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  1. #11
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

    Citazione Originariamente Scritto da Gianky Visualizza Messaggio
    Chissà cosa succederà se le Clinton sarà presidente degli USA, a questo punto meglio Trump e vediamo cosa succederà in tal caso. E' un fatto, ahimè, che in tutta l'America latina c'è in corso un riflusso preoccupante, Cuba sembra strizzare l'occhio, il Venezuela bolivariano è sotto assedio, la Bolivia di Morales comincia a traballare, il Perù può tornare sotto il giogo dei Fujimori, l'Argentina di Macri è avviata al ritorno neoliberista, il Brasile di Dilma è sottoposto ad attacchi quotidiani, resistono solo le enclave zaapatiste nel Chiapas, il Salvador del FMLN, il Nicaragua di Ortega e l'Ecuador di Correa, tempi bui.
    Piano piano l' "America" sta riconquistando il mondo, usando il cervello, la pazienza, approfittando dei problemi degli avversari.
    Riguardo Donald Trump, non farti illusioni, io capisco un pò l' inglese così ho modo di informarmi su chi sono i personaggi, gli ambienti che stanno sostenendo la sua campagna elettorale, che lo stanno assistendo: sionisti, fanatici militaristi, gente che ha aiutato i peggiori dittatori, persino uno che ha lavorato per George Soros ed è stato in affari con Goldman Sach's. Le pecore che pendono dalle sue labbra non ne parliamo! L' unico vantaggio di una amministrazione Donald Trump sarebbe una politica più aggressiva e avventuristica che minerebbe il consenso al sistema, ma non contarci perché chi è dietro questo finto cretino provocherà attentati ed altri eventi tragici per catalizzare il consenso verso il sistema. Forse questo spregiudicato avventurismo condurrà alla distruzione del sistema, giusto per questo si può sperare nel miliardario pappone.
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

  2. #12
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

    Citazione Originariamente Scritto da Avanguardia Visualizza Messaggio
    Piano piano l' "America" sta riconquistando il mondo, usando il cervello, la pazienza, approfittando dei problemi degli avversari.
    Riguardo Donald Trump, non farti illusioni, io capisco un pò l' inglese così ho modo di informarmi su chi sono i personaggi, gli ambienti che stanno sostenendo la sua campagna elettorale, che lo stanno assistendo: sionisti, fanatici militaristi, gente che ha aiutato i peggiori dittatori, persino uno che ha lavorato per George Soros ed è stato in affari con Goldman Sach's. Le pecore che pendono dalle sue labbra non ne parliamo! L' unico vantaggio di una amministrazione Donald Trump sarebbe una politica più aggressiva e avventuristica che minerebbe il consenso al sistema, ma non contarci perché chi è dietro questo finto cretino provocherà attentati ed altri eventi tragici per catalizzare il consenso verso il sistema. Forse questo spregiudicato avventurismo condurrà alla distruzione del sistema, giusto per questo si può sperare nel miliardario pappone.
    Intendiamoci non sono un amante di Trump, ma la Clinton la conosco e so già dove andrà a parare, Trump potrebbe essere la miccia che fa scoppiare tutto, potrebbe anche se capisco benissimo che se arriva a fare il candidato alla presidenza tanto miccia non è.
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  3. #13
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

    Citazione Originariamente Scritto da Gianky Visualizza Messaggio
    Intendiamoci non sono un amante di Trump, ma la Clinton la conosco e so già dove andrà a parare, Trump potrebbe essere la miccia che fa scoppiare tutto, potrebbe anche se capisco benissimo che se arriva a fare il candidato alla presidenza tanto miccia non è.
    La Clinton è una guerrafondaia fatta e finita e gode del supporto di molte lobbies (la più importante è quella sionista). Il suo intento è ridurre l'America Latina a una sorta di pisciatoio per gli USA. Altri suoi importanti obiettivi: difendere I$ramerda nel suo tentativo di genocidio del popolo palestinese, abbattere Assad, Al-Sisi e circondare la Russia tramite il sostegno ai vari e ben noti nazi-atlantisti .
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  4. #14
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

    La geografia non è un'opinione, quei paesi stanno nel cortile di casa degli USA e sarebbe ingenuo pensare che non possano subirne l'influenza
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  5. #15
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    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

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  6. #16
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

    I prodigi del multipartitismo e della democrazia liberale! Ma se ti ostini a mettere la museruola ai cani di wa$hington è facile che Obamino bello venga a bombardarti.
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  7. #17
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

    Citazione Originariamente Scritto da Logomaco Visualizza Messaggio
    La geografia non è un'opinione, quei paesi stanno nel cortile di casa degli USA e sarebbe ingenuo pensare che non possano subirne l'influenza
    Lo so, lo so. Proprio la dottrina Monroe intendeva l'America Latina come "cortile di casa" degli yankee. E, a quanto pare, ci sono riusciti.
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  8. #18
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

    L'Intellettuale Dissidente / Esteri

    Ultimo samba a Brasilia

    Il senato brasiliano vota a favore dell'impeachment per Dilma Rousseff. Una mossa che rischia di gettare il più grande paese dell'America Latina in pieno caos a un mese dalle Olimpiadi di Rio.
    di Andrea Muratore - 14 maggio 2016


    Capolinea per Dilma. Il voto al Senato favorevole al proseguimento procedimento di impeachment nei confronti della presidentessa brasiliana ha espresso il suo primo verdetto importante, portando alla sospensione semestrale di Dilma dall’incarico di Capo di Stato del Brasile. Dopo un dibattito-fiume, la camera alta del Parlamento ha dato il suo via libera alla contestatissima procedura con 55 voti a favore e 22 contrari, aprendo la strada alla sostituzione di Dilma col suo vicepresidente Michel Temer, da tempo in rotta di collisione con la leader del Partido dos Trabalhadores e indicato dalla Rousseff come uno degli artefici di quello che ritiene un vero e proprio golpe. La via all’approvazione dell’impeachment è stata accelerata dal progressivo sovrapporsi, agli occhi dell’opinione pubblica e del confuso panorama politico brasiliano, delle accuse mosse a Dilma dai fautori del procedimento (riguardanti presunte falsificazioni di bilanci passati) alla tempesta giudiziaria dell’inchiesta Lava Jato. Il coinvolgimento di numerosi compagni di partito di Dilma in un’inchiesta nella quale si sono ritrovati coinvolti esponenti di numerose altre formazioni ha portato a una campagna mediatica fortemente incline a unificare le tribolazioni della Rousseff alle torbide vicende di Lava Jato per portare avanti una generale denigrazione del sistema istituzionale brasiliano edificato a partire dall’ascesa di Lùla alla presidenza nel 2003. Mese dopo mese, l’inchiesta brasiliana Lava Jato ha assunto connotati sempre più simili a quelli dalla vicenda italiana di Tangentopoli nel periodo di suo maggior furore, vissuto attorno al 1993, in cui la caccia sistematica al colpevole, la volontà di distruggere un sistema sino alle sue fondamenta senza lasciare pietra su pietra e le acrobatiche capriole di coloro che tentarono di rifarsi una verginità politica presero il posto del dibattito ponderato, delle volontà di giungere a verità che non fossero di comodo e, soprattutto, dell’equità generale. L’accelerazione dell’ombroso e forzato processo istituzionale che ha causato la caduta di Dilma è stata diretta conseguenza del progressivo accentuarsi del clima da caccia alle streghe che ha attanagliato il Brasile negli ultimi mesi: le accese battaglie mediatiche incentrate sul ruolo della presidentessa nelle inchieste e nel progressivo deterioramento del sistema, i tentativi politici prima ancora che giudiziari di coinvolgere Dilma e Lùla nelle inchieste sulla corruzione e la temerarietà stessa degli accusatori del governo, che parlano di moralità e valori tra un avviso di garanzia e l’altro, rendono bene il quadro della situazione contemporanea del paese, in cui incoerenza e faziosità dominano incontrastate. È stata particolarmente inquietante, nel corso degli ultimi mesi, la continua strumentalizzazione del lavoro della magistratura operata da parte degli organi di stampa e delle formazioni politiche ostili al governo, che sono riuscite a convogliare esclusivamente sul Partido dos Trabalhadores responsabilità in realtà accreditabili a molteplici gruppi di interesse. Come ha scritto Massimo Cavallini su “Il Fatto Quotidiano”: il procedimento che ha portato all’estromissione di Dilma dal palazzo presidenziale “è sicuramente il risultato d’una manovra politica infame e per molti aspetti grottesca. […] non un momento di lotta alla corruzione, ma l’ultimo spasimo d’un sistema corrotto, un paradossale processo nel quale chi giudica è più colpevole di chi viene giudicato. Una farsa, se si vuole. Un triste festival di tradimenti e di pugnalate alla schiena”. Un commento esaustivo che permette di comprendere il vuoto istituzionale nel quale il Brasile rischia di precipitare se la conflittualità artificialmente accesa e spregiudicatamente alimentata continuerà. L’ascesa di Temer al potere rischia di trasformarsi in una sua perenne permanenza al palazzo presidenziale, che sarà confermata solo alla fine del lungo iter dell’impeachment verso Dilma, per la quale sarà comunque preclusa di affrontare al timone di comando l’evento di massima visibilità mondiale che interesserà il Brasile in questo 2016, ovvero le imminenti Olimpiadi di Rio de Janeiro che rischiano di certificare una volta per tutte le palesi difficoltà del paese agli occhi degli osservatori internazionali. Come scritto più volte su “L’Intellettuale Dissidente”, è necessario un distinguo chiarificatore tra le responsabilità politiche di Dilma, le difficoltà sistemiche del Brasile e le prospettive future che l’attuale situazione sembra portare in emersione. La grande confusione che gli organi di informazione fanno sul paese carioca è sintomo di superficialità e scarsa conoscenza di una realtà interna variegata, nella quale sono tornate in emersione numerose contraddizioni a lungo contenute dall’espansione dei programmi sociali del governo di Lùla prima e del primo governo Rousseff poi, costruiti cavalcando una spesa pubblica sempre in espansione e tendenzialmente ben indirizzata. Le difficoltà hanno iniziato a palesarsi quando sono venute in emersione le prime falle nella programmazione di politiche a lungo termine, di ampio respiro, resesi particolarmente evidenti nel momento in cui il Brasile ha dovuto mettersi in gioco nel gestire l’organizzazione dei grandi eventi che avrebbero dovuto certificare una volta per tutte il suo decollo istituzionale, ritrovandosi invece a fungere da palla al piede per i progressi di un paese la cui crescita è stata erosa da errori di gestione e mutazioni del contesto internazionale. In tutto ciò Dilma ha avuto sicuramente grandi responsabilità, pagando in particolar modo il gap patito nei confronti di Lùla in termini di personalità e lucidità politica, ma la maniera con la quale è stata elevata a capro espiatorio delle disfunzioni istituzionali di un paese enorme come il Brasile testimonia una manovra sordida e scorretta. Temer ha attuato con spregiudicatezza il suo cambio di casacca, disconoscendo la sua appartenenza allo schieramento progressista per riciclarsi su posizioni agli antipodi di quelle tenute dal governo Rousseff, e nel caso venisse riconfermato sino al termine del mandato e non fossero convocate le elezioni generali anticipate, potrebbe operare come Macri in Argentina, assestando violenti colpi di maglio all’architettura generale di un sistema costruito in quasi quindici anni e che merita correzioni, aggiustamenti e riforme interne, ma la cui storia non può essere sacrificata sull’altare del nichilismo. Nell’instabilità del Brasile pesa fortemente la variabile rappresentata dalla nuova classe media di 30-40 milioni di persone creata dalle riforme di Lùla, che ora lotta per istanze diverse dalla mera sussistenza e, dunque, ha rappresentato per la Rousseff una forte spina nel fianco nel momento in cui questa non è riuscita a mettere sul piatto proposte che fossero congeniali al soddisfacimento degli obiettivi della classe media brasiliana, che al pari di quelli delle sue omologhe del resto del mondo ruotano attorno al concetto di stabilità. Una stabilità conosciuta dal Brasile in campo politico per decenni, e ora messa fortemente a rischio: il climax del coinvolgimento ideologico dei sostenitori di Dilma da una parte e dei fautori di un cambiamento radicale dall’altro lascia presupporre un incremento incontrollabile della tensione all’interno del paese, e l’annuncio dell’ostruzionismo sistematico verso le proposte di Temer che sarà condotto in Parlamento dai membri del Partido dos Trabalhadores testimonia come le volontà dei due fronti contrapposti siano indirizzate all’esaurimento dei rivali prima ancora che a un risanamento della situazione. Il Brasile annaspa, le prospettive economiche per il 2016 sono critiche, le Olimpiadi di Rio incombono e saranno inaugurate da un presidente sospettato del coinvolgimento nel terremoto di Lava Jato che, almeno per ora, riesce a presentarsi agli occhi della popolazione come l’uomo del momento, l’artefice di un cambio di rotta. Un’illusione, certamente, ma che sicuramente non sarà l’ultima coltivata negli ultimi mesi dall’opinione pubblica di un paese per il quale, ora come ora, non si riesce a intravedere alcuna possibilità per un’uscita dignitosa dalla più grave crisi politica e sociale mai conosciuta negli ultimi decenni.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  9. #19
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

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  10. #20
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    Predefinito Re: Il Brasile destabilizzato e polarizzato

    L'Intellettuale Dissidente / Esteri

    La svolta neoliberista del Brasile

    Il golpe soft di Temer inizia a mostrare la sua vera faccia
    di Alvise Pozzi - 7 giugno 2016


    È bastato meno di un mese a Michel Temer per sgretolare le politiche di sinistra portate avanti negli ultimi quindici anni nel Paese. Il presidente ad interim – recentemente smascherato da WikiLeaks come informatore dell’intelligence degli Stati Uniti per alcuni cablo – non ha perso tempo e ha subito formato una squadra di governo agli antipodi di quella guidata dalla Rousseff. Questo golpe democratico chiamato impeachement ha portato al potere tutte le forze conservatrici, sempre sconfitte alle lezioni, creando una grossa coalizione liberale. Lo stesso esecutivo è sintomatico dell’impronta che vogliono dare al Brasile: la squadra di ministri è formata infatti soltanto da uomini bianchi e ricchi. C’è Blairo Maggi, ministro dell’agricoltura, vero e proprio oligarca del settore, primo produttore mondiale di soia che vuole cambiare la legge sulla schiavitù, eliminando i riferimenti ai “turni massacranti” e alle “condizioni massacranti”. C’è Alexandre de Moraes, ministro della Giustizia, che da responsabile della sicurezza di San Paolo ha represso nel sangue le manifestazioni in città. C’è Osmar Terra, ministro allo Sviluppo sociale, che ha subito affermato che il diritto alla Bolsa Familha (sorta di reddito minimo garantito) deve essere rivisto. C’è Mendoca Filho, ministro dell’Istruzione, che vuole eliminare le quote riservate agli indios e ai neri nelle università. C’è Marcos Pereira, ministro dell’Industria e del Commercio, ex vescovo della Chiesa evangelica. C’è André Moura, presidente della Camera Bassa, esponente del Partito Sociale Cristiano, accusato di peculato e omicidio. C’è il ministro della Salute Ricardo Barros, che ha consigliato i cittadini ad affidarsi alle assicurazioni sanitarie private, perché il governo non può più assicurare quella pubblica. Insomma un governo frutto di un ribaltone che può vantare di avere il presidente stesso, i leader delle due Camere e sette ministri indagati per corruzione e riciclaggio; in compagnia di almeno 150 parlamentari che sostengono la maggioranza. Usando come pretesto la crisi economica che ha colpito il Paese – di certo aggravata dalle spese per i Mondiali e le Olimpiadi – Temer si presenta come il “salvatore della patria” che guida una coalizione eterogenea di “responsabili”. Il suo programma è subito ben chiaro: risanare i conti per rilanciare il Paese tramite riforme liberiste. Un piano fatto d’imponenti privatizzazioni e di tagli al welfare. Avvantaggiato dalla sua bassissima popolarità che gli impedisce di potersi ricandidare alle elezioni del 2018, Temer ha già annunciato tagli alle pensioni dei lavoratori, il licenziamento di quattromila dipendenti pubblici e lo stop ai programmi di edilizia popolare. Inutile dire che il governo ha anche radicalmente cambiato il sistema di alleanze in politica estera: immediato raffreddamento dei rapporti con Paesi come Venezuela e Bolivia; raffreddamento dei progetti transnazionali multipolari come la Banca dei Brics e di altri progetti guidati da Cina e Russia. Come in Argentina il nuovo governo di Brasilia guarda di nuovo a Washington come unico alleato e padrone. Non a caso i due principali movimenti delle proteste contro Dilma sono stati il Movimento Brasile Libero e Studenti per la Libertà, generosamente finanziati da Charles e David Koch, miliardari neocon americani, sponsor del Partito Libertario statunitense. Il governo di Temer, infatti, applicherà alla lettera le direttive neoliberiste e ha intenzione di nominare funzionari di Goldman Sachs e FMI per dirigere l’economia; insomma il solito schema di tagli ai servizi, privatizzazioni forzate e repressione del dissenso già perpetuato a ogni latitudine. Questa violenta sospensione della democrazia e del voto stesso di milioni di elettori si è realizzata grazie a proteste “spontanee”, crisi economica e azione mirata di una parte della magistratura. Le Olimpiadi di agosto, che avrebbero dovuto sancire davanti al mondo intero l’enorme progresso che il Brasile ha compiuto nell’ultimo decennio, vedranno invece un Paese che torna indietro nel tempo. Che imbocca una pericolosa deriva verso il suo passato. E pensare che c’è pure chi si augura che nel 2024 si tengano a Roma.

    La svolta neoliberista del Brasile
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