Erdo?an, la Nato e il mondo secondo Trump - Limes

L’approccio di Donald Trump al mondo è di natura soltanto economicistica e, qualora fosse eletto, dovrebbe necessariamente rinnegarlo.Nella sua visione gli Stati Uniti dovrebbero spendersi in favore degli alleati o intervenire militarmente in territorio altrui soltanto se ne possono trarre un beneficio materiale. Nelle sue parole: «non ha senso impegnarsi in giro per il mondo per poi registrare 800 miliardi di dollari di deficit commerciale». Addirittura Washington dovrebbe stabilire se difendere una nazione in base al contributo economico che questa le garantisce.Di qui un semi-isolazionismo che, contrariamente al passato, è frutto della volontà di concentrarsi sul profitto, piuttosto che avvalersi dell’insularità conquistata dagli avi in territorio nordamericano attraverso le guerre espansionistiche. Soprattutto, a differenza della presidenza Obama, si tratterebbe di un non-interventismo del tutto privo di afflato imperiale. Come dimostrato dalla ritrosia di Trump a riconoscere al suo paese qualsiasi superiorità morale («chi siamo noi per criticare la politica domestica dei governi stranieri?»).Con l’America che non avrebbe più come obiettivo ultimo la conservazione della propria supremazia, quanto il perseguimento dell’esclusivo ritorno economico. Ovvero la strategia di una nazione che ha rinunciato al primato globale. Ma storicamente l’abdicazione di una superpotenza avviene per cause strutturali, non per volontà o insipienza di un (potenziale) leader. E gli Stati Uniti possiedono ancora i requisiti economici, demografici, militari per mantenersi egemone anche nel prossimo futuro.Così, se giungerà alla Casa Bianca, Trump sarà indotto dagli apparati federali e dal Congresso, poteri nettamente superiori a quelli del presidente, a tingere di dimensione imperiale il suo economicismo. E a difendere i paesi baltici in funzione anti-russa, anche se questi non avranno speso in difesa la quota richiesta del loro pil.