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Italia: 900 soldati in Libia - neXt QuotidianoneXt Quotidiano
Il governo libico ha chiesto aiuto per proteggere i pozzi petroliferi dalla minaccia dell’Isis, e la comunità internazionale ha risposto. Da Hannover, il premier Matteo Renzi ha assicurato il “sostegno unanime” del G5 al governo Sarraj e che l’Italia sarà “sensibile” alle sue richieste, quando verranno “formalizzate”. A Tripoli il Consiglio presidenziale guidato dal primo ministro Fayez al Sarraj prosegue a piccoli passi nel tentativo di dare un ordine al caos libico. Oggi è arrivata la richiesta di aiuto all’Onu, agli europei ed ai Paesi africani confinanti per proteggere le risorse petrolifere, dopo un’allerta su possibili attacchi a istallazioni anche marittime, tanto più che due giorni fa i miliziani dello Stato Islamico hanno lanciato una nuova offensiva contro i pozzi di Brega, nell’est del Paese. Il dossier libico era sul tavolo dei grandi della terra, riuniti in un vertice informale al castello di Herrenhausen, in Bassa Sassonia. Renzi, che prima del vertice ha parlato al telefono con Sarraj, al termine dei lavori ha spiegato che i G5 (Usa, Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia) hanno espresso “sostegno unanime” al lavoro di Sarraj e “bisogna fare di tutto perché abbia successo”. Tutte le iniziative, ha però ribadito, “dovranno essere richieste” da Tripoli. E quando saranno “formalizzate, non solo annunciate, l’Italia sarà un partner sensibile, pronto a dare una mano dentro un progetto complessivo”, ha assicurato il premier italiano, specificando comunque che i pozzi petroliferi per i quali è stato chiesto aiuto non sono quelli dell’Eni. Ad Hannover non sono state decise misure concrete, proprio perché si attendono richieste specifiche da Tripoli, ma in ogni caso Renzi ha registrato il “cambio di direzione della comunità internazionale rispetto a quanto accadeva un anno fa, quando la questione Libia e quella immigrazione non erano una priorità europea”. Spiega oggi il Corriere della Sera in un articolo a firma di Marco Galluzzo:
Il fatto che la guida di una missione sotto l’egida dell’Onu venga affidata al nostro Paese significa anche che il nostro contingente deve essere il primo in termini numerici, e che dunque la presenza di altri alleati di prima fascia, come Stati Uniti, Francia e Inghilterra, dovrebbe attestarsi su una quota più bassa: «L’apporto italiano alla missione potrebbe essere superiore al 50% del totale dei militari dispiegati, ma tutto potrebbe svolgersi in due fasi, prima un contingente più piccolo per Tripoli, poi la missione completa per il resto del Paese», dicono fonti governative.