Mense dei poveri, adesso le file non crescono più* | Cronaca*| www.avvenire.it

Tanti, troppi poveri. Eppure, nel deserto italiano dell’indigenza, qualcosa si muove. I numeri dell’Istat sul 2015 sono attesi a luglio e probabilmente non segneranno una svolta: stime da brivido, con oltre 4 milioni di persone senza cibo, vestiti, perfino una casa. Ma la macchina del sostegno agli indigenti viaggia, forse per la prima volta, spedita e sui binari giusti. Tanto che nel mondo del terzo settore si comincia a parlare di una vera e propria rivoluzione copernicana, con la sussidiarietà che trova spazi nuovi di azione e «l’efficienza complessiva del sistema – assicura Francesco Marsico, responsabile Area nazionale della Caritas – che aumenta».


I Fondi europei e il piano italiano
Cosa sta succedendo? «Il Programma operativo italiano legato al Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead) procede a pieno ritmo», spiega Marsico. Centinaia di milioni di euro 789 circa per il periodo 2014-2020 - stanziati per gli aiuti alimentari ai più poveri, la fornitura di materiale scolastico per famiglie in grave difficoltà economica, la lotta alla deprivazione alimentare ed educativa di bambini e ragazzi che vivono in zone dell’Italia disagiate, il sostegno materiale alle persone senza dimora e ad altre persone fragili. Fino a quest’anno ci si era concentrati soltanto sul cibo, dal prossimo il ministero del Lavoro e dell’Istruzione inizieranno con la dotazione di mense scolastiche nelle scuole delle aree più disagiate: «Inizialmente si tratterà di una sperimentazione su alcune strutture – chiarisce Marsico –. L’obiettivo generale, però, è importante: garantire un’alimentazione sana a minori in povertà e la continuità educativa anche nel pomeriggio». Una scuola con una mensa non solo offre un (buon) pasto ai bambini che non hanno la certezza di averlo, ma spinge anche le famiglie a mandarli a scuola (arginando la piaga delle dispersione) e permette loro di fermarsi di più a scuola, togliendoli dalla strada e dalle fauci della criminalità. Come dire: dal cibo a un futuro.



Pasta, olio e ora latte
Ai fondi europei si affiancano quelli italiani del Fondo nazionale indigenti. Quest’ultimo è stato finanziato con 10 milioni di euro nel 2014 (con cui si è deciso di comperare pasta e farina) e con 12 milioni nel 2015 (con cui si sono acquistati olio di semi, passata di pomodoro e legumi). E qui è arrivata, da due anni a questa parte, la vera svolta: il Tavolo permanente di coordinamento del fondo - che mette insieme enti caritativi, industria, grande distribuzione e organizzazioni agricole - ha cominciato ad essere riunito in maniera costante dai ministeri dell’Agricoltura e delle Politiche sociali, «lasciando sostanzialmente a chi lavora sul campo da anni la possibilità di partecipare attivamente alle decisione istituzionali», spiega Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco alimentare. Risultato: dialogo, collaborazione, tempestività negli interventi là dove servivano e servono. Come è avvenuto appena qualche settimana fa sul latte, con l’ok al recupero delle quote (che altrimenti andrebbero sprecate) a favore degli indigenti. «Si tratta del primo progetto simile in Europa – spiega Lucchini –. Una prima tranche di acquisti è già stata effettuata con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro e con un quantitativo di circa 60mila quintali». Ma il ministero dell’Agricoltura ha già annunciato un ulteriore stanziamento che raggiungerà complessivamente 10 milioni di euro per un equivalente di 300mila quintali di latte. L’operazione garantirà agli enti caritativi la disponibilità dell’alimento primario, che rappresenta uno dei prodotti più distribuiti nei programmi di assistenza alimentare. Permettendo di dirottare le risorse finora spese in quel settore per coprire nuovi bisogni. E non è poco.


Spreco e aiuti: le sfide aperte
Altra svolta, l’approvazione della legge Gadda contro lo spreco alimentare alla Camera. «I tempi per l’ok del Senato non saranno brevi – spiega ancora il dirigente della Caritas –, ma il segnale è forte. Finalmente abbiamo una legge condivisa e costruita con l’apporto di tutti sullo spreco alimentare». Tra le novità dirompenti, le agevolazioni fiscali per le aziende che recuperano, il via libera alla cessione ai soggetti no profit dei beni alimentari confiscati, l’agevolazione nelle procedure di donazione rispetto alla distruzione e, sul piano culturale, il riconoscimento del valore prioritario rispetto alla distruzione e all’uso agronomico o energetico della donazione per fini umani, incentivo alle donazioni a scopo sociale piuttosto che a scopo ambientale. E, di nuovo, il fatto che per costruire la legge si sia chiesto il contributo del Tavolo indigenti, cioè di chi con il recupero ha a che fare ogni giorno. Ancora, a luglio partirà il Sostegno per l’inclusione attiva (Sia) che prevede l’erogazione di un sussidio economico a nuclei familiari in condizioni economiche di estremo disagio nei quali siano presenti minorenni (subordinato all’adesione a un progetto di attivazione sociale e lavorativa) e per cui il governo ha messo sul campo circa 750 milioni di euro. «È un altro pezzo ancora dell’aiuto agli indigenti, che esula dal contesto alimentare ma che concorre a creare un quadro di sostegno globale – commenta Marsico –. Questo è un punto sui cui da sempre insistiamo come Caritas: che la lotta alla povertà e l’aiuto ai poveri non si faccia attraverso iniziative spot, ma con un piano il più possibile razionale, composito e universalista».



Le reti sul territorio
Pezzi da mettere insieme, dunque, senza i quali l’indigenza resta una montagna troppo alta da scalare: se è vero infatti, come confermano sia le reti Caritas con le diocesi sia i dati del Banco, che gli enti caritativi negli ultimi mesi non hanno visto la richiesta di aiuto da parte di nuovi poveri, altrettanto vero e drammatico è che chi è entrato nel circuito di povertà negli ultimi 5 anni non ne è uscito. «Si tratta di una cronicizzazione del fenomeno molto preoccupante e, dal punto di vista dei minori, addirittura disastrosa – commenta il responsabile dell’Area nazionale della Caritas - ed ecco perché la nostra sfida, e quella di tutto il terzo settore, è cercare di continuare a tradurre concretamente, sui territori e nella realtà, queste nuove spinte che arrivano dalle istituzioni. La mobilitazione deve essere pari alle novità poste. E ognuno deve fare la propria parte, anche le istituzioni, integrando gli sforzi nelle buone pratiche esistenti che non vanno cancellate». Dello stesso parere Lucchini: «Per anni il Banco alimentare ha predicato la sussidiarietà e oggi la vediamo diventare operativa. È uno spettacolo straordinario. I fondi messi a disposizione dallo Stato per aiutare i poveri non sono una spesa, ma un investimento per il futuro. Chi viene accolto, e trova un pasto e un aiuto, piano piano si rimette in piedi e si reinserisce nel mondo del lavoro, tornando ad essere parte attiva della società e del Paese». È l’inizio di una nuova stagione, per i frutti bisognerà ancora aspettare.