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    Ghibellino
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    Predefinito Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Camillo Berneri, martire anarchico


    di Fabrizio Montanari

    Fin dall’inizio della guerra civile spagnola il contrasto delle forze antifasciste europee che andavano sperimentando sul quel campo di battaglia la loro incapacità di unirsi per prevenire l’aggressione ormai incombente, condizionò ed esasperò gli animi delle forze politiche in campo repubblicano. Se dietro il generale Franco vi era l’Asse Roma-Berlino, dietro la repubblica si registrava lo sbandamento delle democrazie occidentali, riluttanti a stringere quell’alleanza con l’Unione Sovietica che avrebbe potuto scongiurare la guerra.

    Il non intervento che, nelle intenzioni di Londra e di Parigi, avrebbe impedito il degenerare del conflitto in campo internazionale, finiva invece per consegnare il governo repubblicano nelle mani dell'unica potenza che, pur con tutte le cautele del caso e sulla base di pesanti condizioni, era disposta a controbilanciare le forniture d’armi che dall’Italia e dalla Germania pervenivano a Franco. Ciò finì inevitabilmente per plasmare il fronte popolare sullo stampo comunista.

    Erano passati, infatti, appena nove mesi dall’inizio della guerra civile spagnola, quando i contrasti politici esistenti in campo repubblicano sfociarono in scontro aperto in molte località della Spagna.



    La posta in gioco era altissima: si trattava di difendere la sopravvivenza delle milizie rivoluzionarie e delle esperienze di socializzazione economica. Da un lato c’era il Governo repubblicano di Largo Caballero egemonizzato dai comunisti, dall’altro stavano gli anarchici e i poumisti, convinti che la guerra sarebbe stata vinta solo trasformando il conflitto in rivoluzione sociale e sottraendo la guida degli avvenimenti agli agenti di Mosca.

    La situazione era dunque grave e densa di pericoli. Agenti segreti di Stalin e dirigenti della Terza Internazionale avevano iniziato da tempo e con sistematicità l’occupazione dei posti chiave del Governo centrale, nella polizia e nell’esercito. Stalin aveva dato l’incarico a Yagoda, capo della Gpu, di organizzare in Spagna una polizia segreta simile in tutto e per tutto a quella sovietica. Questi, il 14 settembre del 1936 convocò una riunione alla Lubianka con i suoi più fedeli collaboratori, tra i quali ricordiamo Frinovski, capo delle forze militari della Gpu, Sloutzki, responsabile della sezione esteri della Gpu e il generale Ouritski dello stato maggiore dell’esercito. Orlov fu incaricato di installare in Spagna la sezione della Gpu. Il generale Walter G. Krivitsky fu nominato responsabile degli invii dall’estero delle armi alla Spagna.

    Nel dicembre del 1936 erano state ricostituite tutte le forze di polizia precedentemente sciolte: la Guardia d’assalto, la Guardia civile, che divenne poi Guardia nazionale repubblicana, i Carabinieri (polizia di frontiera).

    A Barcellona, che era il centro dell’attività rivoluzionaria, divenne capo della polizia Rodrigo Sala del Psuc, mentre Ayguader fu nominato consigliere della Sicurezza.



    Ma ben più gravi segnali vi erano stati nei mesi precedenti. Anche in Spagna, come in Urss, era iniziata la caccia all’eretico, al socialfascista, al trotzkista. Le purghe staliniane che in Urss dopo la morte di Kirov raggiungevano chiunque fosse sospettato di opporsi a Stalin, in Spagna si traducevano nella scomparsa di dirigenti e militanti delle altre forze politiche, nella polemica più aspra nei confronti degli anarchici e dei poumisti nella falsificazione dei fatti, nell’isolamento politico e organizzativo delle milizie dei volontari.

    Il 28 novembre del 1936 il Console Generale Sovietico a Barcellona, Vladimir Antonov Ovscenko [1] con una nota alla stampa denunciava la Batalla, organo ufficiale del Poum (il partito di unità marxista), come facente parte della stampa venduta al fascismo internazionale. Il 17 dicembre la Pravda scriveva: “In Catalogna è cominciato il ripulisti degli elementi trotzkisti e anarco-sindacalisti, quest’opera sarà condotta come nell’Urss” Il 18 dello stesso mese infatti si insediava un nuovo governo della Generalidad senza la presenza dei rappresentanti del Poum.

    Lo stesso Palmiro Togliatti, sul quale ritorneremo, nel mese di novembre del 1936 aveva d’altra parte scritto su Stato Operaio, un articolo nel quale collegava la fortuna del movimento anarchico spagnolo con le “sopravvivenze feudali” e giudicava le organizzazioni anarco-sindacaliste come un ostacolo allo “spirito di organizzazione e disciplina che sono proprie del proletariato”.

    Poiché il rifornimento delle armi proveniva principalmente dall’Urss, grazie alla riserva aurea della Banca di Spagna, il Pce e i suoi alleati divennero in breve tempo gli arbitri della situazione militare. Le milizie, composte da volontari accorsi da oltre 50 paesi, furono così deliberatamente lasciate prive di armi di fronte al nemico e invitate ad autosciogliersi. Con decreto del 31 dicembre 1936 fu inoltre stabilito che la paga dei combattenti fosse distribuita ai soli battaglioni dell’esercito regolare.

    A tale disegno egemonico la potente Fai – Cnt, forte di oltre 500.000 aderenti, non seppe opporsi in modo coerente e risoluto. Preoccupati di non lacerare ulteriormente il fronte repubblicano, nella speranza che i fatti potessero poi volgersi a loro favore, gli anarchici accettarono d’entrare a far parte del Governo centrale, oltre che in quello regionale della Catalogna, illudendosi così di poter salvaguardare l’esistenza delle milizie volontarie.


    In realtà al loro interno convivevano diverse sensibilità circa la gravità del momento. Mentre i dirigenti nazionali proponevano compromessi che fatalmente si trasformavano in una loro ulteriore sconfitta, i volontari, specie quelli italiani, difendevano a oltranza la loro specificità, rifiutandosi di sottomettersi al potere centrale.

    Altre organizzazioni spagnole si collocarono su posizioni d’opposizione rispetto a quelle sostenute dalla stessa Fai. Ricordiamo il quotidiano Acracia di Lerida, diretto da José Peirats; la rivista Ideas e le organizzazioni giovanili libertarie con il loro organo di stampa Ruta; il gruppo Los Amigos de Durruti con il giornale El Amigo del Pueblo. I loro capi rispondevano al nome di Jaime Balins, Carrenò, Pablo Ruiz, Eleuterio Ruig. Tra i gruppi anarchici che resistettero più a lungo alla militarizzazione ci fu la Colonna de Hierro, forte di circa 3.000 membri. Solo nel marzo del 1937 nel corso dell’Assemblea generale questa accettò di militarizzarsi e divenne l’83a Brigata dell’esercito regolare.

    Su ordine di Stalin si andava intanto sviluppando e perfezionando il piano per la liquidazione del Poum, accusato d’essere una forza politica di ispirazione trotzkista.

    Carlo Roncoli nell’articolo Nemici del Popolo, apparso su il Grido del Popolo del 7 marzo 1937, scriveva a proposito del Poum che “i trotzkisti devono essere posti, anche con delle misure di repressione, nella impossibilità di proseguire la loro opera delittuosa”. La Pravda dal canto suo il 22 marzo 1937 attaccava il giornale anarchico Solidaridad Obrera, reo di aver riportato nel suo numero del 6 marzo “un oltraggioso attacco contro la stampa sovietica. Questa vergognosa difesa dei traditori trotzkisti, proviene da quegli elementi che si sono subdolamente infiltrati nei ranghi dell’organizzazione anarco-sindacalista”.

    Ancora il 1 maggio 1937 l’Internazionale Comunista lanciava un appello a tutti i lavoratori con un preciso e minaccioso riferimento alla situazione spagnola: “Scacciate dalle vostre file quegli agenti del fascismo che sono i trotzkisti, i peggiori nemici dell’unità della classe operaia, i disgregatori e i sabotatori di guerra, spie camuffate della Quinta Colonna del generale Franco”.

    Da tempo in diversi centri della Spagna repubblicana si andavano moltiplicando fatti sanguinosi, la cui dinamica era destinata a rimanere il più delle volte oscura. Furono sospesi uno dietro l’altro i quotidiani Cnt di Madrid, Nosostros di Valenza, Cnt di Bilbao e Castille libre. A fine gennaio ‘37 si svolse il congresso dei lavoratori della terra dell’Ugt. Sulla tribuna, a testimonianza del profondo dissenso politico con gli anarchici, campeggiava un cartellone con la scritta “Meno esperimenti collettivisti e più prodotti”.

    Il 4 marzo un decreto del consigliere catalano all’ordine pubblico dichiarò sciolte le pattuglie di controllo (squadre di proletari armati responsabili dell’ordine pubblico) e proibì ai poliziotti regolari d’iscriversi a partiti o sindacati. Anche tale decisione, come è evidente, procurò scontri tra le opposte fazioni e non contribuì certo a riportare la pace tra i contendenti.



    Dopo gli scontri di Puigcerdá e a Figueras, un episodio ben più grave scosse gli animi: il 25 aprile venne misteriosamente assassinato a Molina de Llobregat il dirigente della Ugt, Roldan Cortada. Il Psuc denunciò quali responsabili gli incontrollabili anarchici e gli agenti fascisti, nascosti a suo dire nella Cnt e nella Fai. La Cnt, per parte sua, condannò l’assassinio e pretese un’inchiesta ufficiale. Gli anarchici arrestati perché considerati colpevoli dell’assassinio vennero rilasciati il 30 aprile. Due giorni dopo la morte di Cortada, tuttavia, vicino a Puigardé, tre militanti anarchici furono trovati uccisi. Anche le trattative avviate tra Cnt e Ugt per una celebrazione unitaria del 1 maggio fallirono e Barcellona non vide alcuna manifestazione.

    In tutto questo quadro complicato emerse con forza la personalità, il pensiero e la vicenda umana di Camillo Berneri, l’anarchico italiano più noto e stimato in terra di Spagna.



    Berneri era giunto in Spagna a metà luglio del 1936 e si era subito messo al lavoro per dare vita, in accordo con la Cnt-Fai, a una formazione combattentistica di volontari italiani. Con l’aiuto di Carlo Rosselli e Mario Angeloni il 17 agosto costituì la sezione italiana mista della Colonna Francisco Ascaso della Cnt-Fai, detta più semplicemente Colonna italiana.

    Essa era formata in larga misura da volontari anarchici, da qualche repubblicano, da esponenti giellisti e da pochi comunisti.

    Il battesimo del fuoco, avvenuto sulle montagne nei pressi di Huesca, fu contrassegnato da gravi perdite e numerose prove d’eroismo.

    In sostituzione del comandante Angeloni, che trovò la morte nei primi combattimenti, fu designato Carlo Rosselli, mentre Berneri assunse il ruolo di commissario politico della formazione. Egli era la voce degli anarchici italiani e rappresentava la coscienza critica del fronte antifascista spagnolo. Da radio Cnt-Fai di Barcellona e dalle colonne del suo giornale Guerra di Classe divulgava le sue convinzioni politiche circa la conduzione della guerra, sollecitava maggiore coerenza da parte della Fai, denunciava i pericoli di involuzione autoritaria, attaccando frontalmente il settarismo comunista e le ingerenze sovietiche in Spagna.

    Tutta la sua vita stava d’altra parte a testimoniare la sua irriducibile coerenza rivoluzionaria e la sua indipendenza culturale. Nel 1926 aveva abbandonato l’Italia per la Francia, divenendo ben presto, grazie alle ripetute espulsioni da quasi tutti i paesi europei, l’antifascista più espulso d’Europa, ma anche uno dei più stimati esponenti dell’anarchismo internazionale.



    Laureato, giornalista, saggista era considerato l’interlocutore politico di riferimento in campo anarchico da parte dei massimi esponenti dell’antifascismo internazionale. Gaetano Salvemini, i fratelli Rosselli, i socialisti Pertini e Nenni, il repubblicano Montasini e molti altri lo ebbero come amico fraterno e insostituibile compagno di lotta.

    L’originalità del suo anarchismo, lui stesso ebbe a definirsi un anarchico “sui generis”, che si sforzava di attualizzare i principi anarchici, liberandoli dai troppi vecchi e superati stereotipi ideologici, lo portò ad affrontare in termini nuovi i grandi temi legati alla complessità della società moderna: l’antiautoritarismo, il federalismo, l’antimilitarismo, l’anticlericalismo, l’organizzazione del lavoro, l’educazione scolastica e la psicanalisi.

    La sua prima esperienza politica si era svolta, fino al 1916, nell’ambito della Fgs di Reggio Emilia, alla scuola dell’umanesimo socialista di Camillo Prampolini. Dal suo primo maestro ereditò il rigore morale e una acuta sensibilità per l’azione politica volta a un più accentuato pragmatismo sociale.

    Anche molti anni dopo ricorderà con affetto il maestro che, nell’ora del distacco, ebbe per lui parole di comprensione e di rispetto.

    Da quel momento e per tutta la sua breve vita, era nato a Lodi il 20 maggio 1897, Camillo Berneri spese ogni sua energia al servizio della causa libertaria: fondò testate giornalistiche, pubblicò libri, promosse convegni, organizzò l’attività politica in Italia e all’estero, rivisitò e sistemò il pensiero anarchico.

    Gli insegnamenti di Gaetano Salvemini, Carlo Cattaneo, Pietro Gobetti, Camillo Prampolini, Errico Malatesta e Luigi Fabbri furono da lui rielaborati fino a farne i presupposti del suo moderno anarchismo.

    Fu dunque con questa fama di fine intellettuale, ma anche di deciso uomo d’azione che egli giunse in Spagna nel luglio del 1936. I maggiori esponenti della Fai iberica Durruti, Oliver, Ascaso, De Santillan lo avevano già conosciuto anni prima in Francia quando, con altri anarchici fuoriusciti, avevano cercato di dare vita a un Fronte Antifascista Internazionale.



    Il suo arrivo a Barcellona fu quindi accolto con gioia da tutta la Fai e dal suo sindacato Cnt. Tutti compresero l’importanza d’averlo al loro fianco, proprio quando, oltre all’azione militare, c’era la necessità di comprendere meglio ciò che stava accadendo, le reali intenzioni delle forze in campo, gli interessi interni e quelli internazionali che si stavano fronteggiando.

    E l’analisi di Berneri non si fece attendere.

    Fra gli atti più importanti compiuti in quei giorni vi è certamente la lettera da lui scritta alla compagna e ministro del governo centrale Federica Montseny nella quale tra l’altro affermava:

    “Nel tuo discorso del 3 gennaio, tu dicesti: ‘Gli anarchici sono entrati nel governo per impedire che la rivoluzione deviasse e per continuarla al di là della guerra ed altresì per opporsi ad ogni eventuale tentativo dittatoriale, quale che sia’.

    Ebbene, compagna, nell’aprile, dopo tre mesi di esperienze collaborazioniste, siamo in una situazione nella quale avvengono gravi fatti e se ne profilano altri peggiori…Il governo è in Valenza, e di là partono reparti di guardie d’assalto destinati a disarmare nuclei rivoluzionari di difesa….Questo mentre è evidente una politica di distribuzione di armi tendente a non armare che lo stretto indispensabile il fronte d’Aragona, scorta armata della collettivizzazione agraria e contrafforte del Conseyo d’Aragon, della Catalogna, l’Ukraina iberica. Tu sei in un governo che ha offerto alla Francia e all’Inghilterra vantaggi al Marocco, mentre dal luglio 1936 sarebbe stato necessario proclamare ufficialmente l’autonomia politica marocchina….

    Voi, anarchici ministri, tenete dei discorsi eloquenti e scrivete degli articoli brillanti, ma non è con questi discorsi e con questi articoli che si vince la guerra e si difende la rivoluzione. Quella si vince e questa si difende permettendo il passaggio dalla difensiva all’offensiva. La strategia di posizione non può eternizzarsi…

    Noi assistiamo alla penetrazione nei quadri direttivi dell’esercito popolare di elementi equivoci, non garantiti da alcuna organizzazione politica e sindacale. I comitati e i delegati politici delle milizie esercitavano un salutare controllo, oggi indebolito dal prevalere di sistemi di assunzione e di promozione centralisti e strettamente militari…

    Gravissimo errore è stato quello di accettare delle formule autoritarie, non perché queste fossero formalmente tali ma perché esse racchiudevano errori enormi e scopi politici che nulla hanno a che fare con le necessità della guerra… Credo sia giunta l’ora di costituire l’esercito confederale, come il partito socialista ha creato un proprio esercito: il 5° reggimento delle M.P. Credo sia giunta l’ora di risolvere il problema del comando unico realizzando un’effettiva unità di comando che permetta di passare all’offensiva sul fronte aragonese… Io credo che tu debba porti il problema se difendi meglio la rivoluzione, se porti un maggiore contributo alla lotta contro il fascismo partecipando al governo o se saresti infinitamente più utile portando la fiamma della tua magnifica parola tra i combattenti e nelle retrovie… Bisogna parlare alle masse… Chiamarle a giudicare se certe sabotatrici manovre annonarie non rientrano nel piano annunciato il 17 dicembre 1936 dalla Pravda: ‘In quanto alla Catalogna è cominciata la pulizia degli elementi trotzkisti e anarco-sindacalisti, opera che sarà condotta con la stessa energia con la quale la si condusse nell’Urss’ …

    Il dilemma è uno solo: o la vittoria su Franco mediante la guerra rivoluzionaria o la sconfitta.

    Il problema per te e per gli altri compagni, è di scegliere tra la Versailles di Thiers e la Parigi della Comune, prima che Thiers e Bismark facciano l'union sacrée. A te la risposta, poiché tu sei la ‘fiaccola sotto il moggio’.
    Fraternamente. C.B.”
    [2]



    Un altro significativo e provocatorio articolo fu steso da Berneri per L’Adunata dei Refrattari con lo scopo di difendere il Poum dagli attacchi degli stalinisti. Anche quell’articolo non contribuì certo a procurargli simpatie da parte comunista, che non smise di seguire con attenzione crescente la sua attività. In quell’occasione affermò:

    “Seguendo le istruzioni del governo dell’Urss, la stampa della Terza Internazionale ha scatenato e continua a scatenare una violenta campagna contro il Poum… Tale campagna è di una tendenziosità e di una violenza inaudite. Il giornalista bolscevico Mihail Roltsov accusa, in blocco, i militi del Poum di essere dei vili e si compiace nel riferire che ‘i distaccamenti del Poum delle brigate internazionali sono stati disciolti e i loro comandanti cacciati dal fronte di Madrid’.

    È Mosca che ha impedito alla Spagna antifascista di ospitare Trotzki, ha opposto il veto all’entrata della rappresentanza del Poum nella Giunta di Difesa di Madrid e nel Consiglio della Generalidad di Catalogna… Contro le mire egemoniche e le manovre oblique del Psuc noi dobbiamo instancabilmente ed energicamente affermare l’utilità della libera concorrenza politica in seno agli organismi sindacali e l’assoluta necessità dell’unità di azione antifascista. Bisogna dire ben altro che chiunque insulta il Poum e ne chiede la soppressione è un sabotatore della lotta antifascista che non va tollerato. Questa presa di posizione, oltre che aderire alle necessità della grave ora e rispondere allo spirito dell’anarchismo, costituisce la migliore profilassi contro la dittatura controrivoluzionaria che vieppiù si profila nel programma di restaurazione democratica del Psuc e nella disgiunzione tra rivoluzione e guerra di alcuni rivoluzionari miopi e disorientati”.
    [3]

    L’attività politica di Berneri andava contemporaneamente in diverse direzioni. Egli affrontò infatti quasi tutti i temi al centro del dibattito tra le forze impegnate in Spagna e si sforzò di chiarire quelli che a suo avviso costituivano i terreni di confronto più significativi. Possiamo in ogni caso e per comodità espositiva dire che Berneri si occupò prevalentemente di tre temi:

    1. Lo studio degli incartamenti attestanti la preparazione fascista dell’invasione della Spagna, attraverso la conquista delle Baleari;
    2. La sorveglianza delle attività clandestine delle spie fasciste e della Quinta Colonna;
    3. L’attività di propaganda a mezzo radio e giornale delle sue idee e della reale situazione della guerra.

    Con tutta probabilità furono proprio questi argomenti e quelli già riportati a segnalarlo quale pericoloso rivoluzionario e a far sì che la polizia comunista lo sorvegliasse molto da vicino, fino a decretarne la fine nel mese di maggio del 1937.


    (1. continua)


    Abbreviazioni
    P.S.U.C. - Partido Socialista Unificado de Cataluña
    P.O.U.M. - Partido Obrero de Unificación Marxista
    U.G.T. - Unión General del Trabajo
    P.C.E. - Partido comunista Espagnol
    C.N.T. - Confederación Nacional del Trabajo
    F.A.I. - Federazione anarchica iberica
    G.P.U. - Polizia segreta sovietica



    [1] Antonio Ovscenko: aveva guidato l’assalto al Palazzo d’Inverno. Sbarcò a Barcellona il 1° ottobre 1936.
    [2] Lettera aperta alla compagna Federica Montseny in Guerra di Classe, Barcellona, a. II, n.12 del 14 aprile 1937.
    [3] Pubblicato sotto il titolo Noi e il Poum su L’Adunata dei Refrattari (New York) del 1 e dell’8 maggio 1937.


    Camillo Berneri, martire anarchico - 24Emilia
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  2. #2
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Il testo si colloca all’interno di un dibattito con il direttore del giornale, Max Sartin, il quale critica il sovietismo per criticare l’organizzazione sociale delle comuni, sostenendo la tesi di un massimalismo contrario per principio all’autodemocrazia codificata. Sarà quindi utile riprodurre le parti significative del carteggio pubblico intercorso fra i due:

    “Il compagno m.s. si dichiara recisamente contrario al sovietismo. Il soviet è da lui definito <<l’organizzazione politica del proletariato autentico e non autentico>>, <<un organo elettivo avente potere legislativo>>, ossia è da lui condannato come potere politico e come potere legislativo. Il sovietismo ostacolerebbe il processo livellatore della rivoluzione sociale <<in quanto cristallizza in forme politiche quella divisione della società in classi>> che è funzione della rivoluzione di sopprimere; <<sarebbe una barriera alle realizzazioni anarchiche, in quanto istituisce, localmente e nazionalmente, un potere politico di cui lo stato è conseguenza logica inevitabile>>.
    M.s., come tutto il suo articolo lo rivela, ha presente alla mente l’origine e la decadenza del sovietismo russo. Ma egli confonde il sovietismo quale fu in Russia e quale potrebbe esser stato, od essere domani, in Italia, con quella concezione di sovietismo, integrale sintesi non soltanto di quella rispettabile ma generica e spesse volte pericolosa volontà popolare, ma anche di quelle minoranze rivoluzionarie che in seno ai movimenti di masse, adunano, coordinano e potenziano le tendenze più avanzate, sia nel campo delle realizzazioni socialmente egualitarie sia nel campo delle realizzazioni politicamente democratiche.
    Se il sovietismo può contenere in nuce le tendenze alla cristallizzazione statale, assumendo fin dai suoi inizi la natura di un sistema essenzialmente politico, cioè legislativo, poliziesco, burocratico etc., il sovietismo è per sua natura l’immediata ed inevitabile espressione del bisogno delle masse di darsi un sistema di coordinazioni capace di assicurare e possibilmente aumentare e migliorare il tenore di vita, la difesa delle posizioni conquistate, la sostituzione degli organi e delle funzioni rispondenti ai generali bisogni.
    Che nell'originaria natura popolare, genuinamente rivoluzionaria, del sovietismo, si infiltrino ben presto inquinandolo, la demagogia autoritaria, le tendenze statolatre, e si addensino le tenebre delle maggioranze a crearsi dei capi, lasciando a quelli dei compiti dei quali dovrebbero essere gelose, questo è storia, e non possiamo noi che proporci di conservare al sovietismo quanto vi è in nesso di autonomia, di anti-Stato, extra legem, cercando che il sistema sia sano alle radici e saldo nei suoi ulteriori sviluppi.
    Come accettiamo, valorizzandola, l'iniziativa popolare nelle sue manifestazioni insurrezionali ed espropriatrici, pur sapendo che errori ed orrori non mancarono e non mancheranno, così non possiamo non accettare l'iniziativa popolare nelle sue manifestazioni ricostruttrici.
    I problemi della rivoluzione sono quelli che sono, risolvibili nel quadro di una data maturità politica e morale, di un dato complesso di economici fattori obiettivi e che impongono soluzioni non solo immediate ma generali. Un organismo qual’è lo Stato odierno può essere demolito, ma alla sua ossatura fa riscontro tutto quel sistema di fasci muscolari e nervosi, che sono i servizi pubblici. Questi vanno organizzati, ed essendo, sia per la loro natura funzionale, sia per l'organizzazione che ha loro data la necessità accentratrice dello Stato, degli organismi eminentemente nazionali, al di sopra del villaggio, della città, della regione, dovrà pulsare un sistema di centri direttivi, che nella vita di una nazione sono quello che nella vita organica degli animali superiori sono il cervello, il cuore, i gangli nervosi.
    Le società primitive, le città dell'epoca dei Comuni, il villaggio contadino, la cittadina di provincia della Spagna, possono realizzare delle forme più o meno integrali di quell’anarchismo solidarista, extra-giuridico a-statale caro al Kropotkin, ma la metropoli odierna, ma la nazione che ha un ritmo di vita economica internazionale debbono affrettarsi a saldare le fratture prodotte dalla fase insurrezionale, perché la vita non si arresti; come il chirurgo deve affrettarsi a passare dal bisturi all’ago, quando si accorge che il cuore del paziente rallenta il proprio ritmo".
    "Il rivoluzionario odierno deve essere guerriero e produttore, deve essere l'insorto e il cittadino. E per cittadino intendo l'uomo che, non perdendo di vista la città ideale che biancheggia, alta, al di là del presente, sa che il crepitare delle mitragliatrici e il ronzio dei volanti, il lampo delle rivolte e il fumo delle ciminiere sono, oggi, nello stesso quadro e nello stesso piano.
    Il sovietismo ripugna all'anarchia, tu dici, o caro m.s.. D'accordo. Ma tutto quello che non è ancora l'anarchia, ripugna ad essa, che è il punto di arrivo. L'anarchismo è il viandante, che va per le strade della storia, e lotta con gli uomini quali sono e costruisce con le pietre che gli fornisce la sua epoca."
    "Egli si sofferma per adagiarsi all'ombra avvelenata, per dissetarsi alla fontana insidiosa. Egli sa che il destino, che la sua missione è di riprendere il cammino, additando alle genti nuove mete. Ma quando il popolo insorto dai rottami dello Stato fa materiale per costruirsi il libero Comune, e contro la Banca e il Consorzio padronale erge il Sindacato e nella palestra del Consiglio si addestra ad amministrare, l'anarchico comprende che nella storia si agisce sapendo essere popolo per quel tanto che permette di essere compresi e di agire, additando mete immediate, interpretando reali e generali bisogni, rispondendo a sentimenti vivi e comuni.
    Recisamente contrari al sovietismo, noi? Noi che nelle autonomie locali avremmo la migliore trincea per sbarrare la strada allo Stato? Noi che non possiamo sognare di veder realizzata l’anarchia se non dopo la più lunga e la più profonda esperienza di auto-democrazia, nel campo dell’amministrazione cooperativa e comunale?”
    “Il sovietismo ha in sé il pericolo dello statalismo. E sia, e non pianteremo più meli perché molte mele hanno il baco? Ogni cosa che è nel mondo ha il proprio baco. Tutto sta nel saperlo levare. Preoccuparsi eccessivamente delle degenerazioni possibili, conduce ad un errore comune a molti tra noi: alla negazione assoluta.
    La storia è opposizione e sintesi. L’anarchismo, se vuole agire nella storia e diventare un grande fattore di storia, deve aver fede nell’anarchia, come una possibilità sociale che si realizza nelle sue approssimazioni progressive. L’anarchia come sistema religioso (ogni sistema etico è di sua natura religioso) è una <<verità>> di fede, quindi per propria natura, evidente soltanto a chi la può vedere. L’anarchismo è più vivo, più vasto, più dinamico. Egli è un compromesso tra l’Idea e il fatto, tra il domani e l’oggi. L’anarchismo procede in modo polimorfo, perché è nella vita. E le sue deviazioni stesse sono la ricerca di una rotta migliore”.
    “Tra m.s. che butta via la vasca da bagno col bambino dentro e V. di Guerra di Classe che esalta il sovietismo come il non plus ultra dell’anarchismo, vi è una via di mezzo, che mi pare la migliore. Ed è quella che tento additare in questa conclusione, che gioverà, forse, ad evitare equivoci su quanto ho detto fino ad ora. Il sovietismo è il sistema di auto-amministrazione popolare e risponde ai bisogni fondamentali della popolazione, rimasta priva degli organi amministrativi statali. Questo sistema può permettere la ripresa della vita economica, compromessa dal caos insurrezionale e può servire di base alla formazione di un nuovo ordine sociale, costituendo inoltre una proficua palestra di auto-amministrazione preparante il popolo a sistemi di maggiore autonomia. E’ compito degli anarchici in seno al sovietismo di cercare di conservare ad esso il suo carattere spontaneo, autonomo, extra-statale: di cercare che esso sia un sistema essenzialmente amministrativo e non diventi un organismo politico, destinato, in tal caso, a partorire uno stato accentrato e la dittatura del partito prevalente; di lottare contro le tendenze burocratiche e poliziesche, cercando anche di circoscrivere la sua azione legislativa ai regolamenti rispondenti all’utilità generale”.
    “Resta inteso che gli anarchici considerano il sovietismo come un sistema transitorio e superabile, e che non esiteranno a porsi contro di esso quando lo vedessero degenerare in istrumento di dittatura ed accentramento.
    M.s. dovrebbe, per convincermi che ho torto, spiegarmi quale sistema crede possibile possa sprigionare la rivoluzione italiana e con quali linee programmatiche e tattiche l’anarchismo italiano potrebbe agire in seno a quella rivoluzione raggiungendo i suoi massimi obiettivi possibili: ampie autonomie locali e accentramento circoscritto alle necessità d’ordine nazionale. Parlo, naturalmente, dei soli obiettivi politici”.

    La risposta di Max Sartin sembra uscita dal “manuale del perfetto anarchista”. Scontata l’incomprensione del quid del lodigiano, altrettanto elusive le risposte. Il direttore de “L’Adunata” si attacca ai termini e, naturalmente, affonda le unghie sulla “parola compromesso”, perché è una “brutta parola”. Poi si contraddice:

    “(…) se si è costretti a subire il compromesso, non si deve accettarlo mai”.
    “(…) non possiamo considerare quelle restrizioni come un passo verso l’anarchia, quando invece ne sono una barriera; né possiamo accettare come definitivi quegli ostacoli”.
    “(…) Berneri risuscita nel suo sovietismo quel famoso periodo transitorio che è stato in passato il pretesto di tutte le deviazioni autoritarie del movimento rivoluzionario, che è oggi il pretesto ai diversi revisionismi a cui manifestamente si riconnette questo suo entusiasmo pei soviet”.
    “Butto via la vasca da bagno col bambino dentro, o non cerco piuttosto di salvare il bambino che Berneri vorrebbe soffocato nell’alluvione sovietica?”.
    “(…) non ci comprenderemo mai se Berneri intende per sovietismo cosa diversa da ciò che tutti gli altri intendono, cosa che non è mai esistita fuorché nel suo desiderio o nella sua immaginazione”.
    “(…) E’ possibile che domani risorga in Italia, ad opera dei comunisti che giustamente vedono in esso le basi popolari del loro potere politico, una versione italiana del sovietismo, cioè un sistema di Consigli Operai e Contadini; ed è probabile che degli anarchici, desiderosi di non straniarsi dalle attività locali dei loro compagni di lavoro prendano parte a questi Consigli allo scopo preciso di opporre alle ambizioni autoritarie dei comunisti freni ed ostacoli. Ma a me sembra estremamente pericoloso lasciar credere a quei compagni che il Consiglio di cui saranno membri – alla stessa stregua e con l’identica funzione per cui oggi possono essere membri di un Sindacato – sia suscettibile di diventare anarchico”.
    “Noi dobbiamo dir loro che in seno a quei Consigli essi non sono più soltanto lavoratori impegnati, a fianco dei loro compagni di fatica, nella gestione degli interessi comuni, ma rappresentanti, delegati, eletti in base ad un sistema di selezione che non è anarchico, perché usurpa alla massa il compito di quella gestione, onde – se vorranno adempiere alla loro missione di anarchici – minoranza, si guarderanno bene dall’assumersi alcuna responsabilità nelle direttive volute dalla maggioranza mantenendosi coerentemente all’opposizione; maggioranza, restituiranno alla massa il potere deliberativo che questa aveva delegato, in tal modo togliendo ai Consigli la loro caratteristica precipua e insomma la loro ragion d’essere, in quanto organi rappresentativi, che, come si sa, finiscono sempre per rappresentare solo i rappresentanti”.
    “Che il popolo erga il Sindacato contro la Banca e il Consorzio padronale, può essere vero in quanto concerne le intenzioni e i desideri dei lavoratori che il Sindacato sorreggono delle loro devozioni e dei loro tributi, e ai quali si è per decenni dato ad intendere che quello era lo scopo del Sindacato stesso. Ma in quanto risulta dalla condotta di coloro che sono il governo del Sindacato e ne fanno la politica, l’esperienza insegna che dove il Sindacato non è mancipio della Banca e del Consorzio Padronale è invariabilmente freno, remora, intralcio alle audacie della massa, o, per lo meno, delle sue avanguardie iconoclaste. E ciò perché il sindacato è un organismo autoritario in seno al quale non è consentita che la tattica voluta e imposta dall’alto dove la politica contingente frusta e domina tutte le preoccupazioni rivoluzionarie.
    Così è un sogno il credere che <<il sovietismo è il sistema di autoamministrazione che nasce inevitabilmente da una rivoluzione popolare>> ed è tendenziosa l’affermazione che esso <<risponde ai bisogni fondamentali della popolazione, rimasta priva degli organismi amministrativi statali>>. Il sovietismo è un sistema di selezione che permette ad alcuni eletti, che ricevono ordini dall’alto, di escludere la massa dall’auto-amministrazione; e che risponde ai bisogni fondamentali della popolazione, pretendono precisamente coloro i quali aspirano ad essere gli eletti per precludere agli elettori l’auto-amministrazione e praticare, con l’apparente consenso della massa, i loro particolari programmi di amministrazione e di governo. Io sono invece convinto che gli anarchici – eccezion fatta pei revisionisti che sembrano risoluti a distillare la pietra filosofale del governo anarchico – siano con me d’accordo nel ritenere assurda, nefasta, inammissibile quella pretesa. Le popolazioni, <<rimaste prive degli organismi amministrativi (e politici) statali>> corrono alle porte della Duma, al palazzo della Costituente, al Municipio, alla Camera del Lavoro, non perché queste istituzioni siano buone in sé, né perché possano dagli anarchici considerarsi come passi verso l’anarchia, ma perché essendo state combattute, perseguitate, soppresse dal vecchio regime, diventano agli occhi della moltitudine volta a volta centro, simbolo delle sue vaghe speranze di riparazione e di rivincita. Ma se a fianco della Duma sorgerà il soviet più largo di promesse, vindice di più radicali realizzazioni, le popolazioni diserteranno in breve la Duma e si affolleranno davanti ai portoni dello Smolny Institute. Basta, questo, all’anarchismo per unirsi al coro e gridare che nel soviet è la salvezza?
    A me pare che non basti. L’anarchismo deve giudicare il soviet non dalle simpatie che riscuote tra la massa, ma dal carattere obbiettivo della sua funzione. E se Berneri è con me d’accordo che il sovietismo è un sistema autoritario, e che come ogni altro sistema autoritario è politicamente liberticida, economicamente parassitario, moralmente ingiusto, Berneri dovrebbe convenire con me che l’anarchismo, lungi dall’accettarlo come una tappa verso l’anarchia, ha il dovere di combatterlo come una nuova insidia pel progresso sociale dell’umanità.
    Non mi sfuggono le complicazioni della vita moderna; penso anzi che i cosiddetti servizi pubblici che tanto preoccupano il compagno Berneri, saranno assai più numerosi e complicati in seguito all’espropriazione rivoluzionaria della terra e di tutti i mezzi di produzione e di scambio, quando tutta quanta l’attività economica, non avendo più altro scopo che l’alimentazione e il benessere della collettività, sarà diventata, per così dire, funzione di pubblica utilità. Né intendo che l’anarchia significhi ritorno alla vita semplice e primitiva dei campi e del villaggio al crepuscolo della civiltà, bensì superamento, integrazione, su tutti i campi dell’umana attività, delle conquiste sinora raggiunte.
    Ma delle due l’una: o l’anarchismo risolve anarchicamente il problema della gestione diretta del patrimonio sociale quale fu accumulato dal progresso compiuto e quale sarà ancor più arricchito dal progresso a venire, e allora l’anarchia sarà la possibile realtà del futuro; oppure l’anarchismo non risolverà anarchicamente questo problema, si contenterà di risolverlo con espedienti autoritari e allora non soltanto l’anarchia sarà impossibile per l’avvenire, ma l’anarchismo stesso è oggi un pleonasmo assurdo che non serve ad altro che a designare una delle tante correnti autoritarie del movimento rivoluzionario”.
    “ «La storia – scrive Berneri – è opposizione e sintesi». L'opposizione deve precedere la sintesi. E finché una possibilità di sintesi anarchica non si presenti all'anarchismo, perché dubitare che l'opposizione non abbia compiuta è la sua funzione, perché pretendere che sia divenuta sterile? Il sostituire alla logica sintesi anarchica che sfugge, una sintesi autoritaria, non risolve il problema dell’anarchismo. Tutt’al più gli dà l'illusione di averlo risolto. Un'illusione tanto più pericolosa che nasconde l'insidia e i ben conforta la pigrizia.
    E Berneri in si sente così soddisfatto nella soluzione sovietica dei problemi del suo anarchismo, che chiude gli occhi alla ragione ed esige da me una controsoluzione, unico argomento a cui si professi disposto ad arrendersi: «per convincermi che ho torto, dovrebbe spiegarmi quale sistema crede possibile possa sprigionare la rivoluzione italiana, etc.».
    A mia totale confusione, devo confessare che non ho un programma politico da offrire all'anarchismo italiano pei suoi bisogni cumulativi in occasione della prossima rivoluzione.
    Non ho che una convinzione, e cioè che le deviazioni, le transazioni autoritarie dell'anarchismo, siano al tempo stesso dannose all'anarchia, al popolo italiano, alla sua rivoluzione.
    Ed un proposito: mescolarmi tra la folla dei diseredati che non aspirano a creare per sé nuovi monopoli e privilegi, che sperano con la rivoluzione conquistarsi il pane e la libertà, viverne la passione, combatterne le battaglie per la rivendicazione di tutta la libertà, per l'integrazione di tutto il diritto, per l'abolizione di tutte le ingiustizie, cercando di sventare i calcoli e le insidie di quanti disegnano sottometterla al proprio dominio.
    È poca cosa, ma mi sembra ancor meglio del sovietismo".


    soviet e anarchia
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  3. #3
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Vuoi vedere che ora gianky è diventato anarchico?

  4. #4
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Citazione Originariamente Scritto da Josef Scveik Visualizza Messaggio
    Vuoi vedere che ora gianky è diventato anarchico?
    Sei sempre il solito pirla, a me piace discutere e conoscere, non perché posto Camillo Berneri io sono anarchico, ma non puoi crescere e diventare adulto? Non posso voler conoscere Berneri ed essere magari fascista? O stalinista? O liberale? O socialista?
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  5. #5
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Piuttosto tu che ti spacci per anarchico nulla da dire su Berneri?
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  6. #6
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Citazione Originariamente Scritto da Gianky Visualizza Messaggio
    Sei sempre il solito pirla, a me piace discutere e conoscere, non perché posto Camillo Berneri io sono anarchico, ma non puoi crescere e diventare adulto? Non posso voler conoscere Berneri ed essere magari fascista? O stalinista? O liberale? O socialista?
    Che ci vuoi fare, anche un prete ha una mentalità più aperta di quella di Raymondino... magari si legge e conosce il Corano, le Upanishad... No, per il nostro prete dell'anarchia questo non è ammissibile.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  7. #7
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Tra l'altro ho notato che almeno da un anno nessuno postava più su SL, Josefino che capzo fai? Dormi? Sei alle Seychelles con la boldrina?
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  8. #8
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    Che ci vuoi fare, anche un prete ha una mentalità più aperta di quella di Raymondino... magari si legge e conosce il Corano, le Upanishad... No, per il nostro prete dell'anarchia questo non è ammissibile.
    Appunto se un prete cattolico leggesse il corano e si mettesse a discutere sulla figura di Ali, per Josefino sarebbe automaticamente o un musulmano o un infiltrato.
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  9. #9
    Canaglia
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Citazione Originariamente Scritto da Gianky Visualizza Messaggio
    Piuttosto tu che ti spacci per anarchico nulla da dire su Berneri?
    In realtà è uno dei miei preferiti (per esempio il suo scritto sul cretinismo anarchico), ma con te non posso certo parlare di cose serie.

  10. #10
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Camillo Berneri e il socialismo libertario

    Citazione Originariamente Scritto da Josef Scveik Visualizza Messaggio
    In realtà è uno dei miei preferiti (per esempio il suo scritto sul cretinismo anarchico), ma con te non posso certo parlare di cose serie.
    Non devi parlare con me ma degli scritti e del pensiero di Berneri, se ne capisci qualche cosa.
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

 

 
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