinistra ufficiale? E chi se ne frega! E' "solo" tercerista, in stile sudamericano? Ottimo!
    Io credo che questo: 1-
    sia molto più importante di questo: 2-
    E se i progressisti non digeriscono ce ne faremo una ragione...
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

 

 
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