Una su quattro è azionista: azzerate risorse per trenta milioni. Un paese nell’epicentro del terremoto finanziario della sua banca
01 giugno 2016
TREVISO. Nella Marca trevigiana c’è un intero paese in ginocchio dopo il passaggio del tornado Veneto Banca. Così il sindaco Claudio Sartor descrive Cornuda, dove una famiglia su quattro ha visto sfumare i risparmi di una vita investiti in azioni dell’ex popolare di Montebelluna. Qui infatti 490 soci, su poco più di 6.200 abitanti, hanno visto azzerate risorse per circa 30 milioni di euro. Non meglio è andata a Montebelluna, dove si contano 4.000 soci, e lo stesso si può dire per gli altri comuni che ruotano attorno alla sede storica dell’istituto di credito.
EPICENTRO DELLA CRISI.Ma è Cornuda, ai piedi della Rocca, l’epicentro della crisi finanziaria che ha travolto Veneto Banca. Avevano in mano azioni cui era stato attribuito un valore di oltre 40 euro. Ora se le ritrovano in tasca con un valore che se andrà bene non sarà superiore a 50 centesimi. E ciò avrà inevitabilmente riflessi su tutta l’economia del territorio: sulle fabbriche, sui negozi, sulle famiglie. C'è l'intero spettro della popolazione in quei 490 soci: grossi industriali e piccoli artigiani, liberi professionsti di successo e casalinghe, operai e pensionati. Chi pensava di avere da parte qualche decina di migliaia di euro e si è ritrovato con qualche centinaio di euro al massimo. Chi aveva azioni per 700mila, anche 800mila euro, sono ora ridotti a ben poca cosa.
30 MILIONI IN FUMO. «Quando si parla di azzeramento», spiega il sindaco Claudio Sartor, «vuol dire che in una realtà come la nostra sono spariti risparmi per 30 milioni di euro». È il conto sia del numero dei soci che del valore che avevano le azioni prima del crollo finanziario di questi giorni. Quando la bufera si stava avvicinando sempre più, il sindaco aveva fatto anche arrivare a Cornuda Giovanni Schiavon, ex presidente del Tribunale di Treviso e attuale vicepresidente di Veneto Banca, per spiegare qual era la situazione e cosa era possibile ancora fare.
Quando c’è stata l’assemblea a Marghera, il sindaco ha raccolto pacchi di deleghe dai suoi concittadini che sapevano che avrebbe partecipato. «Troviamo tutte le categorie tra i titolari di azioni», aggiunge Claudio Sartor, «da me sono venuti grossi industriali come casalinghe, c’era chi aveva azioni per 800.000 euro e chi per qualche migliaia di euro. Mi hanno detto: sindaco ci affidiamo a te, fai del tuo meglio».
RISPARMI DI UNA VITA. Non gli hanno raccontato la loro condizione post-terremoto bancario, ma si capiva che per tanti era un dramma. «C’è chi aveva investito in azioni tutto il Tfr», aggiunge il sindaco, «chi aveva messo lì i suoi risparmi per fare la casa ai figli o per essere in grado di affrontare la vecchiaia serenamente. Si sono trovati senza nulla in mano e con la prospettiva che ora la banca venga comprata per poco da gente da fuori. C’è l’impressione che sia stata una manovra guidata». Ma al di là dei casi singoli c’è preoccupazione per il futuro economico del territorio, anche per i posti di lavoro.
LA RABBIA DEL PAESE. «Le conseguenze negative le vedremo solamente in futuro», afferma Claudio Sartor, «industriali che pensavano di investire in azienda si sono fermati in attesa di tempi migliori e ciò inciderà sullo sviluppo economico del territorio. Ma c’è anche la questione occupazionale: ci sono parecchi cornudesi che lavorano in Veneto Banca, c’era un piano industriale che prevedeva sì riduzioni di personale, ma adesso che entra Atlante temiamo una grossa cura dimagrante negli organici della banca la cui conseguenza sarebbe nuova disoccupazione».
Certo di rabbia in paese ce n’è molta. «Dove erano Banca d’Italia e Consob prima che scoppiasse tutto questo?», dice l'ingegner Francesco Da Riva, «all’associazione ho suggerito di non fare un esposto contro Consoli, ma di chiedere la restituzione dei soldi a quegli industriali che se li sono fatti prestare tramite il funzionario amico e non li hanno più restituiti. L’azione poi va fatta contro i revisori dei conti se si vuole rientrare dei soldi, è l'unica strada. Certo a Cornuda è un pianto unico, è ovvio perché la stangata è stata enorme».
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