Il mistero della pietra della fertilità custodita in una chiesa: nel Salento il culto è millenario

La 'Sacra roccia di San Vito' conficcata nel suolo a Calimera, in provincia di Lecce, simboleggia la femminilità e ha un diametro di 40 centimetri: "Chi la attraversa viene rigenerato"


Mario Desiati

Un giorno una donna mi disse: "Sai che in Puglia ancora ci sono tracce dell'antico culto della Dea Madre?" e un grande varco pieno di luce si spalancò innanzi ai miei occhi. Vorrei cominciare il piccolo viaggio di questa estate da questa domanda retorica, dunque dai culti antichi, quelli che hanno preceduto il cristianesimo, ma anche la Magna Grecia. Vorrei cominciare da una pietra, una grande pietra, della stessa famiglia dei mastodontici massi di Stonehenge, ma qui, nel Salento nella terra degli ulivi, delle specchie e le pajare dalle pietre sottili, terra rossa, muretti a secco.

Ci voglio arrivare piano, prima di descriverla, voglio girarci attorno perché attraverso quella pietra, una volta conosciuta e guardata, si prova la vertigine. A Calimera in provincia di Lecce, è stata costruita una piccola chiesa consacrata a San Vito. Le fondamenta furono poste alla fine del XV secolo in una foresta di lecci, mirti, querce, rovi e un piccolo ruscello che oggi non c'è più. Quella chiesa non fu costruita in un fitto bosco per caso. Lì c'era una strana pietra conficcata nel suolo diversi millenni fa. Il megalite è chiamato la Sacra Roccia di San Vito. Il bosco oggi è meno fitto, ma altrettanto suggestivo, non scorrono torrenti, ma ogni lunedì dell'Angelo dopo la santa Pasqua, i pellegrini percorrono i sentieri nel verde per raggiungere la chiesetta di San Vito e chiedere grazia e fertilità.

Fertilità appunto. La pietra è un masso calcareo con un foro, questo genere di megalite è detto Menantol. Attraverso la fessura, (un diametro di appena 40 centimetri) ci possono passare dei bambini, oppure qualche affusolatissimo adulto. I dolmen, i megaliti, le pietre sacre della preistoria raramente sono inglobati del rito cristiano. Ma una pietra così particolare, con quel foro e quella forma ha troppo potere simbolico per non essere considerata da qualunque religione. La tradizione vuole che chi l'attraversa ne è rigenerato. Si tratta di una rinascita vera, senza peccato e senza malattia (non è un caso che ciò avvenga il giorno successivo alla Resurrezione); leggenda vuole che quella pietra forata si adatti alle dimensioni della persona che ci passa dentro.

La Sacra Roccia è in una chiesa consacrata al culto di San Vito come tantissime chiese di campagna in Puglia, poiché San Vito era un santo che si invocava in caso di ferite e morsi subiti da animali, nonché un santo che veniva pregato quando qualcuno si ammalava in famiglia e la malattia non era dovuta ad epidemia (in quel caso c'era San Rocco). Guide e studi in lingua italiana paragonano la forma della pietra a un utero. Ma a vederla bene la forma è più una vagina. Ora i frammenti del puzzle di questa storia si ricompongono tutti lentamente: un megalite con un foro che risale alla preistoria oggi viene considerato miracoloso. Sopra questa pietra ci fu edificata una chiesa proprio perché già ne esisteva il culto. Un culto di millenni fa. Uomini e donne che lo veneravano considerandolo miracoloso, simbolo di fertilità e purezza.

È il residuo di un'antica cosmogonia prettamente femminile e come tutte le cosmogonie femminili, con una potente inclinazione al rapporto con la terra, la nascita, ma anche la morte che era vista come l'inizio di una nuova vita. Leggendo l'Asino d'oro di Apuleio c'è un passaggio che parla dei popoli veneratori di dee femminili e tra questi ci sono coloro che "vengono rischiarati per primi dal sole", ossia, a Sud Est, ossia i pugliesi. "Là i Frigii primigenii mi chiamano madre degli dei di Pessinunte, qui gli autoctoni Attici Cecropia Minerva, di là i Ciprioti marittimi Venere Pafia, i Cretesi sagittari Diana Dictinna, i siculi trilingui Stigia Proserpina, gli Eleusini antica dea Cerere, altri Giunone, altri Bellona, questi Ecate, quelli Ramnusia; e quelli che vengono rischiarati dai primi raggi del sole nascente, e gli uni e gli altri Etiopi, e gli Egizi ricchi di antica sapienza, onorandomi con le cerimonie che mi sono proprie, mi chiamano con il vero nome regina Iside". (L'asino d'oro, XI, 5)

Non è un caso che anche l'imponente Menhir di Canne, sia rivolto a Est. Nella zona di Arnesano presso Lecce, fu ritrovata nel secolo scorso una statua che riportava le fattezze di una divinità femminile. Recentemente a Palese durante alcuni lavori edilizi furono rivenuti dei sepolcri risalenti a 7500 anni fa e dentro uno
di questi accanto ai resti degli scheletri c'era una statuina che sembrava avere le fattezze della Mater dea. La vagina di pietra nascosta in una chiesa di campagna è uno dei più potenti simboli che abbiamo, incrocio di sincretismo, ossia di culture, religioni e filosofie diverse. La Sacra Roccia custodisce tutta la storia umana, l'inizio, la nascita, nell'enorme valore sincretico di una pietra forata conficcata nel suolo, qui nella regione dove gli dei erano donne.

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