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  1. #431
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    SOROS NON HA BISOGNO DI UN NUOVO SOCIAL, HA GIÀ FACEBOOK
    Un social network pubblico alternativo a Faceboook, pagato dai contribuenti, che sappia contrastare le «notizie di parte provenienti dagli organi d’informazione di destra». È la proposta del ricercatore Ethan Zuckerman, membro del consiglio della Open Society Foundations, l’organizzazione internazionale con ambizioni filantropiche fondata e presieduta dal finanziere George Soros. In un articolo pubblicato su The Atlantic, l’esponente della Open Society e direttore del Center for Civic Media, propone la creazione di un social media governativo che abbia «la missione civica di fornire una visione diversificata e globale del mondo».
    Per il ricercatore, gli elettori «di destra» leggono testate inaffidabili e poco autorevoli. «Insieme al collega Yochai Benkler – osserva – abbiamo teorizzato una spiegazione diversa dell’elezione di Donald Trump. Con i nostri team di Harvard e del Mit, abbiamo analizzato 1,25 milioni di notizie, tenendo conto di collegamenti ipertestuali e menzioni su Twitter e Facebook al fine di mappare l’intero “ecosistema” dei media. Abbiamo scoperto che, mentre gli elettori di sinistra e di centro si informano attraverso i media tradizionali, la fonte principale di quelli di destra sui social è Breitbart, a capo di una rete di punti vendita online, notizie di parte e teorie complottiste».
    In sostanza, secondo Zuckerman e Benkler, gli elettori di Trump non erano – e non sono – in grado di comprendere quali siano le notizie autorevoli e quali no, mentre gli elettori dem, – quelli che leggono il New York Times, il Washington Post o guardano la CNN – sono più informati e preparati. «I siti come Breitbart o InfoWars– spiega Zuckerman – non pubblicano fake news nel senso di articoli scritti per guadagnare, ma sono estremamente faziosi. La loro verità, del tutto parziale, inserita in una narrazione che ha un’importante cassa di risonanza, è difficile da smascherare».
    La soluzione ideale, dunque, sarebbe quella di creare una piattaforma pubblica al fine di arginare il fenomeno di questa presunta «rete social di destra», dal momento che, sempre secondo Zuckerman, «quelle private come Facebook non hanno alcun obbligo di offrirci una visione del mondo diversificata e pluralista»: «Invece di concentrare le risorse sulle segnalazioni – scrive – un social media pubblico avrebbe il pregio di premiare la diversità del materiale, arginando quello quello ideologico che ora riscontriamo».
    La verità è che i soliti noti erano talmente abituati a detenere il monopolio dell’informazione, da non tollerare la presenza di fonti non omologate. E non controllabili perché non in vendita. E sono talmente ingessati nella propria realtà, da non essere più in grado di distinguere la verità vera da quella che loro ritengono essere tale, e allora la definiscono falsa: bufale o fake news.
    Venendo al tema del ‘social pubblico’, ha un problema: dovrebbero costringere gli utenti a frequentarlo. E gli obblighi non funzionano mai.
    Comunque sia la tesi è solo fumo negli occhi. I Soros non hanno bisogno di ‘un nuovo social’, ce l’hanno già, si chiama Facebook.
    La forza del Sistema è manipolare l’informazione senza che gli utenti se ne rendano conto. Utilizzano un controllo sottile della realtà, mai così marchiano come sarebbe l’istituzione di una ‘pravda social’. Certo, il web ha complicato i loro piani, ma possono ancora controllare la diffusione delle notizie. Almeno in parte.
    Soros non ha bisogno di un nuovo social, ha già Facebook | Vox







    Discorso di Hitler, Facebook blocca la pagina del gruppo neonazista di Brembate
    Il Mab aveva pubblicato sul Social un filmato con una parte del discorso che Adolf Hitler pronunciò nel 1940 a Monaco di Baviera in occasione del ventennale della fondazione del partito nazionalsocialista
    di Redazione Bergamonews
    Facebook blocca la pagina del Mab (acronimo del Manipolo d’avanguardia Bergamo). Il gruppo neonazista di Brembate aveva pubblicato sul Social un filmato con una parte del discorso che Adolf Hitler pronunciò nel 1940 a Monaco di Baviera in occasione del ventennale della fondazione del partito nazionalsocialista.
    Gli amministratori di Facebook hanno deciso di oscurare la pagina della associazione culturale bergamasca. Un’associazione dichiaratamente nazionalsocialista e collegata alla più strutturata Comunità militante dei dodici raggi di Varese.
    A confermare il blocco deciso da Fb è il vicepresidente del Mab, Enrico Labanca. Il quale, però, rilancia e scrive in un suo messaggio: “Il discorso (di Hitler, ndr) lo pubblicherò tra qualche settimana così da non dovere aprire l’ennesimo profilo…”. Un messaggio che si chiude con lo slogan “la verità non si arresta”.
    Discorso di Hitler, Facebook blocca la pagina del gruppo neonazista di Brembate - Bergamo News




  2. #432
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Nasce una flotta anti-Ong: "Così faremo il blocco navale"
    Generazione Identitaria raccoglie fondi per comprare le navi da usare contro le Ong: "Difenderemo la nostra terra"
    Giuseppe De Lorenzo
    Difesa. Grande invasione. Patria. Sembra sentirli i ragazzi di Generazione Identitaria, movimento patriottico europeo, mentre preparano le loro incursioni e studiano come portare avanti le loro battaglie.
    Le parole d'ordine ci sono: identità, terra, etnia e tradizione. E chissà a chi si ispiravano venerdì scorso quando hanno assaltato la nave Aquarius della Ong "Sos Mediterranée", impedendole di andare a recuperare migranti al largo della Libia. Forse pensavano a Carlo Martello, a Leonida oppure al re polacco Jan Sobieski III, che nel 1683 ruppe l'assedio dei turchi a Vienna e salvò l'Occidente dall'invasione islamica.
    Tutti personaggi storici cui gli "identitari" riservano un posto di riguardo nel loro Pantheon ideologico. Diventati eroi per aver difeso la loro terra dagli invasori. Come accade oggi: "Ogni settimana, ogni ora, ogni secondo, navi cariche di clandestini, navigano verso i confini europei - dice in un video di propaganda Clément Galant, militante francese - L'invasione è in corso". Una vera e propria conquista, sostenuta dai fautori delle frontiere aperte.
    Tra questi, dicono, ci sono le Ong che da due anni pattugliano le coste della Libia e traghettano i migranti in Italia. "Vogliamo smascherare chi coopera con gli scafisti per sottrarre disperati dalla miseria", precisa Mario Müller, attivista tedesco dall'ardito baffo arancione. In che modo? Semplice: mettendo loro i bastoni tra le eliche. La settimana scorsa, una ventina di attivisti da tutta Europa sono scesi a Pozzallo, hanno affittato una piccola imbarcazione e tagliato la strada alla nave umanitaria impedendole di salpare dal porto di Catania finché la Guardia Costiera non li ha intercettati.
    L'Ong Sos Mediterranée ha subito puntato il dito contro "quattro dimostranti appartenenti a movimenti xenofobi". Eppure dietro Generazione Identitaria c'è molto di più: un movimento internazionale, con sezioni sparse in Austria, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Repubblica Ceca e Slovenia. Nato nel 2003 in Francia, i militanti si definiscono patriottici, apartitici ed europei. "Essere un giovane identitario significa dare un valore alla nostra cultura - spiga Fiato - E fare in modo che essa non scompaia" sotto il peso delle migrazioni e della mescolanza: "È il multietnicismo il problema, gruppi troppo diversi tra loro non possono coesistere nello stesso luogo".
    Il resto del programma profuma di nouvelle droite. I loro nemici sono "tutti coloro che hanno deciso di supportare l'immigrazione di massa": il mondo sindacale, la Chiesa Cattolica e l’antagonismo di sinistra. Non solo: considerano la crisi dei rifugiati come "il più grande business economico mai intentato ai danni dei popoli europei"; denunciano "l'inganno dell'integrazione"; e mettono in guardia dal pericolo di una "Grande Sostituzione" etnica, dove le identità delle nazioni vengono "sradicate" in favore di multiculturalismo, mondialismo e liberalismo.
    Infine, considerano l'Europa una casa comune, conservando però con orgoglio le identità locali, regionali e nazionali; e propongono la "remigrazione", ovvero la chiusura delle frontiere, l'espulsione dei criminali stranieri, l'aumento dei rimpatri.
    "Bisogna arginare le conseguenze dell'immigrazione di massa sostenuta dalle Ong", fa notare deciso Fiato. Per questo Generazione Identitaria ha avviato una raccolta fondi online intitolata "Defend Europe". Difendere l'Europa. Con l'obiettivo di accumulare soldi sufficienti a noleggiare una barca e sfidare le Ong sul loro campo: il Mediterraneo centrale.
    "Vogliamo reclutare un equipaggio - spiega Philipp Huemer, austriaco - armare una nave e salpare per cacciare i nostri nemici". La "flotta patriottica" dovrebbe ostacolare le operazioni di salvataggio delle associazioni umanitarie nell'area Sar al largo di Tripoli. E se "l'esercito dell'immigrazione è finanziato con centinaia di migliaia di euro da governi e grandi donatori", Generazione Identitaria ricorre al crowdfounding per sostenere le spese delle missioni al largo. Servono almeno 50mila euro. Tanti, ma in una settimana ha già incassato 21mila euro di finanziamenti. Non male. L'elica può mettersi in moto. "Il nostro futuro è sotto attacco", conclude Fiato. "Ma noi non arretriamo: difenderemo la nostra terra".
    Nasce una flotta anti-Ong: "Così faremo il blocco navale" - IlGiornale.it


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    Migranti, la flotta patriottica che ostacola le navi delle Ong - IlGiornale.it




  3. #433
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Ottimo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  4. #434
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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    DUE MARTIRI DELL’ ATOMWAFFEN DIVISION
    di Andrew Auernheimer
    La Divisione Atomwaffen e’ un gruppo culturale di bravi ragazzi. Hanno pubblicato tonnellate di volantini con una grafica bellissima distribuiti a tonnellate nelle Università nel corso degli ultimi anni. Fanno generalmente riferimento al divertimento e alla festa nazionalsocialista. Ma hanno fatto solo un errore qualche giorno fa…hanno dato fiducia ad un figlio di troia convertito all’ estremismo islamico e ora due di loro sono morti.
    WTSP Tampa Bay:
    La polizia di Tampa ha identificato un uomo che dice di aver sparato a due compagni di stanza, poi ha tenuto alcuni ostaggi a New Tampa venerdì sera.
    Devon Arthurs è stato accusato di due omicidi di primo grado e di sequestro armato.
    Domenica, la polizia ha individuato le vittime: Jeremy Himmelman, 22 anni e Andrew Oneschuk, 18. Vivevano entrambi a 15350 Amberly Drive, Tampa.
    Conoscevo queste persone. Personalmente ho avuto una conversazione con l’assassino islamico mesi fa, quando l’ho pure accusato di essere un agente federale. L’avevo appena bannato dal nostro server Discord per essere un tipo alquanto oscuro che cercava di convincere la gente a convertirsi al salafismo, una forma particolarmente violenta e malvagia dell’islamismo. Questo ragazzo stava agendo in modo così strano, pensavo davvero che doveva essere un informatore federale. Egli era stato anche bandito da Ironmarch, il forum di Atomwaffen.
    Atomwaffen è una crew veramente interessante, ma è troppo tollerante in termini di ideologia. Quello che non hanno capito è che i musulmani non sono bianchi. Se tu adotti un’ideologia marrone, hai chiuso per sempre con i bianchi. I Bosniaci non sono bianchi. Gli Albanesi non sono bianchi. Sono irrazionali e sono soggetti a violenti chimping out a causa della programmazione ricevuta dalla loro ideologia terroristica e pedofila.
    Il salafita Devon Arthurs
    Due bravi uomini bianchi sono morti perché non hanno tenuto conto dei consigli di tagliare i legami con un musulmano. Sospetto, dato le circostanze (sono stati trovati esplosivi nel loro appartamento) che i suoi compagni di stanza avevano scoperto che stava progettando un qualche tipo di attacco terroristico e hanno cercato di fermarlo, ma lui li ha uccisi. Se le cose sono andate così, almeno sono morti eroicamente.
    C’è una lezione ovvia da cogliere in questo: non associatevi a nessun musulmano. Nessun vero uomo bianco si convertirà mai all’Islam. I bianchi che professano l’Islam hanno tagliato fuori la loro razza, e servono il più selvaggio e straniero di tutti i possibili Dèi. Staccatevi da queste persone, perché la vicinanza a un qualsiasi musulmano è un rischio per la continuazione della vostra esistenza.
    https://wotansvolk.com/2017/05/22/du...ffen-division/



    DEGENERAZIONE E TERRORISMO
    FLINT MCLEANEIN
    E’ l’ennesimo dolore straziante vedere dei ragazzi in così tenera eta’ essere falcidiati da un’ ideologia o religione fanatica che si voglia così orrenda e crudele, ma e’ tutta colpa di questa forma di estremismo religioso o c’e’ anche dell’altro sotto?
    Uno spettacolo musicale di una ragazza mulatta, peraltro mezza italiana, di nome Ariana Grande, con abiti non proprio sobri e con dei neri ballerini al seguito a torso nudo, e danze al limite della decenza.
    Questo e’ uno spettacolo dove dei genitori che tengono alle proprie figlie non oserebbero mai mandarle e stare sereni.
    Che senso ha fare vestire le proprie bambine all’eta’ di 8 anni in quel modo? Farle truccare in quel modo?

    Poi avviene la strage, ed i terroristi salgono sul banco degli imputati per primi, ma non possiamo dimenticare che ce ne stanno altri.
    Partendo dai politici che alimentano queste degenerazioni culturali e l’immigrazione di massa senza controllo, e poi i giornalisti tradizionali, gente veramente allucinata oltre ogni modo e modalita’.
    Ho avuto un battibecco con uno di questi oggi, un islandese, molto marxista e poco islandese, cioe’ uomo del nord. Mi ha detto di lasciare da parte la politica per oggi perche’ bisogna piangere quei bambini morti, e questo solo perche’ ho aggiunto alle parole di cordoglio del suo Premier, l’avvertimento a dosare e sanare l’ingresso degli immigrati clandestini. Si oggi piangiamo questi bambini, come celebrare dei compleanni, dimenticandoci gia’ da domani di chi e’ stato “festeggiato” , e perche’.
    Io vedo la societa’ occidentale come una ragazza drogata che corre follemente con un masso legato ad una corda a sua volta stretta al collo che si sta per lanciare in mare, e nonostante le grida, gli avvertimenti, e perfino andargli in corsa dietro per cercare di fermarla vengo strattonato, insultato, deriso ed umiliato.
    L’Europa rappresentata da questi individui senza piu’ una identita’ ed una memoria obiettiva della propria Storia vuole morire, vuole a tutti i costi bruciare come una candela cosparsa di benzina.
    Non ho altro da raccontare, per oggi, io i miei morti li ho pianti gia’ ieri.
    https://wotansvolk.com/2017/05/23/de...-e-terrorismo/










  5. #435
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Bussano a soldi, sempre e ovunque, ma gli svizzeri non ci cascano.....

    Chi deve pagare per la sicurezza degli ebrei in Svizzera?
    Di Sibilla Bondolfi
    Gli ebrei svizzeri hanno paura di essere vittime di un attentato. Garantire la sicurezza nelle sinagoghe, nelle scuole e in altri edifici costa milioni di franchi alle comunità ebree.
    Gli ebrei hanno un futuro in Europa? È questo l’interrogativo a cui cercheranno di dare una risposta i delegati della Federazione svizzera delle comunità israelite(FSCI) durante la loro assemblea del 24-25 maggio. «La sicurezza è un tema molto sentito dagli ebrei svizzeri», spiega Herbert Winter, presidente della FSCI.
    Negli ultimi anni, in Svizzera non si sono verificati avvenimenti drammatici. Tuttavia gli ebrei svizzeri sono preoccupati. «Vediamo ciò che avviene all’estero. E la Svizzera non è un’isola felice», dice Winter. «In generale, la Svizzera è più a rischio rispetto al passato».
    Dal terrore di matrice palestinese degli anni Settanta, le comunità ebree in Svizzera hanno adottato varie misure per garantire la sicurezza nelle sinagoghe, nelle scuole, e in altri edifici. A questo proposito hanno installato camere di sorveglianza, impiegato personale addetto alla sicurezza e realizzato accessi più sicuri. «I costi per la sicurezza sono quasi raddoppiati negli ultimi due anni e vengono assunti dai singoli membri delle comunità, tramite le quote di adesione».
    Winter chiede che sia lo Stato svizzero ad assumersi parte dei costi. Nel 2016, la Confederazione ha indicato in un rapporto che sebbene gli ebrei siano a rischio, «al momento non esiste né una base costituzionale né una base legale per la partecipazione della Confederazione ai costi delle misure di sicurezza per le istituzioni ebraiche». Inoltre liquida la questione con un consiglio: «Le organizzazioni ebraiche potrebbero istituire una fondazione per il finanziamento delle loro spese».
    Il rapporto, afferma Winter, ha ampiamente deluso gli ebrei in Svizzera. «Molti si sono sentiti abbandonati». Per il presidente della FSCI rimane un mistero come la creazione di una fondazione possa migliorare la situazione. Stando al rapporto svizzero, sarebbero le stesse comunità ebraiche a finanziare la fondazione, le stesse che già ora saldano le fatture per la sicurezza. Per questo motivo, durante l’assemblea della FCSI si parlerà anche di «Demografia e sicurezza».
    Chi deve pagare per la sicurezza degli ebrei in Svizzera? - SWI swissinfo.ch



    “Governare col caos”. Per Sion e Neocon, una necessità.
    Maurizio Blondet
    Nel quadro di “governare per mezzo del caos”, Lucien Cerise racconta una strategia di ingegneria sociale adottata da Israele. Magari alcuni lettori più addentro lo sanno; io non la conoscevo.
    “Da anni si osserva un gran lavoro di fondo per far divenire pro-israeliana l’estrema sinistra. Parte da lontano, sembra improbabile, ma il cambiamento avviene a poco a poco. Gli agenti d’influenza si guardano bene dal militare esplicitamente CONTRO la causa palestinese, puzzerebbe troppo; ma li si mette a militare a fondo PER la causa degli omosessuali e transex. Al dunque, in caso di scontro terminale, quando la sinistra progressista (quella indistinguibile dalle Spice Girls) dovrà scegliere un campo definitivo tra i barbuti Hezbollah e la sfilata gay-pride di Tel Aviv, sceglierà questa”.



    Il ministero israeliano del turismo stanzia fondi non irrilevanti per pubblicizzare all’estero la ormai celebre giornata del Gay Pride a Tel Aviv: l’anno scorso, 2,2 milioni di euro, onde attrarre la più scatenata e variopinta finocchieria mondiale. Con altri milioni vengono commissionati sondaggi a compagnie di rilevazioni internazionali, come il Pew Research Center, che (per esempio) ha scoperto e diffuso ai media quanto segue: “Solo un 1% dei palestinesi intervistati ritengono l’omosessualità ‘moralmente accettabile’. L’autorità palestinese non ha leggi a protezione del popolo LGBT. A Gaza, Hamas punisce gli atti omosessuali anche con dieci anni di prigione”.
    Ciò, nel quadro di “Brand Israel” (Marca Israele: rifare l’immagine di Israele), impresa congiunta di tre ministeri – Esteri, Finanze e ufficio del primo ministro – realizzata dal 2005, con la consulenza pagata delle maggiori agenzie di marketing e pubblicità americane, e alcune riviste del lusso come Maxim, per cancellare la percezione che la gioventù internazionale aveva allora, un paese militarista, bombardatore di bambini, abitato da sinistri rabbini in palandrana nera e cernecchi in quella di “una vibrante moderna comunità, giovane, libera e all’avanguardia”.
    Nel 2009 la International Gay and Lesbian Travel Association ha tenuto una conferenza a Tel Aviv, dove ha dichiarato Israele “destinazione mondiale del mondo gay”. Nel gennaio 2010, allo Interdisciplinary Center di Herzliya (l’ufficio studi, meglio l’università del Mossad) si è tenuta una conferenza di alto livello dal titolo istruttivo: “Winning the Battle of the Narrative”. Una delle scoperte più utili fu riportata da un’agenzia americana: il 50% della popolazione occidentale non è impegnata, non ha un’opinione su Israele, e quindi può essere conquistata col marketing.
    A loro onore, le maggiori drag-queen di Sion hanno finito per protestare per la strumentalizzazione (e sono state minacciate dal governo giudaico di vedersi tagliare i fondi per la loro festa) ma l’operazione Pinkwashing (“Lavare nel rosa”) continua con gran spiegamento di mezzi pubblici. Il Ministero israeliano degli Esteri continua a finanziare “eventi LGBT” in Brasile, ed altri “incontri culturali” per finocchi mondiali.
    Secondo Lucien, ormai lo scopo strategico è più vasto di quello di bollare i palestinesi come omofobi: “Gli agenti israeliani attivi nel Pinkwashing puntano a molto di più. A ridurre ogni discorso politico, ogni alta e complessa riflessione internazionale sulle forze in campo, ad un unico e semplice giudizio: “E’ gay-friendly o non gay friendly?”.
    Se credete che sia troppo stupido per funzionare, provate a chiedere al vostro collega di lavoro, alla vostra amica impiegata e al giornalista progressista cosa hanno da rimproverare a Putin: ad un certo punto vi dirà: “Oltretutto è omofobo”. Missione compiuta.
    “E’ un esempio di ingegnerizzazione delle percezioni, all’incrocio fra le scienze gestionali e il social engineering”, dice Lucien. L’ingegneria sociale consiste nel trattare il fatto sociale come un oggetto, non come un soggetto, o insieme di soggetti degni interlocuzione. L’altro è descritto come oggetto “in cantiere” da riconfigurare, riformattare; le idee, le emozioni, sono oggetti di gestione e di controllo, di management. “E’ il tipo di relazione all’altro che l’Occidente liberal-libertario punta a normalizzare nel concetto di mondializzazione: relazione strumentale di sé all’altro, di sé a sé…da qualche parte, qui, c’è il disprezzo massimo per il vivente”.
    Questa frase mi ha creato, Dio mi perdoni, alcune associazioni mentali da cui ovviamente mi dissocio. L’idea che il solo modo con cui gli ebrei possono – e vogliono – governare il mondo è “attraverso il caos”. Sappiamo che l’imperio sull’umanità è la loro aspirazione, anzi è la promessa che ha fatto loro YHVH: questo Dio unico che però esiste solo per il popolo eletto, non ha promesso loro nessun aldilà, ma il dominio su un pezzo di terra, Eretz Israel, e per estensione, il dominio mondiale.
    "Governare col caos". Per Sion e Neocon, una necessità. - Blondet & Friends


  6. #436
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Se il Corriere della Sera ospita un’ode al razzismo antibianco
    Adriano Scianca
    “La testata di Zidane è stata un incidente che non va considerato come razzista. Prima che si sapesse cosa aveva detto Marco Materazzi, gli esperti di lettura labiale avevano parlato di insinuazioni razziste diretta a Zidane. Poi abbiamo scoperto che gli aveva detto qualcosa tipo ‘Tua sorella è una puttana’. Quest’ammissione mi ha ricordato una teoria dello psichiatra Frantz Fanon il quale sosteneva che per insultare i neri gli europei di solito insultano le donne della loro vita”. Signori e signore: il delirio. Le boiate paranoiche che avete appena letto sono tratte da un’intervista a Claudia Rankine, scrittrice afroamericana autrice del libro Citizen, ospitata nell’ultimo numero de La Lettura del Corriere della Sera. Una vera e propria ode al razzismo antibianco.
    Torniamo a Zidane e Materazzi. Secondo la Rankine, bisogna intendere il diverbio tra i due come un episodio razzista. Razzista nei confronti dei bianchi, dobbiamo pensare, dato che ad avere fisicamente la peggio è stato il difensore azzurro, mentre l’aggressione è partita dal franco-algerino Zidane. E invece no: la Rankine ha saputo, tramite “esperti di lettura labiale”, che Materazzi aveva insultato razzialmente Zidane. Ma questo si è rivelato falso, si trattava semplicemente del più classico insulto alla sorella. Razzismo archiviato, quindi? No, perché Fanon diceva che si tirano in ballo le sorelle solo nelle dispute tra bianchi e neri (ma Fanon ha mai fatto 15 minuti nel traffico di una città italiana?). Ecco, una riflessione del genere, che un tempo sarebbe comparsa al massimo fra i commenti della compianta Indymedia, oggi assurge al livello di profonda riflessione sulle contraddizioni del nostro tempo. Tutta la conversazione, peraltro, si struttura attorno alla contrapposizione tra bianchi e neri, presi in blocco, ciascuno con un carico di colpevolezza e vittimismo che si spande su tutto il gruppo.
    La Rankine è del resto creatrice dell’Institute of Racial Imaginary, che ha la “missione di restituire la verità durevole della razza”. Subito dopo, tuttavia, la razza viene definita “un concetto del tutto inventato, che tuttavia opera con una forza straordinaria nelle nostre vite”. Chi ci capisce è bravo.
    Quello che comunque emerge con grande nettezza dall’intervista è che noi bianchi siamo tutti dei farabutti: “L’esperienza della colpa bianca non serve se le persone che la provano non capiscono sul serio quando le ingiustizie siano dolorose per chi le riceve e distruttive nei confronti di una società dove vige un’etica. Non si può ragionare in termini di alleanza fra bianchi e neri: la nozione stessa di alleato induce in errore perché presuppone che la dominazione e la violenza bianca siano individualmente e strutturalmente accettabili in assenza di vittime”. Quindi la “colpa bianca” è metafisica: esiste anche se non esiste alcuna vittima della terribile violenza bianca. C’è una parola per tutto questo: razzismo. Razzismo antibianco. L’unico che si possa oggi legittimamente esprimere sui giornali “colti”.
    Se il Corriere della Sera ospita un'ode al razzismo antibianco | IL PRIMATO NAZIONALE



    Scritte naziste in città: inneggiano a Hitler con una svastica
    FOLLONICA – Scritte naziste in via Garibaldi, all’angolo delle scuole elementari di via Buozzi. Un cassonetto giallo per la raccolta degli indumenti è stato imbrattato con vernice nera riportando una svastica e la scritta “Adolfo” in lettere maiuscole e di dimensioni piuttosto notevoli. Difficile da non vedere, la scritta è situata in un punto delicato, appunto vicino a una scuola, e sarà rimossa prima possibile come conferma il sindaco Andrea Benini che, condanna fermamente questo gesto «incivile».
    https://www.ilgiunco.net/2017/05/17/...-una-svastica/






  7. #437
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    La vera storia di Guernica, di Picasso
    Francesco Agnoli
    Non molti giorni fa Repubblica pubblicò una fotografia di una manifestazione pubblica americana organizzata da gruppi ideologici affini, e che quindi doveva essere per forza di cose grandiosa ed imponente. Detto fatto: si è trovata la foto di un’enorme manifestazione di alcuni anni precedente e, grazie alla didascalia e ad un’opportuna ridatazione, si è offerta al lettore la versione dei fatti desiderata. In poche ore, grazie alla rete, è comparsa la verità: Repubblica ha pubblicato una bufala, semplicemente cambiando didascalia e data ad una foto!
    Qualcosa di analogo è successo centinaia di volte, soprattutto durante le guerre: basta una fossa comune (ricordate Katyn o il Kossovo?), e poi l’attribuzione: “è stato X”. Magari X è assolutamente innocente, ma molta gente, causa la forza delle immagini, dirà: “eppure noi abbiamo visto!”.
    Ma non solo foto. Anche i quadri possono servire ad ingannare. Una delle balle spaziali più longeve è quelle che i libri di arte, di storia ecc. ci continuano a raccontare sul celeberrimo quadro di Guernica.
    Cerchiamo di capire dove sta la menzogna, tenendo presente che il grande vantaggio di certa arte moderna è che ad un dipinto si possono attribuire mille significati diversi, permettendo così al pittore di fare sempre un figurone (che intelligente!) e ai critici di scrivere pagine e pagine di commenti, magari fondati sul nulla, comunque necessari per l’agognata pagnotta.
    Ebbene, secondo la vulgata Guernica fu dipinto per commemorare un fatto storico, avvenuto il lunedì 26 aprile 1937: il bombardamento con bombe incendiarie, accompagnate da raffiche di mitra, di un un paesino inerme, in giorno di mercato. 1654 morti e 889 feriti su una popolazione di circa 7000 persone, a carico dei bombardieri nazisti.
    La prima menzogna è già nella narrazione dei fatti. Scrive lo storico Arrigo Petacco: “Guernica non era una cittadina inerme: distava infatti pochi chilometri dal fronte, vi erano acquartierati tre battaglioni ed era un importante snodo ferroviario che consentiva un rapido collegamento con Bilbao. Il mercato settimanale del lunedì era stato in realtà sospeso, e in previsioni di attacchi dal cielo, erano stati costruiti sette rifugi antiaerei che salvarono la vita a molte persone… I morti furono 126, i feriti 889. I giornali baschi dell’epoca non avvallarono mai le cifre diffuse dall’estero perchè tutti conoscevano i risultati reali del bombardamento“.
    Saranno giornalisti italiani, tra cui Achille Benedetti del Corriere della Sera e Sandro Sandri de La stampa, inglesi ed americani come William Carney del New York Times, “a diffondere la prima versione taroccata del bombardamento di Guernica” (Arrigo Petacco, “Viva la muerte! Mito e realtà della guerra civile spagnola 1936-39″, Mondadori, Milano, 2006, p-140-143; Stefano Mensurati, “Il bombardamento di Guernica. La verità tra due leggende”, Ideazione, 2004).
    Vittorio Messori annota che la versione romanzesca creata da alcuni giornalisti, fu colta al balzo da “due propagande: quella anarco-comunista, naturalmente; ma anche quella britannica, poiché il nuovo governo di Chamberlain doveva convincere l’opinione pubblica della necessità di affrontare grandi spese per il riarmo, vista la barbarie tedesca e la potenza delle sue armi” (Vittorio Messori, “Le cose della vita”, San Paolo, Milano 1995).
    Sin qui la falsificazione dei fatti storici, in perfetta linea con quanto scriveva George Orwell: “Sono sempre stato convinto, fin da giovane, che nessun giornale racconta con fedeltà i fatti, ma è stato in Spagna che, per la prima volta, ho letto notizie di stampa che non avevano alcun rapporto con le vicende reali, neppure il rapporto che si presuppone esserci in una menzogna. Ho visto che si scriveva di grandiose battaglie quando c’era stata a malapena una schermaglia, e ho visto il silenzio assoluto quando cadevano centinaia di uomini” (George Orwell, “Ricordi della guerra di Spagna”, Roma, 2007, p. 27-28).
    Orwell aveva ragione: poche pagine di storia sono state così falsate come quelle della guerra di Spagna. Solo da pochi anni possediamo finalmente testi storicamente seri e attendibili. Tra gli altri ricordo “La grande paura del 1936. Come la Spagna precipitò nella guerra civile” di Giulio Ranzato (Laterza, Roma-Bari, 2011) e “Persecuzione. La repressione della Chiesa spagnola tra Seconda Repubblica e Guerra Civile (1931-1939)” di Mario Iannaccone (Lindau, Torino, 2015).
    Recensendo sul Corriere della Sera il libro di Ranzato, Paolo Mieli ricordava una delle tante menzogne messe in giro da anarchici, comunisti e socialisti e che portarono alla persecuzione crudelissima raccontata per la prima volta in modo completo da Iannaccone: “E fu, poi, la «leggenda delle caramelle avvelenate». Nei mesi che precedettero il pronunciamento di Franco si diffuse la voce (ovviamente infondata) che suore e dame cattoliche andavano distribuendo tra i bimbi bonbon letali che avevano già prodotto un’ecatombe di bambini. Il deputato monarchico Juan Antonio Gamazo denunciò alle Cortes che una folla aveva aggredito monache e pie donne giudicate sospettate di aver provveduto a quegli avvelenamenti; misfatto per il quale le insegnanti di un istituto religioso erano state quasi linciate. Il deputato socialista Alvarez Angulo così rispose a Gamazo: «La colpa è vostra che avete mandato le donne con le caramelle». E le persecuzioni proseguirono nell’ormai consueta indifferenza delle autorità di polizia”.
    Passiamo ora al celebre dipinto. Chi scrive ingenuamente immagina che a determinati fatti (bombardamento di un mercato, uso di bombe al fosforo, incendi, muri crollati, aerei che ronzano nel cielo…) corrisponda una narrazione compatibile.
    No, ci raccontano sempre che il pittore Picasso, allora chiamato dalla Repubblica a dirigere il Prado, decise di denunciare i bombardamenti nazisti in modo simbolico: niente aerei, niente mercati, niente muri diroccati, per quanto tutto ciò costituisse uno spettacolo piuttosto inedito ed originale, ma un toro (il solito toro di molti dipinti di Picasso!), un cavallo morente, una donna che regge una lampada…
    A prima vista Guernica appare come una giustapposizione di immagini poco connesse, la cui interpretazione è per forza di cose molteplice. Patrick O’Brien, in una meticolosa, celebrativa ed imponente biografia del pittore, ricorda che secondo alcuni “il toro è il nazismo, che teme la donna con la lampada… mentre il cavallo sarebbe il simbolo della Repubblica”; per altri “invece i ruoli sono capovolti e il cavallo, secondo un’interpretazione abbastanza sorprendente, rappresenterebbe il nazionalismo spagnolo“.
    “Altri ancora- continua O’Brien- si sono rifatti ai primi lavori di Picasso per far luce sui simboli di Guernica, in particolare alle molte scene di corrida, e sono rimasti stupiti e al tempo stesso dispiaciuti dall’atteggiamento ambivalente di Picasso verso il toro e il minotauro, di volta in volta eroe o mostro: in Sogno e menzogna (un pamphlet antifranchista di Picasso, ndr) è il toro che affronta Franco, incornandolo a morte”.
    Alcuni anni dopo il dipinto, fu proprio Picasso a spiegare che in Guernica l’amato toro delle amate corride, non va interpretato quale simbolo positivo in opposizione al franchismo, come in Sogno e menzogna, ma rappresenterebbe, al contrario, “la brutalità” del franchismo, del nazifascismo, della guerra (Patrick O’Brien, Picasso, Tea, Milano, 1996, p. 377-378).
    Suona tutto molto strano. Il già citato Petacco racconta che la tela di Guernica era in origine un quadro dedicato ad un torero ucciso, e che cambiò destinazione dopo che il governo repubbblicano commissionò al pittore un quadro “dal contentuo politico”. Del resto, chiosa Petacco, Guernica “consente le più diverse interpretazioni”.
    Più prodigo di dettagli, Vittorio Messori, nel testo citato: “Da buon spagnolo, Pablo Ruiz Biasco y Picasso amava le corride. Fu, dunque, sconvolto dalla tragica morte di un suo beniamino, il famoso torero Joselito. Per celebrarne la memoria, mise in cantiere un’enorme tela di 8 metri per 3 e mezzo, che gremì di figure tragicamente atteggiate, a colori luttuosi. Finita che l’ebbe, la chiamò En muerte del torero Joselito. Correva però il 1937, in Spagna infuriava la guerra civile e il governo anarco-socialcomunista si rivolse a Picasso per avere da lui un quadro per il padiglione repubblicano all’Esposizione Universale in programma a Parigi per l’anno dopo. Il Picasso (che diventerà, non a caso, uno degli artisti più ricchi della storia) ebbe una pensata geniale: fece qualche modifica alla tela per il torero, la ribattezzò Guernica e la vendette al governo “popolare” per la non modica cifra di 300.000 pesetas dell’epoca. Qualcosa come qualche miliardo – pare due o tre – di lire di oggi, che furono versati da Stalin attraverso il Comintern. Contento Picasso, ovviamente; contenti anche i socialcomunisti, che di quel quadro di tori e toreri fecero un simbolo che è giunto sino a noi ed è continuamente riprodotto, con emozione, come simbolo della protesta dell’umanità civile contro la barbarie nazi-fascista. Stando a molti critici d’arte, Guernica è il più celebre quadro del secolo. E, ciò, grazie proprio alla “sponsorizzazione” da parte delle sinistre, a cominciare dai liberals occidentali: la tela picassiana ebbe una sala tutta per sé al Metropolitan Museum di New York e vide milioni di ’’pellegrini” sfilare in religioso silenzio”.
    Oggi, per Wikipedia, Guernica è “una delle opere che meglio incarnano l’impegno morale e civile” di Picasso. Profumatamente pagato dal governo repubblicano e da Mosca, alla fine della seconda guerra mondiale Picasso, si iscrisse al partito comunista. Purtroppo, però, non trovò mai il tempo per accorgersi delle brutalità dei regimi comunisti e per dedicare un quadro anche ad esse. Anzi, come fanno tutti quelli che hanno vinto una volta, ripetè la commedia.
    Racconta Lucio Villari, su Repubblica del 9/12/1998, che nel dopoguerra Picasso trasformò un piccione in una colomba per la pace, ad uso del partito comunista allora impegnato a prensentarsi al mondo come un’ideologia di pace.
    Racconta Villari, in un articolo intitolato “Il comunista Pablo Picasso e i comunisti italiani”: “Un caso provocò appunto la metamorfosi di un piccione in quella colomba della pace che, dal 1949 in poi, regalò a Picasso l’ amore e la riconoscenza di milioni di uomini. Il piccione (vivo) faceva parte di un dono di Matisse che Picasso aveva riprodotto in una litogafia. Nessuno avrebbe mai pensato, racconta Francoise Gilot, che per il piccione vi sarebbe stata “una carriera politica e artistica molto notevole”.
    Fu Luis Aragon, esponente del partito comunista francese, a chiedere la litografia per il Congresso mondiale della pace che nella primavera del ’49 si svolse a Parigi. La colomba della pace sarà da quel momento”, per i comunisti italiani ed europei, “la testimonianza della coerente battaglia politica di Picasso; una autorevole presa di posizione da trasformare in medium propagandistico” (vedi anche Frances Stonor Saunders, “La guerra fredda culturalei”, Fazi, 2004, p. 65).
    Una carriera politica ed artistica molto notevole, per il piccione, dunque, come era già avvenuto per il toro. Quanto a Picasso, difficile non attribuire anche a lui quanto scriveva Orwell: “Tra gli intellettuali, direi che i cambiamenti di opinione avvengono per effetto del denaro o in considerazione della propria utilità personale”.
    La vera storia di Guernica, di Picasso | Libertà e Persona


  8. #438
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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    IL GENOCIDIO BIANCO DEL 1804
    FLINT MCLEANEIN
    Questo che seguira’ e’ il racconto storico di una delle piu’ grandi atrocita’ perpetrate dai negri su un’intera popolazione di bianchi europei, un massacro genocida ben nascosto e di proposito dai Cultural Marxisti e dagli Ebrei, perche’ la consapevolezza storica di un efferato, sanguinario, turpe, vile, sterminio dei Bianchi per mano negra potrebbe far svegliare quei bianchi senza identita’ ancora rimasti su questo pianeta…
    Nel 1791, la Rivoluzione Francese avvenuta in Europa ispiro’ una sorta di Rivoluzione nella colonia caraibica di Haiti.
    La Rivolta partì come una rivolta di schiavi e finì col degenerare in un semplice e crudele genocidio di tutti i Coloni Bianchi Francesi, inclusi anche quelli che si erano opposti alla schiavitu’ e si dicevano amici dei negri.
    C’e’ da precisare che la schiavitu’ fu formalmente abolita dopo le prime rivolte, ma l’odio razziale dei negri verso i bianchi non accenno’ a placarsi. I Negri e i mulatti erano piu’ numerosi dei Bianchi, e furono comandati da un criminale noto come Jean-Jacques Dessalines.



    Alcune centinaia di Bianchi capirono il pericolo che stavano correndo e organizzarono la loro fuga, ma purtroppo molti liberali tra di loro convinsero la maggioranza dei rimanenti coloni a rimanere sull’Isola sotto la negra autorita’ dei Black Jacobin, o Giacobini Neri.
    Nel 1804 Dessalines diede l’-ordine finale-: massacrare in una ricerca senza quartiere tutti i Bianchi di Haiti, come nota a quest’ordine, il segretario verbalizzante, tale Boisrong-Tonnere, scrisse in calce:
    “Per la nostra dichiarazione di indipendenza, dobbiamo avere la pelle di un uomo bianco come pergamena, il suo teschio come calamaio, il suo sangue come inchiostro, e una baionetta come penna!”
    Utile sapere che ad un negro selvaggio di questo tipo e’ stato dedicato un francobollo per celebrare l’ anniversario dei 150 anni della Rivoluzione di Haiti (1804-1954).



    Squadre di negri si mossero prima delle luci dell’ alba, di casa in casa, usando esclusivamente armi bianche per uccidere nel sonno e squartare ad uno ad uno tutti i bianchi, e questo perche’ i colpi d’arma da fuoco potevano facilmente svegliare i coloni che avrebbero dato l’ allarme generale.
    Saccheggi, devastazioni, donne bianche stuprate in massa e poi decapitate o date alle fiamme, quelle piu’ fortunate furono tenute come schiave, bambini picchiati selvaggiamente e dopo aperti come agnellini pasquali.



    Alcune centinaia di Bianchi riuscirono a mettersi in salvo nella foresta o in altri luoghi dell’ isola, come grotte e/o caverne. Fu così che Dessalines proclamo’ l’amnistia per tutti i Bianchi che di loro spontanea volonta’ fossero usciti dai loro nascondigli. Così i Bianchi uscirono dai loro covi, e i Negri dopo averli radunati tutti…completarono la loro brutale opera.
    Uno dei piu’ fidi subalterni di Dessalines era conosciuto come Jean Zombi, un mulatto protagonista di numerosi show messi in atto nelle strade di Haiti, e perfino davanti al Palazzo Presidenziale occupato da Dessalines. Generalmente soleva denudare i Bianchi, picchiarli, umiliarli ed infine davanti alla folla scuoiarli lentamente.
    Dai resoconti storici non e’ possibile risalire al numero esatto dei Bianchi uccisi ad Haiti, ma il loro numero non e’ inferiore alle 4000 unita’, di ogni eta’ e sesso.
    Dessalines non cerco’ affatto di nascondere questo massacro al mondo. Il massacro fu considerato come atto legittimo dell'autorità. Dessalines considerava l’eliminazione degli Haitiani bianchi come un atto di necessità politica, in quanto essi erano considerati una minaccia per la pace tra il nero e il colorato mulatto.



    Nella costituzione del 1805, tutti i cittadini furono definiti come “neri” e gli uomini bianchi come non aventi diritto a possedere la terra.
    L’eredità di ostilità razziale nella società haitiana dei Negri verso i Bianchi dura ancora oggi , nel XXI Secolo.
    La macchina della propaganda ebraica cinematografica, nota al pubblico come Hollywood, si guarda bene dal porre in essere pellicole che raccontino questa impressionante ed orrenda storia, in fondo stiamo solo parlando di una pulizia etnica di Bianchi Europei…
    Come questo potrebbe interessare mai l’opinione pubblica?
    https://wotansvolk.com/2017/05/09/il...804/#more-6869

    CARO POPOLO DEI BIANCHI
    di Andrew Auernheimer
    Anche se appartenete alla razza che ha portato per prima il diritto, la giustizia, le scienze, l’elettricità, l’igiene, un codice morale avanzato, l’architettura e la bellezza estetica nel mondo, siete stati incapaci di difendervi contro i gruppi minoritari, che, come vi e’ stato detto (o imposto) debbono vivere in mezzo a voi.
    Avete costruito le città, e le comunità nelle Alpi, e nelle congelate lande scandinave. Ma gli ebrei hanno preso le vostre tecnologie di stampa e di trasmissione nel secolo scorso e continuano ad insistere che la vostra razza non è speciale, che siete cattivi, che non dovete riprodurvi con i simili della vostra razza, e che dovete uccidere voi stessi attraverso la riproduzione con altre razze. “Apri i tuoi confini”, hanno detto. “E mischiatevi”. “Questa” , dicono, “è una buona idea.”
    “L’Europa e l’ America devono diversificarsi, solo Israele non deve,” e “Solo gli ebrei sono autorizzati a conservare i loro geni in un unico Stato Ebraico”.
    Guardate attraverso il catalogo del pensiero ebraico nel 20° secolo – è per lo più lo stesso – come la patologizzazione (il cui fare sembra così malato) delle culture bianche sane e forti(gli ebrei non possono controllare le persone che hanno un’identità condivisa molto facilmente).
    L’Ebreo Marx ha detto che voi siete malati – “[..]La vostra cultura e l’economia devono essere sostituiti da una cultura operaia senza religione, l’identita’ individuale non e’ tollerata“.
    L’Ebreo Freud ha detto che voi siete malati – “[..]Desiderate sessualmente vostra madre e siete fissati sui vostri genitali e sul vostro ano“.
    L’Ebreo Boas ha detto che voi siete malati – “[..]La cultura bianca non è migliore rispetto a quella delle nudi tribù dell’Africa – che cacano i loro escrementi a tre centimetri da dove dormono e mangiano-. Infatti, la loro cultura è più autentica – la vostra è falsa“.
    Dopo un secolo di questa roba, è facile capire perché adesso voi odiate voi stessi e avete aperto i vostri confini a razze che non potrebbero mai creare nelle loro terre d’origine quello che voi e i vostri antenati avete creato nelle vostre.
    Non importa che la razza africana, che ha avuto per decine di migliaia di anni uno dei continenti più fertili, ha sviluppato il nulla. Sia ad Haiti, che in Liberia, in Sud Africa, o persino a Detroit, i neri -il loro insieme- hanno distrutto e trascinato nella violenza fino a farlo marcire il loro ambiente di vita. Tutto questo non e’ forse ovvio?
    “Ma la natura e’ una cosa che non c’entra in questo”, dicono. “E‘ tutto un problema di nutrimento,” e “gli eventuali problemi di qualsiasi minoranza sono essenzialmente colpa dei bianchi.” Non è questo quello che vi è stato sottilmente insegnato dagli intellettuali ebrei e dai media di cui si sono impadroniti?
    Anche se si può parlare apertamente di razze canine aventi diverse caratteristiche di comportamento e di intelligenza, i Bianchi non devono mai riconoscere che essi sono costretti a sovvenzionare e lasciare che i piranas sbranino la loro cultura. Anche se sono bombardati con film Anti-bianchi ed editoriali, i neri uccidono e stuprano i bianchi in percentuali molto superiori rispetto a quanto i bianchi hanno mai fatto con i neri (L’FBI classifica i meticci autori di crimini come “bianchi”, rendendo le statistiche meno affidabili di quanto gia’ lo sono di per se’). Ma ancora Voi non fate niente.
    Vi spostate ulteriormente su e giu’, verso la provincia e la periferia per allontanarvi da queste persone. E rimuovete i figli dalle scuole pubbliche per allontanarli da loro. E mentre vi seguono, voi vi spostate di nuovo.
    Sia gli ebrei che i neri hanno bisogno delle vostre società. Non possono esistere senza di voi, il vostro lavoro, la vostra produttività innata, o i soldi delle vostre tasse. Tu sei l’ospite dei mondi dei parassiti. Quale sarà il mondo una volta che vi avranno geneticamente cancellati, quando vi avranno definitivamente anneriti? Pensi che una grande città potrebbe mai essere costruita di nuovo? Solo voi e alcune razze asiatiche siete in grado di fare queste cose.
    In quale giorno e in che anno dirai: "No, noi non lo sopporteremo più. Non sono colpe nostre. Riteniamo di non avere nessun senso di colpa sul fatto che le altre razze siano intrinsecamente incapaci di avere e sostenere una cultura sana e sicura. C’è qualcosa di diverso e meraviglioso nel possedere i geni bianchi, ed essi devono essere preservati". Quando vi alzerete in piedi come realisti razziali, invece di stare rannicchiati nell’etichetta (creata da una razza che non e’ la vostra, n.d.T.) “razzista”?
    Quando gli americani bianchi si alzeranno per loro stessi? Quando chiederete uno spazio di vita per l’ uomo bianco e dei media di proprietà dei bianchi – l’unica opzione per avere una nazione sicura e stabile (Una nazione che non pedissequamente debba combattere le guerre degli ebrei)?
    Presto sarete minoranza. Pensate che avrete generosamente concessa la stessa “uguaglianza”, una volta che LORO saranno la maggioranza? Loro, gli stessi che stanno portando il terzo mondo qui, nelle vostre terre. Che errore avete fatto.
    https://wotansvolk.com/2017/02/13/ca...o-dei-bianchi/


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    Predefinito Re: Vicende storiche (e non storiche) scomode

    QUADRO ATTRIBUITO AD HITLER E’ UN FALSO
    FLINT MCLEANEIN



    Passiamo in rassegna quello che dicono Vittorio Sgarbi e fior di giornali nazionali. Il critico: “Potrebbe essere stato fatto da Kafka, dice molto della sua psiche: qui non si vede la grandezza, qui si vede la miseria”
    “Non il quadro di un dittatore, ma di un poverino, di un disperato”: così Vittorio Sgarbi descrive l’olio di Adolf Hitler esposto in anteprima assoluta all’interno della mostra “Museo della Follia. Da Goya a Bacon” che apre domani al MuSa di Salò, sul lago di Garda. Scuro e claustrofobico, il dipinto non era mai uscito prima dalla casa del collezionista tedesco che lo ha prestato, attratto dal progetto della mostra, chiedendo però che non venisse reso pubblico il suo nome. Il valore artistico dell’opera? “E’ una cagata”, dice lo stesso Sgarbi
    Il piccolo olio, prestato da un collezionista privato tedesco non era mai stato esposto prima. A livello artistico, secondo Sgarbi, “è una cagata, è un quadro di un disperato, potrebbe essere stato fatto da Kafka, dice molto della sua psiche: qui non si vede la grandezza, qui si vede la miseria”.
    Mi sembra abbastanza.
    Quell’ olio non appartiene ad Adolf Hitler.
    Adolf Hitler non ha mai dipinto quel tetro quadro.
    LE PROVE
    La firma su quell’olio e’ falsa. Adolf Hitler firmava i suoi quadri semplicemente con A.H. o con A.Hitler.
    I colori usati nell’olio contestato sono assolutamente cupi e tetri, Adolf Hitler odiava i quadretti di interni, l’oscurita’ propria di quel quadro non e’ farina del suo sacco.
    Ecco le opere di Adolf Hitler con relative firme, e voi stessi giudicherete i colori luminosi e sgargianti usati sulle sue tele.
    https://wotansvolk.com/2017/03/14/qu...er-e-un-falso/




























  10. #440
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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    Una Ahnenerbe casalinga, trentatreesima parte
    Vi ho parlato di una storia che sembra destinata a diventare una telenovela infinita, quella degli hobbit, i piccoli uomini dell’isola indonesiana di Flores. Come abbiamo già visto, la loro esistenza rappresenta un colpo mortale alla – chiamiamola teoria – dell’Out of Africa, della presunta origine africana della nostra specie, perché essa presuppone che tra 70 e 50.000 anni fa una gigantesca eruzione vulcanica del vulcano Toba nell’isola di Sumatra, anch’essa indonesiana, avrebbe portato all’estinzione tutti gli esseri umani allora viventi, tranne un gruppetto di africani dai quali si suppone tutti noi discenderemmo. Chiaramente, se a pochi passi dall’epicentro della presunta catastrofe planetaria, i nostri hobbit hanno continuato a vivere indisturbati, “la teoria” crolla miseramente.
    Per togliersi dall’imbarazzo, alcuni hanno supposto che gli hobbit fossero umani di origine molto più recente, oltre che nani, affetti dalla sindrome di Down, idea semplicemente ridicola: UN’INTERA POPOLAZIONE di down? E perché non di ciechi o di paraplegici?
    La cosa deve essere sembrata grottesca anche a coloro che l’hanno formulata, perché subito dopo è arrivata “la scoperta” che “stando agli ultimi rilevamenti” gli hobbit di Flores sarebbero molto più antichi di quel che finora si era ipotizzato, e sarebbero vissuti intorno ai 300.000 anni fa. Strano, vero? Una simile scoperta capita troppo tempestivamente e troppo “a fagiolo” a togliere i sostenitori dell’Out of Africa dall’imbarazzo, per poter essere persuasiva.
    Ora, voi capite senz’altro che se le cose stanno in questi termini, la questione si allarga di parecchio, infatti, se non è più questione di interpretazioni, ma sono gli stessi dati a essere manipolati con disinvoltura, allora l’interrogativo diventa: quanta credibilità si potrà attribuire a tutta la costruzione intellettuale che conosciamo come “scienza”? Non ci sarà più nulla che non dovremo considerare con sospetto!
    La cosa peggiore è quando si vede il palese ricorso all’escamotage che consiste nel creare un clima di suggestione che serve a suggerire qualcosa che non è né provato o provabile, né contenuto nelle premesse iniziali, è il tipo di trucco a cui ricorrono i ciarlatani. Questo è il caso dell’Out of Africa (o OOA, come spesso si dice, seguendo l’abitudine americana di siglare tutto, quasi che l’usare espressioni “troppo” lunghe implichi il pericolo di pensare “troppo” profondamente, prassi altamente sconsigliata per le buone pecore del gregge democratico); essa infatti SEMBRA SUGGERIRE che il nero africano sia il tipo ancestrale della nostra specie, che noi stessi non saremmo altro che dei “neri sbiancati”, che tutte le vistose differenze che possiamo riscontrare fra bianchi caucasici e neri subsahariani siano una sorta di abbaglio visivo (e non oso pensare a come le popolazioni mongoliche dovrebbero porsi rispetto a questo schema pazzesco), che le razze non esistono, e tutta la coorte delle fallacie democratiche che l’ortodossia di regime tende a imporre anche con la censura e la repressione.
    Ora, non solo tutto cio' non è dimostrato né dimostrabile, ma E’ FALSO!
    A parte la questione completamente diversa dell’origine africana degli antichi ominidi di milioni di anni fa (ma anche su di essa, come abbiamo visto altre volte, ci sono delle riserve), non si puo' escludere, anzi la cosa appare verosimile, che l’Africa settentrionale, sahariana, abbia giocato un ruolo importante nella nostra origine, ma anteriormente alla desertificazione del Sahara avvenuta 15-12.000 anni fa. La regione, il Sahara verde, era abitato da una popolazione gromagnoide (simile all’uomo di Cro Magnon), quindi con caratteristiche sostanzialmente caucasiche, mentre il nero subsahariano sembra essere il frutto di una specializzazione relativamente tarda, per di più – pare – originatosi nel plateau arabico, poi migrato nel continente africano attraverso lo stretto di Aden. In epoca storica, questa migrazione era ancora in corso, al punto che popolazioni di ceppo bantu si insediarono nell’Africa del sud dopo l’arrivo degli Europei, i Boeri di origine olandese, che per questo motivo chiamano se stessi “Afrikans”, considerandosi i veri africani autoctoni di quella zona.
    Tuttavia, cio' non toglie un fatto fondamentale, che a fare veramente di noi quello che siamo, non sia stata l’Africa, ma il volere affrontare il ben più rigido e selettivo ambiente del nord. Involontariamente, anche la teoria dell’origine africana stabilisce un punto di frattura fra coloro che si avventurarono in aree ricche di incognite e quelli che rimasero nel più accogliente grembo africano dove non c’era la necessità di affrontare temperature rigide o variazioni stagionali che potevano creare penuria di risorse (e quindi sviluppare preveggenza del futuro per poter sopravvivere).
    La verità pura e semplice, è che noi non siamo figli dell’Africa ma dell’Eurasia. L’ambiente più rigido ha costretto, per poter sopravvivere, a sviluppare una tecnologia più ingegnosa, a costruire ricoveri, a migliorare l’organizzazione sociale, a rendere più attenta la cura della prole. Io penso che in questo processo abbiano giocato un ruolo chiave le variazioni stagionali, la consapevolezza che ai periodi di abbondanza seguono quelli di penuria, e quindi la necessità di accantonare scorte. Ancora oggi, la differenza è molto visibile: il bianco fa progetti per il futuro, il nero vive alla giornata.
    Se, come abbiamo visto, tutto l’edificio “scientifico” va considerato con sospetto non solo riguardo alle teorie e alle interpretazioni, ma agli stessi dati, sarà bene guardare con attenzione a cosa c’è sul tavolo, soprattutto a quelle teorie e a quelle ipotesi che “l’ortodossia scientifica” ha messo ai margini non perché non abbiano, prove a loro sostegno, ma perché non conformi al dogmatismo ideologico “ortodosso”.
    Un esempio estremamente chiaro in questo senso l’aveva fatto Gianfranco Drioli nel suo bel libro Iperborea, la ricerca senza fine della patria perduta, riferendosi alle ricerche controcorrente di uno studioso indiano, il Tilak, che si è dedicato a uno studio approfondito delle informazioni contenute nei Veda (che a loro volta raccoglierebbero tradizioni antichissime, tramandate oralmente da molto prima dell’invenzione della scrittura).
    Ora è chiaro che qui ci si riferisce a un’epoca successiva a quella dell’origine più remota della nostra specie, ma si tratta di un capitolo importante della nostra storia che è stato deliberatamente ignorato, con tutta probabilità proprio perché colloca le nostre radici in quel nord tanto schifato dai santoni della democrazia.
    Secondo l’analisi dello studioso indiano, i Veda offrono la testimonianza del ricordo di un’epoca remota in cui gli antenati degli Arii sarebbero migrati verso l’area indo-iranica proveniendo dal lontano nord, che un tempo godeva di un clima mite, favorevole all’insediamento umano, e dove dopo la catastrofe climatica avrebbero regnato invece dieci mesi d’inverno e due mesi d’estate. L’Avesta iranica attesterebbe una tradizione o un ricordo ancestrale assolutamente analogo.
    Ora si dà il caso che dieci mesi invernali, di clima rigido e due estivi, sono precisamente la situazione che si riscontra nelle regioni artiche. Questo potrebbe anche non impressionarci più di tanto, ma bisogna osservare che, sempre secondo il Tilak, nei Veda è descritta una serie di fenomeni astronomici che, nella maniera in cui sono presentati, avrebbero potuto essere osservati solo al di sopra del circolo polare artico.
    Un discorso assolutamente analogo esce dalle ricerche di Felice Vinci. Il testo più noto di questo autore, Omero nel Baltico, ci disegna una avanzata e oggi sconosciuta civiltà nordica preistorica collocabile nell’Età del Bronzo o in tempi antecedenti. Sviluppatasi durante un optimum climatico in cui le terre settentrionali erano di gran lunga più abitabili di oggi, sarebbe stata distrutta dal mutamento delle temperature che, portatesi gradualmente ai livelli attuali, avrebbero costretto le popolazioni dell’area a migrare verso meridione, dando origine agli Europei attuali. Sia le tesi di Tilak sia quelle di Vinci sono ricollegabili al mito della leggendaria terra Iperborea come origine delle popolazioni europee e indo-iraniche, cioè quei popoli che conosciamo nel loro insieme sotto il nome di indoeuropei o ariani.
    Quella che è forse la tesi più ardita e più cara a Vinci, cioè che i poemi omerici siano basati sul ricordo di epoche cosi' remote, e le loro vicende narrate oralmente per millenni sarebbero poi state trasposte nell’ambiente mediterraneo dove i nomi delle località nordiche abbandonate sarebbero stati esattamente replicati, che è nel Baltico che andrebbero cercate la Troia omerica e l’Itaca di Ulisse, è stata vivacemente contestata da un altro studioso la cui opinione penso si debba tenere nella massima considerazione, Ernesto Roli, già amico e collaboratore, e oggi continuatore dell’opera di Adriano Romualdi, e che, come già lo stesso Romualdi, ritiene piuttosto di collegare la vicenda omerica alla storia degli Ittiti, popolo ariano per cui quest’ultimo aveva una particolare predilezione, in quanto in età antica ha rappresentato una sorta di antemurale indoeuropeo in faccia al mondo mediorientale semitico.
    Io al riguardo non me la sento di pronunciarmi in maniera definitiva né per le tesi dell’uno né per quelle dell’altro; cio' invece su cui mi pare sussistano pochi dubbi e su cui entrambi i ricercatori concordano, è la rivalutazione della civiltà antica europea e nordica, respingendo nel limbo delle favole tutte le idee “moderne” e “progressiste” che troviamo snocciolate nei libri di storia, che ci vorrebbero dipingere il nostro continente come arretrato e barbaro, solo gradualmente incivilito da influssi orientali e mediorientali. Ernesto Roli, per dirne una, ha collaborato con Romualdi alla traduzione e alla stesura di quell’ampia e bellissima introduzione, ben meritevole di essere considerata un’opera a sé stante, che accompagna l’edizione italiana di Religiosità indoeuropea di Hanns F. K. Gunther.
    In Omero nel Baltico, Felice Vinci riporta un ampio brano dell’insigne archeologo Colin Renfrew: “Per coloro che non sono esperti, sarà bene ricordare che il radiocarbonio o carbonio 14 è un isotopo radioattivo del carbonio. Esso è presente nell’atmosfera in proporzioni fisse rispetto al carbonio normale. Quando un organismo (animale o vegetale) muore cessano gli scambi gassosi con l’esterno. Mentre il carbonio normale rimane invariato, quello radioattivo decade secondo tempio di dimezzamento costanti e precisi, e costituisce quindi un ottimo “calendario” per datare la materia organica. Ora, confessa Renfrew, le ricerche condotte con esso sconfessano del tutto la tesi della “luce da oriente”: “Molti di noi erano convinti che le piramidi d’Egitto fossero i più antichi monumenti del mondo costruiti in pietra, e che i primi templi fossero stati innalzati dall’uomo nel Vicino Oriente, nella fertile regione mesopotamica. Si riteneva anche che là, nella culla delle più antiche civiltà, fosse stata inventata la metallurgia e che, successivamente, le tecnologie per la lavorazione del rame e del bronzo, dell’architettura monumentale e di altre ancora, fossero state acquisite dalle popolazioni più arretrate delle aree circostanti, per poi diffondersi a gran parte dell’Europa e del resto del mondo antico (…) Fu quindi un’enorme sorpresa quando ci si rese conto che tutta questa costruzione era errata. Le tombe a camera megalitiche dell’Europa occidentale sono ora considerate più antiche delle piramidi e sono questi, in effetti, i più antichi monumenti in pietra del mondo, si' che una loro origine nella regione mediterranea orientale è ormai improponibile (…) Sembra, inoltre, che in Inghilterra Stonehenge fosse completata e la ricca età del Bronzo locale fosse ben attestata, prima che in Grecia avesse inizio la civiltà micenea (…) Le nuove datazioni ci rivelano quanto abbiamo sottovalutato questi creativi “barbari” dell’Europa preistorica, i quali in realtà innalzavano grandi monumenti in pietra, fondevano il rame, creavano osservatori solari, e facevano altre cose ingegnose senza alcun aiuto dal Mediterraneo orientale".
    Pertanto i collegamenti cronologici tradizionali si spezzano e le innovazioni del Mediterraneo orientale che si supponeva portate in Europa per diffusione, si trovavano ora ad essere presenti in Europa prima che in Oriente. Crolla cosi' l’intero sistema diffusionista e con esso cadono i presupposti che hanno retto per quasi un secolo l’archeologia preistorica.
    In particolare, nel soffermarsi sulle conseguenze della datazione al radiocarbonio corretta con la dendrocronologia (cioè la calibrazione con gli anelli annuali degli alberi), il Renfrew afferma che “Si verifica tutta una serie di rovesciamenti nelle relazioni cronologiche. Le tombe megalitiche dell’Europa occidentale diventano ora più antiche delle piramidi (…) e, in Inghilterra, la struttura definitiva di Stonehenge, che si riteneva fosse stata ispirata da maestranze micenee, fu completata molto prima dell’inizio della civiltà micenea”.
    In sintesi, conclude il professore, “Quell’intero edificio costruito con cura, comincia a crollare, e le linee di base dei principali manuali di storia devono essere cambiate”.
    Ora, occorre notare che il testo di Renfrew citato da Vinci, L’Europa della preistoria (Before Civilization, the Radiocarbon Revolution and prehistoric Europe), è del 1973, e da allora di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po’, ma di questa rivoluzione nei manuali di storia e nei libri di testo non abbiamo ancora visto la minima traccia. Il caso è assolutamente analogo a quello delle tavolette di Tartaria, scoperte dall’archeologo Nicolae Vlassa nel sito di Turda in Romania appartenente alla cultura Vinca che sono di almeno un millennio più antiche dei più antichi pittogrammi sumerici conosciuti, e dimostrano che l’invenzione della scrittura è avvenuta in Europa e non in Medio Oriente.
    Certe informazioni (perché non si tratta di idee, di teorie, ma di fatti documentati) possono circolare fra gli specialisti ma non devono assolutamente raggiungere il grosso pubblico a cui si continua ad ammanire la favoletta dell’origine mediorientale della civiltà, fra Egitto e Mesopotamia, oltre a quella dell’origine africana della nostra specie.
    Non si sa mai che gli Europei, recuperando la consapevolezza del ruolo centrale dei loro antenati nella civiltà umana, con uno scatto di orgoglio decidessero di riprendere in mano il loro destino, ribellandosi alla morte per sostituzione etnica che è stata decretata per loro.
    Una cosa è certa, se noi adesso non parliamo del divenire della specie umana nel suo complesso, ma restringiamo il discorso a quello della sua parte più nobile e creativa, non possiamo disconoscere il fatto che l’homo europeus è appunto figlio dell’Europa, modellato dalle difficoltà, dalle sfide e dalle opportunità che l’ambiente del nostro continente gli ha posto davanti. Non l’Africa né l’Asia ma madre Europa; è di questo continente, del suo ambiente, del suo clima, dei suoi paesaggi che noi siamo figli.
    Questo stesso concetto è stato espresso in forma non di una rigorosa analisi scientifica, ma poetica, da Dominique Venner, uno stupendo brano che ci dimostra che quando si fanno parlare i sentimenti profondi, si possono raggiungere conclusioni altrettanto e più esatte di quelle che ci danno la ragione e la scienza.
    Venner, con il suo suicidio come forma estrema di protesta contro l’uccisione dei popoli europei mediante immigrazione, meticciato e sostituzione etnica, per bypassare la censura dei mezzi “d’informazione” sul piano Kalergi, è stato un combattente, un samurai della causa europea, il cui sacrificio va messo sullo stesso piano di quelli di Ian Palach e di Yukio Mishima.
    Ascoltiamo dunque con rispetto le sue parole:
    “Io sono della terra degli alberi e delle foreste, delle querce e dei cinghiali, delle vigne e dei tetti spioventi, delle epopee e delle fiabe, del Solstizio d’inverno e di San Giovanni d’estate…Il santuario in cui vado a raccogliermi è la foresta profonda e misteriosa delle mie origini. Il mio libro sacro è l’Iliade cosi' come l’Odissea, poemi fondatori e rivelatori dell’anima europea.
    Questi poemi attingono alle stesse fonti delle leggende celtiche e germaniche, di cui manifestano in modo differente la stessa spiritualità implicita. Del resto non tiro affatto una riga sui secoli cristiani. La cattedrale di Chartres fa parte del mio universo allo stesso titolo di Stonehenge o del Partenone. Questa è l’eredità che occorre assumere. La storia degli Europei è scandita da alcune rotture, al di là delle quali ci è pero' dato di ritrovare la nostra memoria comune, e la continuità della nostra Tradizione primordiale”.
    Una Ahnenerbe casalinga, trentatreesima parte ? Fabio Calabrese | EreticaMente


 

 
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