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  1. #501
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    La tendenza a considerare un fatto biologico fondamentale come un mero dato culturale, non si applica solo all’etnia, ma anche al sesso e alla sessualità, altrimenti non si capirebbero né l’assurdità dell’ideologia gender né il mistero di una sinistra che sposa “i diritti dei gay” e contemporaneamente “l’apertura” verso culture ferocemente omofobe come quella islamica senza cogliere la contraddizione della cosa.
    Da dove viene questa fondamentale astrattezza della sinistra che rende le sue idee inapplicabili al reale, anche questo non è un mistero insondabile: la contrapposizione natura-cultura a essa cara e la svalutazione della dimensione naturale, è semplicemente un ricalco della contrapposizione cristiana corpo-spirito e della corrispondente svalutazione della dimensione corporea. La sinistra odierna è figlia del “bolscevismo dell’antichità”, della sovversione originaria operata due millenni or sono, che ha portato alla soppressione della spiritualità autoctona dell’Europa, e non è davvero un caso che le Chiese cristiane, quella cattolica in primis, siano oggi schierate a fianco della sinistra nel sostenere l’immigrazione, precisamente allo scopo di procurarsi un “gregge” di fedeli alternativo alla crescente laicizzazione della mentalità europea. Anche in questo caso, dietro il mantello caritativo c’è sostanzialmente ipocrisia interessata.
    Da cattolico riconosco che questo è un male presente nella cristianità


    Lettera di felicitazioni a padre Sosa. - Blondet & Friends

    nelle risposte all'articolo appare questo

    Maurizio Blondet
    2 giorni ago Permalink

    Il pezzo a cui fa riferimento un lettore è questo:
    https://forum.termometropolitico.it/...m-blondet.html

    “…Ciò che è decisivo nell’unire e nel dividere uomini, nazioni e collettività, non è la (presunta) razza, bensì la cultura.
    La cultura intesa nel senso più vasto ed elementare: l’insieme di credenze, convinzioni, atteggiamento di fronte al mondo e agli altri uomini che i genitori trasmettono ai figli, o che intere comunità trasmettono ai loro membri.
    Nella vita sociale o politica, non si ha mai a che fare con “razze”, ma con “mentalità” e visioni del mondo: e lo scontro e l’incontro avvengono qui, a livello culturale.
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  2. #502
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Ci sarà anche una doppia elica della cultura e noi non abbiamo niente da metterci.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  3. #503
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Citazione Originariamente Scritto da ventunsettembre Visualizza Messaggio
    Ci sarà anche una doppia elica della cultura e noi non abbiamo niente da metterci.
    Abbiamo devastato tutto per far spazio alla cultura del lavoro e finiremo in braghe di tela , sono furbi i padani .
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  4. #504
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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    "Aiutiamoli a casa loro". E i dittatori africani pregustano
    di Anna Bono
    “Aiutiamoli a casa loro”. Parole che sono musica per le orecchie degli africani, primi fra tutti gli insaziabili leader politici sicuri, sentendo annunciare sempre nuovi aiuti finanziari all’Africa, di poter contare anche nei prossimi anni sui miliardi della cooperazione internazionale allo sviluppo e degli investitori stranieri. Il presidente del Ciad, Idriss Deby, in Italia nei giorni scorsi, dice che il riscaldamento globale ha effetti particolamente gravi in Africa, occorrono interventi concreti: “abbiamo bisogno di fondi, ci vuole l’impegno di tutti, dell’Europa e anche degli Stati Uniti, perchè l’Africa non rimanga vittima dell’uso dei combustibili fossili che distruggono il pianeta”.
    Deby chiede un programma di investimenti ad ampio raggio, il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani parla del “Piano Marshall per l’Africa” di cui è promotore, che affronterà alla radice gli squilibri e le ingiustizie all’origine delle migrazioni. “La parola giusta è cooperazione – il presidente ciadiano approva – un Piano Marshall darebbe speranza all’Africa e ai suoi giovani che oggi partono e muoiono nel Mediterraneo”.
    Bisognava obiettargli, con garbo ma con fermezza, che sono i governi africani che devono dare speranza ai loro giovani, non i Piani Marshall, sono loro che possono e devono combattere squilibri e ingiustizie. Questo difatti vanno dicendo, inascoltati, i vescovi africani che esortano i giovani a non emigrare e però chiedono ai leader africani di creare le condizioni politiche e socioeconomiche necessarie allo sviluppo.
    Corruzione, malgoverno, incompetenza, il fardello pesante delle tradizioni tribali producono troppi sprechi di risorse finanziarie e umane.
    Gli abitanti del Ciad sono meno di 18 milioni, hanno un’età media di 16 anni. Metà di loro vivono sotto la soglia di povertà. Deby è diventato presidente nel 1990 con un colpo di stato e continua a esserlo perchè in seguito, per cinque volte, si è candidato alla presidenza e ha vinto. Può candidarsi tutte le volte che vuole perchè, come altri leader africani, ha fatto sopprimere l’articolo costituzionale che limitava a due i mandati presidenziali che un cittadino poteva svolgere.
    I combustibili fossili “distruggono il pianeta” e minacciano l’Africa, dice Deby, ma sono stati la sua fortuna. Dal 2003 il Ciad produce ed esporta petrolio. Può farlo perchè nel 1999 la cooperazione allo sviluppo, tramite la Banca Mondiale, ha finanziato la costruzione di un oleodotto lungo 1.100 chilometri che porta il greggio del Ciad, paese privo di sbocco al mare, fino all’Oceano Atlantico. In cambio Deby si era impegnato a depositare su un conto bancario britannico il 10% dei proventi petroliferi, istituendo un “fondo per le generazioni future”, e a investire un’altra consistente parte dei proventi in opere sociali, infrastrutture e lotta alla povertà. Per questo il Ciad nel 2001 è stato ammesso al programma di remissione del debito estero dei paesi poveri, Heavely Indebted Poor Countries Initiative.
    Ma nel 2005 Deby ha cancellato il fondo per le generazioni future e, stornandoli dai programmi di sviluppo e opere sociali, ha portato al 30% gli introiti petroliferi destinati a spese militari per il potenziamento del settore dell'esercito.
    Va da sé che Idriss Deby si è dotato nel frattempo di un cospicuo patrimonio personale. Nel 2005 le sfarzose nozze con la prima moglie, Hinda, furono memorabili, e ancora di più lo sono state quelle – Deby è musulmano – con Amani Musa Hilal, nel 2012. La nuova moglie, prima delle nozze, ha ricevuto doni in oro, diamanti e gioielli per cinque milioni di dollari e per lei il presidente Deby ha pagato un prezzo della sposa da record: 21 milioni di dollari, depositati su un conto bancario del padre. Denaro mal speso, per di più. Il matrimonio è durato solo sette mesi. Si è concluso con un divorzio nel luglio dello stesso anno.
    "Aiutiamoli a casa loro". E i dittatori africani pregustano

    Così gli africani cacciarono gli europei per consegnarsi ai nuovi dittatori
    di GIANCARLO CREMONINI
    Non vi è dubbio alcuno che, tra tutti i continenti del pianeta, l’Africa sia quello più disastrato. Infatti, mentre le nazioni asiatiche sono state capaci di liberarsi dal sottosviluppo diventando, come la Corea del Sud, potenza regionali di notevole peso, i Paesi africani continuano a essere gli ultimi del mondo in fatto di Pil, di rispetto dei diritti umani, di mortalità infantile, di controllo delle nascite e di politiche sanitarie, sociali e ambientali. Non si esagera affermando che oggi il peso politico ed economico dell’Africa sulla scena mondiale è pari a zero e che grande parte dei Paesi di quel continente sopravvivono grazie agli aiuti e alle elemosina elargiti dalla comunità internazionale.
    Negli anni Sessanta la colpa dei sventure africane veniva puntualmente attribuita alla eredità del colonialismo che, a detta dei “soloni” della sinistra, aveva sfruttato quei paesi lasciandoli in una situazione socio-economica disperata. Ora, però, a distanza di sessanta anni, tale alibi diventa difficile da accettare anche perché non spiega come sia possibile che, invece, i Paesi ex coloniali dell’Asia come il Vietnam, la Corea del Sud, la Malesia e la Singapore, tanto per fare degli esempi, si siano sviluppati alla grande diventando moderni ed efficienti.
    La verità, che la sinistra non vuole ammettere, per motivi ideologici, è che le élites africane che hanno rimpiazzato i governi coloniali hanno dimostrato, alla prova dei fatti, di essere infinitamente più corrotte, più inefficienti, più rapaci e più sanguinarie di quelli coloniali. Paesi come l’Uganda, che sotto il dominio coloniale inglese erano delle piccole Svizzere africane, sono stati letteralmente depredati da dittatori psicopatici come Idi Amin Dada. E che dire del dittatore cannibale Centrafricano Jean-Bedel Bokassa che spese somme immense per farsi incoronare imperatore in una cerimonia in stile napoleonico? Per non parlare di Siad Barre in Somalia e di decine di altri tirannelli piccoli e grandi sparsi per tutto il continente africano.
    Nessun Paese africano ha migliorato la sua situazione
    Oggi, a parte il Sudafrica, non vi è un solo Paese africano che viva una situazione normale di sviluppo economico. In Congo imperversa una guerra civile infinita e lo stesso avviene in Sudan mentre altri Paesi sono devastati da epidemie terribili come l’Ebola dovute a usi barbari quali quello di mangiare le scimmie che trasmettono il contagio. Per non parlare di nazioni come la Sierra Leone e la Liberia dove la speranza di vita è ferma a 45 anni.
    Questo è il fallimento della decolonizzazione voluta sia dalla sinistra che da una America ideologicamente schierata a priori a favore di chi chiedeva l’indipendenza. In fondo la decolonizzazione ha avuto lo stesso esito delle primavere arabe: il fallimento totale.
    E a fronte della situazione drammatica in cui versano i Paesi ex coloniali abbiamo la rosea situazione in cui si trovano quei poche territori che all’epoca, molto saggiamente, decisero di non chiedere l’indipendenza ma di rimanere legati, più o meno fortemente, alla ex potenza coloniale.
    Abbiamo, cosi, i Territoires d’Outre mere e i Départments d’Autre Mere francesi come la Nuova Caledonia, Tahiti, Bora Bora, Mayotte la Martinica, la Guadalupe, la Reunion, la Guyana francese, San Pierre e Miquelon dove i gli indigeni godono di un elevato tenore di vita. Abbiamo i possedimenti inglesi come le Isole Vergini, Le Bermuda le Bahamas, Monteserrat, Turks and Caicos dove il tenore di vita è anche più alto della madre patria.
    Possiamo ben dire, quindi, che, all’epoca, ottenere l’indipendenza dalle colonia non fu un grande affare per le nazioni coloniali che cacciarono via gli amministratori europei per consegnarsi mani e piedi a nuovi padroni indigeni. La tragedia è che oggi siamo noi a pagare per questi errori perché gli africani, paradossalmente, dopo aver combattuto sanguinose guerre di indipendenza per cacciare noi europei, ora rischiano la vita pur di venire in Europa. Tragica metafora, questa, del totale fallimento della decolonizzazione.
    Così gli africani cacciarono gli europei per consegnarsi ai nuovi dittatori - Secolo d'Italia








  5. #505
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Una capsula del tempo nazista del 1934 è stata scoperta nella scuola di formazione del Terzo Reich di Krossinsee a Ordensburg
    Nel settembre del 2016, dopo oltre 80 anni, è stato recuperato un cilindro di rame nero denominato “capsula del tempo“. L’oggetto, pieno di manufatti nazisti, pare essere stato sepolto in profondità nel calcestruzzo delle mure del centro di formazione nazista di Krossinsee di Ordensburg. La capsula del tempo è stata trovata nella città polacca di Zlocieniec, precedentemente nota come Falkenburg. Tale città era rimasta sotto il controllo della Germania nazista fino al 1945. Il complesso formativo sopravvisse alla guerra: attualmente viene utilizzato come caserma dall’esercito polacco.
    Sebbene fosse da sempre noto che la “capsula del tempo” fosse stata sepolto presso la struttura di Krossinsee di Ordensburg, essa era rimasta irraggiungibile fino a oggi. Costruita nel 1934, infatti, era stata sepolta durante una cerimonia formale. L’oggetto era stato collocato a più di venti metri sotto il livello del suolo. Inoltre era stato sigillato all’interno di una parete di fondazione di uno degli edifici del complesso di allenamento.
    La posizione profonda all’interno delle fondamenta dell’edificio dà l’idea di come gli archeologi non potessero accedere facilmente alla capsula del tempo, che rimase in effetti nascosta per oltre otto decenni.
    Restò inaccessibile fino a un recente sforzo di recupero, con uno scavo a circa venti metri sotto il calcestruzzo spesso. Per estrarre definitivamente la capsula, gli esperti hanno dovuto attraversare tutto il percorso a piedi. Finalmente sono poi riusciti a rivelare il contenuto del cilindro una settimana dopo averlo tagliato con una motosega.
    All’interno hanno trovato un distintivo nazista originale e due volumi del libro di Hitler Mein Kampf (La mia battaglia), così come alcune buste piene di monete, fotografie e lettere. Altri elementi della capsula comprendevano giornali del 1934 e un libro che documenta seicento anni di storia della città. Anche se i suoi contenuti sono di scarso valore economico, la capsula del tempo serve ancora come potente promemoria storico. I creatori della capsula ovviamente volevano commemorare e registrare nel tempo la fondazione di questo centro di formazione nazista.
    I loro discendenti avrebbero apprezzato di poter conoscere la vita quotidiana e la cultura popolare durante il potere del Terzo Reich.
    Il dottor Marcin Peterleitner, che ha guidato il team di scavo, ha dichiarato che i manufatti si sono “perfettamente conservati”. Essi sembravano essere stati depositati solo ieri, come ha riferito a Mail Online. Si ritiene che i memorabilia furono sepolti il 22 aprile 1934, quando venne costruito il complesso formativo per i membri del Partito Nazista. Questi elementi ora risiedono presso il Museo Nazionale di Szczecin, ma devono ancora essere inventariati.
    Capsula del tempo nazista dal 1934 scoperta nella scuola di formazione del Terzo Reich



    GERMANIA: MIGLIAIA DI NEONAZISTI IN TURINGIA. LA POLIZIA NON FERMA IL RADUNO.
    Il nazi-rock festival della Turingia, regione tedesca amministrata dalla Linke, ha fatto un salto notevole. Se nel 2016 si erano registrate poche centinaia di presenze, l’edizione del week-end scorso (15-16 luglio 2017) ha registrato migliaia di presenze, calcolate tra le 4000 e le 6000 persone.
    Il titolo dell’evento ha espresso chiaramente il contenuto dell’iniziativa xenofoba e apertamente nazista: “Rock contro l’invasione degli stranieri”.
    Alle dimensioni della presenza neonazista non ha fatto seguito una presa di posizione altrettanto forte dalle istituzioni, che sono state piuttosto timide sulla vicenda. Ancora più omertoso il comportamento della polizia, che non ha impedito l’evento e si è limitata a poche decine di fermi su migliaia di partecipanti. Non sono mancati simboli nazisti, e t-shirt dedicate a Hitler.
    Radio Onda d'Urto » GERMANIA: MIGLIAIA DI NEONAZISTI IN TURINGIA. LA POLIZIA NON FERMA IL RADUNO.










  6. #506
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    die Glocke?
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  7. #507
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    die Glocke?
    Ricordare che il Terzo Reich potrebbe essere stato tecnologicamente più avanzato pure della società attuale è democraticamente di cattivo gusto .
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  8. #508
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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    Fiumi di sangue in Europa, non ci salveranno i gattini
    Fiumi di sangue, aveva predetto Enoch Powell, e fiumi di sangue sono. I nostri politici dovrebbero rileggersi il discorso fatto nell’aprile del 1968 dal politico conservatore, per denunciare l’immigrazione extraeuropea che, allora, iniziava nel suo paese. Predisse sangue nelle strade, perché la società multietnica non può essere veramente pacifica.
    E quello che allora Powell previde per l’Inghilterra, si avvera oggi per tutta l’Europa. Dopo decenni di immigrazione totalmente sconsiderata, sono fiumi di sangue: letteralmente. Gli attentati islamici si susseguono con una drammatica cadenza.
    Le società non etnicamente omogenee sono ontologicamente infelici. Non sono pacifiche. E generano diseguaglianza sociale. Disarticolano le relazioni sociali a partire dai quartieri.
    Ma quello a cui assistiamo oggi in Europa è ancora peggiore. Perché abbiamo importato e stiamo importando razze – sì, si deve utilizzare questo termine – il cui grado di civilizzazione è lontano dal nostro. Per alcune questo emerge in violenze estemporanee e individuali, ma nel caso degli Islamici, che è la religione del mondo incivile, questa si organizza e diventa violenza di gruppo: terrorismo.
    Quando ad individui dal quoziente intellettivo da cui provengono i musulmani:



    Inculchi una religione dogmatica come quella islamica – non è un caso che l’accettino senza alcuna critica razionale -, ottieni dei fanatici pronti ad uccidere chiunque. Perché non si pongono domande, la risposta è tutta nel Corano: è semplice, assoluta, rassicurante per chi non ha le capacità per comprendere la complessità dell’esistenza.
    Noi, questo mix esplosivo lo abbiamo preso e portato nelle nostre città. Il tumore si è incistato nei nostri quartieri. Intere zone ormai perdute: le chiamano ‘no-go-zone’.
    Una rete di quartieri dove regna un misto tra il caos e la Shariya islamica: insomma mini-emirati da cui organizzare attentati in tutta Europa e offrire rifugio a terroristi ricercati. Attacchi come quelli che hanno gettato nel terrore gli abitanti di Barcellona.
    In Europa ci sono tanti ‘Molenbeek‘, il sobborgo di Bruxelles covo dei jihadisti che hanno messo a ferro e fuoco la capitale belga e prima quella francese: da Malmo, in Svezia al distretto di Kolenkit di Amsterdam per non parlare della miriadi di mini-califfati sorti nelle ‘banlieue’ in Francia e nel Londonistan. Quartieri dove i terroristi possono contare sulla protezione di legami familiari e dell’omertà se non la collaborazione di simpatizzanti della comunità islamica. Ma ecco la mappa della jihad in Europa Paese per Paese:
    LONDONISTAN: hub del terrore nasce in Gran Bretagna, non a caso chiamata ‘Londonistan’. Una denominazione che va ben oltre la capitale per comprendere quartieri in quasi tutte le città del Regno Unito: da Liverpool e Manchester e Leeds, da Birmingham a Derby, e Bradford, oltre a Derby, Dewsbury, Leicester, Luton, Sheffield, per finire con Waltham Forest a nord di Londra e Tower Hamlets nella parte orientale della capitale. Quartieri dove spesso si trovano dei cartelli avvertono che ‘stai entrando in una zona controllata dalla sharia’. Intere aree urbane dove esiste un lavoro capillare che si base sul dogma di ‘al Dawa w al Jihad’, ovvero il proselitismo e il combattimento: il proselitismo, serve a raccogliere sempre nuove reclute; e il Jihad che è l’azione di sostegno alle attività jihadiste. Il padre spirtuale del reclutamento jihadista è stato, lo sceicco Omar Bakri, oggi agli arresti in Libano. Di origini siriane, al Bakri, aveva fondato ‘al-Muhajirun’, (‘I Migranti) un collettivo islamico radicale nato in Inghilterra a metà degli anni Novanta. Numerosi adepti di questo colletivo sono divenuti nel tempo importanti personaggi del jihadismo mondiale, in particolare nelle file dell’Isis.
    FRANCIA: In Francia vengono chiamate ‘Zus’, (Zones urbaines sensibles). Secondo le autorità di Parigi ce ne sono 751 in tutto il paese e ospitano almeno cinque milioni di musulmani. Un’enclave jihadista tipica, secondo l’intelligenece, è Sevran: un comune nel dipartimento della Senna-Saint-Denis, di 50mila abitanti con il 90% degli abitanti di origini straniere. Poi in Francia c'è anche una piccola cittadina che ha la più alta percentuale di foreign fighter del Paese: Lunel, un borgo situato nel dipartimento dell’Herault nella regione della Linguadoca-Rossiglione con un quarto della popolazione immigrata. Da tempo nota per il Moscato e le corse dei tori, Lunel, è passata alle cronache come ‘la fabbrica dell’odio dopo che negli ultimi mesi almeno 20 dei suoi 25 mila abitanti si sono arruolati in Siria, 8 di loro sono morti nei ranghi dell’Isis. Per dare un volto ai fantasmi della Francia è cruciale fare tappa in questo borgo tra Nimes e Montepellier da dove sono partiti uno ogni 100 jihadisti nazionali.
    BELGIO: Il Belgio ha una lunga lista di zone a rischio. A Bruxelles, dove il 20% della popolazione è di religione musulmana, esiste un intero quartiere – Molenbeek – ‘sottoposto alla Sharia’. Qui nessuno, anche se non islamico, può bere o mangiare in pubblico durante il mese di digiuno il Ramadan, le donne sono ‘invitate’ a indossare il velo e a non portare i tacchi. Bere alcool e ascoltare musica sono attività non gradite. Agli angoli della strada un cartello giallo con scritta nera avverte che ci si trova in una ‘Sharia controlled zone’. E più di una volta i giovani che vivono in questa zona hanno accolto con un lancio serrato di pietre le autovetture della polizia. Oltre Molenbeek a Bruxelles svetta Kuregem, un distretto di Anderlecht dove spesso la polizia e gli assistenti sociali non osano neppure a entrare. Da non dimenticare ‘Sharia4Belgium’, gruppo islamico radicale ritenuto il principale reclutatore di combattenti per la jihad in Siria. Nel settembre 2014 viene aperto ad Anversa un processo contro 46 presunti membri del gruppo si era sciolto nel 2012. Ma gli inquirenti ritengono che i suoi ex membri abbiano reclutato circa il 10% dei 300-400 belgi partiti per la Siria gravitava attorno al gruppo salafita. OLANDA: L’Olanda, di aree urbane off-limits, ne ha una lista di 40 zone. Il ‘problema numero uno’, è il distretto di Kolenkit, ad Amsterdam. Quindi, i quartieri di Pendrecht, Het Oude Noorden e Bloemhof di Rotterdam. Utrecht deve fare i conti con la zona di Ondiep. Nella capitale, l’Aia, il distretto di Schilderswijk è chiamata addirittura ‘sharia wijk’, dove aveva base il gruppo Hofstadt, che ha pianificato l’assassinio del regista Theo van Gogh.
    DANIMARCA: Anche la Danimarca come un pò tutti i Paesi scandinavi deve fare i conti con il jihadismo diffuso. La capitale Copenaghen la zona ‘controllata dalla Shariya’ è il sobborgo di Tingbjerg
    SVEZIA: In Svezia, la città più islamizzata è Malmo con il 30% della popolazione di fede musulmana. Il quartiere ghetto è per eccellenza Rosengaard, abitato da soli migranti e tappezzato da poster con scritto: ‘Nel 2030 prendiamo il controllo’.
    GERMANIA: Nella capitale Berlino esiste a Neukolln, uno dei più grande quartieri musulmani che viene chiamato, ‘la provincia ottomana’. Di recente la polizia tedesca ha compiuto un raid a Neukolln per sventare i piani dell’Isis. Dopo gli attentati di New York dell’11 settembre, venne scoperta la cosiddetta ‘cellula amburghese’. Mohamed Atta e altri dei suoi 19 compagni implicati nell’attacco al Pentagono e alle due torri venivano dalla città anseatica.
    SPAGNA: Più che di quartieri in Spagna bisogna parlare di una intera regione chiamata ‘Xarq al Andalus’; ovvero il Levante Spagnolo, i territori che furono occupati dai conquistatori musulmani per quasi 5 secoli. In Spagna fu il debutto in Europa dei jihadisti: nel marzo 2004 infatti in un attacco su grande scala persero la vita a Madrid circa 200 e altre 2.000 furono ferite. I jihadisti credono ancora che ‘Al Andalus’, (il nome arabo di questi territori) persa dalle riconqusite cristiane appartenga di diritto al Califfato Islamico. Negli ultimi dieci anni, le forze di sicurezza spagnole hanno arrestato 568 jihadisti in 124 operazioni separate. Egli ha detto che ‘le costanti azioni giudiziarie e di polizia’ aiutano le autorità spagnole a prevenire un altro attacco terroristico su larga scala simile agli attentati Le autorità di Madrid stimano in oltre 70 i jihadisti spagnoli partiti all’estero. Secondo l’esperta di terrorismo Soren Kren, ‘decine’ di jihadisti stanno entrando in Spagna dalla vicina Francia, dove ‘si sentono soffocati’ a causa del giro di vite del governo dopo gli attentati di Parigi. Attualmente, sono almeno 50.000 i convertiti musulmani che vivono in Spagna. La polizia dice che essi sono particolarmente vulnerabili alla radicalizzazione perché subiscono crescenti pressioni da parte degli islamisti che gli chiedono di compiere attacchi per ‘dimostrare il loro impegno’ nella nuova fede.
    Avrete notato che le nazioni più ‘esposte’ sono anche quelle dove l’immigrazione è più ‘antica’ e dove vige lo Ius Soli, che lungi dall’integrare (non è un pezzo di carta a renderti ‘francese’) rende invece più difficile il lavoro di prevenzione, perché burocraticamente impedisce di agire contro ‘cittadini’.
    Il tempo sta scadendo. Ogni giorno che passa loro aumentano, e noi diminuiamo. Le loro donne sono forni ambulanti di piccoli jihadisti. I nostri governi traghettano i rinforzi attraverso l’immigrazione illegale e, soprattutto, quella legale.
    Loro ci uccidono. Noi ne favoriamo l’arrivo e la permanenza. Sarebbe comico, non fosse tragico.
    Il tempo sta scadendo. L’Europa è ormai zona di guerra. La guerra danza pericolosamente alle frontiere dell’Italia. I fiumi di sangue stanno arrivando. La soluzione è solo una: chiudere le frontiere all’immigrazione e dare inizio ad un massiccio rimpatrio. Perché la guerra etnica non è quello che vorreste per i vostri figli, ma è quello che avrete, se non asportiamo il tumore. E più tempo passa, più sarà difficile.
    Non ci salveranno i gattini. Le candele. Le preghiere e i monumenti al buio. Questi servono solo a nascondere la testa sotto la sabbia. Ci salverà solo una sana e forte consapevolezza che questa è casa nostra. Casa propria si difende, con ogni mezzo.
    Identità.com » Fiumi di sangue in Europa, non ci salveranno i gattini








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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Ora negli Usa è guerra di statue. E i "sudisti" invocano Jefferson
    Dopo il generale Lee abbattuto anche il busto di Jackson
    Roberto Fabbri
    Dagli allo schiavista. Anche se è di marmo. Le violenze di Charlottesville riaprono il dibattito sui numerosi monumenti dedicati a esponenti della ottocentesca Confederazione che ancora oggi costellano le città degli Stati del Sud degli Stati Uniti. E in qualche caso hanno già dato lo spunto per farle abbattere, come è accaduto la notte scorsa a Baltimora nel Maryland.
    «Mi sono preoccupata della sicurezza delle persone - ha detto il sindaco democratico della città Catherine Pugh nel motivare l'azione avvenuta in tutta fretta col favore delle tenebre per evitare disordini -. Ora è fatta». E certamente ha fatto impressione veder abbattere la statua del generale secessionista Robert Lee con l'ausilio di una gru, lo stesso metodo usato a Bagdad dall'esercito americano per tirare giù dal suo piedistallo il colossale monumento dedicato a Saddam Hussein.
    A Baltimora hanno fatto la stessa fine - oltre al monumento dedicato alle donne confederate - le statue dell'altro generale sudista Thomas Jackson e del giudice Robert Taney, autore di una sentenza in favore della schiavitù. L'intento del sindaco Pugh - ma anche ad esempio di quello di Lexington nel Kentucky, che ha in mente qualcosa di molto simile - era quello di evitare che si ripetessero nella principale città del Maryland scontri violenti come quelli della vicina Charlottesville, dove il pretesto era stato fornito proprio dall'abbattimento di un'altra statua del generale Lee. Ma chissà se l'eliminazione delle statue sortirà l'effetto voluto o non provocherà, piuttosto, nuove pericolose tensioni.
    Le premesse, purtroppo, non mancano. Nella città di Durham, nella Carolina del Sud, alcuni manifestanti si sono «fatti giustizia da sé» e hanno abbattuto un monumento ai soldati confederati, facendosi ritrarre mentre colpivano la statua ormai a terra. E a Washington ignoti hanno imbrattato con la vernice il Lincoln Memorial, uno dei monumenti più famosi e visitati della capitale degli Stati Uniti.
    Ma se a difendere il diritto di Robert Lee a guardare dall'alto in basso i cittadini americani del XXI secolo sono rimasti davvero in pochi, c'è però chi sensatamente si chiede se, dopo il turno dei generali e dei giudici sudisti, non verrà quello di George Washington e Thomas Jefferson. I primi presidenti degli Stati Uniti furono infatti, coerentemente con un costume dell'epoca ben diverso dall'attuale, proprietari di schiavi: dagli anche a loro, quindi?
    Ora negli Usa è guerra di statue. E i "sudisti" invocano Jefferson - IlGiornale.it

    Trump contro la rimozione delle statue dei confederati
    Dopo i fatti di Charlottesville, il presidente dice no all'abbattimento dei monumenti legati al razzismo degli Stati del Sud che ricordano alcuni protagonisti della Guerra di secessione
    Secondo Donald Trump rimuovere simboli legati al razzismo degli Stati del Sud all'epoca della Guerra di secessione americana «è assurdo». Il presidente, dopo le polemiche seguite ai fatti di Charlottesville, ha commentato così su Twitter la decisione di alcuni Comuni di rimuovere le statue che raffigurano i protagonisti sudisti della guerra civile: «Triste vedere la storia e la cultura del nostro Paese fatte a pezzi con la rimozione delle nostre bellissime statue. Non potete cambiare la storia, ma potete imparare da essa. Robert Lee, Stonewall Jackson... chi sarà il prossimo? Washington o Jefferson?».
    Trump contro la rimozione delle statue dei confederati - Lettera43.it

    Rimuovere il passato
    Ci manca solo che in America i politicamente corretti cancellino anche Via col Vento
    Assuntina Morresi
    Al di là della polemica sugli scontri di Charlottesville, su cui si sta indagando, è esplosa ormai la questione vera che covava da tempo, e che adesso Trump ha fotografato con alcuni inequivocabili tweet.
    Il problema è quello della rimozione della storia del paese, che si è palesata nella volontà di cancellare, da parte di diversi comuni degli stati del Sud, monumenti storici che richiamino in qualche modo alla guerra di secessione e indirettamente allo schiavismo (e ricordiamo che i fatti di Charlottesville sono nati da una protesta per l’abbattimento della statua del generale Lee).
    Come per esempio a Chicago, dove un pastore del Liberation Christian Center, James Dukes, ha chiesto al sindaco di rimuovere le statue di due personaggi illustri del passato e i loro nomi dai parchi a loro dedicati, perché i due avevano posseduto degli schiavi. Il particolare che colpisce è che non si tratta di personaggi qualunque, ma di due Presidenti degli Stati Uniti d’America, del calibro di George Washington e Andrew Jackson. La proposta del pastore è di abbattere le statue che li rappresentano e intitolare i parchi a campioni dei diritti civili dei neri, come il Rev. Jessie Jackson o addirittura il cantante Michael Jackson.
    “E' triste vedere come la storia e la cultura della nostra nazione venga distrutta dalla rimozione di bellissime statue e monumenti”, ha twittato il Presidente Trump. E ancora: "La storia non può essere cambiata. Robert E. Lee, Stonewall Jackson (un comandante sudista ndr), chi sarà il prossimo? Che follia! Ci mancherà anche la bellezza sottratta alle nostre città ai parchi e niente di equiparabile potrà mai rimpiazzarla”.
    Il mainstream che si sta affermando è che chiunque abbia posseduto uno schiavo o si sia schierato dalla parte degli stati confederati è per questo solo fatto colpevole, e il suo ricordo andrebbe cancellato. E così si elimina la memoria dei generali sudisti della guerra di secessione, e di tanti soldati dei loro eserciti a cui due secoli fa sono stati eretti monumenti, in ricordo delle vittime di una sanguinosa guerra civile che ormai è entrata nella storia americana. Impressionano le immagini da Durham, nel North Carolina, di una statua di un soldato confederato abbattuta e presa a calci e sputi dalla gente intorno.
    Perché dovrebbero essere cancellate le vittime di una guerra civile, terminata duecento anni fa, che oramai fa parte integrante della storia americana? Proprio lo scorso anno una polemica simile, fortunatamente meno violenta, è entrata nel parlamento italiano, quando una testata come Repubblica – non certo sospettabile di simpatie revisioniste – ha ospitato un lungo elenco di storici, nel sostegno agli interventi di Gaetano Quagliariello e Carlo Giovanardi, al Senato, che si erano schierati contro il reato di negazionismo. I due senatori si erano opposti alla legge pasticcio dei dem: “la contraddizione più grande del ddl negazionismo, ovvero la tendenza a trasformare tutti gli eventi storici in reati potenziali, generando una casistica enorme nella quale diventa arbitrario decidere cosa è reato e cosa no.
    In America la polemica ormai è esplosa, e c’è da scommetterci che divamperà a lungo. Speriamo solo che, nel frattempo, almeno non cancellino Via col Vento, Rossella o'Hara e le sue scandalose opinioni sulla guerra di secessione.
    https://www.loccidentale.it/articoli...-via-col-vento



    Usa, manichini col braccio teso come i nazisti in centro commerciale della Carolina del Nord
    WASHINGTON – Non bastavano i suprematisti in marcia, nella Carolina del Nord anche i manichini di un grande centro commerciale sono stati fotografati col bracci teso a fare il saluto nazista.
    A qualche giorno di distanza dalle proteste violenti avvenute a Charlottesville, in Virginia, continua il dibattito sul razzismo negli Stati Uniti.
    E così anche la foto postata da un cliente su Facebook non è passata inosservata, costringendo i dirigenti del negozio ad aprire una indagine interna. L’episodio è accaduto nella città di Cary. Lo scatto ritrae alcuni manichini con il braccio alzato, rivolti uno verso l’altro.
    “Quante persone sono passate qui e non hanno notato, o hanno ignorato, o hanno visto e non hanno fatto niente?”, ha scritto l’autore della fotografia, secondo quanto riporta il New York Post, citando il The News & Observer. “Ne ho visti almeno tanti. Quando si tratta di razzismo e ineguaglianza, nessun atto in difesa di amore e uguaglianza si può considerare piccolo. Non lascerò – continua il post ripreso poi da molti media americani – che questo atto di odio resista. Quelle braccia ora ritorneranno giu'”.
    Avvisati della vicenda, i responsabili del grande magazzino hanno detto di prendere molto seriamente la questione e di esser pronti a indagare per capire chi possa aver fatto fare il saluto nazista ai manichini, in evidente solidarietà con il corteo dei suprematisti bianchi.
    Usa, manichini nazisti in centro commerciale della Carolina del Nord FOTO



    CHARLOTTESVILLE: SE L’UOMO BIANCO PROTESTA CONTRO IL PROPRIO GENOCIDIO È RAZZISMO
    Charlottesville è la prima battaglia campale della seconda guerra civile americana. Così verrà ricordata tra qualche decennio.
    Ma cosa è accaduto, davvero, a Charlottesville, sotto la patina di menzogne raccontate dai soliti media di distrazione di massa, tutti di proprietà di poche multinazionali corrotte e naturalmente tese a difendere la Globalizzazione che le nutre? Primo, ovviamente, dimenticate qualunque cosa abbiate letto o sentito, lo sapete, i media raccontano solo balle.
    E’ accaduto che un’amministrazione locale progressista voleva e vuole, come altre amministrazioni in ex Stati della Confederazione, rimuovere le antiche statue che celebrano la sconfitta sudista – perché si può anche celebrare la sconfitta, quando è gloriosa – nella prima guerra civile americana. Guerra un tantino più complicata di come la raccontano i vincitori: lasciando da parte la schiavitù, che in realtà rimase legale in diversi Stati del Nord, i motivi profondi furono, ieri come oggi, l’imperialismo yankee.
    A difesa della statua del generale Lee, il grande generale Lee, si sono riunite alcune migliaia di patrioti. Questa manifestazione, assolutamente pacifica, è stata assalita dai soliti esagitati antifà e black-bloc sorosiani, che cercavano disordini, per mettere in difficoltà Trump. Che è stato poi incredibilmente accusato di avere condannato tutti i violenti, e non solo i ‘neonazisti’. Perché, come sempre, c’è una violenza giusta, e una sbagliata.
    Ma, al di là di qualche sparuto disordine, non ci sono stati morti. I tre morti strillati dai media hanno nulla a che vedere con la marcia nazionalista: una povera ragazza è morta investita da un’auto il cui autista sembra essere entrato nel panico una volta circondato dalla pacifica marmaglia antifà; e altri due sono morti nell’incidente di un elicottero che riprendeva le scene dall’alto.
    Per i media, però, sembra che migliaia di neonazisti si siano dati al saccheggio di una città. Ma il motivo di questa diffusione di fake news è evidente: l’uomo bianco non può ribellarsi alla sua sostituzione etnica, che avviene in tutto il mondo occidentale, deve perire in silenzio. Scene come quelle di Charlottesville, però, dimostrano che, ormai, l’uomo bianco si è alzato in piedi. E vi diamo una notizia: non tornerà a cuccia senza combattere.
    Pensavano di annientare una civiltà con l'imposizione della Globalizzazione. Prima indebolendola attraverso l’immigrazione e le politiche di entropia sociale. Attraverso l’impoverimento della classe media e lavoratrice con l’abbassamento delle barriere doganali e all’ingresso di lavoratori low-cost.
    Ma questa civiltà pare non voler morire pacificamente. Parafrasando Eliot, non con un sospiro, ma con un grande botto. E non è per nulla scritto che sparisca. E’ tutto aperto dopo Trump. E’ tutto in gioco. Non tanto per lui, ma per quello che la sua elezioni rappresenta come risveglio della classe lavoratrice e media bianca di tutto l’Occidente.
    Gli Africani hanno l’Africa, i Cinesi la Cina: perché noi dobbiamo annientare la nostra civiltà, tradire millenni di storia e identità biologica rendendola multirazziale? Non vi è alcun motivo logico. Non vi è alcun obbligo morale, anzi, l’obbligo morale di ogni organismo è proteggere se stesso. La propria natura. La propria essenza.
    Charlottesville: se l?Uomo Bianco protesta contro il proprio genocidio è razzismo | Vox

    Chi sono i suprematisti bianchi?
    Li chiamano i Suprematisti bianchi. Gruppi, nati e cresciuti in rete, diffusi in Europa e negli Stati Uniti, ben radicati sul territorio, gruppi che si rifanno all’ideologia “ariana”, veicolando idee e programmi islamofobi e, in molti casi, antisemiti.
    Il loro mondo conta ormai su oltre 1022 siti, che informano, sul web, gli affiliati; non è solo una “caccia all’islamico”, la loro è una guerra contro chi è a favore dell’aborto o di politiche sociali di aiuto a profughi e immigrati.
    Gruppi che hanno come centro gli Stati Uniti, ma che si sono diffusi rapidamente a macchia d’olio dalla Gran Bretagna alla Francia fino all’Italia. Attualmente negli Usa si contano oltre 1120 gruppi razzisti sostenitori di idee come la supremazia bianca basata sulla teorica superiorità di questa razza su afroamericani, ispanici, arabi o ebrei.
    La teoria del “nazionalismo bianco”, cresciuta nel corso degli anni ’90, si è distinto da altri movimenti razzisti focalizzando l’attenzione sull’autodeterminazione nazionale per affermare quello che i militanti considerano un vero e proprio diritto naturale a mantenere l’identità culturale, politica e genetica dei bianchi europei. Enfatizzano il timore che i cambiamenti demografici in atto, ad esempio, negli USA provocheranno la sostituzione della cultura bianca con altre culture, che ritengono inferiori.
    “White power”: dagli USA all’Europa
    Dopo i fatti di Charolettesville, in Virginia, sotto tiro il Presidente Donald Trump. I suprematisti bianchi sono cresciuti di numero dopo le presidenziali del 2016. Alcuni appartengono al gruppo Vanguard America, usano slogan razzisti, iconografie connesse a simboli del passato e la loro divisa, polo bianca e pantaloni khaki. Politici democratici, attivisti per i diritti umani, puntano il dito contro il Presidente e i suoi toni troppo soft nel condannare quanto sta accadendo.
    Intanto dagli Stati Uniti, il fenomeno dei gruppi anti-islamici e dei suprematisti bianchi, che stanno prendono, sempre di più una connotazione di gruppi anti-migranti, ha raggiunto l’UE, in particolare il Nord ed l’Est Europa. Un fenomeno virale.
    Chi sono i "suprematisti bianchi" ? | Euronews






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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    Una Ahnenerbe casalinga, trentaseiesima parte
    La questione delle origini si suddivide in più livelli, a seconda di quanto risaliamo indietro nel tempo, e praticamente a ogni livello ci siamo imbattuti in una versione delle cose che l’ideologia democratica oggi dominante cerca di imporre come “l’ortodossia scientifica” e alla prova dei fatti non si dimostra altro che una mistificazione.
    A livello più generale, la “verità ufficiale” assolutamente mistificatoria da respingere nel mondo delle favole, è rappresentata dal cosiddetto “Out of Africa”, la “teoria” inventata per sostenere l’origine africana di tutti noi, spiegandoci che gli europei bianchi non sarebbero altro che neri sbiancati, farneticazione inventata allo scopo non solo di negare l’esistenza delle razze, ma di indurci ad accettare l’immigrazione africana che oggi ci piomba addosso ed è una vera e propria invasione che si vorrebbe accogliessimo con animo quanto meno rassegnato.
    Abbiamo visto invece che le prove sia paleoantropologiche sia genetiche vanno piuttosto a favore dell’ipotesi multiregionale, non solo, ma che il nord iperboreo potrebbe avere un ruolo molto maggiore di quanto finora ipotizzato. L’antenato più diretto dell’homo sapiens moderno sembrerebbe essere l’uomo di Heidelberg. Ora, come tutti sanno, Heidelberg, appunto, si trova in Africa.
    Una questione più recente e più vicina a noi, anche se sempre oltre l’orizzonte della storia documentata, è rappresentata dall’origine dei popoli indoeuropei. Si vuole che questi nostri antenati non fossero, cosi' come si è sempre ritenuto, cavalieri provenienti dalle steppe eurasiatiche, ma pacifici agricoltori di origine mediorientale. Questa tesi è smentita prima di tutto dalla genetica che ha rilevato negli Europei una presenza di geni di origine mediorientale non superiore al 14%, poi è sospetta l’insistenza sui “pacifici agricoltori” (manca solo che ci dicano che i nostri antenati erano hippy e figli dei fiori), si ha veramente l’impressione che vogliano metterci in mano a tutti i costi la zappa del contadino per sottrarci l’ascia da combattimento (la cultura dell’ascia da combattimento è una delle culture proto-indoeuropee).
    Questa tesi si presenta come corollario di quella che sostiene l’origine mediorientale dell’agricoltura, e anche riguardo a quest’ultima si possano avanzare fortissimi dubbi, dato che in Europa e non in Medio Oriente sono stati introdotti l’allevamento bovino (lo dimostra il fatto che la capacità di assimilare il latte in età adulta è maggiore tra i popoli centro-nord europei e decresce man mano che ci si allontana da quelle regioni) e la metallurgia (l’attrezzo metallico conosciuto più antico in assoluto è l’ascia di rame dell’uomo del Similaun).
    Terza tesi, terza ortodossia “scientifica” ufficiale da respingere nel limbo delle favole, quella che attribuisce l’origine della civiltà europea a influssi orientali e mediorientali, che si basa su di una rappresentazione della storia antica del tutto falsa, anche se è quella che perlopiù si trova nei testi scolastici, fondata sulla deliberata ignoranza di nozioni fondamentali, come il fatto che il complesso megalitico di Stonehenge o la splendida tomba neolitica irlandese di Newgrange sono di un millennio più antichi delle piramidi egizie o delle ziggurat mesopotamiche.
    Secondo i dati dell’UNESCO, l’Italia ospita oltre la metà del patrimonio artistico mondiale, e questo senza contare le opere realizzate dai nostri artisti all’estero (l’intero impianto architettonico di Vienna e San Pietroburgo, per dirne una) o quelle che ci sono state trafugate nel corso dei secoli. Oggi il nostro popolo dall’immensa creatività è uno dei più minacciati dalla sostituzione etnica, la politica immigrazionista voluta dalla sinistra e dalla Chiesa cattolica: è come versare acqua di fogna in un vino pregiato.
    Gli aggiornamenti che ora possiamo registrare riguardano questo spettro di tematiche ai vari livelli. Come ho già scritto altre volte, spesso a sostegno dell’Out of Africa si è fatto riferimento all’origine africana degli ominidi, come Lucy e gli altri i cui resti sono stati presentati con un enorme battage mediatico-propagandistico al grosso pubblico, mentre in realtà si tratta di due questioni del tutto estranee: basta pensare al fatto che queste creature si sono estinte 3-4 milioni di anni prima della comparsa di un essere riconoscibile come homo sapiens, ma si sa, si gioca sul fatto che il grosso pubblico percepisce male i numeri, le quantità e le distanze temporali, magari se aiutato a ingannarsi da opportune deformazioni fantasiose che per un quarto dicono il falso e per gli altri tre quarti lo suggeriscono; si veda il modo in cui è stato costruito il personaggio mediatico di Lucy: quanti tra il grosso pubblico dei non addetti ai lavori si rendono conto che questa “prima donna”, questa “Eva in versione scientifica” era in realtà una creatura scimmiesca con un cervello di dimensioni inferiori a quello di uno scimpanzé?
    La questione degli ominidi, dunque, ha poco a che fare con quella dell’origine della nostra specie homo sapiens, molto più recente e collocabile in un arco temporale tra cinquanta e centomila anni fa, ma se possiamo trovare le tracce di questi lontani precursori della nostra specie anche fuori dall’Africa, ecco allora che la tesi dell’origine africana ne sarà ulteriormente indebolita. Ebbene, questo è proprio quel che succede. Resti di creature ominidi sono stati trovati ad esempio in India, Ramapithecus e Sivapithecus, che sono stati battezzati con i nomi di eroi-divinità del pantheon indiano, Rama e Siva, ma i resti di un ominide, che è stato chiamato Oreopithecus sono emersi anche da una miniera di carbone di Monte Bamboli in Toscana, per non parlare del fatto che in Sicilia nel 1983 sarebbero stati ritrovati resti di Australopithecus (lo stesso genere di Lucy) di cui si fece all’epoca un gran parlare e poi sono come svaniti nel nulla.
    Ultimamente, le edizioni Hoepli hanno pubblicato in lingua italiana un testo, Il vero pianeta delle scimmie, di David R. Begun docente di antropologia presso l’università di Toronto, che rimette in causa precisamente la questione dell’origine africana degli ominidi. Prima di raggiungere l’Africa, questi lontani precursori della nostra specie si sarebbero sviluppati – indovinate un po’ – in Europa e in Eurasia. Se la loro presenza in Africa è stata vista come qualcosa che rafforza la presunta origine africana della nostra specie, rovesciando quest’ottica avremmo ora tutti i motivi per pensare invece a un’origine europea o eurasiatica, e magari perché non nel nord iperboreo durante un remoto optimum climatico come sostengono innumerevoli tradizioni di ogni parte del globo?
    Spostiamoci su di un orizzonte temporale sempre preistorico ma molto più vicino a noi. “Le Scienze” on line riporta la notizia di una ricerca condotta dal CNR nell’ambito del progetto ARCA (Arctic Presents Climatic Change and Past Extreme Events) dalla quale risulta che 14.000 anni fa a seguito della deglaciazione si ebbe un brusco incremento del livello dei mari che arrivo' fino a 20 metri.
    Perché il risultato di questa ricerca è importante per noi? Lo studio del DNA delle popolazioni europee mostra che 14.000 anni fa il DNA degli Europei fu modificato dall’arrivo di una nuova popolazione di origine misteriosa (anche se i soliti “strabici mediorientali” ipotizzano ovviamente il Medio Oriente, e non potrebbero essere più prevedibili e monotoni). Io avevo prospettato l’ipotesi che appunto, essendo questa l’epoca della fine del periodo glaciale, che porto' a un innalzamento del livello dei mari, questo DNA “sconosciuto” potesse provenire da genti che fin allora erano insediate in terre andate sommerse; nel Mare del Nord, ad esempio, c’è una vasta area di bassi fondali che un tempo erano terre emerse, nota come Dogger Bank, e certamente non è inutile rilevare che temporalmente non siamo troppo lontani dall’epoca in cui Platone colloca la storia di Atlantide. La nostra storia più remota è tutta da riscrivere e, guarda caso, i miti e idee che i nostri antenati hanno nutrito su loro stessi prima che arrivasse “la scienza moderna” oggi sembrano assai più vicini alla realtà di quel che “la scienza moderna” ci ha fornito e a forza di plagio mediatico e censure pretende che prendiamo ancora sul serio.
    La maggior parte del pool genetico delle popolazioni europee ha comunque un’origine eurasiatica, risalendo al tipo antropologico paleolitico noto come eurasiatico settentrionale. Guarda caso, proprio di recente è comparso su una rivista scientifica prestigiosa come “Nature” un articolo firmato da una trentina di specialisti (non tradotto in italiano) che mette in relazione l’origine delle popolazioni e delle lingue indoeuropee con una massiccia migrazione dalle steppe eurasiatiche, che è se non altro, sulla base di un confronto fra i dati forniti dalla genetica con quelli della linguistica, una chiara smentita della tesi dell’origine mediorientale di queste popolazioni.
    Focus.it riporta una notizia francamente curiosa. Secondo l’ipotesi di un ricercatore cinese, Li Xiuzhen, il famoso esercito di terracotta, i circa 8000 guerrieri che da 2200 anni sorvegliano il mausoleo dell’imperatore Qin Shi Huang sarebbero stati realizzati sotto l’influenza, sotto la direzione, o addirittura direttamente da artisti greci che si sarebbero spinti fino alla Cina in un’epoca in cui esistevano già contatti, legati al commercio della seta, tra le popolazioni europee e quelle dell’Estremo Oriente, questo a motivo del fatto che queste statue per il loro realismo ricordano fortemente la statuaria classica. Io non so quanto una simile ipotesi possa essere fondata, ma comunque fa piacere che qualcuno cominci finalmente a considerare l’Oriente discepolo e l’Europa maestra, al contrario di quel che è sempre avvenuto finora.
    Tutte le concezioni che formano “l’ortodossia scientifica” imposta dal pensiero democratico (l’origine africana della nostra specie e la non esistenza delle razze, la riduzione dei nostri antenati indoeuropei a pacifici agricoltori originari da quello stesso ceppo che ha generato i semiti, la non creatività della civiltà europea vista come dipendente per le sue realizzazioni in tutto dall’oriente remoto o prossimo), mirano palesemente allo scopo di sminuirci, di ispirarci rassegnazione, di farci accettare psicologicamente disarmati la scomparsa della nostra gente per sostituzione etnica, il destino che il potere mondialista ha decretato per noi. Noi sappiamo invece che la nostra eredità indoeuropea è un tesoro prezioso da difendere con tutte le forze e con ogni mezzo.
    Una Ahnenerbe casalinga, trentaseiesima parte ? Fabio Calabrese | EreticaMente

 

 
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