Dalla passione per Zorro al manifesto politico, Salvini si racconta in “Secondo Matteo”
Esce oggi il libro del leader leghista, ne esce un personaggio meno ruggente di quel che appare e più simpatico di quel che lo fa apparire la politica
Matteo Salvini alla presentazione del suo libro
05/05/2016
ALBERTO MATTIOLI
«Matteo, vedi quei curiosi parallelepipedi di carta? Si chiamano libri, li-bri, due sillabe». All’ultima Fiera del libro per ragazzi di Bologna, l’inviato al seguito di Matteo Salvini cercava di fare lo spiritoso e il leader leghista, che spiritoso lo è davvero anche se in tivù sembra sempre arrabbiatissimo, stava al gioco. Ammettendo perfino che sì, magari finora la Lega per la cultura non ha fatto molto e in ogni caso potrebbe fare di più. Detto fatto. Salvini non avrà letto moltissimi libri, ma intanto ne ha scritto uno, che esce oggi: Secondo Matteo, sottotitolo Follia e coraggio per cambiare il Paese (Rizzoli, pp. 240, euro 17). Inaspettatamente, è anche un libro interessante, forse perché i coautori sono due ottimi giornalisti, scelti in maniera accuratamente bipartisan fra i salvinologi più accreditati: Matteo Pandini di «Libero» e Rodolfo Sala di «Repubblica». Quanto alla cultura, appaiono delle citazioni che dimostrano come l’autore o chi per lui abbia fatto letture giudiziose, anche fuori dalla consueta ridotta bibliotechina leghista: il libro inizia con una frase di Gramsci e seguono perle sparse di don Milani, Frédéric Mistral, Rousseau, Salvemini e del Divino Otelma, vedremo poi perché.
Ora, i libri dei politici si possono leggere in due modi: o, appunto, come manifesti politici, oppure come autobiografie. Per quel che riguarda la modalità uno, la notizia arriva a pagina 223, quando Salvini spiega le tre ragioni per le quali Berlusconi non può più essere «il cardine della coalizione» (leggi: il leader del centrodestra). Prima: è troppo vecchio. Seconda: è azzoppato dalla legge Severino. Terza: la Lega è più forte di Forza Italia. Quindi, testuale, oggi «tocca a me l’onore e l’onere di guidare l’opposizione contro il Pd» e domani di correre per Palazzo Chigi. Per il resto, Salvini ripete le sue posizioni su immigrazione, sicurezza, Europa, euro, campi rom, Islam, flat tax: il repertorio è noto, inutile ripeterlo. Semmai incuriosisce che Salvini si reputi «più a sinistra» di Renzi, e forse a ben pensarci è pure vero. Interessante, più del «cosa» fare, «come» farlo: con la «strategia del pescatore», perché «ho imparato che l’attesa paga molto più dell’impulsività, nonostante la mia immagine pubblica possa far pensare al contrario».
Quanto alla modalità due, il libro come autobiografia, ci sono diversi aneddoti interessanti, dalla passione infantile per un pupazzo di Zorro a quella adolescenziale per De André, dalle due comparsate tivù prima della politica (a «Doppio slalom» e al «Pranzo è servito», entrambe sulle reti del rottamando Cavaliere) alla divisa del Burghy conservata come reliquia del primo lavoretto giovanile, dalla fede milanista (Salvini non si separa mai da un santino di Franco Baresi, e del resto i leghisti più puri e duri lo chiamano «Capitano») al primo incontro con Gianfranco Funari, lui già celebre anchormen che dà diecimila lire di mancia allo sconosciuto Salvini che, in versione pony, gli ha recapitato una pizza a domicilio.
Ne esce un personaggio meno ruggente di quel che appare e più simpatico di quel che lo fa apparire la politica, capace perfino di riconoscere che il sinistrissimo sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, è «un cattivo sindaco ma una brava persona». E dotato della virtù meno praticata dai politici italiani, l’autocritica: per esempio, sul suo guardaroba (però diventato, anche quello, uno strumento identitario, e pazienza per l’estetica). Per questo, tutto sommato, il libro non serve solo a Salvini per accreditargli un’immagine da leader, ma anche a noi per conoscerlo meglio nel caso lo diventi davvero. Otelma ne è certo. Rivela Salvini: «Da quando sono diventato parlamentare europeo, infatti, il Divino mi scrive delle e-mail per prevedere il futuro». Sbilanciandosi anche parecchio: «È giunto il tempo - per i popoli europei - di riprendere in mano il proprio destino glorioso e recuperare le radici culturali compromesse da grotteschi personaggi di dubbia caratura culturale e politica. È giunto il tempo della riscossa». E se lo dice il Divino...
Dalla passione per Zorro al manifesto politico, Salvini si racconta in ?Secondo Matteo? - La Stampa
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