Il mercato dice: probabilità di default Italia a 5 anni 15,5%!

Oscar Giannino

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Sono appena reduce da una trasmissione a Rai3 dalle 12,15 alle 13 in cui sembravo scendere da Marte. L’unico a indicare la necessità di tagli alla finanza pubblica. L’unico a indicare la necesità di prestare orecchio ai mercati, che dicono a tutti i paesi Ocse di limitare deficit e debito pubblico. Gli altri, il pm dottor Ingroia per la magistratura, un ricercatore per l’università, una precaria della scuola e via procedendo, per illustrare la totale inaccettabilità delle misure per ciascun comparto a nome del quale parlavano, usavano termini come “massacro”, “strage di legalità” et similia. Ingroia ha liquidato cortesemente gli esempi delle circoscrizioni giudiziarie che con le attuali dotazioni, sotto la guida di magistrati capaci di dare efficienza ai colleghi, hanno abbattuto pendenze e durate dei procedimenti in Tribunali e Corti d’Appello anche del 70% in un paio d’anni, sostenendo che mica si tratta di sedi esposte alla grande criminalità come Gela e Crotone. Solo che c’è anche Torino, tra chi ha ottenuto quei risultati, mica solo piccoli centri come Bolzano. Marco Rizzo, dei Comunisti italiani, benignamente mi ha concesso che i mercati dicono proprio quel che sostengo io, ma infatti sono i mercati a sbagliare, perché espressione di una cricca di pochi grandi soggetti internazionalizzati il cui fine è abbattere i governi e affamare i popoli. Questione di punti di vista, naturalmente. Michele Mirabella, conduttore, ci ha tenuto a sottolineare molto civilmente che per questo ero stato invitato, per esporre un punto di vista diverso. Peccato che, solo contro tutti che amabilmente sorridevano scuotendo il capo, sembrassi proprio il marziano a Roma di Flaiano. Forse è il caso che ci riflettiamo allora tutti, su questi dati freschi freschi sui debiti sovrani che stamane hanno rimbalzato su tutti gli schermi. L’Italia, alla fine del secondo trimestre 2010, ha visto innalzarsi la stima delle sue probabilità di default al 15,5%, dal 9,7% di tre mesi prima. Ed è sesta nella graduatoria mondiale dei Paesi più a rischio. Come si possa raccontrare alla gente, in queste condizioni, che i tagli sono cose da pazzi, è proprio cosa da pazzi. Ripeto: non sto parlando qui della logica lineare dei tagli della manovra, che ho molto criticato anch’io. Parlo dei tagli in quanto tale, quando in realtà ne occorrerebbero – rectius: ne occorreranno, con certezza – tre, quattro e cinque volte di più. Perché l’atmosfera di incertezza sui bond sovrani europei resta molto forte, come ammoniscono oggi il bollettino di luglio della BCE e Mario Draghi all’ABI. Ma vediamo mmeglio, ne vale la pena. Ieri il premier spagnolo Zapatero ha ammonito le Cortes che la manovra varata non basta, occorre tagliare di più. E il Financial Times oggi in un suo editoriale chiede che l’euroarea lavori con buona lena a introdurre nel trattato una clausola esplicita per l’exit dalla moneta unica, prima di trovarsi a breve in altri guai senza razionale via d’uscita. Sono tutti pazzi, e ha ragione Marco Rizzo? Neanche per idea. Grazie al paziente lavoro di silloge svolto da Calculated Risk che ha riordinato un bel po’ di dati, anche i non addetti ai lavori possono farsi un’idea della persistente gravità della situazione dei debiti pubblici, checché dicano governi e banche centrali nella loro fisiologica attitudine a contrastare la sfiducia.

A quanto ammontano i debiti pubblici mondiali? A fine 2009, l’astronomica cifra era di 34 mila miliardi di dollari, qui i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, con i 23 Paesi oltre i 100 miliardi di $ di debito, e l’aumento relativo 2007-09. Attenti che il debito USA di fine 2009 a 7,8 triliardi (1 triliardo uguale mille miliardi) di dollari è di molto sottostimato: nel debito federale ufficiale non rientra infatti, per norme contabili USA, il debito di 8,1 triliardi a fine 09 relativo a Freddie Mae e Fannie Mac integralmente pubblici, né i 4,1 triliardi relativi al debito sanitario e previdenziale pubblico. In parole povere, il debito pubblico “vero” USA batte tutti glia ltri, con oltre 20mila miliardi di dollari ed è già dunque al 115% del GDP USA, come quello italiano a fine 09. Aggiungo che nel primo trimestre 010 il debito pubblico tedesco, qui quinto dopo Giappone, USA, Italia e Francia, ci ha superato ed è a oggi il terzo al mondo per consistenza, poi Italia quarta e segue Francia. In ogni caso, il debito pubblico totale è aumentato di oltre il 30% in due anni. Non sono pazzi, i mercati, a diffidarne. A fine anno scorso, prima dell’esplosione dell’eurocrisi, il debito pubblico era già diventato la voce di debioto più pesante al mondo, rispetto ai bonds privati.

Ma il default di Stati sovrani, è un evento raro, il timore agitato solo da liberisti lunatici? Manco per niente. Qui, la distribuizione annuale secondo il FMI dei ben 244 espisodi di default sovrani negli anni tra il 1824 e il 2004. Qui i singoli Paesi in default per anni, dal 1820 al 1920. Qui, quelli tra il 1920 e il 1980. Qui, i successivi sino al 2003. Come dite? Che a stragrande maggioranza sono Paesi latino americani e Africani, tranne poi quelli ex comunisti? Certo, certo. Ma Grecia e Spagna sono plurifallite, nella storia, mica no. E dunque, mai dire mai. Questo intero post vi dà brevi cenni sulla più recente letteratura specializzata e sulle metologie seguite su come predire le crisi sovrane. Questo è il più recente paper del FMI in materia, di Paolo Manasse, Nouriel Roubuini e Axel Schimmelpfennig.

Andiamo alla conclusione. Qui la stima fatta da CMAVision delle probabilità di default dei debiti sovrani nazionali per singolo Paese di qui a 5 anni, alla fine del primo e del secondo trimestre 2010. La metodologia è complessa, non si basa sui CDS troppo volatili, ma sui premi di liquidità rispetto ai titoli pubblici USA che come vedete il mercato continua a giudicare più sicuri di tutti stante che il dollaro è il tallone monetario globale. La stima è ulteriormente complicata perché ogni debito pubblico ha duration temporali diverse, rispetto a quella media USA. In ogni caso, come vedete a livello mondiale al 30 giugno scorso la media di probabilità di default mondiale era del 7,4%, e cioè rispetto ai 34 triliardi di debito di fine 2009 diventati intanto più di 39 triliardi, quasi 3mila miliardi di dollari erano considerati a fortissimo rischio. Ma vi invito a riflettere sul fatto che dopo la Grecia -53% di probabilità di default – Argentina al 48%, Portogallo al 23,6%, Irlanda al 20,8%, viene l’Italia con il 15,5%. Prima della Turchia, dell’Indonesia e di tutti gli altri.

Sono io il lunatico? O chi protesta e illude dicendo che dei tagli si può e si deve fare a meno? Lo Stato è corruttore di verità e dissipatore di tempo, come sempre.