Un tempo era lotta di classe oggi è lotta di classi | Avanti!

Il nuovo libro di Ugo Intini, dal titolo “Lotta di Classi”, sottotitolo “Tra Giovani e Vecchi?” (edizioni Ponte Sisto), analizza le conseguenze dello straordinario processo di invecchiamento della popolazione italiana. La piramide dell’età, infatti, si è drasticamente capovolta negli ultimi 150 anni: nel 1862 gli anziani erano il 4,2% della popolazione italiana, oggi sono il 21,7%; mentre i ragazzi sotto i 15 anni, che al tempo erano il 34,2% della popolazione, ora ne rappresentano solo il 13,8%.
Dunque pochi giovani alla base e molti anziani al vertice. È questo un fenomeno di cui si parla ancora troppo poco, ma che rischia di ipotecare seriamente il futuro del nostro Paese. Ugo Intini ci invita a riflettere su come la concezione tradizionale della vecchiaia, immutata per millenni e descritta ad esempio da Cicerone nel De Senectute, sia cambiata profondamente insieme alla demografia. Se gli antichi accettavano la riduzione delle proprie forze e organizzavano diversamente l’esistenza con l’avanzare degli anni, oggi gli anziani tendono a non rassegnarsi al peso dell’età e a non cambiare il proprio stile di vita, anche per quanto riguarda i piaceri, entrando, anche grazie alla famosa ‘pillola blu’, paradossalmente in competizione con i più giovani. E se prima gli anziani avevano una certa autorevolezza, data non solo dalle esperienze fatte in vita, ma anche dal fatto che costituivano una ristretta minoranza della popolazione depositaria della tradizione, oggi l’“inflazione” di vecchi ne forse ha diminuito il valore.
Il nuovo rapporto tra vecchi e giovani, tra nazioni vecchie e nazioni giovani, rischia di rivoluzionare gli equilibri mondiali. L’Europa ormai si è guadagnata l’appellativo di “vecchio continente” e rischia di contagiare con la sua “malattia”, ossia la vecchiaia, anche altri popoli. Oggi la popolazione dell’Unione Europea è meno del 7 per cento di quella mondiale. Nel 2050 i suoi abitanti saranno poco più di 5 su 100 cittadini del mondo; gli italiani saranno lo 0,5 percento. Agli inizi dello scorso secolo gli Europei rappresentavano un quarto della popolazione mondiale.
Occorre dunque essere realistici e consapevoli che, di questo passo, Europa ed Italia saranno sempre più marginali sulla scena mondiale.
Intini ci aiuta a leggere anche le guerre coloniali del passato ed il fenomeno migratorio del presente con la lente della demografia, importante per comprendere i mutamenti degli equilibri geopolitici. E la vecchia Italia, nel caso in cui la natalità rimanga invariata nei prossimi anni e decenni, ovvero catastroficamente bassa, sarà destinata ad essere sempre più incalzata dai Paesi giovani aldilà del Mediterraneo. Un Paese vecchio e rassegnato sa lamentarsi degli immigrati, ma non persegue l’unico obiettivo che possa ridurli: la nascita, finalmente, di un numero ragionevole di italiani.
Il conflitto tra generazioni ha dunque sempre avuto un peso nella storia tra le nazioni, ma anche all’interno delle stesse nazioni. Quando una generazione più giovane vuole prendere il posto di quella anziana si parla educatamente di “ricambio generazionale” o, più crudamente, di “rottamazione”. E le giovani generazioni assumono un ruolo di primo piano nello scontro, nell’agitazione, nel movimento. Fortunatamente, nelle democrazie e nei loro partiti, per lungo tempo i giovani sono cresciuti in un contesto non di rottura, ma di fraterna comunione con gli anziani. Lo spirito non era quello della lotta fra classi di età, ma di staffetta tra generazioni. Eppure, qualcosa negli ultimi anni segnala che questo delicato equilibrio potrebbe rompersi.
Ugo Intini individua almeno due terreni sui quali rischia di esplodere il conflitto tra giovani ed anziani: quello delle pensioni e quello del lavoro.
La spesa per le pensioni in Italia ha raggiunto livelli inopinatamente elevati: nel 1901 il nostro bilancio pubblico per l’istruzione era quasi sette volte più grande di quello per la previdenza; nel 1951 si è arrivati al pareggio; adesso le pensioni pesano quattro volte più della scuola. I giovani accusano i seniores di aver versato con i contributi previdenziali molto meno di quanto hanno incassato o incasseranno in pensione, considerata anche la più lunga aspettativa di vita. Gli anziani resistono facendo leva sui diritti acquisiti.Ugo Intini evidenzia come la vicenda dei contributi di solidarietà sulle pensioni d’oro sia solo la punta dell’iceberg: se passa il concetto che la massa di denaro distribuita ai pensionati non sia coperta dai contributi versati, ad essere toccati non saranno solo i pensionati d’oro ma potenzialmente tutti coloro che hanno maturato la pensione con il sistema retributivo. Lo squilibrio tra i contributi precedentemente versati dagli anziani e la somma erogata dallo Stato era pari nel 2012 a 46 miliardi di Euro, su un totale di 186,9 miliardi di Euro distribuiti a 11,3 milioni di pensionati. E la lotta fra classi potrebbe trovare proprio su questa immensa torta un terreno di scontro cruento: il patto intergenerazionale secondo il quale i giovani lavorano per pagare le pensioni agli anziani, perché i bambini di oggi contribuiranno a pagare le loro pensioni in futuro inizia a scricchiolare. Qui Ugo Intini difende le ragioni degli anziani e denuncia gli argomenti a suo avviso “liberisti” che oppongono il sistema “virtuoso” del contributivo a quello “assistenziale” del retributivo.Ma anche il lavoro è un altro possibile terreno di scontro fra classi di età. La disoccupazione giovanile tocca in Italia livelli impressionanti: il 40 per cento, contro il 7,6 della Germania o il 25,4 della Francia. Se quasi un giovane su due in Italia è senza lavoro, il tasso di occupazione fra gli anziani è invece al livello dei Paesi più virtuosi: il 5,2 per cento nella fascia di età tra i 60 e i 64 anni.
Mentre dunque in una società normale i giovani dovrebbero lavorare più dei vecchi, da noi avviene il contrario, con il danno evidente per l’economia in generale, privata dell’apporto di energie fresche. Intini però ci fa anche riflettere su come da noi i dati su scolarizzazione siano drammatici e quindi ci pone il dubbio che non sempre esistano competenze adeguate per sostituire chi va in pensione.
Troppe le lauree di tipo umanistico, proporzionalmente molto di più di fine ‘800 quando si avevano idee molto più chiare su quali percorsi universitari consentissero di cavalcare il progresso scientifico: nel decennio 1881-1890 gli studenti universitari di materie scientifiche erano il 32,8 per cento del totale, contro l’attuale 20 per cento.
L’autore pone in evidenza un altro elemento: la legge stabilisce in modo uguale per tutti il momento del passaggio dal ruolo attivo al pensionamento, il che sembrerebbe in contraddizione con la enfatizzazione dei principi opposti ispirati al liberismo dominante di enfatizzazione delle scelte individuali. Perché allora, non consentire una maggiore progressività per l’uscita dal lavoro per le persone anziane?
Il libro di Intini offre una nuova chiave di lettura per l’economia e per il costume e ci spiega come l’invecchiamento della popolazione influenzi vari aspetti del nostro vivere sociale. Siamo un Paese che consuma poco, dove si compra poco, dove si moltiplicano i mercatini di roba antica o vecchia; dove le aziende investono poco per rintanarsi nelle prudenze familiari; dove sono diventati vecchi la letteratura, il cinema, la musica; dove i protagonisti dei media sono sempre gli stessi e non solo.Dunque un bel libro, molto ben documentato, di agevole lettura e quanto mai utile per capire il presente, come confermato da quattro notizie “vecchie” meno di un mese: la Corte Costituzionale in una recente sentenza ha affermato la legittimità del contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro; Pippo Baudo, alla veneranda età di 80 anni, probabilmente sarà il conduttore di Domenica In nella prossima stagione televisiva Rai; l’Italia è il Paese con il tasso di natalità più basso dell’Unione Europea; la Cassazione ha restituito la figlia ad una coppia di genitori anziani, affermando il principio che, se sussiste la capacità genitoriale, non ci sono limiti di età per essere padre e madre.