Da dove deriva tutto l'interesse del nuovo sindaco di Torino per l'Istituto San Paolo di Torino?
Dopo le amministrative Matteo Renzi osservato speciale (dai circoli che contano)
Pubblicato: 22/06/2016 20:41 CEST Aggiornato: 1 ora fa
Ancora non lo hanno abbandonato. Di certo non lo hanno mai amato. E ora dopo la batosta elettorale di domenica scorsa, Matteo Renzi è un osservato speciale per i ‘circoli che contano’ in Italia. Quelli dove si discute del potere, di chi governa e chi governerà. Quelli dove spesso si decidono i leader o si decide di dare il consenso a leader che emergono da soli. E sta proprio nella distanza tra queste due opzioni il senso della transizione che, a parlare con varie personalità dell’establishment italiano, sta caratterizzando la fase attuale: il passaggio dal ‘consumato’ Renzi ad altro osservato speciale, il pentastellato Luigi Di Maio.
Si sbilanciano a parlare solo a taccuini chiusi. Per ora nessuno ci mette la faccia. Ma così come nel Pd tutte le correnti danzano minacciose intorno all’ammaccato Renzi con l’obiettivo di condizionarlo, così nei circoli che ancora esercitano potere e influenze in Italia si preparano anche a scaricarlo, se sarà il caso. Del resto, come chiarisce una fonte molto alta, “è stato lui a voler andare a Palazzo Chigi, si è fatto e distrutto da solo”. Gelo. “E invece quel Di Maio…”. Gli occhi guardano in là, verso un orizzonte immaginario. L’impressione è che la transizione da Renzi a Di Maio venga vissuta con minore ansia rispetto a quella di due anni fa da Letta a Renzi. Pur benedetta da tutto il Pd e dalla presidenza di Giorgio Napolitano, quella del 2014 fu una vera e propria rottura di tutto un sistema di potere e relazioni che non a caso oggi produce indifferenza rispetto alla fase negativa che il Pd renziano e l’attuale governo stanno attraversando ora.
Il fatto che l’establishment italiano abbia cominciato a ‘coccolare’ Di Maio, la promessa a cinquestelle, il più quotato per la candidatura a premier, non è una novità. Il 22 aprile scorso ha fatto notizia il pranzo organizzato dall’Ispi, l’Istituto di studi per la politica internazionale, think tank tra i più importanti in Italia, con ospite d’onore proprio Di Maio. Tra i commensali, i membri del Consiglio dell'Ispi, i vertici di Pirelli, Intesa Sanpaolo, Eni e altre aziende e istituzioni, il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana. E poi molti degli invitati alla riunione romana della Trilateral commission, da Carlo Secchi (presidente italiano della Trilateral), a Paolo Magri (direttore), Mario Monti (presidente onorario della Trilateral europea). Roba da far drizzare i capelli a qualsiasi grillino doc e che infatti ha creato polemiche che però non hanno scalfito l’immagine di Di Maio, né nel movimento, né fuori. “Io a pranzo con la Trilaterale? No, c’erano tanti esperti. Ho esposto la politica estera del Movimento 5 Stelle”, ha risposto lui quando gliel’hanno chiesto.
E si sa anche che a marzo Joep Wijnands, ambasciatore olandese in Italia e rappresentante dunque del paese presidente di turno dell’Ue, ha organizzato un incontro tra Di Maio e gli ambasciatori degli altri stati membri dell’Unione nella sede diplomatica dell’Olanda a Roma. Certo, si tratta di incontri mensili che vengono di solito organizzati con i politici. Ma per Di Maio, rappresentante di una forza post-ideologica e con la patente ‘anti-sistemica’, è un riconoscimento che conta. Più che per altri già rodati dal sistema.
Ma l’attenzione dell’establishment verso il nuovo astro nascente si è intensificata con questa tornata di amministrative. La sera del 13 giugno, lunedì di mezzo tra il primo turno e i ballottaggi, mentre l’Italia era distratta e proiettata verso la partita degli europei contro il Belgio, al Senato c’è stata un’iniziativa passata inosservata ai più.Presentazione del libro dell’editorialista del Corriere della Sera, Massimo Franco: “L’assedio”, edizione Mondadori. Tra i relatori Stefano Folli di Repubblica, Lucio Caracciolo di Limes, l’ex ministro di Monti, Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio. E naturalmente il presidente del Senato Pietro Grasso. Conclusioni affidate a Di Maio che ha tenuto un intervento molto istituzionale sulla posizione del M5s sull’immigrazione, vero argomento di discrimine che deciderà se il movimento pende a destra o a sinistra. A sentire lui quella sera, l’impostazione tende verso il centrosinistra: quote e aiuti per l’Africa. Che non stia già scippando l’argomento a Renzi in vista del consiglio europeo che la prossima settimana dovrà dire la sua sul migration compact del governo?
Conclusione forse affrettata. Però all’indomani delle amministrative 2016, chi frequenta i circoli che contano riflette sui tre presupposti dell’ascesa di Renzi a Palazzo Chigi: fare le riforme, risollevare l’economia e annientare politicamente i cinquestelle. Mentre ci sono luci e ombre sui primi due punti, è il ragionamento a taccuini chiusi, di sicuro Renzi non ha centrato l’obiettivo di battere la concorrenza a cinquestelle, al di là della fiammata inziale alle europee 2014: svanita. E nel frattempo i cinquestelle hanno cambiato pelle: ‘l’ambasciatore’ Di Maio si fa apprezzare dall’establishment. Tanto da seminare meno odi di Renzi, per ora. Perché viene visto come altro da sé, arriva da un altro pianeta politico e con gli extraterrestri è bene parlarci, se hanno consenso. Insomma, lo vedono come il prossimo cavallo di razza su cui puntare perché non salti per aria il sistema, l'assicurazione per il futuro, anzi per 'un' futuro, l’alternativa che non c’è in altri partiti.