Corriere della Sera
Garth Bowles. Nato a Riverside in California da una famiglia di mormoni, vive nella «God's Way Love Yucca Valley», negli Stati Uniti. Prima di stabilirsi in questa vallata, a Nord del deserto del Mojave, in California, ha girovagato per gli Stati Uniti con una semplice borsa a tracolla per anni.Le persone che gli fanno visita non sono rare: si fermano un paio di giorni o qualche settimana. Garth passa la maggior parte del proprio tempo all’aria aperta, lavorando alla rivitalizzazione dell'area semi-desertica che lo circonda.
Il Lama del Darjeeling. Appartiene a una famiglia, originaria del Nepal, in cui sono nati molti lama. Non diversamente da ogni monaco come lui, non ha beni materiali salvo i vestiti che indossa e vive grazie alle donazioni dei fedeli. Va a dormire alle otto di sera per dedicarsi alla preghiera cominciando dalle 4,30 del mattino. Passa le giornate, le settimane, i mesi e gli anni in questa sua vita di monaco, pregando davanti agli 8.586 metri del massiccio del Kanchenjunga, la terza montagna più alta della catena dell’Himalaya nel «Bhutia Busty», il monastero in cui vive, nel Darjeeling. La parola «Bhutia» si riferisce a un ramo del Buddismo che mantiene salde le proprie radici, prossime alle credenze sciamaniche della principale corrente religiosa seguita ancora in Tibet. Nel monastero ci sono nutrite collezioni di scritti sacri al Buddismo tibetano, ordinatamente mantenute nella grande libreria che si trova al primo piano e che i fedeli che si avventurano da queste parti hanno la possibilità di consultare immersi nell’atmosfera del luogo sacro.
Viviana. Nata in Egitto nel 1959 da madre egiziana e padre italiano, si è trasferita con la famiglia sui colli dalle parti di Bologna, negli anni del nazionalismo pan-arabista di Nasser. Da giovane ha frequentato l’Accademia d’Arte Drammatica recitando in ruoli comici. Ha venduto libri d’arte e ha fatto anche la modella. Una storia d’amore le ha rivoluzionato la vita che conduceva, inducendola a una profonda conversione. È custode di un progetto, “Eremiti con San Francesco”, che unisce persone che seguono alternative religiose e che non si riconoscono nei gruppi ecclesiali ufficiali.
Gisbert Lippelt. Da quasi quarant’anni il tedesco vive in una grotta a Filicudi, isoletta nell’arcipelago siciliano delle Eolie. Ci si è fermato prolungando indefinitamente i due mesi di vacanza a sua disposizione - «e oggi sono ancora qui», dice sorridendo. Padre magistrato e madre architetto, infanzia e adolescenza passate a Gottingen, a soli vent’anni Gisbert era già ufficiale in seconda del transatlantico Hamburg, una lussuosa nave da crociera con «dodici piani più ascensore». «La città non fa per me», sostiene con franchezza. Ha scavato, tinteggiato di bianco e si é sistemato dentro una grotta in una parte remota della sua «paradisola»,dalla quale si possono contemplare i lapilli lanciati di tanto in tanto dal vulcano di Stromboli. Quando è arrivato, nel 1968, Filicudi non era stata ancora “scoperta” dal turismo d’élite e su quest’isola aspra ha imparato vivere con quello che la natura gli regalava seguendo gli insegnamenti dei vecchi contadini: si nutre di ciò che cresce intorno a lui, raccoglie l’acqua piovana e le erbe, non ha luce né altre fonti d’energia e la notte legge alla luce delle candele o di un fuoco che, se ha voglia, accende. Disegna, dipinge e ricicla. Appassionato di archeologia, conosce ogni angolo di Filicudi. Prepara da sé pane e pasta e per cucinare usa una parabola che concentra la luce solare in un fornello.
Sue Woodcock, l’eremita poliziotta. Nata a Londra nel 1947 da genitori da lei stessa definiti una sorta di strani e squattrinati bohémienne, a soli sei mesi di vita si ritrovò a casa della nonna materna, dove i genitori la condussero con l’intento dichiarato di lasciarcela per una notte. Fu una notte che durò una trentina d’anni. Timida, introversa e poco incline alla comprensione della nipote, la nonna fece tuttavia del suo meglio per allevarla nel migliore dei modi e fornirle una buona educazione. Sue ha fatto la poliziotta finché non ha deciso di dedicarsi alla vita in solitudine. Oggi ha più di 60 anni e da circa 15 vive nella sua casa in pietra chiamata “Mire House”, senza acqua corrente né energia elettrica, su una collina dello Yorkshire Dales nel nord dell’Inghilterra. Con i suoi pochi risparmi oltre a comprare la casa è riuscita ad acquistare anche una pecora. Il piano era quello di vivere lì con il suo uomo ma la relazione poi è finita e l’idea di rimanere da sola non le è dispiaciuta affatto. Da tempo delusa da politica e società, vuole sentirsi libera di fare quel che vuole e quando vuole, senza doverne rendere conto a nessuno. La sua esistenza è tutt’altro che sregolata, solo che a Sue piace darsi le regole da sé. Il restauro di “Mire House” è opera sua e non si nega né la radio né la televisione. Passa il suo tempo a nutrire e coccolare gli animali - cani, gatti, capre e pecore - a leggere e scrivere. Si dedica alla campagna e ai pochi amici che si affacciano talvolta per una visita.
Rachel Denton. Terza di sei fratelli, è cresciuta in una affollata famiglia cattolica inglese. Il più grande desiderio coltivato fin dalla più tenera età è stato la conquista della solitudine. Dopo gli studi è entrata nell’Ordine carmelitano ma già negli anni del liceo frequentava un monastero. Poi però ha preferito abbandonare il percorso religioso, non tanto per la poca inclinazione alle regole, quanto per l’esiguo isolamento che quella vita riusciva a concederle. Ha finalmente trovato quel che cercava nella sua casetta del Lincolnshire, area scelta sia per la bellezza degli scenari, ma anche perché le case erano più a buon mercato. La giornata di Rachel inizia alle sei del mattino con una preghiera che termina alle otto. Dopodiché si dedica fino a mezzogiorno all’attività di calligrafa: scrive inviti di matrimonio o biglietti da visita. Dopo il pranzo e un breve riposo pomeridiano lavora in casa o in giardino fino alle cinque. Si concede l’ascolto della radio durante una leggera cena cui fa seguito la preghiera. La sera siede in contemplazione del caminetto acceso, passeggia in giardino, oppure si dedica al cucito.
Padre Maxime. È nato una sessantina d’anni fa a Chiatura, cittadina della Georgia, non distante dallo sperone roccioso di Katskhi dove si è ritirato a vivere nel 1995. Solo due anni prima aveva preso i voti di monaco della Chiesa Ortodossa. Da molto tempo padre Maxime desiderava sistemarsi in cima ai quaranta metri di quel pilastro roccioso, e là pregare e coltivare il suo orto. Da ragazzo, guardando in alto, addirittura invidiava chi avrebbe avuto modo di soggiornarvi. Già prima del trasferimento, alcuni amici e altri volontari lo hanno aiutato nei restauri della chiesetta che oggi è la sua abitazione e nell’impresa di trasportare fin lassù i materiali necessari. L’eparchia locale, la struttura amministrativa della Chiesa Ortodossa,in un primo tempo ha accettato la scelta del monaco solo a patto che non si trattasse di un trasferimento definitivo. Poi è arrivata la benedizione del Patriarca e Maxime da allora vive lassù. Il sito era già noto in tempi pagani, quando la stele, con la sua impressionante figura, era vista come un totem in celebrazione degli dei della fertilità.
Mario Dumini. È il figlio di Amerigo, che partecipò al delitto di Giacomo Matteotti nel 1924. Dopo aver vissuto in Australia, adesso sta in un bosco nelle campagne di San Vittorino, vicino a Tivoli, in una caverna di 30 metri arredata con un paio di librerie ricevute in dono e con i mobili recuperati dalla discarica. Si sveglia quando sorge il sole, si lava al vicino ruscello, si nutre solo di frutta e verdura. Legge, scrive, vive a contatto con la natura e scrive dei cartelli di protesta su vari argomenti, che poi espone per le strade di Roma.
Swami Ajatananda Puri. Nato in Romania nella cittadina di Videle nel dicembre del 1970, George Macavei, questo il suo nome alla nascita, fu adottato l’anno successivo da uno zio di Bucarest. La sua ricerca per trascendere la vita terrena inizia già da adolescente all’età di 14 anni. Seguace del maestro Ramana Maharshi dal 1997, per molti anni ha soggiornato in India a Tiruvannamalai, dove aveva passato la vita lo stesso Ramana. Lo si può definire un eremita urbano: non disdegna d’impartire i propri insegnamenti nelle città, prima fra tutte la sua Bucarest dove ha fondato l’Associazione OM. Ajatananda ha ottenuto la Sannyasa Diksha, cioè l’ordinazione all’iniziazione monastica, nel 2011 sulle rive del Gange presso l’Ashram Surat Giri di Haridwar. A conferirgliela è stato il suo maestro Swami Shantananda Puri. Oggi è tornato in Romania e usa, come anche alcuni tra gli eremiti contemporanei occidentali, internet e le mail. Esperto di computer, per vivere, oltre alle offerte per i suoi insegnamenti, svolge qualche piccolo lavoro di grafica. «È Shiva che mi aiuta», dice.
Padre Ioane, al secolo Silevan Kikvadze, è originario della Guria, regione occidentale della Georgia. Si è laureato nel 1982 all’Università Statale di Cinema e Teatro Shota Rustaveli nella capitale Tbilisi e poi è stato regista e attore. Ritiratosi in convento nel 1988, è diventato diacono e prete tre anni dopo con il nome di Basili e infine è stato consacrato monaco ortodosso nel 2008 con l’attuale nome di padre Ioane. Vive insieme a un altro confratello negli incavi della roccia del monastero dedicato al santo Giovanni Battista nell’area desertica chiamata David Gareji, dal nome del santo che si ritirò qui nel VI secolo.
Leonard Knight era nato nel 1931 in Vermont, negli Stati Uniti. Era il quarto di sei figli. Il padre era operaio, la madre curava l’orto. Tornato dalla guerra in Corea, dove era diventato sergente, aveva avuto un’illuminazione mistica. Da allora ha vissuto per trasmettere il messaggio «Dio è amore» e ha costruito la Montagna della Salvezza: creata con terriccio e paglia e dipinta pezzo a pezzo nel corso di una trentina d’anni, l’opera è stata dichiarata monumento nazionale. Leonard è morto all’El Dorado Care Center di Slab City il 10 febbraio 2014.