articolo molto interessante di M Blondet:
Diagnosi della Erasmus Generation: l’ultima “privatizzazione”

Maurizio Blondet 28 marzo 2016 14
La famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore ucciso al Cairo perché per conto di “docenti britannici” s’era introdotto nella opposizione clandestina con cui simpatizzava, e su cui scriveva articoli su Il Manifesto, pretende né più né meno che l’Italia rompa i rapporti con l’Egitto. “Lo si deve non solo a Giulio – proclama – ma alla dignità di questo Paese”. E non solo le tv e i magistrati, ma il governo, per bocca di Gentiloni e tweet di Renzi, dà loro corda. Anche se la Farnesina fa’ sapere che per ora, non è in vista il richiamo del nostro ambasciatore. Meno male.
A Palazzo Marino, con la famgliaMa che cosa significa questo? Perché si rivela qui una tendenza, segnalata da una serie di altri fatti. Cominciamo con le “due Vanesse” andate di testa loro in Siria a combattere Assad e poi fattesi rapire dagli amici, per il cui riscatto lo Stato, ossia tutti noi, abbiamo pagato almeno 6 milioni di euro – di fatto co-finanziando la guerriglia. Passiamo per il funerale di Stato, con messaggio del presidente della Repubblica, funerale in pompa magna, che la famiglia ha voluto “laicissimo” ma a cui hanno presenziato “i rappresentanti delle tre religioni monoteistiche” di quella giovane uccisa – dopotutto – durante un concerto pop a Parigi: Valeria Solesin, dottoranda alla Sorbona, esaltata mediaticamente come “solare, cosmopolita cervello in fuga” nonché “transnazionale”, “ex-volontaria di Emergency”, a cui L’Espresso ha dedicato la copertina: “Donna dell’Anno” in quanto espressione più alta della “generazione Bataclàn”, la gioventù “competitiva sul piano globale”, che vive felicemente all’estero cogliendo”le opportunità offerte dalla “Unione Europea”; la generazione che “sa unire studio e divertimento” ed è rimasta uccisa da chi “odia i nostri stili di vita” aperti e disinibiti.
Morta al BataclànMettiamoci il lutto per le sei ragazze Erasmus morte in Spagna: coi genitori che parlano ai media con l’alto e contenuto dolore, e i media che riportano le loro parole, con la retorica che un tempo era riservata alle famiglie di caduti per la patria, non a un incidente stradale (dopotutto) dopo una notte brava.
Come interpretare questa tendenza? Finalmente non ho scoperto la diagnosi esatta: è “un rinnovato processo di privatizzazione della politica”, quale esito tragicomico della ulteriore “de-sovranizzazione della politica” stessa. Ed essa si configura come “la sollevazione culturale neoliberale della Erasmus Generation”, che è a sua volta una articolazione continentale della “Fun Generation, Selfie Generation de-territorializzate e omologata negli stili di vita e nei desideri di consumo, alla classe media globale newyorkese e californiana”.
Non sono parole mie. Le prendo da uno dei libri più illuminanti che ho letto negli ultimi anni: “L’immagine sinistra della globalizzazione – Critica del radicalismo liberale”, di cui è autore Paolo Borgognone (Editore Zambon, 1044 pagine, 28 euro).


Il tema del libro è il documentato resoconto di come “i dirigenti della sinistra si siano riciclati impunemente nella sequenza Pci-Pds-Ds-Pd fino a diventare i più zelanti esecutori delle politiche liberiste, e i più convinti piazzisti dell’Europa delle banche, dell’euro, del pareggio di bilancio e dell’austerità” (ricordate Bersani reggicoda di Monti?) e come la gerarchia (ex)comunista sia stata capace di “legittimarsi agli occhi” dei poteri globali quale “ affidabile gestore dei processi di ‘modernizzazione’ tardo-capitalistica”, riciclandosi – come già ha notato Costanzo Preve, in “personale politico di gestione dell’attuale americanizzazione culturale”.
Ma la diagnosi di Borgognone non si ferma qui: affonda il bisturi critico sui figli di “questa classe media di nuovo conio, disinibita e illimitata nella propria antropologia del desiderio capitalistico senza confini”, approdata alla “religione idolatrica del mercato – monoteismo del denaro e delle ‘libertà individuali’, (che) sostituisce alle classi sociali le indistinte moltitudini snazionalizzate, dedite ai flussi del desiderio” secondo “i modelli di consumo della subcultura del nomadismo cosmopolitico della rete globale internet”.

Armati di questa diagnosi, possiamo vedere che le due Vanesse, non meno del povero Regeni, hanno privatizzato lo “interventismo dei diritti umani” ; pulsione tanto più naturaliteramerikana in quanto hanno preteso di farla come iniziativa privata individuale: promotori di rivoluzioni colorate e primavere arabe in forma di micro-impresa. Nemmeno si rendono conto di quanto sia imperialista la loro attitudine: come un Dipartimento di Stato in sedicesimo, le due Vanesse sanno meglio dei siriani quel è il loro bene, e Regeni ha capito meglio degli egiziani dove sta’ per loro il progresso dove devono esser guidati. E dove? Ovviamente nelMcWorld dei desideri standard e dei consumi globali, dove si è affrancati da ogni appartenenza; della libertà di Facebook, di cui loro stessi sono il prodotto e che considerano l’unico possibile: perché – come sancì la Tatcher – Non c’è Alternativa al mercato globale. Le due Vanesse in fondo hanno combattuto perché le ragazze siriane godano delle discoteche e delle libertà sessuali, come loro, in un mondo senza visti dove fare del turismo: sessuale o guerrigliero secondo le voglie.
Poiché la “Erasmus Generation” studia sì (forse: sei mesi in una università estera di secondo piano, uniti”al divertimento”), ma da turista del mondo: non frequenta il pensiero né la cultura profonda, sicché può succedere che per equivoco il povero Regeni prenda – usiamo il gergo della neo-generation– per “società civile” quelli che sono i Fratelli Musulmani o altro settarismo regressivo wahabita e assassino. L’uno credeva di partecipare ad una “rivoluzione democratica” per abbattere “l’autoritarismo”; le Vanesse si sono intruppate e ficcate nei più inestricabili odi di kabila e di etno-linguistica, di religione e tribù di cui nulla capiscono, pensando che siano la parte “avanzata” della società, in lotta illuministica contro il “fascista Assad”; convinti che turcomanni e curdi, cirenaici e tripolitani, nonché terroristi wahabiti ardano dalla voglia di sciogliersi nella “massa vagabonda, senza patria e senza stato, cittadina del non-luogo virtuale globalizzato” di cui loro si sentono cittadini. Anche questa incapacità di comprendere le culture “altre”, o meglio rifiuto in nome di una omologazione vista come compimento della storia umana nel Mercato Globale, li denuncia come “culturalmente americanizzati”, totalmente subalterni alla “logica speculativa del ‘mondo senza confini’ nonché ‘senza classi sociali”, di cui nemmeno intuiscono che esso è il nuovo totalitarismo: quello che perpetua gli equilibri geopolitici stabiliti dalla NATO perché – come proclama incessantemente “il circo mediatico” , l’umanità nei suoi millenni “non ha inventato niente di meglio del mercato – servile apologia diretta dello stato di cose presenti”, ed intimazione minacciosa a non cambiarle. Altrimenti vi arriva la rivoluzione colorata e il regime change, coi bombardamenti delle democrazie.
Vediamo qui che effettivamente, la Erasmus Generation sta provocando la ulteriore de-sovranizzazione dello Stato: la famiglia Regeni pretende imperiosamente che lo Stato si adegui alle scelte private del figlio e ne faccia la politica estera nazionale; lo Stato esiste ormai solo per pagare i riscatti delle operatrici a cui è saltato in mente di ficcarsi nella guerriglia in Siria; il capo dello Stato ha il dovere di celebrare la Vittima del Bataclan come eroina caduta per “il nostro stile di vita”. Del resto, non è strano. E’ solo una ulteriore evoluzione del riconoscimento delle nozze gay e dell’utero in affitto per legge: le leggi esistono solo per legalizzare e legittimare ogni genere di godimento immediato; lo Stato non osi chiedere, per contro, alcun sacrifico e dovere in nome del destino comune. Esistono solo individui, narcisi della Selfie Generation.
Matteo Renzi, il selfie-tipo, ne ha coscientemente rivendicato il potere di governo, nell’ambito del la “estensione illimitata della american way of lifein un’Europa scientemente defraudata dello proprie tradizioni nazionali e popolari”: “Noi – sancì nel febbraio 2014 – viviamo in un momento in cui la generazione Erasmus, che tra l’altro è rappresentata nel governo, ha conosciuto il sogno degli Stati Uniti d’Europa come concretezza, conosciuto l’euro come moneta unica”; una generazione che ha “una prospettiva di futuro e non di vivere di rimpianti e ricostruzioni fasulle del passato”.
Ovviamente Renzi alludeva qui a Federica Mogherini, ex Erasmus e nostra gloria in Europa. La Mogherini che piange per le vittime di Bruxelles e un attimo dopo conferma che “la policy europea verso la Siria e l’opposizione siriana non subirà alcuna revisione”. Il che ha un significato preciso: la UE mantiene l’embargo crudele contro Assad, che impedisce al governo di Damasco persino di acquistare medicinali per i bambini malati, mentre insiste a favorire i “ribelli”; ossia coloro che (secondo la versione ufficiale) hanno fatto gli attentati a Bruxelles. A questi ribelli, l’Europa non impone alcun embargo: nemmeno di armi. La Francia, per esempio,continua a venderne a iosa all’Arabia Saudita, e così la Gran Bretagna, senza che la UE abbia da eccepire.
Perché? E’ ovvio: perché Washington lo vuole, e questa è la stella polare verso cui si orienta la Mogherini: naturaliter. Lo stesso Renzi ha avuto modo di constatare come questa ex Erasmus abbia tradito il suo stesso governo, rifiutandosi di prestargli un qualche appoggio nei rapporti con la Germania (la servile richiesta di “flessibilità” nella spesa pubblica) e nella sua vaga richiesta di mettere fine all’embargo contro Mosca. Ma cosa pretendeva, in fondo, il nostro Fonzie? E’ quello a cui la generazione Erasmus è stata addestrata: seppellire ogni patria nell’individualismo del godimento immediato, nella “sinistra neolibertaria, ultracapitalistica” e globale. Squaletti in carriera in nome di tutti i poteri forti transnazionali, spietati, perché sanno cosa è bene per noi, meglio di noi.

Ora sono al potere, e completano l’opera dei loro padri piddini e vendolisti. Una sola speranza: che – come tutti i fenomeni di moda- passano di moda. Non c’è nulla che invecchi tanto presto quanto la gioventù postmoderna.
l'autore del libro citato:
Paolo Borgognone | Gli occhi della guerra