Legenda: NCUC: non c'entra un cazzo, NRAC: non rispondo ai cazzari
4 Dicembre 2016: Lutto Nazionale
E infatti io ho risposto.
Poi, Sa... Non perdiamoci per strada...
Le tasse sulla benzina o i contributi ai terremotati non c'entrano nulla con i 22 MLD spesi in questi 2 anni per tamponare l'emorragia di posti di lavoro e favorire un minimo di occupazione. Perché allora se mettiamo che i 900 miliardi di PILU servono per sovvenzionare 20 milioni di dipendenti non la finiamo più... ECCHECAZZO!
Ma mettiamo pure che io abbia torto...
Mi spiega dove sono finiti i 25.000 euri a cranio che mancano dal conto?
O si sa o non si sa.
Io non lo so... Oppure potrei rispondere con quella battuta nel film Independence Day in cui il padre del protagonista chiedeva al Presidente se credeva realmente se un copri water o un martello costasse 20.000 dollari.
Kobra
Se hai la necessità di scegliere tra un uomo e un Kobra,
preferisci chi striscia.
E se ti serve un amico, trovati un cane.
Non capisco con quale logica si sommi il costo degli 80 euro al costo dei posti del jobs act.
I nuovi posti sembrano effettivamente essere qualcosa di meno di 400.000, ora se i posti sono nuovi, in realtà il costo dello sconto è applicato su un'entrata che non avrebbe avuto luogo senza il jobs act, per cui nell'immediato non si è perso niente (Certo tra un po' di anni ci saranno pensioni un po' più alte da pagare). I posti in più, poi, pagano le tasse, e questa è un'entrata aggiuntiva per lo stato. A conti fatti il jobs act conviene, è la prima politica per l'occupazione che funziona in Italia.
Jobs Act, il più costoso flop di Renzi ha sbancato il bilancio statale
Lavoro. Gli effetti degli incentivi a pioggia e la droga dei bonus di Renzi.Uno studio di Marta Fana e Michele Raitano su «Etica ed Economia»Il "FlopsAct" può costare tra i 14 e i 22 miliardi e produrrà occupazione precaria e a termine. Il costo per ogni nuovo occupato può arrivare anche a 50 mila euro a testa.
Roberto Ciccarelli
Edizione del 05.04.2016
Pubblicato 4.4.2016, 239
Aggiornato 30.6.2016,
Cari e inutili. Sono gli sgravi contributivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato con i quali il governo Renzi ha pensato, inutilmente, di aumentare l’occupazione. In una nuova analisi sui costi e i benefici di questa dispendiossisima misura, pubblicata online sul «Menabò di Etica ed Economia, da Marta Fana e Michele Raitano emerge una nuova stima sul costo lordo per il bilancio pubblico nel triennio 2015-2017 che oscillerà, a seconda delle ipotesi, tra i 22,6 e i 14 miliardi. Non più dunque 11,8 miliardi ma undici in più nel caso in cui i contratti attivati nel 2015 dureranno 36 mesi, l’intero periodo della corresponsione dell’«esonero» contributivo alle imprese. Fana e Raitano formulano un secondo scenario più realistico, sulla base dei dati del ministero del Lavoro riguardanti i contratti trasformati da tempo determinato a tempo indeterminato tra il 2012 e il 2014 e cessati entro il terzo anno.
Fana e Raitano formulano un secondo scenario più realistico, sulla base dei dati del ministero del Lavoro riguardanti la durata dei contratti trasformati da tempo determinato a tempo indeterminato tra il 2012 e il 2014 e cessati entro il terzo anno. Nello specifico, il 13% dei contratti trasformati cessano mediamente entro il primo anno, il 17,7% entro il secondo, il 10,3% entro il terzo anno. Quindi in base all’evidenza storica il 41% dei contratti trasformati dura meno di 3 anni. Scadenza naturale perché, al 37esimo mese ci sarebbe l’obbligo di assumere il lavoratore, come stabilito da una direttiva europea, sostanzialmente neutralizzata dal «decreto Poletti» sui contratti a termine approvato prima del Jobs Act. Gli studiosi delineano anche un terzo scenario e avanzano l’ipotesi per cui il 20% delle assunzioni a tempo indeterminato duri 18 mesi, mentre il restante 80% raggiunga i 36 mesi. In questo caso l’onere lordo per le casse dello Stato sarebbe pari a 14,6 miliardi.
Una prospettiva che conferma la stima avanzata dai consulenti del lavoro secondo i quali mancano all’appello 3 miliardi. Il governo sarebbe paradossalmente vittima del suo successo: ha generato una richiesta di lavoro a termine finanziato dai contribuenti che non riesce a coprire. È tuttavia probabile che, al termine del triennio, l’impatto degli incentivi sul bilancio pubblico sarà inferiore visto che i contratti sono precari e prevedono una retribuzione al lavoratore inferiore alla media. Inoltre, a partire dal 2016, lo sgravio è diminuito da 8.060 a 3.250 euro per ogni assunzione a tempo indeterminato o trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. La nuova decontribuzione durerà 24 mesi e non 36 mesi. Una decisione necessaria anche per diminuire l’impatto degli incentivi sul bilancio.
Arriviamo ai risultati conosciuti della politica dei bonus sull’occupazione. Deludenti. Nel ricco dossier su «Etica ed Economia» si ripercorre il fallimento del Jobs Act, al netto della propaganda renziana finita anche sugli autobus delle principali città italiane in vista delle elezioni amministrative. Per l’Istat, nel 2015, i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato sono aumentati di 114 mila unità circa rispetto al 2014. Parliamo di meno dell’8% dei contratti finanziati dal governo. Prospettiva confermata dal bollettino di Bankitalia a gennaio: nel prossimo triennio, gli sgravi contributivi genereranno una nuova occupazione pari a circa 0,3 punti percentuali.
Undici miliardi di euro potrebbero portare a questo risultato a dir poco modesto. In questo scenario, il «contratto a tutele crescenti», pilastro del Jobs Act, contribuirà solo per l’1 per cento sull’occupazione complessiva. Tutto il resto lo faranno gli incentivi. Nel 2015, ricordano Fana e Raitano, i contratti che hanno beneficiato degli sgravi – incluse le trasformazioni dei rapporti a termine che sono la maggioranza e riguardano gli over 50 più dei giovani – sono 1.547.935 di cui solo un quarto (379.243) a dicembre 2015, quando le imprese hanno fatto una corsa per accaparrarsi il bonus renziano. Non è ancora chiaro quali saranno gli effetti della «droga» usata dal governo per gonfiare il mercato del lavoro quando gli incentivi si esauriranno. Quello che, al momento si sa, che ogni occupato in più costerà al contribuente tra i 25 mila e i 50 mila euro. Queste persone rischiano di tornare disoccupate nel 2018.
«Gli economisti che progettano sgravi e incentivi hanno una visione “naive” dell’impresa e una concezione dell’economia superata» si legge in una notadel dossier online. Le politiche degli incentivi, quelli a pioggia e quelli condizionati ai nuovi assunti, non funzionano. Renzi sta disperdendo preziose risorse pubbliche per un generico sostegno alla domanda aggregata. «Questa è una politica di stampo vetero-keynesiano». Anche Michele Tiraboschi, alla guida di Adapt, converge sulla stessa valutazione: «Il Jobs Act è il più costoso dei flop» ha scritto ieri sul bollettino del centro studi.
Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono.
(Pablo Neruda - Attribuita)
toh, è bastato pescare un articolo scritto seriamente per scoprire che si tratta di un costo ... lordo !
Le plus grand soin d’un bon gouvernement devrait être d’habituer peu à peu les peuples à se passer de lui.
Beh, 22 MLD sono l'esborso dichiarato dal governo in questi due anni scarsi e lo ha fatto per cercare in qualche modo di contenere la disoccupazione.
Mi spiego con un esempio banale...
Lei va al distributore e spende 50 euri per il gasolio e 30 per il rabbocco dell'olio. Spende in totale 80 prodeuri.
Non mi può dire che per camminare ha speso solo 50 euri perché senza olio il motore rischia di grippare.
Qui è lo stesso. Gli 80 euri sono entrati nel gioco della defiscalizzazione parziale del lavoro insieme, ricordiamolo, con la riduzione dell'IRAP che non saprei quantificare al momento ma che sicuramente ha prodotto ulteriori minori entrate DA COPRIRE IN QUALCHE MODO... Forse, dico forse, ma credo solo in parte, con le entrate contributive derivanti dai nuovi 400.000 posti di lavoro.
Kobra
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Il governo sarebbe paradossalmente vittima del suo successo: ha generato una richiesta di lavoro a termine finanziato dai contribuenti che non riesce a coprire. È tuttavia probabile che, al termine del triennio, l’impatto degli incentivi sul bilancio pubblico sarà inferiore visto che i contratti sono precari e prevedono una retribuzione al lavoratore inferiore alla media. Inoltre, a partire dal 2016, lo sgravio è diminuito da 8.060 a 3.250 euro per ogni assunzione a tempo indeterminato o trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. La nuova decontribuzione durerà 24 mesi e non 36 mesi. Una decisione necessaria anche per diminuire l’impatto degli incentivi sul bilancio.Quello che, al momento si sa, che ogni occupato in più costerà al contribuentetra i 25 mila e i 50 mila euro. Queste persone rischiano di tornare disoccupate nel 2018.
Ma guarda che roba...
Il Kobra - CHE NON E' UN ECOMONISTA - ma che c'ha una calcolatrice un po' più efficiente della Divisumma, è arrivato alle stesse conclusioni.
IL CONTRIBUENTE: Chi era costui? si chiederebbe Manzoni.
Il contribuente è quel cretino del Kobra e anche chi legge questa roba in questo momento dal momento che sarà chiamato, in quanto contribuente, a ripianare i bilanci dissestati dal ducetto.
Grazie Mettiu...
Kobra
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