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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    Ma veniamo veramente dall’Africa?
    La questione se la nostra specie abbia o non abbia origini africane è solo apparentemente una questione scientifica e si lega fortemente a tematiche ideologiche. Occorre dire per prima cosa che i regimi sotto i quali abbiamo la ventura di vivere e che si auto-definiscono come democrazie, solo apparentemente sono il regno della libertà d’espressione, ma sono all’atto pratico caratterizzati dal dominio politico degli Stati Uniti sull’Europa, da quello economico dell’alta finanza internazionale, e da una serie di poteri che sono quanto rimane dell’infiltrazione sovietica nel mondo occidentale avvenuta ai tempi della Guerra Fredda, cioè i movimenti di sinistra, oggi riadattati in modo da essere funzionali agli interessi degli USA e del capitale finanziario internazionale. E’ necessario tenere presente questo scenario politico, perché dobbiamo sapere che quella che nel nostro mondo passa per ricerca scientifica, non è affatto neutra e basata sui fatti, ma risponde a precise esigenze ideologiche.
    Quello che possiamo considerare lo stigma della mentalità di sinistra, è la negazione dell’importanza dell’eredità biologica dell’essere umano. Si vuole che noi stessi siamo solo il prodotto dell’ambiente, dell’apprendimento, della cultura, nell’illusione di poter costruire attraverso gli opportuni condizionamenti ambientali la società perfetta. Di passata, questo atteggiamento coincide perfettamente con quello del grande capitalismo finanziario internazionale che vuole che l’uomo sia una cera molle, malleabile a piacere, per farne semplicemente un ingranaggio del sistema consumistico. Un dato che va considerato con grande attenzione, ad esempio, è la scomunica (perché nella nostra epoca apparentemente libertaria esiste la scomunica per i dissidenti) subita postuma da Konrad Lorenz, forse l’ultimo grande scienziato della nostra epoca, accusato di razzismo (accusa che è come un coltello svizzero, buona per tutti gli usi), per aver sostenuto che “L’uomo è per natura un animale culturale”; cioè in altre parole che la contrapposizione fra natura e cultura di cui si pasce la mentalità di sinistra è un assurdo, perché è solo la sua natura, la sua base biologica che permette all’uomo di essere un produttore e fruitore di cultura, con l’implicito corollario che, non essendo la base genetica uguale in tutti gli uomini e in tutti i gruppi umani, non lo sarà nemmeno la loro capacità di farsi creatori e portatori di cultura.
    Per disgrazia del capitalismo e delle sinistre che nel loro insieme formano la galassia “democratica”, da cento anni in qua si è sviluppata la scienza genetica e dall’inizio di questo secolo e di questo millennio, la tecnica per mappare e “leggere” il DNA.
    Poiché non si può negare che la base genetica esista negli esseri umani come in tutti gli altri esseri viventi, dalle balene alle querce, ai batteri, allora occorre partire dal presupposto che in tutti noi sia sostanzialmente uguale, e che quindi in definitiva non abbia alcuna importanza. Il primo a muoversi in questa direzione è stato il genetista Richard Lewontin, sostenendo che poiché è possibile trovare un qualsiasi gene di quelli che costituiscono il DNA umano un po’ dappertutto, le razze umane non esistono. Si tratta di un ragionamento palesemente fallace, che non tiene conto né della frequenza relativa in cui i geni compaiono nelle diverse popolazioni, né della correlazione fra i diversi geni, infatti, in un organismo complesso quale il nostro, quasi nessun carattere è l’espressione di un singolo gene, ma di una costellazione di essi: in pratica il “metodo” di Lewontin è quello di non vedere la foresta considerando solo un albero alla volta. Nonostante le evidenti assurdità, la trovata di Lewontin è diventata presto “l’ortodossia scientifica” ufficiale, coincidendo troppo bene con gli interessi di un potere inteso a negare ogni identità etnica, biologica e storica. Caso strano, Richard Lewontin appartiene a un gruppo etnico-religioso che mentre predica per tutti gli altri la bontà dell’universale meticciato, per sé applica la più rigorosa endogamia e segregazione rispetto agli altri gruppi umani, lo stesso gruppo cui sono appartenuti altri celebri ciarlatani della pseudo-scienza democratica, quali Karl Marx, Sigmund Freud, Albert Einstein.
    Dopo Lewontin si è mosso Craig Venter, un “ricercatore indipendente” dalle qualifiche scientifiche molto dubbie, che nel 2001 ha sostenuto di aver portato a termine la decifrazione del genoma umano, di aver analizzato il DNA di centinaia di persone provenienti da ogni angolo del mondo, e di aver scoperto che le differenze genetiche fra tutti loro (e quindi fra tutti noi) sono minori di quelle che esistono all’interno di una tribù di antropoidi di una quindicina di individui strettamente imparentati. La dimostrazione “scientifica” che tutti gli uomini sono fratelli. Troppo bello (per i canoni democratici) per essere vero, e difatti non lo era. Per prima cosa, non si era trattato di una decifrazione ma di una mappatura, cioè aveva visto in quale locus di quale cromosoma si trova un determinato gene, ma senza saper quale carattere esprima, in secondo luogo, fatto più importante, ha dovuto confessare di non aver sottoposto ad analisi altro DNA che il proprio. Ovvio che somigliasse a se stesso più di un parente stretto. In seguito, Venter ha dato un ulteriore colpo alla sua traballante credibilità sostenendo di aver creato la prima forma di vita interamente artificiale, e anche stavolta è stato presto sbugiardato, si trattava semplicemente di un batterio geneticamente modificato, non “vita artificiale” ma un “volgare” OGM.
    Sono questi personaggi, ciarlatani di bassa lega, che hanno creato il concetto dell’inesistenza delle razze umane, che la democrazia ha subito assunto e tende a imporre come dogma. Io mi scuso di questa lunga digressione nella fase introduttiva del nostro discorso, ma è importante capire lo sfondo concettuale da cui nasce “la teoria” dell’Out of Africa, dell’origine africana della nostra specie, creata appunto allo scopo di rafforzare questo dogma traballante sulla base di considerazioni che di scientifico non hanno nulla. Detto nei termini più semplici possibile, l’uomo si sarebbe evoluto nel continente africano da un ceppo di ominidi locali, e si sarebbe diffuso nel resto del pianeta alcune decine di migliaia di anni fa. Noi stessi e le popolazioni asiatiche, saremmo in sostanza dei neri “sbiancati” (o “ingialliti”), dal punto di vista genetico presenteremmo una pressoché uniformità, e tutte le differenze fra gli esseri umani sarebbero riconducibili a fattori ambientali, il clima, la dieta o che so io.
    Vi dico subito che la validità di questa “teoria” a mio parere può essere esattamente quantificata, ed è ZERO. Lo storico australiano Greg Jefferys ha rilevato: “Tutto il mito dell’Out of Africa ha le sue radici nella campagna accademica ufficiale negli anni ’90 intesa a rimuovere il concetto di razza. Quando mi sono laureato, tutti passavano un sacco di tempo sui fatti dell’Out of Africa ma sono stati totalmente smentiti dalla genetica. (Le pubblicazioni) a larga diffusione la mantengono ancora”. Si tratta, ci racconta Jefferys, di un costrutto ideologico “inteso a rimuovere il concetto di razza”, costruito a prescindere dai dati scientifici e dall’evidenza, ma è il caso di osservarla più da vicino.
    Cominciamo con osservare una cosa di cui il grosso pubblico non è verosimilmente informato: esistono due versioni diverse dell’Out of Africa, la prima è dotata di una certa plausibilità scientifica, la seconda invece contrasta con una serie di fatti ben conosciuti, ma è quella a cui sono legate le implicazioni ideologiche che se ne sono volute trarre e per così dire, si nasconde dietro la prima per far passare queste ultime di contrabbando, approfittando del fatto che il grosso pubblico non distingue certo fra le due cose, è una classica operazione di escamotage o, se vogliamo, di gioco delle tre carte. La differenza fra l’Out of Africa I e l’Out of Africa II sembrerebbe di poco conto, invece è sostanziale, ed è proprio questo che la somiglianza terminologica serve a nascondere. La differenza fra le due teorie è che secondo la prima, l’uscita dall’Africa sarebbe avvenuta a livello di Homo erectus centinaia di migliaia di anni fa, mentre per la seconda questa uscita dal Continente Nero si sarebbe verificata qualche decina di migliaia di anni fa da parte di un Homo già sapiens. Sembrerebbe una differenza di poco conto, e invece è essenziale, perché, mentre la prima non ci dice nulla sulle differenze razziali, dal momento che riguarda il predecessore della nostra specie, la seconda serve a negare l’esistenza delle razze umane, fa parte dell’armamentario ideologico del dogmatismo dell’ortodossia democratica a questo riguardo, e la mancata distinzione delle due serve precisamente a nascondere i “buchi” e le contraddizioni della seconda dietro la plausibilità della prima.
    Come se non bastasse, c’è un ulteriore assunto sottinteso a questo discorso, raramente esplicitato, e tuttavia essenziale perché l’Out of Africa II raggiunga il suo scopo, non scientifico ma ideologico, che non ci sia distinzione fra “africano” in senso geografico e “nero” in senso antropologico, un trucco dentro un trucco, potremmo dire, per dare a intendere un’immagine completamente falsa delle nostre origini. Al riguardo, basterebbe forse il semplice riconoscimento del fatto che l’uomo di Cro Magnon, che è considerato un po’ il prototipo dell’homo sapiens paleolitico, l’autore della raffinata cultura litica magdaleniana e delle stupende pitture murali di Altamira e Lascaux, non presenta nessuna caratteristica fisica che lo riconduca ai neri subsahariani, mentre appare invece strettamente affine al tipo caucasico.
    Tuttavia, prima di andare ad esaminare quello che ha da raccontarci la genetica sulle nostre origini, sarà bene considerare un risvolto piuttosto interessante di tutta la faccenda. Secondo la versione che rappresenta l’ortodossia finta-scientifica della nostra storia, ortodossia imposta dal sistema mediatico e quello cosiddetto educativo, complici entrambi – ovviamente – del sistema di potere, la nostra specie si sarebbe formata in Africa non più di qualche decina di migliaia di anni fa, e da lì si sarebbe spinta a colonizzare tutto il pianeta, mantenendo una pressoché totale uniformità genetica. Questa è la tesi antirazzista, e notiamo subito che i concetti di razzismo e antirazzismo hanno subito uno spostamento concettuale che ne fa un esempio perfetto della neolingua descritta da George Orwell in 1984: manipolare il linguaggio per ridurre nella gente la capacità di pensare: “razzista” non è più chi afferma la superiorità di una razza sulle altre, ma chi semplicemente si accorge che le razze umane esistono. Vedi, o almeno non fai finta di non vedere che i cosiddetti immigrati che oggi ci invadono e che piacciono tanto alla sinistra e al clero, hanno una pelle più scura della tua, allora sei complice dei campi di sterminio. Questa concezione incontra subito una difficoltà. Circa – diciamo – centomila anni fa, il Vecchio Mondo era popolato da varie popolazioni umane che i paleoantropologi classificano variamente come pre-sapiens o sapiens arcaiche e, caso strano, le troviamo soprattutto in Europa. L’uomo di Neanderthal è l’esempio più noto, ma possiamo ricordare Swanscombe in Inghilterra, Steinheim in Germania, Petralona in Grecia, Ceprano e Monte Circeo in Italia. Che fine hanno fatto? Possiamo pensare che si siano graziosamente estinte di loro iniziativa per lasciare il posto al nuovo venuto africano? Dato che all’epoca non esistevano né marxismo né cristianesimo a rimbecillire la gente, la cosa non è certamente credibile. Certo, possiamo pensare che sia stato appunto il nuovo venuto africano a sterminarle, ma sicuramente ciò non fa fare una figura molto bella a una “teoria” creata apposta per indurci ad accettare pacificamente l’immigrazione e la sostituzione etnica.
    Per uscire dall’impasse, qualcuno ha avuto un’idea che possiamo definire brillante, addirittura geniale. Come sappiamo, l’Indonesia che si trova nel cuore della “cintura di fuoco” dell’Oceano Pacifico è la regione più vulcanica al mondo. Nel nord dell’isola di Sumatra che è la maggiore dell’arcipelago indonesiano, si trova un lago, il lago Toba, che in realtà copre una vasta caldera vulcanica. Sembra che in un’epoca stimata fra i 70 e i 50.000 anni fa, questo vulcano abbia prodotto un’eruzione di portata molto ampia, maggiore di quella del Krakatoa avvenuta nel XIX secolo, al punto che ceneri vulcaniche prodotte da questa eruzione sarebbero state trovate, ad esempio in India. Ecco la risposta! I sostenitori dell’origine africana della nostra specie hanno ipotizzato che quest’eruzione avrebbe, disseminando enormi quantità di ceneri nell’atmosfera, provocato qualcosa di simile a un inverno nucleare che avrebbe portato all’estinzione tutti i gruppi umani allora esistenti, tranne un pugno di superstiti africani da cui tutti noi discenderemmo. Peccato solo che questa ipotesi sia, più che inconsistente, ridicola. E’ mai possibile che una catastrofe planetaria porti una specie – la nostra – sull’orlo dell’estinzione senza lasciare segni visibili sul resto della flora e della fauna?
    Ma non basta: come dice il proverbio, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Qualche tempo dopo la formulazione di questa brillante ipotesi del vulcano Toba, sempre in Indonesia, nell’isola di Flores sono stati ritrovati i resti di alcuni piccoli uomini denominati Homo Floresiensis o più familiarmente hobbit come i personaggi del Signore degli anelli di Tolkien. Non si tratterebbe di sapiens ma di una forma nana (nanismo insulare) di erectus, quindi di origine molto antica, e sarebbero vissuti sulla loro isola che su scala planetaria si trova a un passo dall’epicentro della presunta catastrofe globale, fino a 20.000 anni fa, quindi fino a ben dopo 30-50.000 anni dopo quest’ultima che li ha lasciati indisturbati. Nel tentativo di salvare l’ipotesi del vulcano Toba e con essa l’Out of Africa, alcuni “scienziati antirazzisti” (chiamiamoli così, sebbene mi sembra quasi un ossimoro) sono giunti a ipotizzare che non si trattasse di erectus ma di sapiens affetti da sindrome di Down. Qui sono stati decisamente varcati i limiti del ridicolo: Un’intera popolazione di Down, e perché non di ciechi o di paraplegici? Cari piccoli hobbit, per dirla con Tolkien, che costituiscono la prova se non proprio vivente, perlomeno vissuta, della falsità dell’ipotesi del vulcano Toba e hanno dato un memorabile scrollone all’Out of Africa.
    Ma è senz’altro venuto il momento di esaminare cosa ha da dirci a questo riguardo la genetica. Nel 2012, due genetisti russi, Anatole A. Klyosov e Igor L. Rozhanski hanno pubblicato l’articolo Re-Examing the “Out of Africa” Theory and the Origin of Europeoids (Caucasians) in the Light of DNA Genealogy. I due ricercatori hanno studiato gli aplogruppi (le varianti genetiche, possiamo dire semplificando) del cromosoma Y in un campione di più di 7.500 soggetti, africani e non africani, e da questo studio non è emersa nessuna prova della derivazione dall’Africa degli aplogruppi non africani. La cosa curiosa è che oggi sembra di assistere a una sorta di rinnovata Guerra Fredda a parti invertite. Laddove i ricercatori russi non sono oggi sottoposti a pressioni ideologiche di alcun tipo e sono liberi di lasciar semplicemente parlare i fatti, gli americani sono costretti a non mettere in discussione l’Out of Africa considerata una specie di supporto “scientifico” a quell’ideologia della political correctness ritenuta indispensabile alla sopravvivenza senza troppi conflitti di una società multietnica com’è quella statunitense.
    Ora, caso strano, la genetica, piuttosto che un’uniformità pressoché totale della nostra specie, sembra rivelare un grado di differenziazione che corrisponde proprio alle differenze fenotipiche che si riscontrano tra un essere umano e l’altro, tra una popolazione e l’altra, che palesemente non sono se non in piccola parte il risultato di fattori ambientali, e se risaliamo indietro nel tempo alle decine di migliaia o alle centinaia di migliaia di anni fa, scopriamo che non tutti hanno gli stessi antenati.
    A questo riguardo sono rilevanti i contributi della paleogenetica, lo studio dei DNA antichi, una scienza che ha avuto il suo padre fondatore nel biologo svedese Svante Paabo, e insignito nel 1992 del premio Leibniz della Deutsche Forschung Gemeinschaft (la massima onorificenza scientifica tedesca), Ciò che è emerso in questi anni grazie a questa disciplina è davvero notevole. Per prima cosa, si è scoperto che devono essere avvenuti nel corso del tempo diversi incroci, incroci fertili fra le diverse sottospecie umane. Noi europei e gli asiatici, ma non i neri africani, condividiamo fino al 4% di geni dell’uomo di neanderthal nel nostro patrimonio genetico.
    Noi dobbiamo essere consapevoli del fatto che questo antico uomo la cui eredità continua a vivere in noi, l’abbiamo gravemente sottovalutato, e alcune scoperte recenti lo pongono in una luce molto diversa da come eravamo abituati a considerarlo. C’è fra le scoperte più recenti a tale proposito, quella che può essere considerata la più antica struttura architettonica conosciuta al mondo: il doppio cerchio di stalagmiti che gli uomini di Neanderthal avrebbero realizzato nella grotta francese di Bruniquel: un lavoro che ha richiesto coordinazione e certamente una notevole abilità, lavorando a centinaia di metri sotto terra, e le cui finalità non sembrano essere state di natura pratica, ma di culto. Questi nostri predecessori avevano probabilmente un mondo interiore e spirituale non meno ricco del nostro.
    Come se ciò non bastasse, questi uomini avevano una buona conoscenza del mondo che li circondava, al punto che la si potrebbe definire scientifica, con conoscenze che i loro discendenti hanno riscoperto solo molte decine di millenni più tardi, ad esempio una buona conoscenza delle piante officinali e della farmacopea. E’ quanto è emerso da una ricerca condotta in tempi recenti dall’Australian Centre for Ancient DNA (ACAD) dell’università di Adelaide in collaborazione con l’università inglese di Liverpool. In particolare, studiando i resti di un uomo di Neanderthal ritrovati a El Sidron in Spagna, si è visto che la sua placca dentaria conservava tracce dell’uso di corteccia di salice (che contiene l’acido salicidico, il principio attivo dell’aspirina) e di muffa del genere penicillum (da cui si ricava la penicillina). L’uomo soffriva di un ascesso dentario e di un parassita intestinale, però gli antidolorifici e gli antibiotici, cioè le armi di punta della farmacopea odierna, erano già noti alla comunità di cui faceva parte.
    Viene da pensare che questo nostro antenato, e certamente lo era, prima di passare il testimone all’uomo di Cro Magnon, avesse già imboccato la via destinata a giungere alla fine alla civiltà, ed è fortissima la tentazione di correlare il fatto che i neri subsahariani non abbiamo mai fatto alcun passo verso di essa, con la mancanza in questi ultimi della sua impronta genetica.
    I resti di un’altra sottospecie umana diversa sia dall’uomo di Neanderthal sia da quello di Cro Magnon sono stati poi ritrovati nella grotta di Denisova nell’Altai. Sebbene i resti per ora conosciuti dell’uomo di Denisova siano molto scarsi, sembra aver lasciato una traccia genetica notevole nelle popolazioni umane attuali: fino al 6% del patrimonio genetico di asiatici e australoidi, ma in alcune popolazioni, come i Melanesiani che presentano una spiccata diversità genetica rispetto ad altri tipi umani, questa proporzione, sembrerebbero indicare alcune ricerche successive, potrebbe essere molto più alta.
    Ancora non basta, perché i ricercatori dell’IBE, l’Istituto di Biologia Evolutiva di Barcellona, studiando il patrimonio genetico dei nativi delle isole Adamane, avrebbero trovato l’impronta genetica di un quarto uomo, né Cro Magnon, né neanderthaliano né denisoviano di cui non ci sono per ora evidenze fossili (è la prima delle due “specie fantasma” di cui ci dobbiamo occupare, l’altra, come vedremo, è quella africana. Ma procediamo con ordine, questo lo vedremo più avanti). In Italia e in lingua italiana, la notizia è stata riportata da un articolo apparso sul sito ecologista “Greenreport” (Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile), Scoperto un nuovo misterioso antenato degli esseri umani moderni, di data 26 luglio 2016.
    Tutto ciò ha spinto alcuni esaltatori (ed esaltati) del suprematismo africano – tutti rigorosamente di sinistra – a dichiarazioni dal forte sapore razzista, e se ne trovano con facilità scartabellando in internet, a inneggiare al “puro sapiens” africano in confronto a noi, poveri ibridi di Neanderthal e di Denisova. Questo ci porta a contatto con una realtà di cui ci si ostina a negare l’esistenza, sebbene se ne assista spesso a dimostrazioni plateali, il razzismo di sinistra, razzismo plateale e delirante quanto altri mai, espressione di un autentico masochismo etnico che va a colpire i propri connazionali. Si tratta di individui che manifestano un fondamentale disprezzo per i propri connazionali e in generale per chi ha la ventura di essere nato da genitori della stessa etnia e di continuare a vivere negli stessi luoghi in cui i suoi genitori sono nati. Veramente, quando costoro accusano di razzismo i difensori dell’identità etnica, ricordano in maniera impressionante la storiella del bue che dà del cornuto all’asino.
    Sono ovviamente le stesse persone che cercano di venderci i cosiddetti migranti come risorse – il che è come esporre l’immondizia nelle vetrine dei gioiellieri – e naturalmente non tengono conto del fatto che questi “puri” africani hanno un quoziente intellettivo medio di trenta punti inferiore a quello di europei e asiatici, il che li pone al limite del ritardo mentale, che hanno una propensione ai reati violenti cinque volte superiore, e dieci volte superiore agli stupri.
    Tutto questo ovviamente non sarebbe ancora nulla se non vedessimo continuamente il razzismo di sinistra (e della Chiesa cattolica) tradursi nella pratica, una pratica vergognosa di discriminazione nei confronti dei nostri connazionali che si vedono continuamente anteposti i nuovi arrivati nell’accesso alle case popolari, agli asili nido, alle scuole materne, alle facoltà universitarie, ai posti di lavoro, e via dicendo, sembra quasi che alla nostra gente di stirpe caucasica sia consentito di esistere ancora al solo scopo di mantenere questi individui perlopiù nullafacenti o intenti a riprodursi come roditori.
    Di nuovo, la ricerca scientifica ha smentito in modo clamoroso questi esaltatori dell’africanità. Il 2 agosto 2012 “Le scienze” ha pubblicato un articolo a firma di Gary Stix, In Africa i primi umani moderni si incrociarono con altre specie, che è un’intervista con Sarah Tishkoff, una ricercatrice che l’articolista definisce “una star della genetica delle popolazioni”. La Tishkoff riferisce i risultati di uno studio genetico condotto su tre popolazioni di cacciatori-raccoglitori africani, e i risultati sono sorprendenti: per prima cosa, nel genoma di queste popolazioni non è stata trovata nessuna traccia di DNA risalente all’uomo di Neanderthal o a quello di Denisova, in compenso però:
    “Abbiamo visto molti dati che testimoniano incroci con un ominide che si è separato da un antenato comune circa 1,2 milioni di anni fa”. Di questo ominide che si sarebbe re-incrociato con le popolazioni africane, per ora abbiamo le tracce nel genoma dei suoi discendenti odierni, ma non evidenze fossili. E’ ovvio che l’assenza della traccia genetica di questo ominide nel DNA delle popolazioni europee e asiatiche rende ancora meno credibile la loro presunta origine africana.
    Tuttavia, come se ciò non bastasse, la constatazione che il “puro” nero africano ben lungo dal rappresentare il modello archetipo della nostra specie, è non meno ibrido di quanto lo siamo noi, nel 2017 è stata ampliata da una nuova scoperta che riguarda non i fossili, di cui per ora non abbiamo evidenze, ma la genetica (sebbene questo registro del nostro passato che portiamo in noi stessi sia ancor più conclusivo e probante), o meglio ancora in questo caso lo studio delle proteine, che sono l’espressione diretta della base genetica (una proteina è composta di aminoacidi, e ogni aminoacido è codificato in maniera univoca da una tripletta di basi accoppiate del DNA).
    In questo caso si tratta di una ricerca dell’Università di Buffalo che è stata pubblicata su “Molecular Biology and Evolution” in data 21 luglio, gli autori sono il biologo Omer Gokcumen dell’Università di Buffalo e Stefan Ruhl, docente di biologia orale alla Scuola di Medicina Dentale. La ricerca e il suo interessante esito sono stati ripresi e commentati su diversi siti on line, in particolare phys.org.news del 21 luglio 2017 con il titolo In saliva, clues to a ‘ghost’ species of ancient human e da “Paleoanthropology” del 22 luglio in un articolo intitolato Gene Study Suggests Homo sapiens Migrated into Africa, Not Out of the Continent – Interbreeding with Local Hominins 150,000 Years Ago, a firma di Bruce R. Fenton. Una versione alquanto sintetica dello stesso articolo, limando i punti più “scottanti” è apparsa in lingua italiana su “Le scienze” del 24 luglio.
    A prima vista, l’articolo sembrerebbe semplicemente una conferma di quel che la ricerca di Sarah Tishkoff aveva già evidenziato, ma in effetti ci dice molto di più. I due biologi hanno studiato una proteina, una mucina, la MUC7, presente nella saliva umana, sono risaliti ai geni che la codificano, e hanno scoperto che essa si presenta nei neri subsahariani e i geni che la codificano si presentano in una forma diversa rispetto agli altri gruppi umani, viventi ed estinti, caucasici, asiatici, ma anche gli uomini di Neanderthal e di Denisova. Per questi ultimi, ovviamente, non si è potuta esaminare la saliva, ma solo le sequenze di DNA ricavate dalle ossa.
    La conclusione a cui i due ricercatori sono giunti, è che questa proteina deve essere l’eredità di un antenato esclusivamente africano, un homo arcaico o un ominide con cui i sapiens antenati dei neri subsahariani si sarebbero re-incrociati. Fino a questo punto, come si vede la conclusione a cui i due ricercatori sono giunti, è semplicemente una conferma di quanto emerso dalle ricerche di Sarah Tishkoff, ma i nostri ricercatori si spingono alquanto più in là, innanzi tutto, l’assenza assoluta presso qualsiasi altra popolazione al mondo della variante “africana” di questa proteina mette seriamente in dubbio che le popolazioni sapiens sparse per il mondo possano essere derivate da antenati africani, perché in questo caso essa sarebbe dovuta essere presente anche altrove, sia pure in proporzioni minoritarie. E’ di gran lunga più verosimile, sostengono gli autori, che homo sapiens sia nato in Eurasia e da qui abbia colonizzato l’Africa incontrandosi e incrociandosi con questo antico homo od ominide che, con un tocco di poesia, gli autori definiscono “specie fantasma” (“Ghost Species”) per l’assenza di riscontri fossili (non è verosimilmente la sola “specie fantasma”, la stessa cosa si può dire del “nonno” degli isolani delle Andamane le cui tracce i ricercatori spagnoli dell’IBE di Barcellona avrebbero scoperto nel DNA dei suoi discendenti, ma di cui non abbiamo evidenze fossili). Omer Gokcumen e Stefan Ruhl hanno il coraggio di affermarlo esplicitamente: homo sapiens è nato in Eurasia, e ha colonizzato l’Africa attorno a 150.000 anni fa (i 70.000 anni che ci concede “la teoria” del Toba sono veramente troppo pochi), con un movimento che è il contrario di quello che viene solitamente descritto.
    A questo punto sembra che si sia innescato un effetto domino, perché qualcuno ha rintracciato un articolo già apparso su “Scientific american” in data 8 agosto 2007, e che non mi risulta fosse finora apparso su “Le Scienze” che è la versione italiana di questa pubblicazione, né altrove nella nostra lingua (ma su questo punto mi posso sbagliare). E tuttavia la cosa non è sorprendente, perché il sistema mediatico è “stranamente” riluttante nel far circolare informazioni che contraddicono l’ortodossia sedicente scientifica che ci viene “democraticamente” imposta.
    In questo articolo a firma di Nikhil Swaminathan dell’8 agosto 2007: Is the Out of Africa Theory out? (ricordiamo che l’inglese “out” andrebbe in questo caso tradotto come “fuori causa”, “fuori combattimento”), l’autore riferisce di una ricerca condotta da Maria Matinòn-Torres, paleobiologa del Centro Nazionale di Ricerca sull’Evoluzione Umana di Burgos (Spagna), che ha studiato la conformazione di ben 5000 denti di esseri umani moderni e preistorici, concentrandosi in particolare sulla conformazione delle corone dentarie, che non è influenzata dall’ambiente, ma è praticamente il riflesso del genotipo di una persona. Questo ha permesso di ricostruire una sorta di albero genealogico delle popolazioni attuali, che ne porrebbe l’origine non in Africa ma in Eurasia.
    E’ come se con la ricerca dei due biologi dell’Università di Buffalo fosse saltato un tappo. D’improvviso sono comparse altre ricerche e teorie che mettono i sostenitori dell’Out of Africa in una posizione sempre più imbarazzante. E’ saltata fuori un’ipotesi formulata nel 2016 da Úlfur Árnason, neuroscienziato presso l’Università di Lund in Svezia, e questo ricercatore ha fatto un’osservazione sconcertante nella sua semplicità e ovvietà, un bellissimo uovo di Colombo di quelli che spingono a chiedersi come nessuno ci sia mai arrivato prima: delle tre sottospecie umane che hanno preceduto l’umanità moderna: Cro Magnon, Neanderthal e Denisova, in Africa non si trova alcuna traccia né di neanderthaliani né di denisoviani, né allo stato fossile né nel DNA delle popolazioni “nere”. La tripartizione-Cro Magnon-Neanderthal-Denisova deve quindi essere avvenuta in Eurasia, e con questa tripartizione l’origine della nostra specie che Árnason pone attorno ai 500.000 anni or sono. Ottimo, verrebbe da dire, goal e palla al centro.
    Se noi andiamo a scorrere il grande oracolo dei nostri tempi, cioè Wikipedia, scopriamo che a suo dire l’ipotesi dell’Out of Eurasia, dell’origine eurasiatica della nostra specie, un tempo popolare fra i ricercatori, sarebbe stata progressivamente abbandonata dalla maggior parte di essi a favore dell’Out of Africa, in particolare nella versione II che suppone la nostra specie uscita dal grembo africano non prima di 200.000 anni fa (ma in alcuni casi si suppone anche molto più tardi), con l’eccezione dei paleoantropologi cinesi che ne sostengono l’origine asiatica per motivi nazionalistici. Ora, se settant’anni di democrazia postbellica non hanno fatto del tutto abbandonare l’antico costume di attenersi ai fatti, dovrebbe verificarsi il fenomeno contrario e l’ipotesi eurasiatica tornare a prevalere su quella africana, ma non è detto che sia così, perché le motivazioni ideologiche di quest’ultima sono forti a dispetto della realtà delle cose. Se la partita si giocasse sul terreno dei fatti e delle conoscenze, noi potremmo invece dire che “la teoria” dell’Out of Africa sarebbe giunta al capolinea, e potremmo osservare, non senza una particolare soddisfazione che la pietra tombale su di essa dovrebbe venire proprio dal lavoro di una ricercatrice italiana.
    A ottobre 2017, il sito “Classic Cult” (cult.it -&nbspDiese Website steht zum Verkauf! -&nbspInformationen zum Thema cult. ) ha pubblicato un articolo: Due acheuleani, due specie umane che presenta il lavoro di Margherita Mussi del Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università La Sapienza di Roma, direttrice delle ricerche archeologiche a Melka Kunture in Etiopia, articolo che peraltro sintetizza un testo già apparso sul “Journal of anthropological Sciences”. L’acheuleano è l’industria litica che si ritiene generalmente associata all’homo erectus, e copre un periodo temporalmente molto ampio che va da 1,8 milioni fino a 100.000 anni fa. Ebbene, proprio studiando gli strumenti acheuleani etiopi, Margherita Mussi è giunta alla conclusione che esistono due acheuleani diversi, quello africano e quello eurasiatico, ma occorre tenere presente che fino alla comparsa di sapiens l’evoluzione degli strumenti litici è andata di pari passo con quella del cervello, c’è un legame strettissimo tra evoluzione biologica ed evoluzione culturale. Questo porta a una conclusione ovvia quanto imbarazzante per alcuni: fino al Paleolitico superiore sarebbero esistite due umanità, mentre in Africa l’homo erectus sarebbe rimasto pressoché immutato, in Eurasia si sarebbe evoluto nel più avanzato heidelbergensis da cui sarebbe poi nato sapiens. Combinando questa ipotesi con quella avanzata dai ricercatori dell’università di Buffalo, tutto diventa più chiaro: la “specie fantasma” da cui i neri subsahariani avrebbero ereditato la loro variante della proteina MUC7, altro non sarebbe stata che il “vecchio” Homo erectus con cui i sapiens giunti in Africa dall’Eurasia si sarebbero incrociati.
    A questo punto, che la nostra specie, homo sapiens, non sia nata in Africa mi pare del tutto evidente, tuttavia sappiamo fin troppo bene che la realtà dei fatti importa ben poco a un sistema mediatico ed educativo strettamente legato al sistema di potere, e che si preoccupa in primo luogo di diffondere le falsità che fanno comodo all’ortodossia sedicente democratica, cioè al potere stesso. Ne abbiamo un esempio estremamente chiaro con la questione delle origini della civiltà. Ci sono prove quante se ne vuole che la civiltà ha avuto origine in Europa e non in Medio Oriente: dai grandi complessi megalitici (Stonehenge in Inghilterra, Newgrange in Irlanda, Carnac in Bretagna, Externsteine e Gosek in Germania, i complessi nuragici in Sardegna, i templi dell’isola di Malta) di almeno un millennio più antichi delle piramidi egizie e delle ziggurat babilonesi (ma Gosek in Germania sembra essere molto più antico) alla scoperta dei metalli (il più antico attrezzo metallico conosciuto è l’ascia di rame dell’uomo del Similaun), a quella della scrittura (i pittogrammi delle cosiddette tavolette di Tartaria appartenenti alla cultura Vinca dell’area danubiana sono di un buon millennio più antichi dei più antichi pittogrammi sumerici) all’allevamento di animali (la tolleranza al lattosio in età adulta, conseguenza dell’antichità dell’adattamento al consumo di latte vaccino, è massima nell’Europa centro-settentrionale, e decresce man mano che ci si sposta verso l’est e il sud).
    Tutte cose ben note da lungo tempo, ma ciò non impedisce che si continui ad ammannire la favola della Mezzaluna Fertile nei libri e nei programmi divulgativi, ma anche in tutti i testi dalle elementari all’università. Vogliamo scherzare? Far trapelare qualcosa che possa ridare agli Europei l’orgoglio delle loro origini quando si vuole che si rassegnino passivamente alla sostituzione etnica! Come la favola dell’origine mediorientale della civiltà, è probabile che anche quella dell’Out of Africa rimanga ugualmente in circolazione nonostante le evidenze contrarie, ma noi sappiamo che appunto si tratta di favole e di null’altro.
    L’arte della menzogna efficace richiede una tecnica complessa: da un lato essa deve appoggiarsi a qualcosa di vero o almeno credibile, dall’altro gli aspetti più palesemente falsi, che possono essere facilmente contraddetti, devono essere oggetto di allusioni, sottintesi, dati per scontati, senza essere mai affermati esplicitamente. Il gioco delle tre carte out of africano funziona proprio in questo modo. Da un lato esso si appoggia alla “teoria” certamente più credibile dell’Out of Africa I, considerando che il grosso pubblico non baderà troppo alla distinzione fra le due teorie omonime che, come abbiamo visto, hanno nella realtà dei fatti un significato molto differente, dall’altro lascia a intendere, senza mai affermarlo esplicitamente, che “veniamo dai neri” e perciò le razze umane non esistono. Quest’ultimo aspetto dell’Out of Africa è quello che conta davvero, perché senza di esso non si capirebbe la rilevanza ideologica di questa presunta teoria sulle nostre origini, ebbene esso non è mai affermato esplicitamente da nessun ricercatore perché potrebbe essere facilmente smentito, ricorre tuttavia spesso nei media divulgativi, benché sia una smaccata falsità: l’uomo di Cro Magnon, l’uomo del Paleolitico superiore la cui eredità vive in tutti noi, l’autore della colonizzazione di tutto il Vecchio Mondo, l’artista delle splendide pitture parietali di Altamira e Lascaux, era innegabilmente vicino al ceppo caucasico e non presentava caratteristiche né subsahariane né mongoliche di sorta, le une e le altre appaiono relativamente tardi nella documentazione fossile e, come abbiamo visto, sono il risultato vuoi dell’ibridazione con ceppi collaterali della nostra storia biologica, l’uomo di Denisova e il vecchio erectus africano, vuoi dell’adattamento a condizioni ambientali particolari. In sostanza viene introdotta la premessa implicita e assolutamente fallace che “africano” in senso geografico debba essere la stessa cosa che “nero” in senso antropologico. E’ una vera presa per i fondelli, e si potrebbe citare un lungo esempio di personaggi nati su suolo africano che di nero non avevano nulla: Cleopatra, Giuseppe Ungaretti, John R. R. Tolkien, Christian Barnard per citarne alcuni.
    E non manchiamo di notare lo slittamento di significato da lessico orwelliano che hanno avuto i termini “razzismo” e “antirazzismo”, secondo i canoni della neolingua immaginata da George Orwell in 1984, creata apposta per impedire alla gente di pensare: “razzismo” non significa più l’affermazione della superiorità di una razza sulle altre, ma il fatto di accorgersi che le razze umane esistono. Ti accorgi, vedi o almeno non fai finta di non vedere che i clandestini che ONG, scafisti e organizzazioni malavitose riversano in abbondanza sulle nostre coste sono di pelle più scura della tua, e allora sei un complice dei campi di sterminio.
    Come abbiamo visto, il gioco delle tre carte out of africano si basa sull’omonimia delle due teorie Out of Africa I e II; la prima postula l’uscita dall’Africa di un homo erectus attorno al mezzo milione di anni fa, la seconda di un homo sapiens nostro presunto antenato diretto qualche centinaio o qualche decina di migliaia di anni fa, da un massimo di 200.000 a un minimo di 50.000 anni or sono. Non è la stessa cosa, soprattutto in ordine alla differenziazione dell’umanità in razze.
    Bene, qui arriva il colpo di scena, perché anche l’Out of Africa I non è per nulla così plausibile come si riteneva un tempo. Il suo assunto di base è molto semplice, assume la forma del sillogismo lineare: homo deriva dagli ominidi, gli ominidi sono africani, dunque il genere homo (distinto nella specie erectus e in quella sapiens cui apparteniamo, più altre forme di tassonomia incerta come heidelbergensis) deve essersi formato in Africa.
    Per essere chiari, gli ominidi sarebbero stati creature intermedie fra la scimmia antropomorfa e l’uomo. Rispetto alle antropomorfe sarebbero stati caratterizzati da un adattamento alla vita terricola invece che sugli alberi, dalla stazione eretta che lasciava le mani libere per manipolare l’ambiente, dalla mancanza del grande canino tipico dei maschi delle scimmie antropomorfe e da un’arcata dentaria tondeggiante di un modello che anticipa quello umano, invece che “a scatola”. La differenza nella dentatura indicherebbe, più che una diversità nella dieta, un diverso modello di organizzazione sociale, dominanza sessuale nei maschi, e la sua assenza negli ominidi testimonierebbe un’organizzazione sociale a nuclei familiari invece che ad harem. Bene, come ci hanno insegnato quando eravamo studenti, la validità di un sillogismo dipende dalla validità delle premesse, e sembra che sull’africanità degli ominidi oggi si possano avanzare seri dubbi.
    Agli inizi del 2017, una scoperta ha fatto discutere molto, quella dei resti di un ominide risalente alla bellezza di 7,2 milioni di anni fa, non in Africa, ma nella Penisola balcanica e precisamente in Grecia, a cui è stato dato il nome di Graecopithecus Freybergi o, più confidenzialmente, “El Greco”. E’ chiaro che nel momento in cui si cominciano a trovare resti ominidi fuori dall’Africa tutto l’impianto della “teoria” Out-of-africana – la cui reale importanza non è scientifica ma ideologica – rischia di crollare miseramente. Questo spiega probabilmente perché questa scoperta a suscitato reazioni isteriche in taluni ambienti, reazioni isteriche di cui è un buon esempio l’articolo a firma di tale “Kirk” (mai che questa gente si firmi coi loro veri nomi) apparso su Ethnopedia. Nemmeno che accanto alle ossa di “El Greco” fosse stata rinvenuta una tessera fossile del PNF o del NSDAP!
    Diciamo pure che tanto accanimento è fatica sprecata, perché “El Greco” non è il primo ominide i cui resti sono stati scoperti fuori dall’Africa. Sono da tempo noti i resti di un ominide indiano, inizialmente classificati come due specie distinte, Sivapithecus e Ramapithecus (dal nome di due divinità del pantheon induista) e poi riconosciuti come appartenenti ad un’unica specie, ma resti ominidi sono noti da tempo anche in Europa. In Italia, nell’area centrale della nostra Penisola sono emersi più volte i resti di una creatura nota come Orepiteco, Oreopithecus Bambolensis, il cui primo esemplare ritrovato fu estratto da una cava di lignite a Monte Bamboli in Toscana. Questa creatura è stata classificata come scimmia antropomorfa, ma presenta proprio quelle stessa caratteristiche che hanno permesso di identificare in Lucy e negli altri ominidi africani dei precursori dell’umanità: stazione eretta, canini piccoli, arcata dentaria tondeggiante.
    Potremmo rievocare una vicenda davvero incredibile: il ritrovamento a Savona durante dei lavori di sbancamento, dei resti di una creatura umana o ominide in uno strato di arenaria risalente a due milioni di anni fa, i cui resti sono andati “stranamente” dispersi prima che si compisse alcun serio studio su di essi.
    Nel 1983 era stata data la notizia del ritrovamento in Sicilia di resti di australopiteco, poi stranamente anche di questo fossile non si è più parlato, è letteralmente scomparso. E’ vero che la Sicilia è la più meridionale e la più vicina all’Africa delle regioni italiane, ma siamo un bel po’ lontani dalla zona subsahariana e dalla Rift Valley dove sarebbero vissuti Lucy e gli ominidi suoi congeneri. Per la cronaca, un ampio servizio sull’Australopiteco Siculo fu pubblicato da “L’Espresso” che, come tutti sanno, è un periodico di estrema, estremissima destra.
    Il 2017 è stato letteralmente l’anno delle sorprese: come se non fossero bastati la scoperta di El Greco, le ricerche dei biologi dell’Università di Buffalo sulla proteina MUC7 e la scoperta di Margherita Mussi sui due acheuleani, c’è da segnalare il rinvenimento nell’isola di Creta di una serie di impronte fossili di aspetto umano, risalenti a 5,7 milioni di anni fa.
    Nella stessa direzione va una scoperta di cui abbiamo recentemente avuto notizia dalla Germania, anche se è riportata da un quotidiano inglese, “The Independent” del 21 ottobre 2017, il ritrovamento vicino a Francoforte di alcuni denti fossili ominidi, risalenti a poco meno di nove milioni di anni fa.
    Infine, come se tutto ciò ancora non bastasse, sul sito “Il Timone” recentemente è apparsa una notizia davvero sorprendente: un team anatomisti fra cui lo studioso di fama mondiale lord Solly Zuckerman, ha riesaminato le ossa della famosa Lucy, ed è giunto alla conclusione (che costituisce anche il titolo dell’articolo), che: L’australopiteco Lucy era una scimmia e non c’entra nulla con l’uomo. Sale sulla ferita, coltello rivoltato nella piaga, che si fa sempre più purulenta, dei sostenitori dell’Out of Africa.
    La mia personale idea è che un ruolo di fondamentale importanza l’abbiano giocato le variazioni stagionali che caratterizzano il nostro continente. Il fatto di passare regolarmente da periodi di clima confortevole e abbondanza di risorse a quelli invernali caratterizzati invece da penuria alimentare e dalla necessità di ripararsi dalle intemperie, ha favorito lo sviluppo della preveggenza, della capacità di pianificare la propria vita su tempi lunghi. Quando si poteva parlare liberamente di queste cose prima che l’ortodossia democratica mettesse al bando la possibilità stessa di sollevare simili questioni (che poi non solo questioni ma dati di fatto), era osservazione comune di chiunque avesse avuto modo di osservare da vicino le differenze di comportamento legate alla razza, che il bianco vive pensando ai prossimi decenni, mentre il nero vive pensando alle prossime ore.
    Non è probabilmente un caso che il più antico segno di misurazione del tempo giunto fino a noi lo ritroviamo sul suolo europeo, precisamente in Scozia a Warren Fields, dove sono state trovate le tracce di un calendario lunare di età mesolitica (si veda Le altre Stonehenge, seconda parte), più antico di ben cinquemila anni dei più antichi analoghi calendari mediorientali. Età mesolitica significa un’epoca già agricola, e per un agricoltore conoscere il ritmo delle stagioni è fondamentale, ma prima che per lui lo era anche per un cacciatore che vivesse là dove la disponibilità di selvaggina era soggetta a forti fluttuazioni legate alle variazioni stagionali a differenza di quel che avveniva e avviene in Africa.
    Un’altra profonda differenza le cui origini vanno con ogni probabilità ricercate nella diversità dell’ambiente europeo rispetto a quello africano, è l’atteggiamento nei confronti della prole. Le statistiche che abbiamo soprattutto provenienti dagli Stati Uniti (e ricordiamo che gli afroamericani non sono neri puri) sono impressionanti. I tassi di separazioni, abbandoni del tetto coniugale e via dicendo, sono altissimi, si può dire che il maschio di colore tende a non occuparsi per nulla dei figli, ricalcando in pieno, nonostante le differenze ambientali fra USA e Africa al disotto del Sahara, lo stesso atteggiamento dei propri antenati africani che lasciavano esclusivamente alle donne la cura della prole. Per quanto riguarda l’Africa, è interessante rilevare il fatto che le agenzie di microcredito che cercano di promuovere iniziative che la sollevino dalla povertà endemica, fanno i loro prestiti esclusivamente a donne, ben sapendo che gli uomini non farebbero altro che sperperarli. L’atteggiamento del maschio di colore, al riguardo, ricalca puntualmente quello degli antropoidi che affidano le loro possibilità di trasmettere i loro geni a una discendenza, non alla cura dei propri figli, ma cercando di ingravidare più femmine possibile.
    Preveggenza, responsabilità, preoccupazione per il futuro, cura ed educazione dei propri figli. Questi sono frutti germogliati sul suolo europeo, sono le basi che hanno permesso all’Europa di essere la madre della civiltà umana (qui il discorso si collega a un’altra tematica che ho ampiamente trattato, la nascita della civiltà non in Medio Oriente come mente la maggior parte dei testi “di storia”, ma sul suolo europeo).
    Noi siamo figli dell’Europa in ogni senso, su questo non si possono nutrire dubbi, e credo che la migliore affermazione di ciò ce l’abbia data non uno scienziato ma un combattente, un uomo che si è volontariamente immolato per denunciare con la sua morte lo spaventoso delitto che il potere mondialista sta commettendo contro i popoli europei, provocando la loro estinzione attraverso il declino demografico imposto, l’immigrazione allogena e il meticciato, Dominique Venner, questo samurai della causa europea, le cui parole meritano una particolare reverenza, proprio perché suggellate con il sangue e il supremo sacrificio:
    “Io sono figlio della terra degli alberi e delle foreste, delle querce e dei cinghiali, delle vigne e dei tetti spioventi, delle epopee e delle fiabe, del Solstizio d’inverno e di San Giovanni d’estate…Il santuario in cui vado a raccogliermi è la foresta profonda e misteriosa delle mie origini. Il mio libro sacro è l’Iliade così come l’Odissea, poemi fondatori e rivelatori dell’anima europea.
    Questi poemi attingono alle stesse fonti delle leggende celtiche e germaniche, di cui manifestano la spiritualità implicita. Del resto non tiro affatto una riga sui secoli cristiani. La cattedrale di Chartres fa parte del mio universo allo stesso titolo di Stonehenge o del Partenone. Questa è l’eredità che occorre assumere. La storia degli Europei non è semplice. Essa è scandita di rotture al di là delle quali ci è dato di ritrovare la nostra memoria le la continuità della nostra Tradizione primordiale”.
    Ma veniamo veramente dall'Africa?, terza parte ? Fabio Calabrese - EreticaMente - EreticaMente

  2. #842
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    TRIBUNALE CONTRO FACEBOOK, ORDINA RESTITUZIONE PROFILO BLOCCATO
    Una sentenza del tribunale di Pordenone potrebbe essere una pietra miliare nella difesa della libertà di espressione su internet.
    Stop alle censure immotivate da parte di Facebook che secondo la sentenza non potrà più disattivare profili ed eliminare pagine sulla base di violazioni solo presunte ed evidenziate senza contraddittorio. In pratica: tutte.
    Prevista una penale in capo all’azienda americana per ogni giorno di ritardo nella riattivazione dell’account immotivatamente disattivato.
    Lo stabilisce il tribunale di Pordenone nella causa civile n. 2139/2018 pubblicata lo scorso 10 dicembre.
    La vicenda riguarda un procedimento cautelare, patrocinato dall’avvocato Guido Gallovich, in cui il ricorrente chiedeva a Facebook l’immediato ripristino del suo profilo personale e l’immediata riattivazione del relativo accesso ad una pagina gestita dal profilo stesso o, in subordine, la riattivazione della pagina per il tramite di un nuovo account personale. Il tribunale di Pordenone, sezione civile, ha accolto il ricorso presentato sulla base delle seguenti motivazioni: in primo luogo, «la società resistente, pur in assenza di una chiara, seria e reiterata violazione da parte dell’utente delle condizioni contrattuali, ha deciso dapprima di inibire l’accesso, e poi rimuovere la pagina, con ciò violando non solo le regole contrattuali, ma anche il diritto di libera espressione del pensiero come tutelato dalla Costituzione». La seconda motivazione riguarda l’oggetto del contendere, ovvero la pubblicazione di un video di highlights tennistici in presunta violazione della normativa in materia di proprietà intellettuale. Secondo il tribunale, visto che il video era stato caricato da una pagina pubblica e il ricorrente, appena avvertito del presunto illecito, ha provveduto a levarlo dalla pagina, la condotta «non può certo qualificarsi quale chiara, seria e reiterata violazione delle condizioni per l’utilizzo del social network». In terzo luogo, «la società, a fronte di un possibile abuso, peraltro commesso in buona fede, ha deciso di sanzionare il ricorrente con il blocco e poi la chiusura della pagina senza consentire allo stesso di giustificarsi, adottando un rimedio del tutto sproporzionato rispetto agli addebiti mossi, finendo così non solo per violare le norme contrattuali, ma anche violando i diritti costituzionalmente garantiti al ricorrente. Su queste basi li tribunale ha deciso di accogliere il ricorso ordinando a Facebook l’immediato ripristino del profilo personale del ricorrente. Il riferimento all’immediato intervento viene giustificato dal tribunale nella sentenza; in fatti, con riferimento al c.d. periculum in mora si osserva che la necessità di un’immediata tutela in via anticipatoria rispetto a quella che conseguirebbe all’esito di un giudizio di merito, si giustifica in ragione della circostanza che il prolungarsi del congelamento di una pagina Facebook determina l’assoluta perdita di interesse degli utenti nei confronti della stessa e, di conseguenza, la vanificazione di tutto il tempo speso, con l’irrimediabile perdita dei followers finora acquisiti».
    E’ evidente che questo caso apre a tantissimi altri casi. Facebook, che è un monopolio di fatto, si comporta da poliziotto e giudice allo stesso tempo. L’utente non ha alcuna possibilità di contraddittorio, come riconosce la sentenza.
    https://voxnews.info/2018/12/15/trib...filo-bloccato/

    FACEBOOK DICE AGLI UTENTI COSA È GIUSTO PENSARE SUL GLOBAL COMPACT
    Gli utenti contrari al Global Compact dell’ONU sulle migrazioni, sono rimasti scioccati quando, andando a condividere articoli contrari all’accordo, sono stati rimandati da facebook sul sito del giornale di sinistra Le Monde: in un articolo favorevole all’accordo.
    Tutto con la scusa di avere “ulteriori informazioni su questo argomento”.
    Facebook sta violando le leggi. Non solo quelle antitrust, anche quelle sull’editoria.
    I social godono di un privilegio: quello che gli utenti scrivono sulle loro piattaforme non è responsabilità di Facebook o Twitter, ma personale di chi l’ha scritta. Questo perché i social non sono equiparati ai giornali.
    Ma questa diversità cade se i social iniziano a privilegiare certi contenuti rispetto ad altri: e allora andrebbero trattati alla stregua di comuni giornali, con una propria linea editoriale.
    https://voxnews.info/2018/12/13/face...lobal-compact/


  3. #843
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    MISS FRANCIA: METÀ PARTECIPANTI NON È FRANCESE
    La France n’est plus la France, ha detto tempo fa la Bardot. E a testimoniarlo, anche quest’anno, il fatto che metà delle partecipanti a Miss France non è francese, se non sulla carta: nere o meticce.
    Ci stanno lentamente – e nemmeno troppo – colonizzando. Razzisti che vogliono eliminare la bellezza delle differenze.
    Ricordate: i gilet gialli protestano contro questo, non contro il caro carburante.
    https://voxnews.info/2018/12/11/miss...on-e-francese/

    EROS FLAME: LO SPOT VERSACE CANCELLA L’UOMO BIANCO
    Visto che il profumo è per uomo e che dubitiamo abbia un mercato in Africa, chi lo compra è un cuckold.
    Vi scrivo perché ieri mentre guardavo la tv sono venuto a conoscenza di uno spot della nota casa di moda Versace, con cui viene pubblicizzato uno dei suoi profumi.
    Visto il disgustoso contenuto, temo però che l’obiettivo di questo spot non sia limitato alla sola reclamizzazione di un prodotto, ma anche alla propaganda pro-interracial, che dal famoso film “Indovina chi viene a cena?” del 1967 fino agli abominevoli e spinti film e filmini pornografici del genere interracial che oggi vengono girati, non conosce più freni e diventa sempre più intensiva.
    Come sempre l’interrazzialismo è a senso unico, ovvero quello che vede il maschio di colore con la femmina bianca, in cui si tende ad enfatizzare la virilità del primo e nel contempo a sminuire quella del maschio bianco.
    Non se ne può più, è una vergogna, e ovviamente in casi come questo nessuno protesta e osa parlare di “suprematismo razziale”, cosa che sicuramente avrebbero tirato fuori qualora i protagonisti dello spot fossero stati un uomo bianco ed una donna di colore.
    https://voxnews.info/2018/12/16/eros...-luomo-bianco/

    US student slandered as racist after saying “I love white people”
    By EMMA R.
    Physics student Julian von Abele, 21, was recently accused of being racist in a wide range of American media. “I love white people!,” he says in a short video that received great attention.
    The clip is from a heated exchange that Julian, who at the time seems to have been somewhat energised, had with a group of aggressive leftists at Columbia University in New York.
    “Europeans built the modern world. We invented science and industry and you want to tell us to stop because, ‘Oh my God, we’re so bad’,” he continues.
    In mainstream media he is described as a “racist” who, completely unprovoked, “harassed” the other students – even though he clearly states that he hates no other groups. This has also led Columbia University’s management to initiate an investigation of him.
    It all began when the left-wing group accused Trump supporters of encouraging sexual violence.
    “A large group of students gathered around me and told me that I had no right to share my views on women as I’m a white male with ‘white privilege’.”
    “I believe that every single person should love themselves and love their culture, and we should all be allowed to be proud of our heritage,” he says.
    Julian von Abele is described as a young genius, who already in 2015, despite his young age, published an advanced physics book on parallel universes.
    On Wednesday, he started an account on Twitter – and got over 10.000 followers in just 10 hours. Thousands of users have supported him with encouraging comments.
    “I am standing strong and I am not backing down,” he tweets and promises more posts shortly.
    https://voiceofeurope.com/2018/12/us...lxbpMA.twitter

    PARTITA SOSPESA: SQUADRA DI PROFUGHI TROPPO VIOLENTA
    Partita sospesa sul risultato di 3-2. Al 15’ della ripresa di Porto Alegre-Amatori Lendinara, recupero della seconda giornata del girone A del campionato di calcio Uisp.
    L’arbitro è stato costretto a sospendere la partita perché non c’erano più i presupposti per continuare a giocare a pallone: la squadra dei profughi era troppo violenta.
    https://voxnews.info/2018/12/12/part...oppo-violenta/

    Hitler tra i pastori del presepe napoletano, è bufera.
    Stretto tra Maurito Icardi che si sfila la maglia e Valentino Rossi che impenna con la sua Yamaha, nella celebre stradina napoletana dei presepi, San Gregorio Armeno, ha fatto capolino nei giorni scorsi anche la statuina di un Hitler che saluta col braccio teso. L'ha realizzata Di Virgilio, maestro pastoraio amico dei vip, che dei pastori che riproducono personaggi noti tratti dalla storia e dall'attualità ha fatto un filone di successo.
    «La statuina, 30 cm di terracotta, - assicura lo stesso Di Virgilio - è rimasta esposta nella giornata di sabato, è un pezzo unico creato su commissione e non fa parte della mia collezione». Un lasso di tempo minimo, ma sufficiente per essere notata e per rimbalzare su siti e social.
    Su Facebook il Fuhrer con il braccio alzato nel saluto nazista viene rilanciato per primo dal presidente del Pd di Napoli Tommaso Ederoclite che ne parla come di «una vergogna per la città, una scelta che inquieta e spaventa». A seguire arrivano gli appelli alla rimozione dell'ex sindaco Antonio Bassolino («A tutto deve esserci un limite: la statuina di Hitler nella strada napoletana dei pastori proprio no, no, no. Se non viene subito rimossa dall'artigiano che l'ha realizzata allora intervengano il Comune e lo Stato») e del vicesindaco di Napoli Enrico Panini che in una nota ufficiale dice di essere «rimasto senza parole». «Che nella strada in cui è nata l'antica arte dei presepi - spiega Panini - nel cuore della città storica, nella città delle quattro giornate, si possa dare spazio ad un personaggio che rappresenta l'antitesi e la negazione dei valori di accoglienza e tolleranza che sono propri del popolo napoletano, è assolutamente inaccettabile».
    Irritata anche la Comunità ebraica di Napoli che - in una nota congiunta con la federazione Italia-Israele - esprime preoccupazione per l'episodio.
    https://www.ilmessaggero.it/italia/n...o-4163184.html


  4. #844
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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    VIDEO: ''IMPEACH THE MOTHERFUCKER!''. LA NEODEPUTATA DEMOCRATICA E MUSULMANA GRIDA CONTRO TRUMP, MENTRE L'ALTRA RADICAL ALEXANDRIA OCASIO-CORTEZ PARLA DI TASSE AL 70% E SI PARAGONA A LINCOLN E ROOSEVELT. SE QUESTA È L'OPPOSIZIONE AL PUZZONE, PUÒ DORMIRE SONNI TRANQUILLI - IL GOVERNO È ''CHIUSO PER SHUTDOWN''? LA CLINTON A WASHINGTON PRESE IL 94%, E TRUMP GODE…
    Come ti viene in mente, appena arrivata in Parlamento, di proporre una tassa al 70% per i ricchi, in un Paese nel quale anche i poveri sognano di diventare ricchi? Come ti viene in mente di proporre una tassa del genere non già per finanziare, che so io, un reddito di cittadinanza per i meno fortunati, ma la riduzione delle emissioni di carbone che già sono abbondantemente diminuite nell'ultimo anno, e per sovraccarico di paragonarti ad Abramo Lincoln e a Franklin Delano Roosevelt, quando sei soltanto Alexandria Ocasio-Cortez?
    Sono i radicali, bellezza, la nuova linfa del partito Democratico, nata all'ombra di Bernie Sanders e della sua candidatura da Outsider nel 2016, per meglio dire nati dalla crisi dello strapotere dei Clinton/ Obama, ed ora lo zoccolo duro del partito deve farci i conti. Probabilmente hanno contribuito a riportare i democratici alla maggioranza alla Camera, ma potrebbero essere una palla al piede in qualsiasi pretesa di riprendersi la Presidenza dnel 2020 proprio perché sono più socialisti che democratici, più radicali che moderati. Per Trump una bella battaglia, di quelle che lo eccitano.
    Mi tocca andare avanti con le domande di inizio anno sullo stato della politica di Washington in pieno shutdown, che Donald Trump minaccia di trascinare anche per mesi e per anni, se necessario, oppure di interrompere d'imperio dichiarato lo stato di emergenza al confine e costruendo il famigerato Muro senza bisogno del Congresso.
    Come è venuto in mente a un'altra neo parlamentare di quelle rampanti democratiche, e per sovraccarico musulmana e di nome Rashida Tlaib, una che ha giurato sul Corano, e mette paura perché non è per caso o per professione di fede che negli Stati Uniti si giura sulla Bibbia, di dire “adesso gli facciamo l'impeachment a quel motherfucker”, intendendo il presidente, in un Paese nel quale puoi anche avercela a morte con il presidente ma è l'Istituto della Presidenza che è come una monarchia e non si tocca?
    Lasciamo perdere che “motherfucker”, che viene tradotto per correttezza come figlio di puttana, in realtà si riferisce a qualcuno che con la madre si accoppia carnalmente, ed è veramente una delle espressioni più volgari concepite nella lingua inglese.
    Per tutti risponde come al solito a colpi di tweet Trump in persona.
    “How do you impeach a president who has won perhaps the greatest election of all time, done nothing wrong (no Collusion with Russia, it was the Dems that Colluded), had the most successful first two years of any president, and is the most popular Republican in party history 93%?”
    Che, tradotto, suona così: come fai a mettere sotto accusa un presidente che ha vinto forse le elezioni più importanti di tutti i tempi, non ha fatto niente di male (nessuna collusione con la Russia, sono stati I democratici a farlo) ha avuto i primi due anni di maggiore successo di qualsiasi presidente ed è anche il repubblicano più popolare nella storia del partito, al 93%?
    Già, come fai? Il problema è in realtà un problema tutto del Partito Democratico nel suo vertice, ed anche della neo riproclamata speaker Nancy Pelosi, che ha quasi 80 anni e ne ha viste di ogni tipo, è che si è subito affrettata a dire che lei non fa il censore di nessuno, perché non è il suo compito, affermazione opinabile e che sta a significare che contro il gruppetto dei radicali per il momento non intende schierarsi ufficialmente, ma che avrebbe anche rassicurato, si fa per dire, il presidente, durante un incontro tumultuoso sulla solita questione dello shutdown e del Muro, che non hanno alcuna intenzione i democratici, almeno per quanto riguarda ciò che lei controlla, di procedere a una richiesta di impeachment del presidente.
    Il quale incassa questa rassicurazione, anche perché sa benissimo che per avviare un impeachment, checché ne dica la radicale Rashida, ci vuole prima un risultato dell'inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller che si concluda in questo senso, e ancora non si vede niente all'orizzonte, solo un ulteriore richiesta di allungamento dei tempi per altri sei mesi; poi ci vuole una Camera dei Rappresentanti che approvi la richiesta di impeachment, e bisogna vedere se nonostante ora abbiano la maggioranza i democratici si metterebbero in una impresa destinata a fallire con tutte le conseguenze sulla campagna elettorale del 2020 a favore del danneggiato.
    Infine dopo questi primi passaggi ci vuole la celebrazione di un processo di impeachment in Senato, con il giudice anziano della Corte Suprema a presidente, un senatore della parte dell'accusa, un altro nella parte della difesa, alla fine una sentenza per la quale occorre il si dei due terzi del Senato. Nel quale la maggioranza repubblicana è assicurata ed aumentata a 54 dopo le ultime elezioni.
    Di qui il Tweet:
    “The Democrats could solve the Shutdown problem in a very short period of time. All they have to do is approve REAL Border Security (including a Wall), something which everyone, other than drug dealers, human traffickers and criminals, want very badly! This would be so easy to do!”
    I democratici potrebbero risolvere il problema dello shutdown in breve tempo. Tutto ciò che devono fare e’ approvare una vera misura di sicurezza dei confini, incluso un Muro, qualcosa che praticamente chiunque tranne i trafficanti di droga, i trafficanti di essere umani e i criminali, vogliono intensamente. Sarebbe così facile da fare!
    Invece per il momento sembra difficile e lontano. Lo shutdown prosegue, e con una punta di malizia di troppo forse Donald Trump spiega che a lui importa poco che siano soprattutto lavoratori che sono anche elettori democratici a rimetterci in questo momento dallo shutdown degli uffici federali. A Washington sono tutti elettori democratici, basta ricordarsi che è Hillary Clinton nel distretto ha preso il 94%...
    maglie - le neoelette dem gridano all'impeachment e alle tasse al 70%. trump gode - Politica

    MURO CONTRO MURO E OPZIONE NUCLEARE: TRUMP NON RINUNCIA AL MURO COL MESSICO ED È PRONTO A MANDARE IL SISTEMA FEDERAL IN SHOTDOWN. ALLA CAMERA LA NUOVA COMPOSIZIONE FRUTTO DELLE ELEZIONI DI MIDTERM, E IN CUI I DEMOCRATICI HANNO LA MAGGIORANZA, SI INSEDIA SOLTANTO A FINE GENNAIO - LA PETIZIONE PER IL MURO RACCOGLIE 9 MILIONI IN 4 GIORNI.
    Muro contro muro Tutti a dire che Donald Trump al muro col Messico aveva rinunciato, che si era calato le braghe pur di non arrivare allo shutdown, cioè a qualcosa di simile a quello che noi chiamiamo esercizio provvisorio.
    Invece siamo addirittura alla Nuclear Option, ovvero alla possibilità al Senato di aggirare l'ostruzionismo imponendo un voto con maggioranza semplice anziché qualificata, oppure a uno shutdown che nelle parole del presidente, potrebbe durare molto a lungo, ed è più una minaccia che una promessa. Insomma, Trump punta tutto sul Muro, naturalmente lo può fare perché il partito Repubblicano è stato totalmente alla Camera dalla sua parte, e perché alla Camera si sono giocati il fatto che la nuova composizione frutto delle elezioni di midterm, e in cui i democratici hanno la maggioranza, si insedia soltanto a fine gennaio.
    Lo shutdown scatta a mezzanotte, e rivolgendosi direttamente al capogruppo al Senato, Trump twitta: “Mitch, use the Nuclear Option and get it done! Our Country is counting on you!”’. Mitch, usa l'opzione nucleare e porta a casa il risultato Il Paese conta su di te. Se O’ Connel nelle prossime ore ascolterà il presidente, farà in modo che bastino 51 voti e non i previsti 60.
    In ballo ci sono circa 5 miliardi e 700 milioni di dollari per il muro di confine che fa parte della misura complessiva di Fondi al governo e che a sorpresa ma neanche tanto la Camera ha già approvato, con 217 voti contro 185 contrar,i raccolti all'ultimo momento tra i repubblicani che erano invece convinti che il presidente avesse abbandonato il progetto controverso.
    Ora l'ulteriore richiesta al Senato, che non è facile da digerire per i senatori repubblicani, i quali sono contrari a fare uso della Nuclear Option abbandonando le sacre regole che vogliono che ci sia una maggioranza qualificata, ovvero 60 voti. La Nuclear Option è stata già usata per le nomine di due giudici della Corte Suprema, ma questo viene visto come un caso diverso, si tratta del bilancio.
    L'unico che sembra infischiarsene e’ proprio Donald Trump che delle sacre regole fa volentieri a meno quando può, e che ha ribadito dopo il tweet per bocca dii Sarah Sanders, il portavoce, che quella della Nuclear Option e’ la richiesta ufficiale della Casa Bianca.
    Una richiesta che non è arrivata per caso, se è vero che il presidente aveva in un primo tempo deciso di rinunciare al progetto almeno per il momento, ma poi ha visto la reazione violenta tra gli elettori conservatori e in buona parte del Paese, soprattutto Nazioni di confine col Messico.
    Siamo sempre là, è l'immigrazione, stupido, l’argomento più controverso degli ultimi tempi, che induce a riflessioni di apertura, tolleranza, solidarietà, accoglienza, soprattutto tra coloro che non ne soffrono le conseguenze, ma che tra i cittadini di numerose nazioni del mondo, dall'Italia piccola e poco adatta ad accogliere, fino agli Stati Uniti nati dal melting pot, provoca reazioni ferme e di chiusura.
    Reduce da un incontro, anzi scontro, con i leader democratici, Nancy Pelosi e Chuck Schumer, parole e gesti vivaci ripresi dalle telecamere, Donald Trump oggi sembra disposto a tutto per vedere realizzato il muro al confine con il Messico, e non intende firmare una legge per evitare il parziale shutdown del governo, finché non avrà certezze sulla sicurezza della frontiera egli Stati Uniti.
    Dopo la Sanders lo ha ribadito in TV ieri sera anche il consigliere più stretto, Stephan Miller: il presidente Usa è disposto anche a rischiare la paralisi delle agenzie federali (appunto lo shutdown) se non ci saranno i fondi per costruire il muro al confine.
    Ieri il Senato ha per sicurezza votato all'unanimità un provvedimento che assicura i fondi alle agenzie federali fino all'8 febbraio. Poi si chiuderebbe tutto, dal parco di Yellowstone alle agenzie, agli sceriffi, tutte le attività federali e non statali. Lo fece Bill Clinton in un corpo a corpo con i repubblicani guidati dal mitico Newt Gingrich, e vinse il presidente Democratico, perché dopo qualche giorno di chiusura degli uffici i repubblicani si resero conto che la gente se la prendeva con loro per le cose che non funzionavano, e tornarono indietro. sulla decisione. Vedremo. Allora Clinton era un presidente di minoranza in Parlamento, non aveva alternative.
    Oggi Trump ne ha. Ha incontrato i senatori e si è accorto che sono divisi al loro interno tra i più preoccupati del rispetto delle regole e quelle che invece pensano all'umore popolare ma anche alla loro rielezione. Il vecchio partito non c'è più, c'è quello di Trump.
    Dell'umore popolare potrebbero essere espressione le collette come quella di Brian Kolfage, veterano che raccoglie fondi per il Muro. Ha subito l'amputazione di entrambe le gambe e di un braccio in Iraq nel 2004. Kolfage ha creato una petizione su GoFundMe, invitando ogni americano a versare 80 dollari per raccogliere 1 miliardo di dollari e finanziare 'the wall'. Nei primi 4 giorni quasi 200.000 persone hanno contribuito versando circa 9 milioni di dollari. Sulla pagina della petizione campeggiano le ragioni ribadite dal presidente: proteggere gli americani dai criminali, proteggere i soldi dei contribuenti, mettere l'America al primo posto e eliminare la droga dalle strade.
    america fatta a maglie - muro contro muro e opzione nucleare: trump non rinuncia al 'border wall' - Politica

    Ora Trump minaccia i dem: "Senza il muro, chiuderò confine anti migranti"
    Il presidente contro i democratici: "Senza i fondi per il muro, cambieranno le leggi sull'immigrazione". E annuncia: "Taglieremo tutti gli aiuti all'Honduras"
    Giorgia Baroncini
    "Saremo costretti a chiudere il confine meridionale completamente se i democratici ostruzionisti non ci daranno i soldi per finire il Muro".
    Così il presidente americano, Donald Trump, è tornato a minacciare la chiusura del confine meridionale con il Messico.
    Su Twitter il presidente è tornato a parlare del tema di scontro con i democratici che ha portato allo shutdown dell'amministrazione. Oltre alla chiusura del confine, Trump ha spiegato che sarà costretto "anche cambiare le ridicole leggi sull'immigrazione che il nostro Paese si è accollato. Difficile da credere che ci fosse un Congresso e un Presidente che approverebbero!".
    "Gli Usa hanno perso così tanti soldi nel commercio con il Messico in base al Nafta, oltre 75 miliardi di dollari all'anno (senza contare i soldi della droga che sarebbero molto volte questa cifra) che considero chiudere il confine meridionale un'operazione che genera profitti", ha continuato l'inquilino della Casa Bianca. Il presidente ha anche parlato di "riportare l'industria delle automobili negli Stati Uniti, ritornare al pre-Nafta, prima che molte delle nostre società e posti di lavoro venissero così stupidamente inviati in Messico".
    Carovana di migranti
    "Honduras, Guatemala e El Salvador non stanno facendo nulla per gli Usa se non prendere i nostri soldi", ha concluso Trump citando la notizia di una nuova carovana di migranti in partenza dall'Honduras. "Taglieremo tutti gli aiuti a questi tre Paesi, che da anni si approfittano degli Usa".
    Ora Trump minaccia i dem: "Senza il muro, chiuderò confine anti migranti"

    ROBERT DE NIRO SI SCAGLIA NUOVAMENTE CONTRO TRUMP, DEFINENDOLO UN “RAZZISTA E UN SUPREMATISTA BIANCO” – LA STAR DI HOLLYWOOD, CHE NON PERDE OCCASIONE DI SPARARE A ZERO CONTRO IL PRESIDENTE USA, LO PARAGONA A HITLER
    Robert De Niro ha definito Donald Trump un "suprematista bianco" e lo ha paragonato ad Adolf Hitler. La star di Hollywood, 75 anni, è stata sempre molto critica nei confronti del Presidente e in un’intervista al Guardian lo ha definito nazista, razzista, buffone e truffatore.
    Alla domanda se Trump fosse un nazista, ha detto: "Suppongo che sia quello a cui vorrebbe arrivare. Se avesse fatto a modo suo, saremmo in un pessimo stato in questo Paese. Molti ridevano di Hitler. Sembravano tutti divertenti. Hitler sembrava divertente, e altri dittatori e despoti sembravano divertenti».
    «Ciò che mi infastidisce è che in futuro ci saranno persone che lo vedranno come un esempio e saranno influenzate in qualche modo da lui» ha continuato De Niro, che si è detto molto sconvolto per quello che sta succedendo negli Stati Uniti.
    'è un fascista' ? robert de niro si scaglia nuovamente contro trump, - Cronache


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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Bolsonaro: "Francia nel caos per i troppi immigrati". Ira di Parigi
    Gerry Freda
    Tra Brasile e Francia si è in questi giorni scatenato un duro scontro diplomatico.
    A provocare il dissidio sono state le critiche avanzate da Jair Bolsonaro, neoeletto presidente verde-oro, nei confronti delle politiche in ambito migratorio promosse finora da Parigi.
    Nel corso di una recente diretta Facebook, l’esponente nazionalista ha accusato le autorità transalpine di avere fatto entrare negli ultimi anni nel rispettivo territorio “troppi stranieri”. Proprio per colpa degli immigrati, la Francia sarebbe ormai diventata un “Paese invivibile”. Bolsonaro ha quindi assicurato che, grazie ai provvedimenti “drastici” da egli promossi in ambito migratorio, il Brasile non “farà la fine” dello Stato europeo: “Guardate come si è ridotta la Francia. Quel Paese soffre per colpa dell’immigrazione. Noi non faremo la loro stessa fine. Una volta che si sarà insediato il governo Bolsonaro, chi vorrà entrare in Brasile dovrà infatti rispettare criteri rigorosi.” Il leader nazionalista ha poi svelato la prima misura rientrante nella sua linea di “tolleranza zero” sul fronte-immigrati, ossia l’uscita del Brasile dall’Accordo Onu sulle migrazioni, approvato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre scorso.
    La replica delle autorità di Parigi non si è fatta attendere. Il ministero degli Esteri francese, tramite una nota di protesta, ha bollato come “avventate” le affermazioni di Bolsonaro e ha quindi esortato l’esponente conservatore a “non alimentare le tensioni sociali” che stanno attualmente caratterizzando la situazione interna della nazione transalpina.
    Bolsonaro: "Francia nel caos per i troppi immigrati". Ira di Parigi

    Rapper Talib Kweli: ‘Nazi Germany Had a Wall Called the Berlin Wall’
    Rapper Talib Kweli gave his fans an incredibly wrong history lesson Friday, saying that the Berlin Wall was created by Nazi Germany and was proof of how “walls didn’t work for Nazis.”
    “So, you’re unaware of the fact that nazi Germany had a wall called the Berlin Wall that was torn down in 1991 in order to foster humanity and diversity? Walls didn’t work for Nazis so why build them here? Build bridges not walls Nazi lover,” Talib Kweli said in response to another social media user.
    Of course, the Berlin Wall was erected not by Nazi Germany, but by socialist East Germany, which was under the occupation of the communist Soviet Union at the time.
    Also, unlike President Donald Trump’s proposed wall along the United States-Mexico border, the Berlin Wall was created to stop people from leaving East Germany’s occupation to travel into free West Berlin.
    Talib Kweli’s social media posts are not only fact-deficient, they are often hate-filled and vitriolic. In 2016, the “Get By” rapper attacked Breitbart News’ Jerome Hudson, repeatedly disparaging him with the racial slur “coon.”
    Twitter, despite their strict enforcement of rules when it comes to conservatives, took no action despite Kweli repeatedly racially abusing people on the platform over political disagreements.
    https://www.breitbart.com/entertainm...VokqrTNjHxDvXM



    Anziana ebrea insultata da gilet gialli
    'Sono stata deportata, smettetela'. In tre ridendo, 'vattene'
    Tre gilet gialli hanno aggredito verbalmente, con slogan e gesti antisemiti, un'anziana signora ebrea ieri sera nella metropolitana di Parigi, mentre rientravano dalle manifestazioni di protesta. Lo ha raccontato in una serie di tweet un giornalista di 20 minutes, Thibaut Chevillard, che ha assistito alla scena. Stamattina la polizia regionale dei trasporti ha aperto un'inchiesta per identificare i tre aggressori. Secondo il racconto del giornalista, i tre uomini, vestiti bene, sulla quarantina, urlavano a bordo di un vagone: "Macron démission!", facendo il "gesto della quenelle", gesto ritenuto antisemita e di ispirazione nazista.
    Anziana ebrea insultata da gilet gialli - Europa - ANSA.it

    Quenelle, cos'è e cosa significa
    GIOIA REFFO
    Per Le Monde è una rivisitazione del saluto nazista. Per il suo inventore, il comico francese Dieudonné, è «un simbolo di disobbedienza al sistema». Per altri ancora è semplicemente una moda che circola sul web.
    L'unica certezza è che la quenelle (letteralmente: «polpetta») al centro della polemica in Francia non è una pietanza tipica dell'haute cuisine parigina.
    DA PARKER AD ANELKA. Allungare il braccio destro verso il basso, mentre si appoggia la mano sinistra sulla spalla destra con il palmo aperto e le dita tese è diventato ormai un gesto comune nel Paese transalpino. Tanto da essere ripreso da personaggi famosi come il giocatore di pallacanestro Tony Parker, l'ex presidente del Fronte Nazionale Jean-Marie Le Pen (che postò una una foto su Facebook), il calciatore del Montpellier Mathieu Deplagne.
    Il problema di fondo è che il movimento del braccio che spopola sui social ha un significato anche politico, secondo alcuni esplicitamente antisemita. Dieudonné lo utilizzò per la prima volta sui manifesti diffusi in occasione delle elezioni europee del 2009 quando presentò una lista antisionista con Alain Soral, ex dirigente del Front National conosciuto per le sue teorie del complotto e per le posizioni radicali contro il femminismo, gli omosessuali e gli ebrei.
    All’epoca delle europee, Dieudonné disse al quotidiano Libération di essere molto felice «all’idea di trascinare la quenelle nel culo del sionismo e contro quelli che stanno in alto». Più in generale l'umorista francese definì la polpetta «un simbolo di disobbedienza al sistema»: politica, finanza e media.
    IL COMICO ANTISIONISTA. Dieudonné è un personaggio controverso. Nel 2009 venne ricevuto dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, da cui disse di aver ricevuto finanziamenti per la sua «battaglia culturale contro il sionismo». «Abbiamo ricevuto un budget rilevante che ci consentirà di fare film all'altezza di quelli di Hollywood, il braccio armato della cultura sionista», dichiarò allora Dieudonné durante una conferenza stampa nel suo teatro parigino della Main d'Or.
    Nel 2011 durante la guerra civile in Libia, andò a Tripoli per incontrare Muammar Gheddafi e portargli il suo sostegno contro «l’aggressione dell’occidente». Dieudonné è stato condannato più volte per incitazione all’odio, offese razziste e dichiarazioni antisemite.
    L'ultima polemica risale a venerdì 27 dicembre quando il comico si è scagliato contro un giornalista di Radio France che lo aveva criticato. «Quando ascolto Patrick Cohen mi dico: le camere a gas, peccato!».
    La prima foto in Rete? Due soldati francesi davanti alla sinagoga
    La quenelle ha attecchito in particolar modo negli ambienti militari. La prima fotografia circolata sul web ritraeva due soldati imitare il gesto fuori dalla sinagoga di Parigi Beth David, dove erano di guardia. I due militari furono sollevati dall'incarico e messi sotto punizione «esemplare», ma il fenomeno non si arrestò.
    Dopo la loro foto altre fecero il giro della Rete, prontamente riprese dai siti antisionisti francesi. A Parigi c'è già chi si è mobilitato per vietare con una legge il gesto sotto accusa. In particolare, il ministro dell'Interno ha detto di voler reagire in modo fermo alle «provocazioni» antisemite del comico che non «conosce il limite».
    https://www.lettera43.it/it/articoli...nifica/107068/






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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    I Fantasmi dei Natali Passati
    Ci sono un paio di luoghi comuni sulla stagione del Natale che porta più significato di quanto potremmo pensare, tipo : “Natale è per i bambini” e “Natale mi fa sentire come un bambino.”
    La prima si riferisce ad una certa innocenza, c’e’ una sottile invidia guardando i nostri figli che sembrano credere davvero a Santa Claus, una magia, e il mondo delle fate, che istintivamente amano ed animano il Natale. Per noi, il Natale è diventato costoso o poco costoso: le feste e gli orari da puntare. . . il compito per l’acquisto di regali che saranno presto dimenticati, o eliminati, o ri-donati. . .l’arrancare in orribili centri commerciali. . . “Diventare di nuovo un bambino,” almeno per una volta, come se fosse la nostra redenzione.
    Ed è una sensazione molto reale. Entrare nel mondo degli adulti è, tra le altre cose, entrare in un mondo che sta andando avanti incessantemente. Le nostre vite sono definite da progetti, obiettivi, risultati, scadenze, etc. Il Natale, d’altra parte, è un eterno ritorno, un ciclo naturale che ci dà una tregua dal pensiero lineare e di pianificazione, una pausa nella guerra dell’ esistenza affrontata dai nostri esseri.
    Sperimentiamo questo ritorno non solo attraverso la stessa stagione (quando le notti diventano lunghe e fredde), ma anche attraverso il rituale. Il rituale è qualcosa che la gente moderna, anche i cristiani devoti, e’ troppo pronto a respingere. Il rituale è, pensiamo, un superfluo, persino imbarazzante, residuo di qualcosa di irrazionale, di qualcosa che ci apparteneva molto tempo fa. Ma il rituale è, tra le altre cose, un modo in cui possiamo affrontare fisicamente l’esperienza di essere-nel-mondo ed il nostro passato. Ricordiamo attraverso il nostro corpo e i nostri sensi tanto quanto attraverso le nostre menti, come quando si visita il nostro vecchio liceo e soffia un certo odore del muschio che richiama l’intera esperienza. Ogni Natale, facciamo le stesse cose più e più volte: bere le stesse bevande, appendere le stesse decorazioni, ascoltare la stessa musica, o vedere gli stessi film. In rievocazione, siamo trasportati indietro a una serie di momenti in precedenza nella nostra vita. Cerchiamo di ridiventare “bambini”, per quanto rimaniamo in panne , perduti nel tempo al tintinnare di un orologio alla rovescia.
    Queste esperienze di memoria sono per lo più da flash-cartolina. Ogni vigilia di Natale, per esempio, l’ossevare le luci sull’albero e il cielo troppo buio, riviviamo l’attesa avida di un Babbo Natale. Un altro flash, che è ancora abbastanza vivace, viene da sette o otto anni, mentre giacevo a letto con la sensazione reale di un senso di colpa e turbamento interiore volendo credere a Babbo Natale, ma incominciando a percepire di non essere più in grado di farlo. Annusando un vino caldo speziato, “Glühwein”, mi sono ricordato di vagare per le strade di Vienna nel mese di Dicembre come un giovane di 20 anni, ascoltando i suoni del mercato di Natale in lontananza e non avendo la minima idea di cosa fare con la mia vita.
    “Lo zabaione” o il vostro preferito “maglione di Natale” potrebbero sembrare battute ricorrenti. Ma nei loro modi, tutto questo svolge una funzione di grande rito. E questo aspetto del Natale vale non solo per la nostra vita personale, ma per il nostro popolo e pure per la nostra civiltà. Siamo diventati così abituati ai rituali e al Natale, così abituati a loro sotto forma di kitsch che ci dimentichiamo quanto in profondità ci portano nella storia della nostra razza. . . molto più profondo di ciò che questa vacanza vale nell’essere festeggiata. I riti attraverso i quali capire noi stessi sono fondamentalmente “Pagani” sia nella sostanza che nella forma.
    Nel suo famoso libro The Germanization of Early Medieval Christianity, James Russell scrisse di una “doppia conversione” che si è verificata quando la Chiesa primitiva iniziò a diffondersi al di là del Mediterraneo e del Vicino Oriente e cercò di portare “i tedeschi” (vale a dire, le tribù del nord Europa) nel popolo cristiano. Al momento, questi europei praticavano quello che oggi è definito come Paganesimo Germanico, una costellazione di miti, divinità e simboli che era, allo stesso tempo, incentrato sulla tribù e sulla famiglia e anche condivisa da uomini bianchi in tutto il continente. Gli europei hanno, alla fine, professato il cristianesimo, ma la vera “conversione” è stata quella del cristianesimo stesso dentro i flussi pagani europei.
    Questo processo è avvenuto a vari livelli culturali, dall’immagine europeizzata e la concezione di Cristo, a nozioni di sovranità. Il mix di costumi celtici, germanici e scandinavi, che definiscono il “Natale” è una metafora di questa storia. Il Natale rimane più radicalmente pagano di tutte le altre vacanze, se abbiamo gli occhi per vederlo. Questo inizia con il giorno stesso. In nessuna parte della Bibbia appare il 25 dicembre come la data di nascita di Gesù Cristo. (Se i pastori stavano assistendo i loro greggi di notte (Luca 2: 8). Poi Gesù sarebbe nato in primavera). Il 25 dicembre è stato, tuttavia, ben noto come il compleanno del Sol Invictus, il Dio del Sole che è stato frequentato più tardi da vari imperatori, tra cui Costantino. Il 25 era il c.d. Dies Natalis Solis Invicti, quando, dopo il solstizio d’inverno, l’arco del sole attraverso il cielo comincia a salire di nuovo. Il famoso gioco di parole letterario di “Figlio”(son) e “Sun”, che funziona attraverso lingue germaniche, è stata una vera e propria esperienza dei nostri antenati.
    Pensare i significati di cose che diamo per scontate si possono sbloccare davanti ai nostri occhi: il sempreverde (il ciclo di vita senza fine). . . il ceppo natalizio (il festival del fuoco). . . baciarsi sotto il vischio (la pianta sacra di Frigg, Dea dell’amore, della fertilità, e della famiglia). . . e, naturalmente, Santa. “San Nick” è solo lontanamente legato a San Nicola, un Padre della Chiesa al Concilio di Nicea la cui festa cade il sei Dicembre. Il personaggio di Babbo Natale è molto più di una fusione di vari Dèi germanici e di arcani personaggi. Più importante di tutti i precedenti è il Dio principale, Odino o Wotan, che ci guarda da fuori dietro molte maschere, dagli storici di Babbo Natale a Nonno Gelo, il Dio slavo, per l’uomo jolly grasso promosso dalla Coca Cola. Odino è il Dio Vagabondo che viene dal Nord, un Dio della guerra, ma un Dio-Uomo-Nonno che consegna doni ai bambini durante Natale, un uomo-Dio appeso morente ad un albero e rinato come immortale. Ai Comandi di Odino lo Sleipnir, il cavallo con otto gambe, che, nella traduzione del mito contemporaneo, è diventato “otto renne”.
    L’anno scorso, a FOX News c’era ospite Megyn Kelly che è stata sonoramente ridicolizzata e condannata dopo aver dichiarato alla televisione nazionale che “Babbo Natale è bianco” (insieme a Gesù). Kelly lo ha affermato in risposta a un blogger afro-americano che sosteneva follie varie come ulteriori rappresentazioni multirazziali di Babbo Natale.
    Coloro che lamentano la “guerra al Natale” raramente individuano cosa esattamente si sta combattendo. Senza dubbio, c’è una élite negli Stati Uniti e in Europa che ha disprezzo per la fede cristiana. Ma questo sforzo non ha portato ad alcun calo delle feste pubbliche e all’allegria per le vacanze. Il sogno bolscevico o puritano del “divieto al Natale” a favore di grigio su grigio o di una de-paganizzazione cristiana ha pochi sostenitori e poche possibilità di materializzarsi. Nella mia vita, il periodo natalizio è cresciuto notevolmente più a lungo e le feste pubbliche e private, più elaborate e intense. A dire il vero, molte di queste hanno a che fare con il fatto che l’economia post-industriale, l’economia guida dei consumatori dell’America e dell’ Europa dipende dal rimpinzarsi di cibo alla fine dell’ anno. Ma ho anche la sensazione che qualcosa di più grande è in atto, che in una società multietnica e multiculturale, il Natale, accanto a film di azione o altro, è uno dei pochi riti collettivi condivisi da tutti noi.
    Il Natale è scristianizzato, il risultato non solo di liberali altezzosi ma del graduale declino della fede in tutta la popolazione nel suo complesso. Ciò che rimane, però, sono i costumi e i rituali di Natale germanici, celti e slavi. Questi potrebbero sono decisamente europei e distintamente i nostri. E sono un punto di partenza per diventare, ancora una volta, chi siamo.
    Nel piccolo centro di sci in cui spendo gli inverni, ogni vigilia di Natale, tutti vanno alla base della montagna e guardano gli sciatori scendere le piste di notte con torce fiammeggianti creando una magnifica esposizione di luci. Alla fine della sfilata arriva Babbo Natale, illuminato come un Dio.
    Quando celebriamo il Natale, diventiamo ancora pagani.
    Per il momento, però, non sappiamo quello che facciamo, la nostra progenie bianca europea possiede antiche memorie nel proprio Dna, e queste memorie lottano contro un continuo e perpetuo lavaggio del cervello perpetrato da razze non europee, ne’ cristiane , ne’ pagane.
    Un giorno la nostra razza si svegliera’ di nuovo, o se non dovesse svegliarsi, morira’ chissa’ come, amaramente o dolcemente, in un sonno senza piu’ sogni.
    https://wotansvolk.com/2015/12/25/i-...ali/#more-5051

    Professors warn: German welcome culture is over, people focus on resistance and national identity
    Two professors have warned for the future as more Germans are ‘radicalising’ and the welcome culture is over.
    The professors made their statement after the vehicular attacks on migrants in Bottrop and Essen on New Year’s Day by a radicalised German citizen.
    Professor in criminology Hans-Dieter Schwind warned that “the welcome culture in Germany is over”. According to Schwind the attack, that injured eight people, can be ‘related’ to the fact that Germans see migration increasingly as a threat.
    “People are seething, and then suddenly there is an outbreak” the criminologist says.
    Schwind himself had expected such a case much earlier. Amok rides like those in Bottrop and the attacks on refugee shelters in recent months are just the extreme tip of a more general development and he worries that this will continue.
    Professor Andreas Zick, a conflict and violence researcher, says that people from the middle of society are increasingly radicalised. People who previously had no connection to right-wing extremist ideology.
    “There is a growing mood in the population that speaks of national identity, resistance and control that you need to take back into your own hands” he says.
    https://voiceofeurope.com/2019/01/pr...PYda70.twitter

    Finestra sul mondo: Germania, polizia indaga su “milizia cittadina” di estrema destra ad Amberg
    Berlino, 04 gen 11:12 - (Agenzia Nova) - La polizia tedesca sta indagando su una presunta “milizia cittadina” di estrema destra ad Amberg, in Baviera. Lo riferisce il settimanale tedesco “Die Zeit”, ricordando che ad Amberg, il 29 dicembre scorso, un gruppo di giovani richiedenti asilo ubriachi ha aggredito e ferito 12 persone. Per la maggior parte, le lesioni sono state lievi, ma l'episodio avrebbe portato alla mobilitazione dell'estrema destra che avrebbe organizzato pattuglie di vigilanti contro gli immigrati. “La polizia rifiuta nel modo più assoluto ogni area fuori legge o zona di protezione che sia causa di timori per la popolazione”, ha detto un portavoce della polizia tedesca a “Die Zeit”. Il sindaco di Amberg, Michael Cerny, ha reso noto che nella città “sono state osservate delle ronde” dopo le violenze compiute dai richiedenti asilo. Cerny ha inoltre rivelato di aver ricevuto delle e-mail in cui veniva avvertito che delle ronde sarebbero state inviate ad Amberg. Tuttavia, Cerny non ha voluto rivelare il mittente della posta elettronica, che ha trasmesso alla polizia.
    Per “Die Zeit”, la “milizia cittadina” di Amberg potrebbe essere formata dal Partito nazionaldemocratico tedesco (NpD), gruppo di estrema destra. Secondo l'Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bfv, i servizi segreti interni della Germania) il programma dell'NpD è “manifestamente vicino a quello del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedesco” di Adolf Hitler. Recentemente, sono state diffuse sui siti dell'NpD fotografie e filmati che mostrano membri del partito nelle strade di diverse città tedesche con indosso giubotti rossi con la scritta “Creazione zone di protezione”. Secondo “Die Zeit”, si tratta di “un'allusione alle Staffette di protezione”, ossia le SS naziste. “Normalmente, i membri dell'NpD indossano questi giubotti per attività di propaganda, non per compiere delle ronde”, scrive “Die Zeit”. Tuttavia, a causa dei timori per il massiccio afflusso di rifugiati e immigrati registrato in Germania negli ultimi anni, nel paese si diffonde il timore per gli immigrati.
    https://www.agenzianova.com/a/0/2247...stra-ad-amberg


  7. #847
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Brilliant Ann Coulter wrecks Norwegian journalist: “Mass migration will end all cultures”
    Ann Coulter shocked both the audience and Fredrik Skavlan when she said things that few Swedish writers would dare say on TV (Scroll down to see the video).
    It works better if cultures stay in their own countries, that is genuine diversity as apposed to one blend.
    It didn’t go well when Fredrik Skavlan tried to do a critical interview with Ann Coulter in Friday’s episode of the SVT and NRK (both public service channels) initiative “Skavlan”.
    She was outspoken to say the least, and did not mince her words about feminism and immigration when she appeared on SVT prime time on Friday.
    Maybe Skavlan should have thought twice before he invited the conservative speaker and writer to his well-known show.
    Coulter, known for her support for Donald Trump, talked, among other things, about the negative consequences of immigration, which she argued drives down wages for Americans, especially the poor.
    “For 50 years, we have brought in immigrants from the third world. And whose wages are they driving down? The wages of the poorest.”, she said.
    The editors on SVT must have torn their hair out when Skavlan then asked her if she is a feminist.
    “Oh gosh, no. I don’t know what it means in Europe, but in the US it tends to mean that you’re an angry man-hating lesbian.”, she stated.
    After a brief silence, and a resentful reaction from the audience, a stunned Skavlan replied “Well, it doesn’t does it?”
    “It does!” Coulter confirmed.
    She was also openly critical of the fact that women have the right to vote because, according to her, it has not proved to be good for society.
    “This is very interesting,” said an even more perplexed Skavlan.
    She also likened Donald Trump to a necessary “cancer treatment” that could destroy mainstream media, and then let real, more ethical journalism emerge and replace it.
    At the same time, however, she said she was disappointed that the American president didn’t keep all his promises, like building the US-Mexico border wall and pulling back all troops from Afghanistan.
    At the end of the program, Skavlan stated that her thoughts on immigration are “strange” to Europeans and Scandinavians. Coulter then pointed out that mass immigration will ultimately lead to the disappearance of the peoples and cultures of the world and that everyone will look alike.
    “You wouldn’t last 5 minutes in Sweden”, Skavlan told her out of the blue. It is unclear what he meant by that, and it is also unclear why the audience applauded his statement.
    He’s right, though. Beautiful, blonde outspoken women who refuse to cover themselves in hijabs, niqabs or burkas are anything but safe in Sweden these days.
    She ignored his comment and continued; “It works better if cultures stay in their own countries, that is genuine diversity as apposed to one blend”, she said.
    “You want to end all cultures”, she told Skavlan, who denied that it is what he wants.
    When Skavlan argued that the US “is all about immigration,” Coulter replied that he is wrong, and that the country is a former British colony built on freedom and nothing else.
    In summary, Skavlan tried to put Coulter on the spot and failed miserably. Coulter was excellent as always, and proved very clearly that the highly biased mainstream media (especially public service) needs to go and be replaced by real, fact based and truthful journalism.
    https://voiceofeurope.com/2018/10/br...-all-cultures/



    "Troppo scura, troppo africana" Gli insulti social a Miss Algeria
    Razzismo sulla reginetta originaria del Sud del Paese
    Gaia Cesare
    Pelle scura, troppo scura per indossare la corona di Miss Algeria, è l'accusa che le rivolgono gli scettici del suo stesso Paese.
    Così da qualche giorno Khadidja Benhamou, 26 anni, è la prova vivente - se ce ne fosse ancora bisogno - che il razzismo non ha confini perché c'è sempre qualcuno più a Sud di te.
    Incoronata venerdì scorso reginetta del 2019, simbolo e sintesi della bellezza del Paese nord-africano, Khadidja da giorni viene sbeffeggiata per il colore della sua pelle, più scuro di quello di gran parte dei suoi connazionali ed espressione degli abitanti del Sud dell'Algeria desertica, la regione meridionale dell'Adrar, al confine con il Mali, da cui Khadidja proviene. «È un mix tra Ronaldinho e Biyouna (attrice algerina) - è uno dei commenti apparsi sul web - Non rappresenta certo il nostro Paese». «Miss Algeria? Sembra James Brown», scrive qualcun altro.
    Capelli ricci, Khadidja - che di mestiere finora ha fatto la hostess d'albergo - ha scatenato parecchi insulti e un dibattito sul colore della pelle e sulle forme più adeguate a interpretare la bellezza maghrebina. «Troppo africane» le sue, cioè troppo prorompenti secondo chi considera la scelta di incoronarla non aderente ai canoni della bellezza algerina. «È la prima nera a essere eletta Miss Algeria, per questo viene linciata sui social network» replica indignato il sito Observalgérie, in prima linea contro il «razzismo banalizzato della società algerina che fissa il colore della pelle come canone di bellezza». Qualcuno fa notare che la giovane ha la pelle leggermente più scura dei suoi connazionali del Nord, espressione delle sue origini e nulla di più. «Un simbolo di diversità», dice chi immagina il concorso come occasione per lanciare messaggi di apertura e inclusione. «Il nostro Paese assomiglia a un mosaico, pieno di colori e in cui ogni regione ha il suo fascino. Questa giovane rappresenta il sud algerino con la sua bellezza originale», la difendono gli estimatori.
    L'accanimento contro la connazionale del Sud del Paese è la cartina al tornasole di un razzismo dilagante denunciato da diverse organizzazioni che in questi anni hanno puntato il dito contro l'intolleranza crescente nei confronti degli africani subsahariani. Secondo uno studio del franco-algerino Jihad Bilal, datato 2016 ma molto controverso al punto da non essere stato diffuso nel Paese, l'Algeria sarebbe la nazione più razzista al mondo. Il 75% degli intervistati ha ammesso di avere idee razziste o molte estreme, il Paese non accoglie migranti «a causa del rischio di infiltrazioni africane» e il 91% degli algerini chiede l'espulsione immediata dei neri, che non raggiungono quota 100mila.
    "Troppo scura, troppo africana" Gli insulti social a Miss Algeria

    "Cacciati i neri dalla spiaggia". Proteste a Città del Capo, finite col sacrificio di una pecora
    Si sono registrate tensioni razziali in Sudafrica dove una compagnia di sicurezza privata è stata accusata di aver cacciato i neri da una delle spiagge più pittoresche di Città del Capo. Per protesta, centinaia di attivisti hanno manifestato sulla spiaggia. In realtà l'azienda ha chiarito di aver agito solo per proteggere i residenti dal crimine.
    Spiagge e altre aree pubbliche erano separate per bianchi e neri durante l'era dell'apartheid. Nella querelle è intervenuto anche il sindaco di Città del Capo, Dan Plato, sostenendo che l'agenzia "non ha il potere di chiedere a nessuno di lasciare la spiaggia di Clifton".
    I manifestanti hanno anche sacrificato sulla spiaggia una pecora in una speciale di rituale per 'ripulire' l'area dal razzismo e questo ha scatenato le proteste degli animalisti.
    https://www.agi.it/estero/sudafrica_...ws/2018-12-29/

    SCUOLA VIETA CANZONE PERCHÉ PROF STRANIERA OFFESA
    Un’insegnante straniera della Copenhagen Business School (CBS) ha vietato una canzone tipica danese perché offesa dal testo. Ha detto di sentirsi “non inclusa” nella canzone.
    Il titolo della canzone è “La canzone danese è una ragazza bionda”, un coro che parla della bellezza e l’anima della Danimarca e dei danesi. Che generalmente tendono ad essere biondi.
    La scuola si è scusata con l’insegnante, spiegando che non sarebbe stata più cantata a scuola e ha ringraziato l’insegnante per la sua vigilanza.
    Ma quando il tutto è diventato di dominio pubblico, si è ovviamente scatenata la giusta polemica.
    https://voxnews.info/2018/12/23/scuo...aniera-offesa/

    BREAKING NEWS, CENSURA
    PRADA RITIRA LE SCIMMIETTE: TROPPO REALISTICHE
    Il marchio “luxury” Prada è stato accusato di razzismo su Twitter da tal Chinyere Ezie, avvocato americano per i ‘diritti civili’ per avere messo in vendita la collezione “Pradamalia”, con creature fantastiche di ispirazione animale. La “creatura fantastica” oggetto della polemica è una statuina di colore nero con grosse labbra rosse. Secondo la Ezie sarebbe incredibilmente somigliante al protagonista del cartoon “Little Black Sambo” del 1935, ovvero a un bambino afroamericano ritratto seguendo i caratteri stereotipici della popolazione africana, ricorrenti nella cultura popolare degli Stati Uniti.
    La verità vi renderà liberi. Ma vi metterà nei guai.
    Ormai il politicamente corretto e l’antirazzismo sono una minaccia alla creatività.
    https://voxnews.info/2018/12/19/prad...o-realistiche/

    KOULIBALY, UN MILIONARIO VITTIMA DI RAZZISMO
    Ivan Zazzaroni

    @Zazzatweet
    Ululati razzisti nei confronti di #Koulibaly, fischi alla segnalazione dell’altoparlante sul rischio sospensione se gli ululati dovessero proseguire.
    È il boxing day dei cervelli, le rimanenze nella scatola. #InterNapoli
    Qualcuno ci spieghi la ratio del perché una partita andrebbe sospesa se qualcuno ulula o fischia un nero, mentre no se chiama cornuto l’arbitro o fischia e offende in tutti i modi un giocatore bianco.
    E’ priva di senso. Accampare l’essere vittima di razzismo quando si è il difensore più pagato della serie A e si guadagna più di tutti quelli che ti ululano messi insieme è puerile. Quasi comico. Sei pagato anche per farti mandare affanculo dallo stadio.
    Come è comico chiedere la sospensione di una partita: il problema è che il mondo è popolato di signorine ipersensibili che non tollerano più alcunché.
    https://voxnews.info/2018/12/27/koul...a-di-razzismo/

    «Io sono Koulibaly» con la scimmia,
    gli auguri razzisti degli ultrà di Verona
    Il razzismo corre sul web, come sempre di questi tempi. Nel biglietto d'auguri diffuso dagli ultrà dell'Hellas Verona, c'è una scimmia con la scritta: «Io sono Kulibaly». Più in basso, in dorato, gli auguri di buon 2019.
    https://sport.ilmattino.it/sscnapoli...y-4202685.html


  8. #848
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    THOR
    di Elsie Christensen
    Secondo la leggenda Thor, Dio del tuono, fu il primo figlio di Wotan; sua madre era la gigantessa Jord, che è la parola scandinava per terra; è quindi conosciuta anche come Eartha o Erda.
    Da bambino Thor crebbe rapidamente in stazza e forza, e ben presto fu in grado di gestire cose di grande peso con facilità stupefacente. Era di solito di buon umore, ma poteva occasionalmente passare a una rabbia terribile. Sua madre lo mandò quindi a essere curato da Vingnir (Alato) e Hora (Calore), che insieme erano considerati la personificazione del fulmine; essi riuscirono a far crescere saggiamente il loro figlio adottivo e Thor voleva loro molto bene; in loro onore assunse i nomi Vingthor e Hlorridi, con il primo che è il più conosciuto.
    Quando crebbe tornò ad Asgard e prese il suo posto tra gli Aesir al Consiglio, ma non gli fu mai permesso di usare il ponte Bifrost poiché si temeva che il calore della sua presenza lo desse alle fiamme; così doveva guadare i fiumi Kormt e Ormt per partecipare alle riunioni, quando gli dèi tenevano il Consiglio al pozzo di Urd.
    Thor aveva tre possedimenti magici; il più noto è il martello, Mjollnir (‘il distruttore’), che egli scaglia contro i suoi nemici e che ha la meravigliosa proprietà di tornare sempre alla sua mano, indipendentemente da quanto lontano lo getti. Il martello di Thor era considerato sacro e gli antichi di solito facevano il segno del martello prima di un evento importante, nelle cerimonie e in altre occasioni del genere. Quando i missionari cristiani costrinsero i nostri antenati ad accettare il loro credo straniero, non furono in grado di persuadere il popolo a smettere di usare il segno del martello, così gli astuti emissari di Roma dovettero appropriarsene, e l’antico segno sacro da allora è stato usato dalla Chiesa come quello che chiamano il Segno della Croce.
    Dal momento che il martello divenne anche l’emblema del fulmine e quindi rovente, il secondo possedimento magico di Thor era un guanto di ferro chiamato Iarn-greipir (presa di ferro) con cui afferrare il martello quando tornava a lui dopo aver abbattuto un nemico.
    Il suo terzo possedimento importante era la sua cintura magica, Megin-Giord; grazie a quella poteva lanciare il martello a qualsiasi distanza contro le forze del male.
    Il rombo associato a un fulmine deriva dal rumore fatto quando Thor guida attraverso il cielo il suo carro trainato da due capre Tann-gniostr (Schiaccia-denti) e Tann-gnister (Strizza-denti)
    Thor si sposò due volte. La sua prima moglie fu la gigantessa Iarnsaxa (Ascia di Ferro) da cui ebbe due figli Magni (Forza) e Modi (Coraggio), che sono destinati a sopravvivere alla battaglia del Ragnarok. Conservando il martello del padre, faranno parte della nuova generazione di dèi nel prossimo mondo. La seconda moglie di Thor fu Sif dai capelli d’oro, dalla quale ebbe altri due figli.
    Molte sono le storie narrate sulla grande forza di Thor, le sue lotte contro i giganti e i suoi molti viaggi. Sembra che esistessero due tipi di giganti, uno che rappresenta tutte le forze del male che gli Aesir, e soprattutto Thor, costantemente combattevano, e un altro che le leggende descrivono in modo molto più amichevole. La linea di demarcazione può essere in base ai sessi poiché sembra che di solito i giganti maschili fossero quelli cattivi mentre almeno alcune delle gigantesse sono descritte come belle; e sappiamo che non solo Wotan, ma anche molti degli altri dèi sposarono alcune di queste bellezze. Suggeriamo che questo possa essere un lascito dei periodi più precoci in cui i sentimenti religiosi erano incentrati su Deità femminili come Dèe di fertilità che anche nel periodo del Wotanismo erano viste come “buone” per poi essere trasformate in streghe, principalmente personificate da donne anziane braccate così inesorabilmente dalla Chiesa.
    Che Thor avesse forti legami con la razza gigante è evidente, non solo attraverso sua madre Erda ma anche attraverso la sua nonna paterna, Bestla. In Scandinavia era conosciuto come ‘Vecchio Thor’, indicando che originariamente apparteneva al vecchio Pantheon di divinità della fertilità comunemente onorato prima che Wotan divenisse il Dio principale e la maggiore spinta della religione si spostasse sull’ambito guerriero. Sappiamo che Wotan non fu il primo padre-cielo; è generalmente pensato che quello fosse Tyr.
    La grande forza di Thor, il suo corpo possente e l’aspetto generale, portano alla mente anche la descrizione dei giganti, anche se lui, naturalmente, è raffigurato come dalla testa rossa, muscoloso e bello.
    Essendo il Dio del tuono visto anche come sovrano del clima, soprattutto la pioggia necessaria per fruttificare la terra, divenne così il patrono dei thrall e degli altri membri delle classi inferiori che lavoravano i campi. La sua casa era Thrudvang (Campo di forza), dove aveva costruito il suo magnifico Palazzo Bilskirnir (Fulmine), che ha 540 sale per ospitare i thrall quando muoiono, e dove sono trattati come i loro padroni nel Valhalla. Tuttavia, ci sono forti indicazioni che questa storia si basi su una traduzione errata; noi crediamo che come il Dio principale Wotan era il patrono degli Jarl, così Thor, secondo solo a Wotan, era il patrono di quegli Jarl che erano agricoltori liberi e Yeoman, e che il riferimento al buon trattamento che ottenevano nelle sue numerose splendide sale debba essere visto come un’espressione del fatto che, sebbene gli eroi guerrieri fossero necessari per proteggere la terra e la tribù, gli agricoltori erano importanti per la comunità e l’intera comunità era strettamente legata al suolo; ricorda anche di un precedente collegamento con una società agricola.
    Ancora un altro collegamento fra Thor e i più antichi dèi di fertilità può essere visto in quanto il mese di Yule era (è) sacro a lui ma anche a Frey, che conosciamo appartenere ai più vecchi dèi della fertilità, i Vanir; entrambi erano onorati alla rinascita del sole con la sua promessa ricorrente di nuova vita nel fienile e nel campo.
    Nel Ragnarok, Thor combatte potentemente contro il serpente di Midgard, il mostro che circonda il mondo con le sue spire malvagie. Lo uccide, ma in tal modo egli stesso è abbattuto dal suo alito velenoso.
    In alcune aree come la Norvegia e la Svezia, Thor era venerato anche più di Wotan, ed è amato da tutti i Wotanisti per il suo coraggio e il suo valore, nonché per la sua fedeltà verso gli dèi e gli uomini.
    https://vidofnir14.com/2019/01/14/thor/



    La via iniziatica delle Rune e l’Aristocrazia dello Spirito
    L’argomento “Rune”, per chi se ne interessa, risulta essere oggi quanto mai un campo minato e un ambito di studio fortemente contaminato. Questo perché chiaramente, come tutto ciò che riguarda il “sacro”, in questa parte finale del Kali-Yuga è soggetto a delegittimazione, con il chiaro intento di relegare al ruolo di articolo da mercatino dell’usato tutto ciò che è per sua natura strumento di connessione tra Uomo e Divinità.
    Ma partiamo dall’inizio. Considerando che un semplice articolo non può certo essere esaustivo, è quanto meno doveroso dare almeno delle indicazioni di base. Le Rune sono un antico sistema di scrittura nordico dall’origine alquanto misteriosa. Si presentano come delle lettere/simboli molto semplici, tracciati con brevi segmenti che si intersecano in vario modo, per facilitarne l’eventuale pratica di incisione su materiali come legno, osso, pietra e infine metallo. In uso principalmente presso i popoli germanici e scandinavi, la genesi di questo particolarissimo alfabeto è tutt’ora motivo di dibattito per gli studiosi contemporanei. Si discute moltissimo sulla possibile contaminazione dei simboli grafici da parte di alfabeti minoici (lineare B) e veneti. Ma, aldilà di tutto, il fascino millenario che operano sull’uomo questi antichi simboli, sta nel fatto che in realtà in ogni Runa si nascondono almeno tre livelli di con-penetrazione:
    – il glifo, che riguarda la forma, come si presenta esteticamente, ha a che fare con il piano materiale;
    – la fonetica, ossia il suono al quale è collegata la runa che riguarda la magia della vocalizzazione, nonché il cosiddetto “suono delle sfere celesti”, si introduce sul piano mentale/cosmico;
    – infine abbiamo il contenuto, il senso ultimo, il significato dietro al simbolo che si riallaccia direttamente alle forze e alle energie che governano l’Esistenza. Facendo un paragone azzardato, potremmo dire che ogni Runa si riconnette ad un Archetipo.
    Qui chiaramente ci troviamo nel piano spirituale/metafisico. Tanto per fare un esempio, la runa X (il suo nome è Ghebo/Geofu) nella scrittura viene utilizzata come lettera G, in alcuni casi può essere utilizzata per rappresentare l’idea di casa/tana/rifugio sicuro, ma esprime il concetto di base sul quale si regge tutta la cultura e la mistica dei popoli nordeuropei: il “dono”. O meglio, il “dono di sé” e l’assunto “un dono per un dono”. Ma non proseguiamo oltre in questo tipo di esposizione, poiché l’intento di questo nostro scritto è di tutt’altra natura. Veniamo dunque al cuore della questione.
    La Tradizione afferma: “La Conoscenza si trasmette in Silenzio, non attraverso il Silenzio”. Cosa vuol dire? Per tentare di comprendere a fondo tale affermazione, può essere d’aiuto ragionare sul significato e l’etimologia della parola “Runa”. Essa deriva da una radice protoindoeuropea che è “Run” (in alcuni casi si considera anche la forma “Reu”). Questa radice è strettamente legata alla magia del respiro e della fonetica (la capacità dell’essere umano di articolare suoni atti alla comunicazione, attraverso la modulazione dell’aria e del respiro, che possono essere riportati in lettere) ed è quindi connessa a termini come: MORMORARE – BISBIGLIARE – SEGRETO.
    In più, in tutte le antiche lingue nordeuropee di derivazione indoeuropea, la parola “Runa” significa MISTERO – SEGRETO. Questo è valido per il norreno, il tedesco, l’islandese, lo svizzero, il gaelico, il gallese, il sassone, e via dicendo. Quindi, in una certa misura, è come se già nel nome stesso, le Rune si portassero dietro la loro funzione e il loro destino. Alcune sfumature della parola “Runa” in queste lingue espletano il significato di: SUSSURRARE – CONVERSAZIONE SEGRETA.
    Questi due concetti sono importantissimi e fondamentali nella mitologia nordica, perché rimandano al destino e alla sopravvivenza dell’umanità e degli dei. Infatti alla fine del Ragnarok (e quindi alla fine del computo del tempo stabilito per questo ciclo), dopo che il gigante Surtr avrà incendiato tutto il mondo, sopravvivranno all’ombra di un bosco sacro un uomo e una donna e i figli di Odino e Thor. Questi ritroveranno nell’erba gli scacchi d’oro degli Asi (simbolo della necessità di ripristinare l’Ordine) e le Rune come strumento di accesso e comprensione delle eterne forze che governano l’Esistenza. Sarà proprio in quel momento che finalmente Baldr potrà tornare dall’Hel. Grazie a lui, che custodisce il segreto delle Rune, sarà possibile ripristinare la nuova Età dell’Oro. Infatti nel mito, quando il dio luminoso Baldr muore trafitto da un rametto di vischio, prima di incendiare la pira funebre, Odino, suo padre (che conosce il suo destino e la sua funzione nella prossima Era che verrà) gli sussurra nell’orecchio quei segreti così potenti che riguardano le Rune che non possono che essere bisbigliati sottovoce.
    Come potete vedere tutta questa serie di eventi e simboli sono strettamente connessi tra di loro, e hanno a che fare con il concetto che i segreti iniziatici e le leggi cosmiche dell’Esistenza, sono talmente preziosi che non vanno urlati al vento. Ma vanno appunto sussurrati con poesia, magia e delicatezza, nell’orecchio di chi è pronto a riceverli e a sacrificarsi per custodirli. Ci sono molti altri episodi riconducibili a ciò, non solo nella mitologia nordica, ma anche in altre tradizione che si riallacciano alla Tradizione primordiale iperborea.
    Tanto per dirne una, nel “Parzival” di Wolfram Von Eschenbach, quando il nostro cavaliere giunge in un eremo nascosto nelle viscere della foresta, riesce a sbloccare il suo peregrinare senza sosta alla ricerca del Graal, e a portarlo ad un livello superiore, solo quando durante la notte l’eremita Trevizrent che lo ospita nel suo umile rifugio, gli sussurra all’orecchio i segreti della via iniziatica e del Grall stesso. Proprio come fa Odino con suo figlio Baldr.
    Ma conduciamo i nostri passi ancora un pochino oltre. Come dicevamo all’inizio, se il pensiero che la New Age vuole far passare è che le Rune siano a portata di chiunque, o un articolo da mercatino dell’usato, o da esoterista improvvisato perché ha letto due righe su Wikipedia, il problema non è certo delle Rune. Andrebbe specificato bene a chi si avvicina alla Via del Nord che non c’è da aspettarsi frivole divinazioni, robetta da cialtroni, da druidi dell’ultimo minuto o venditori di fuffa.
    Quindi mettiamo in chiaro le cose: le Rune non sono per tutti. Non si tratta di supponenza, ma di aristocrazia. Una scuola spirituale è un sentiero che conduce in un bosco periglioso, denso di pericoli e di demoni e va percorso con nobiltà, come un antico cavaliere. Se in quella selva vi entrerà un uomo, all’altro termine dovrà uscirne un eroe.
    Ma giunti alla fine, se ne uscirà completamente trasformati. Forgiati. Le Rune sono una Via e in quanto tale esse richiedono dedizione totale, applicazione, sudore, fatica, disciplina, costanza, forza e coraggio. E infine generosità, poiché vogliono che gli venga donato tutto: il nostro tempo, la nostra passione, il nostro lavoro, la nostra esperienza e, infine, il sacrificio di noi stessi. Questo non è fast food. Non ci sono regali, non ci sono sconti e non si ottiene tutto e subito.
    Se lo stesso Odino per poterle conquistare ha dovuto sacrificare se stesso a se stesso, appendendosi per nove notti e nove giorni a Yggdrasill, sferzato dal vento, tormentato dalla sete e ferito costantemente dalla sua stessa lancia, come pretendiamo noi di comprendere la “scienza” runica in quattro e quattr’otto? Se non si capisce questo pilastro di base, il problema chiaramente è nell’umana idiozia contemporanea, nella mentalità e nel comportamento dell’uomo moderno, povero stolto. Non si può continuare a pensare che tutti possano avere accesso a tutto e lo sappiano fare e comprendere nello stesso modo. Mai nell’antichità si sarebbe prodotto un pensiero simile! E’ un pensiero idiota, perbenista e figlio di questa società moderna e deviata. Personalmente, per esempio, ho grossi problemi con l’idraulica, la matematica, nel cucinare le lasagne e ad utilizzare la tecnologia. Al contrario, sono molto bravo con gli impianti elettrici, con il legno, a stare da solo in silenzio e a cavarmela nel bosco o in montagna. Non siamo tutti uguali. Non tutti possiamo avere a che fare con le Rune. E’ questione di attitudini. Di sangue. Di appartenenza.
    Tornando a noi, avviamoci verso la conclusione del “sentiero” che abbiamo imboccato, con la consapevolezza che se continueremo a percorrerlo, esso ci condurrà verso la cima della montagna. Possiamo quindi in ultimo affermare che le Rune stesse ci indicano chiaramente che il loro è un cammino che va fatto piano piano, un passo alla volta, giorno per giorno. Con serietà, studio, coraggio, fatica, senso del dovere e sudore, ma soprattutto con gioia e leggerezza. Solo allora, potremo cominciare timidamente a sollevare i primi veli che ci portano verso un altro piano di comprensione. Bisogna comprendere che, prima di avere, bisogna donare. La Tradizione afferma: “Io ho quel che ho donato”. Solo così è possibile. Questo è l’unico modo. Un dono per un dono. E’ così che funziona. E più sei disposto a donare e a sacrificare, e più vicino agli dei ti porterà la Via del Nord. Poiché Ascesa è Ascesi. Va da sé che quello di cui stiamo parlando non è per tutti. Fatevene una ragione. E tu? Viandante che passi qui per caso, cosa sei disposto a sacrificare?
    La via iniziatica delle Rune e l'Aristocrazia dello Spirito - Valerio Avalon - EreticaMente - EreticaMente


  9. #849
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Quei figli dei tedeschi che l'Italia marchio' d'infamia
    Luca Gallesi
    L'instancabile liturgia resistenziale ci ha consegnato l'ennesimo quadretto oleografico di un'Italia che esce vittoriosamente dal conflitto, dopo aver sbaragliato, grazie all'insurrezione di tutto il popolo, il barbaro invasore tedesco.
    Per inconfessabili scopi di bassa politica si continua quindi a recitare la farsa di una sconfitta militare trasformata in vittoria e di una tragedia convertita in festa; il 25 aprile si celebra una ricorrenza che, invece di invitare gli italiani a voltare pagina consegnando la guerra civile alla memoria storica, rinfocola ataviche ostilità e riapre antiche ferite, sostituendo la propaganda alla storia.
    Fortunatamente, le nuove generazioni di storici e ricercatori sembrano meno disposte a piegarsi alle esigenze della retorica, come dimostra un libro appena pubblicato da Laterza, Figli del nemico. Le relazioni d'amore in tempo di guerra 1943-1948 (pagg. 180, euro 20), scritto da Michela Ponzani, collaboratrice dell'Istituto storico germanico di Roma, consulente dell'Archivio storico del Senato e già autrice di numerosi saggi sulla Resistenza e sull'Italia repubblicana.
    Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: la Ponzani non è affatto revisionista, non ha alcuna simpatia per la destra o per il fascismo, e rivendica la sua convinta adesione ai valori della resistenza, che l'hanno ispirata e guidata nelle sue ricerche. Ma è nata nel 1978, e, probabilmente, il dato anagrafico l'ha aiutata a evitare l'adesione ai frusti cliché dell'antifascismo militante.
    I Figli del nemico analizza, con un approccio scientifico, il destino dei numerosi bambini, spesso illegittimi, nati dalle relazioni tra soldati tedeschi e donne italiane, oppure da internati italiani e donne tedesche, che, coinvolti dalla tragedia bellica, hanno trovato il modo di restare umani aggrappandosi al sentimento più naturale che esista, quello dell'amore, o presunto tale, i cui frutti recano un marchio infamante.
    E' il caso di Francesca O., nata il 10 novembre 1944 a Bologna, da un padre tedesco che non ha mai conosciuto, perché tornato dalla sua fidanzata tedesca. Francesca ha cercato di rimuovere l'esistenza del suo «vero padre», ma solo quando ha saputo che stava morendo, si è sentita priva del marchio infamante di figlia della colpa. Di segno opposto, invece, la storia dei figli di Alfred, un SS di vent'anni che si innamora di Anita, da cui ha tre figli, che, amati e riconosciuti, cresceranno forti e uniti, nonostante il cognome - e le fattezze - straniere. Certo, come avverte l'autrice nell'introduzione, nella maggior parte dei casi si tratta di incontri fugaci, di «amori di guerra» che soddisfano un momentaneo bisogno d'affetto o di protezione, e che forse svaniranno col ritorno alla normalità. Le conseguenze di quelle relazioni, pero' non potranno essere rimosse, e i destini dei bambini saranno molto diversi, a seconda dell'appartenenza dei padri alle schiere dei vincitori o a quelle dei vinti. Nel primo caso, parleremo di «spose di guerra», che si sono concesse ai liberatori inglesi o americani, assurgendo, nell'immaginario resistenziale, a una condizione di rispettabilità sociale quasi pari a quella delle eroine partigiane che, invece del corpo, hanno donato alla giusta causa il loro sangue. Nel secondo, invece, si tratterà di «donne disonorate» e «figli della colpa», a cui andrà tutta la riprovazione sociale e il disprezzo della comunità.
    La Ponzani ricostruisce le loro storie, che, sono parole sue, non hanno «nulla a che vedere con quel canone patriottico-onorevole di stampo risorgimentale che vede incerarsi il senso di rispettabilità degli italiani nell'odio e nella distanza dal tedesco invasore». Viene quindi smontato anche un altro stereotipo, quello della donna amante del tedesco, che deve necessariamente essere una collaborazionista, laddove le relazioni tra donne italiane e soldati del Reich sono spessissimo legami d'amore destinati a durare anche dopo la guerra; infatti, contrariamente alle versioni della propaganda, i militari tedeschi dislocati sul fronte italiano non sono barbari assetati di sangue, ma individui civili «entusiasti di vivere in un vero e proprio museo a cielo aperto», e non si capacitano, come scrive a casa un caporale dislocato in Lazio, del fatto che «gli abitanti di una città moderna e intrisa di storia come Roma non si rendono conto della bellezza della loro città».
    Al contrario, le truppe alleate che risalgono la Penisola distruggono tutto e bruciano i cadaveri dei tedeschi, mentre i magrebini aggregati al corpo di spedizione francese uccidono e violentano migliaia di donne, «ben 2000 solo nel paese di Ceprano, di cui 1500 contraggono la malaria e 800 si troveranno in stato di gravidanza».
    Il mito del tedesco freddo e crudele, invece, deve essere mantenuto sempre, dato che l'Italia «ha un bisogno assoluto di ricostruire la propria immagine nazionale con la rimozione assoluta dei rapporti che l'Italia ha stabilito, dagli anni Trenta in poi, con la Germania nazista». E quindi vanno rinfocolate le rappresentazioni del «cattivo tedesco» come nemico del genere umano, «recuperando persino narrazioni che risalgono alla tradizione antiaustriaca ottocentesca».
    Tra le pagine, ricchissime di dati e di informazioni preziose sulle vittime più innocenti di un conflitto, quei bambini orfani o abbandonati alla carità pubblica o, più spesso, religiosa, emerge, quasi inconsapevolmente, un auspicio, che dovrebbe sostituire la retorica resistenziale: «Uscire dal silenzio, superando il trauma dei giorni del conflitto, allontanando da sé il peso della discriminazione, inducendo a ricordare anche tutti quei tedeschi caduti sul fronte di guerra italiano, le cui spoglie non saranno mai restituite alle rispettive famiglie».
    Quei figli del nemico tedesco che l'Italia marchiò d'infamia




























    Nel dopoguerra Louis-Ferdinand Céline si ritirò nella solitudine con la sua compagna. I suoi amici erano dei cani, dei gatti, degli uccelli. I suoi amici d'una volta, si erano fatti sempre più rari.
    Medico, non esercitava più, o a malapena. Non aveva l'automobile. I clienti non venivano da lui. Non lasciava quasi più casa sua.
    Dalla sua collina di Meudon, scrutava Parigi e, entrando in una sorta di trance, indicava da quale porta della città sarebbero entrati i cinesi, indicandola con sicurezza.
    "La Rivoluzione, Duverger – ripeteva – noi la vediamo compiersi ogni giorno. La sola, la vera, è il bracciante negro che si monta la piccola servetta bretone. Tra qualche generazione, la Francia sarà completamente meticciata, e le nostre parole non vorranno più dire nulla.
    Che piaccia o no, l’uomo bianco è morto a Stalingrado".

  10. #850
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    NON VOGLIONO VICINI MAROCCHINI, A PROCESSO PER “ODIO RAZZIALE”
    Scrive il Corriere, ormai avvezzo a fake news:
    Cacciare a ogni costo dal condominio i vicini di casa perché stranieri. Obiettivo perseguito (e fallito) da una coppia d’italiani che per più di due anni hanno reso la vita impossibile a una famiglia marocchina, attraverso frasi razziste e cartelli offensivi affissi ai muri. Gli episodi si sono verificati nella Torre 3 delle case popolari a largo Ferruccio Mengaroni, a Tor Bella Monaca, e adesso i due condomini – Luigi Recchi e Annabella Monti – sono stati rinviati a giudizio come chiesto dal pm Vittorio Pilla con l’accusa di atti persecutori aggravati dall’odio razziale. Vittime del clima intimidatorio sopportato per due anni Nafiy Brahim e sua moglie Badiaa, nonché i due figli minorenni. Ad appesantire le contestazioni c’è l’aggravante di aver perseguitato il capofamiglia invalido al 100%.
    La convivenza si dimostra difficile dal giorno dell’ingresso dei maghrebini nella Torre 3. I nuovi arrivati fanno appena in tempo a disfare le valige che ricevono il primo benvenuto dai coinquilini. Queste le frasi con cui Recchia e Monti accolgono Brahim, Badiaa e i loro bambini: «A voi stranieri danno la casa e a noi italiani no, a voi danno il lavoro e a noi no, avete la casa perché siete stranieri e non avete diritto all’accoglienza», dicono i due imputati secondo l’accusa. Frasi pronunciate nell’agosto del 2013 che, per il pm, sono espressioni dal tenore razzista. L’episodio non resta circoscritto. Anzi, la quotidianità è costellata da approcci verbali analoghi: «Dovete andare via, ve la faremo pagare, qui non ci dovete più stare». Però Recchia e Monti si scontrano con un ostacolo insormontabile: l’ostinata volontà della famiglia marocchina di restare nella casa ottenuta grazie al possesso dei requisiti previsti dalla legge.
    Sarebbe bello se i giornalisti del Corriere venissero sostituiti da marocchini “grazie al possesso dei requisiti previsti dalla legge”. Cambierebbero idea.
    Ma, al di là di questo, quali erano le ‘persecuzioni’ di cui sarebbero stati vittime i marocchini secondo l’accusa?
    Il braccio di ferro continua, gli imputati non risparmiano colpi bassi. Sulle pareti del condominio affiggono cartelli dal contenuto rimasto ignoto. Quando un foglio viene rimosso la reazione dei due italiani è furente: «Ristaccalo e ti taglio una mano! Siete pregati di non sbattere cancelli e porte. Specialmente la mattina alla sei», scrivono in un nuovo cartello – citato dal pm – nel marzo del 2015. I marocchini non abbassano la testa. E la guerra degli imputati prosegue, sempre a colpi di cartelli: «’A zozzi le carte delle merendine buttatele al secchio, no sul pianerottolo e lavateve le mani che il muro lo state a zozza’, abbiamo pagato per riverniciarlo, grazie», mettono nero su bianco il 23 settembre 2015. Niente, la famiglia di Brahim non alza bandiera bianca, rimuove ancora una volta il messaggio. La coppia abbandona ogni remora e bussa alla porta dei vicini: «Ti spacco la faccia, come ti sei permesso di togliere il foglio?», grida Recchia spalleggiato dalla Monti che, secondo il pm, a sua volta urla: «Dovete lasciare il foglio, ve ne dovete andare».
    “Lavatevi le mani”, terribile cartello razzista.
    Qui l’unico odio razziale è di una parte della magistratura per il popolo italiano.
    E sia chiaro: sarà anche legale, ma non è giusto che le case popolari italiane vadano a stranieri.
    https://voxnews.info/2019/01/16/non-...odio-razziale/

    Se il Mahatma mi casca sul “cafro”…
    di Giuseppe Brienza
    Che significa cafro? È la traduzione in italiano arcaico dell’arabo kāfir, cioè “infedele”, in pratica una denominazione sprezzante di origine coloniale della popolazione nera dei Bantu sud-orientali, passata poi nello scorso secolo a identificare tutti gli africani in generale.
    Cosa ci azzecca con l’attualità? C’entra perché il fatto di avere scritto ed essersi riferito agli africani con questo termine è costata la reputazione in Ghana a Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948), il famoso leader dell’indipendenza indiana considerato un mito del XX secolo. Nello Stato che rappresenta oggi la seconda economia dell’Africa occidentale, infatti, una statua del “Mahatma” è stata rimossa da un campus universitario di Accra, la capitale del Ghana, perché gli storici africanisti lo accusano di razzismo.
    Nel 2016, i docenti dell’ateneo avevano dato vita a una petizione per la rimozione della statua poco dopo che questa era stata inaugurata dall’ex presidente indiano Pranab Mukherjee. Nella petizione si diceva che Gandhi era razzista e che gli eroi africani avrebbero dovuto essere messi al primo posto in una capitale africana. Per placare le tensioni il governo del Ghana accettò che la statua fosse trasferita. Mercoledì scorso, quindi, docenti e studenti hanno dichiarato alla Bbc che la statua, originariamente situata nella zona ricreativa dell’università, è stata rimossa. L’università lo ha confermato, affermando che l’operazione è stata avallata dal ministero degli Affari esteri della Repubblica del Ghana.
    Quando Gandhi visse e lavorò in Sudafrica pronunciò commenti poco lusinghieri sugli africani neri, non solo riferendosi loro con il termine sopra descritto di “kāfir”, ma arrivando persino a definire gli indiani “infinitamente superiori” ai neri.
    Se il Mahatma mi casca sul ?cafro?? ? Rassegna Stampa Cattolica

    Diventeranno preziosi come il Gronchi rosa....

    "Ovetti Kinder razzisti". Monta la polemica contro la Ferrero per un pupazzetto con il ciuffo biondo alla Trump e tre palloncini in mano con l'acronimo del Ku Klux Klan
    Franco Grilli
    Doveva essere una semplice sorpresina, come sempre, ma quel pupazzetto contenuto negli ovetti Kinder ha scatenato una polemica globale.
    Il motivo? L'omino della sorpresa avrebbe le fattezze di Donald Trump – per quel ciuffo biondo – e, soprattutto, tiene in mano tre palloncini azzurri, ognuno dei quali riporta la lettera "K". Quindi KKK, l'acronimo del Ku Klux Klan.
    Ferrero ha diramato un comunicato in cui si scusa con i consumatori: "Nel disegno iniziale, il giochino aveva un solo palloncino con la lettera K. Gli altri due sono stati aggiunti per rendere la struttura complessiva più robusta e stabile, dal momento che la sicurezza e la qualità dei nostri prodotti sono molto importanti. Il pupazzetto in questione era in edizione limitata in quanto prodotto in occasione del cinquantesimo anniversario di Kinder, abbiamo già interrotto la produzione e tramite il servizio clienti è possibile cambiare quelli già trovati negli ovetti con altri giochini a scelta".
    "Ovetti Kinder razzisti". È bufera su una sorpresina e la Ferrero chiede scusa



    Ma come porti i capelli bella bionda....

    “Porti le trecce? Sei di estrema destra”: in Germania è caccia alle streghe
    Fermata dalle forze dell’ordine perché portava le trecce. Una ragazza tedesca che passeggiava lo scorso dicembre per il mercatino di Natale di Chemnitz, Germania, è stata bloccata da un poliziotto e le è stato chiesto se avesse simpatie politiche di estrema destra perchè sotto il berretto portava i capelli biondi acconciati in trecce, come tradizionalmente vengono portati dalle donne tedesche. La ragazza ha subito girato un video in cui raccontava l’accaduto e l’ha caricato su Youtube. Il video è stato poi commentato e diffuso dal giornalista alt-right Paul Joseph Watson.
    La città di Chemnitz è stata negli scorsi mesi teatro di manifestazioni assai partecipate contro l’immigrazione di massa, con scontri e disordini. Si suppone quindi che il livello d’attenzione delle forze dell’ordine sia ancora elevato. La ragazza ha spiegato nel video che teneva i capelli intrecciati per comodità, dal momento che indossava un berretto di lana. Spiega di non avere simpatie o tendenze politiche di alcun tipo. “Sono solamente scioccata dall’essere stata profilata come un’estremista di destra perché porto le trecce”, dice. “Il mio amico è stato sottoposto al test del palloncino durante il fermo!”
    Lo spiacevole qui pro quo è sicuramente da mettere in correlazione con la pubblicazione di una brochure che il ministero della Famiglia ha fatto circolare negli asili tedeschi qualche tempo fa: si trattava di un manuale in cui gli alunni erano incoraggiati a segnalare ai docenti i “campanelli d’allarme” che definivano l’appartenenza politica “destrorsa” dei propri genitori. In particolare una bambina era descritta come “figlia di estremisti di destra” perché, per l’appunto, portava i capelli raccolti in due trecce, e citando il manuale “i genitori le insegnano a svolgere le faccende domestiche”. La repressione dei populisti/sovranisti tedeschi continua senza sosta.
    https://www.agerecontra.it/2019/01/p...-alle-streghe/


 

 
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