Brexit rappresenta il fine corsa di questo socialismo europeo e di questa Europa piegata agli interessi dei più forti. La Terza Via, le Larghe Intese e la conversione alle teorie della City hanno travolto la cultura e l'identità delle forze democratiche e progressiste europee. La spinta che unì le nazioni nel dopoguerra si è esaurita non nel cuore dei cittadini ma nella testa delle élites. Il finanzcapitalismo che fa soffrire, affama, umilia le persone, crea insicurezza e sancisce la scomparsa dei ceti medi è stato egemone in tutti i lunghi anni che abbiamo alle spalle.
La Grande Crisi, dal 2007 in poi, invece che suscitare nei democratici europei il ritorno ai fondamentali e ai principi, che erano la creazione di lavoro e un piano di investimenti per la crescita, ha finito per prosciugare ogni resistenza culturale e di alternativa politica all'austerità. Il liberismo finanziario si è fatto scudo con l'austerità e ha sbaraccato ogni primato della politica. Mentre ci affannavamo a dire "non siamo la Grecia", abbiamo permesso lo strozzinaggio delle banche d'affari verso quel Paese. In verità dicevamo "non siamo europei".
Mentre gli sconvolgimenti del Nord Africa e del Medio Oriente generavano flussi migratori di milione di donne e uomini in fuga dalla guerra, dalla povertà e dalle catastrofi climatiche, abbiamo smantellato progetti come Frontex, Triton. Non abbiamo mosso un dito per riformare il Trattato di Dublino e ci siamo affidati a un despota paranoico come Erdogan. Dopo gli attentati terroristici di Parigi il governo socialista francese ha sospeso Schengen. Anche in quel caso, abbiamo taciuto. Mentre i governi socialisti di Austria e Slovacchia alzavano muri e fili spinati, siamo stati inermi. Gli effetti della recessione sono stati devastanti per i giovani e per i disoccupati che sono stati lasciati soli.
Noi socialisti europei abbiamo preferito le grandi coalizioni e l'austerità senza pretendere misure in grado di affrontare l'emergenza sociale. In tutto questo abbiamo detto "non siamo europei".
Sbaglia chi dice che il Regno Unito sia avverso all'Europa perché tradizionalmente sovranista. Il voto dimostra il contrario. La popolazione più giovane e precaria, più incline alla mobilità in Europa, ha scelto in larga maggioranza "Remain".
Oggi l'Europa è in un vicolo cieco. Non ha più ambizione politica ed è chiusa nella voglia di confini e fili spinati. Il federalismo europeo è stato svenduto in nome di un relitto ottocentesco: "Razza e Nazione". La pavidità, la visione corta, il cinismo, l'opportunismo delle élites hanno consentito che nelle masse popolari dilagasse la paura, il senso di abbandono. Abbiamo lasciato che il sentimento popolare, orfano di miti, valori e lingua comuni, virasse verso le forze anti-sistema. Chiusi nei nostri giochi di pensiero e di palazzo abbiamo scaricato i popoli alle forze antisistema. Abbiamo dimenticato la logica del consenso. Abbiamo scimmiottato la destra. La destra ha vinto. Allora, quello che chiamiamo populismo, demonizzandolo e non comprendendolo, al netto degli opportunismi, ha il merito di aver mantenuto e alimentato la connessione con il popolo che noi abbiamo smarrito.
L'Europa sociale resta l'unica strada da percorrere. Nella nostra storia ci sono sentieri interrotti da riprendere. Jacques Delors nel 1989 propose di raddoppiare il bilancio europeo. Era un socialista vero. Ai suoi tempi l'agricoltura, la ricerca, il programma Erasmus, la cooperazione internazionale e l'accoglienza erano finanziati con l'1,2% del Pil di ogni Paese membro. Oggi siamo scesi allo 0,9%, nonostante l'aumento della povertà, della disoccupazione e delle migrazioni.
Frasi insulse del tipo "noi diamo all'Europa più di quanto prendiamo" hanno distrutto l'unità europea.
Il 10 febbraio del 1993, davanti al Parlamento europeo, il grande socialista francese, così si esprimeva: "Ora abbiamo perduto lo slancio. Cosa più grave, la disoccupazione avanza e colpisce tutte le categorie di lavoratori. Minaccia l'equilibrio della nostra società, compromette il finanziamento dei sistemi di tutela sociale ed è alla base di un inquietante fenomeno di marginalizzazione e di esclusione. E i popoli a chiederci giustamente: siete capaci, voi che siete per l'Europa unita, di proporci un progetto economico e sociale che possa frenare la marea nera della sottoccupazione e ridarci fiducia nel futuro? È a questa domanda - diceva Jacques Delors - che dobbiamo rispondere". Una domanda senza risposta.
Oggi i socialisti europei assomigliano sempre più agli ometti impomatati e lividi dell'espressionista Grosz, con le spalle rivolte alla solitudine degli esclusi e dei nuovi poveri. Con Brexit è caduto il velo. L'unica strada è la rifondazione del socialismo europeo.
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