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  1. #1
    Vedo la mano invisibile
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    Predefinito Articolo sulle scuole economiche

    Era un sogno. La scienza economica - una parte, almeno - ha accarezzato per anni l'illusione di avere un unico metodo. Capace magari di sostenere, di volta in volta, questa o quella scelta politica. Come se fosse davvero possibile, in una controversia, sedersi di fronte ai nostri abachi elettronici e calcolare.
    La polifonia delle scuole economiche non si è mai trasformata in monodia e forse non poteva. A dividere gli economisti c'è sempre stata una faglia importante: quella tra chi ritiene utile avere come stella polare un'idea astratta di mercato, privo di moneta, che tende quasi sempre all'equilibrio - tenendola in tensione con la realtà disordinata degli scambi, dei prestiti e soprattutto del lavoro - e chi pensa che sia meglio credere che quell'equilibrio non si raggiunga mai, per l'incertezza della realtà, per il ruolo travolgente del denaro, per la natura dei mercati o le diseguaglianze sociali.
    Alla scuola dell'equilibrio appartiene la grande corrente ortodossa, quella della sintesi neoclassica. È lei che ha alimentato il sogno di un metodo unico e infatti in essa convivono posizioni liberiste e interventiste. Disegna un mondo un po' irreale, dove famiglie e imprese massimizzano utilità e profitti e il denaro è un "velo" ininfluente nel lungo periodo. Su queste basi, con tanta matematica, prova allora ad assorbire intuizioni delle altre scuole. Con Michael Woodford l'approccio ha così raccolto anche la sfida della nuova macroeconomia classica, erede del monetarismo, attenta alla microeconomia, e da sempre scettica sulla politica economica che "mangia se stessa". La distinzione tra le due scuole è ora molto labile, ed entrambe sono state accomunate dall'incapacità di prevedere e spiegare la crisi.
    Qualcun altro, invece, l'aveva vista: e non sorprende che sia tra coloro che considerano "naturale" lo squilibrio. Gli austriaci innanzitutto, eredi di Ludwig von Mises. Amati dai mercati finanziari, sono ultraliberisti a cui non spaventa riconoscere che il "processo di mercato" non può fermarsi, né che un flusso eccessivo di denaro sia dirompente. Imprigionata in un aristocratico manierismo privo di matematica, avversaria delle regole, la scuola ama due istituzioni che delle norme hanno però bisogno: le corporations, quasi impossibili senza responsabilità limitata, e la riserva bancaria al 100 per cento.

    Hanno visto arrivare la recessione anche gli economisti della galassia postkeynesiana, soprattutto quelli legati all'altro nume nascosto di Wall Street, Hyman Minsky. Conservando l'enfasi sulla piena occupazione, irraggiungibile spontaneamente, sono interventisti al punto, a volte, da dimenticare i danni del debito pubblico. Rifiutano l'approccio della massimizzazione e sono attenti al ruolo della moneta. Vicini a essi sono anche gli ultimi eredi del marxismo (più che di Marx, condannato a restare ancora un monumento), concentrati sui conflitti sociali e affannati nella ricerca di un'ortodossia; e la promessa mancata della scuola di Piero Sraffa, raffinata, adattabile a tanti assetti istituzionali, concentrata però sul lungo periodo e un po' disattenta al ruolo della moneta. Solo per lei la crisi non è stata l'occasione per far risentire la sua voce.
    Quante tribù... In concreto sono spesso le scelte e i preconcetti politici a dividerle davvero. Non sempre i discorsi dei liberisti di scuole alternative - o degli interventisti - sono davvero così diversi: le differenze tra le proposte - troppe volte "one-size-fits-all", "a taglia unica" - sono di grado, non di natura. E il cittadino che cerca consiglio (e magari lavoro) si ritrova a pensare, un po' sconsolato, che la realtà è molto più complessa della loro filosofia.
    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Gli italiani e le scuole

    Duccio Cavalieri Università di Firenze
    Giovanni Mazzetti Università della Calabria
    Emiliano Brancaccio Università del Sannio
    Guido Tabellini Università Bocconi di Milano

    I filoni della ricerca neomarxista italiana vedono alcuni tra i suoi interpreti in Riccardo Bellofiore (Università di Bergamo), Stefano Perri (Università di Macerata), Duccio Cavalieri (Università di Firenze), Giovanni Mazzetti (Università della Calabria). Di impostazione marxista, ma aperti ad innovazioni ispirate da Keynes e Sraffa, sono Giorgio Lunghini (Università di Pavia), Ernesto Screpanti (Università di Siena) ed Emiliano Brancaccio (Università del Sannio).


    Neomarxisti

    Luigi Pasinetti Università Cattolica di Milano
    Alessandro Roncaglia Università di Roma La Sapienza
    Massimo Pivetti Università di Roma La Sapienza
    Fanno parte di questo gruppo Pierangelo Garegnani (Roma Tre), Luigi Pasinetti (Cattolica di Milano), Massimo Pivetti (Roma, La Sapienza), Giancarlo De Vivo (Napoli "Federico II"). Il gruppo di Garegnani si riunisce al Centro Ricerche "Piero Sraffa", presso l'Università Roma Tre. Rientrano in questa scuola anche Neri Salvadori (Pisa) e Maria Cristina Marcuzzo (La Sapienza di Roma).
    Sraffiani
    Ugo Pagano Università di Siena
    Adriano Giannola Università Federico II di Napoli
    Riccardo Realfonzo Università del Sannio
    In Italia sono gli allievi di Augusto Graziani (La Sapienza di Roma): presso l'Università del Sannio sono attivi Riccardo Realfonzo e Giuseppe Fontana, mentre alla Federico II di Napoli ci sono Adriano Giannola (da poco presidente della Svimez) e Lilia Costabile. Vicini sono Marcello De Cecco (Roma, La Sapienza), Paolo Leon (Roma Tre), Alessandro Vercelli (Siena). Dialogano con la scuola postkeynesiana istituzionalisti eterodossi come Ugo Pagano (Università di Siena)


    Postkeynesiani
    INTERVENTISTI
    Non credono nell'equilibrio del mercato: necessario l'intervento pubblico con un mix di politiche fiscali e monetarie espansive
    Aldo Montesano Università Bocconi di Milano LIBERISTI
    Il mercato assicura equilibrio
    tra domanda e offerta. Le politiche fiscali sono efficaci solo nel breve
    e dannose nel lungo periodo

    Sintesi neoclassica
    La Bocconi di Milano è il centro della ricerca mainstream in Italia: vi insegnano Guido Tabellini, Francesco Giavazzi e Roberto Perotti. Alberto Alesina insegna ad Harvard, Fiorella Kostoris Padoa Schioppa alla Sapienza di Roma e Marco Pagano alla Federico II di Napoli. Alla Bocconi insegna anche Tito Boeri. Riconducibili al mainstream anche Luigi Zingales (università di Chicago), Luigi Spaventa (La Sapienza di Roma) e Marcello Messori (Tor Vergata).

    Alberto Alesina Università di Harvard
    Roberto Perotti Università Bocconi di Milano


    Monetaristi

    È la scuola che fa riferimento a Milton Friedman. Vi rientra l'ex ministro Antonio Martino e per alcuni contributi Franco Spinelli (Brescia). Aperti al monetarismo gli economisti nelle banche centrali, come Tommaso Padoa Schioppa e Lorenzo Bini Smaghi. Alla estremità della impostazione neomonetarista Alberto Bisin e Michele Boldrin, che insegnano negli Usa.

    Alberto Bisin New York Unversity
    Michele Boldrin Washington University


    Neoaustriaci

    Le posizioni ultraliberiste della scuola neoaustriaca che ha sviluppato le tesi di Mises e Hayek.
    I neoaustriaci italiani trovano un punto di riferimento nell'Istituto Bruno Leoni, il cui presidente onorario è Sergio Ricossa. Ricossa e lo scienziato delle finanze Domenico Da Empoli (Roma "La Sapienza") sono membri della Mont Pelerin Society fondata da Hayek. Studioso delle posizioni neoaustriache è, tra gli altri, Carlo Zappia, dell'Università di Siena.
    Sergio Ricossa Presidente dell'Istituto Bruno Leoni Carlo Zappia Università di Siena
    Domenico Da Empoli Università di Roma La Sapienza


    http://www.ilsole24ore.com/art/comme...g7B&fromSearch
    Ultima modifica di -Duca-; 15-07-10 alle 04:25
    La verità produce effetti anche quando non può essere pronunciata.

    L. von Mises

    SILENDO LIBERTATEM SERVO

  2. #2
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    Predefinito Rif: Articolo sulle scuole economiche

    la "sintesi neoclassica" non esiste più dagli anni settanta

    di "monetarismo" poi non si sente più parlare dal '85, più o meno
    Ultima modifica di Feliks; 15-07-10 alle 11:34

  3. #3
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    Predefinito Rif: Articolo sulle scuole economiche

    Citazione Originariamente Scritto da Feliks Visualizza Messaggio
    la "sintesi neoclassica" non esiste più dagli anni settanta

    di "monetarismo" poi non si sente più parlare dal '85, più o meno
    Parte di questa roba è finita nel new keynesianism,in proposito c'è un bel discorso di Bernanke in occasione di un compleanno di Friedman che spiega bene a che livello di confusione siano arrivati

    Tra gli austriaci in italia mi viene in mente Colombatto a Torino
    Ultima modifica di Phileas; 15-07-10 alle 12:23

  4. #4
    Vedo la mano invisibile
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    Predefinito Rif: Articolo sulle scuole economiche

    l'articolo è impreciso e pressapochista, però l'idea in sé non è male..
    La verità produce effetti anche quando non può essere pronunciata.

    L. von Mises

    SILENDO LIBERTATEM SERVO

  5. #5
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    Predefinito Rif: Articolo sulle scuole economiche

    L'ideologia è soltanto un vecchio arnese - Il Sole 24 ORE


    L'ideologia è soltanto un vecchio arnese


    Monetaristi, keynesiani o marxisti? No, solo economisti. Il lettore del Sole 24 Ore che abbia seguito il dibattito tra gli economisti potrebbe essere piuttosto sconcertato e trarne una sola conclusione: gli economisti sono divisi in tribù e non si mettono d'accordo su nulla. In una recente lettera pubblicata sul Sole, 100 economisti italiani si sono espressi negativamente sulle politiche di austerità dei governi europei. Alcuni economisti che lavorano o hanno lavorato in università estere come Alberto Alesina e Roberto Perotti (24 e 26 giugno) hanno espresso considerazioni assai diverse e Alberto Bisin e Michele Boldrin (27 giugno) hanno criticato la lettera evidenziandone le incoerenze logiche. Le controrepliche non si sono fatte attendere. In un articolo del 14 luglio, Il Sole 24 Ore ha sintetizzato quello che gli pare essere lo stato della disciplina economica classificando molti economisti italiani in innumerevoli scuole di pensiero: liberisti, post-keynesiani, marxisti, monetaristi, sraffiani, neoclassici.

    Se questo fosse lo stato della scienza economica nel 2010, sarebbe davvero deprimente. Che scienza è quella in cui ci si distingue in scuole, peraltro chiaramente legate a opinioni politiche? Per fortuna le cose non stanno così. In tutti i dipartimenti di economia del mondo in cui si fa ricerca scientifica, da Harvard a Stanford alle migliori scuole europee, gli economisti non si distinguono in base a faziose visioni del mondo, ma solo in base alla specializzazione scientifica. Vi sono gli economisti teorici che sviluppano modelli, ad esempio di teoria dei giochi, per studiare le interazioni tra agenti economici; quelli empirici che lavorano con i dati e studiano specifici problemi come, ad esempio, l'impatto di una riforma sull'offerta di lavoro; gli econometrici, che affinano le metodologie statistiche per analizzare i dati; i macroeconomisti, che studiano il ciclo e la crescita economica; gli economisti finanziari che si occupano dei mercati e delle istituzioni finanziarie; gli economisti sperimentali, che sottopongono i modelli teorici a verifica in laboratorio; e tanti altri specialisti.
    La scienza economica progredisce con ricercatori che propongono nuove teorie e altri che le sottopongono a verifica empirica. Così si fa in economia, così come si fa in tutte le scienze. I ricercatori di economia cercano solo di capire i fenomeni economici con gli strumenti matematici e statistici che negli anni hanno sviluppato, non vogliono proporre una visione del mondo. In macroeconomia, dove negli anni 70 si dibatteva tra keynesiani e monetaristi, oggi le differenze, quando ci sono, sono legate principalmente ad aspetti tecnici dei modelli che si utilizzano. C'è allora un accordo completo su tutte le questioni? Certo che no, c'è un dibattito scientifico che va avanti e vengono espresse valutazioni diverse. Negli Stati Uniti tutti hanno notato le differenze di opinioni sulla crisi economica e sui conseguenti interventi governativi tra economisti come Paul Krugman e altri come Eugene Fama. Questo dibattito scientifico deriva dal fatto che si fa fatica a scoprire la verità, semplicemente perché il ciclo economico, la crescita, le crisi finanziarie, etc. sono fenomeni molto complicati dei quali abbiamo ancora una comprensione tutt'altro che perfetta.

    Quando si passa dalla comunità scientifica internazionale al caso italiano, la situazione si presenta alquanto diversa. Nelle facoltà di economia di vari atenei italiani ci sono ancora marcate differenze e molti economisti, soprattuto quelli più anziani, ancora ostentano fieramente appartenenza a una scuola di pensiero. Piuttosto diffusi, per esempio, sono gli "sraffiani", economisti che hanno studiato di solito a Cambridge decenni fa, allievi più o meno direttamente di Piero Sraffa. Purtroppo per loro, la scienza economica da allora è andata avanti e oggi le tesi di Sraffa (la cui opera principale è del 1960) non sono più parte del dibattito scientifico. Gli sraffiani oramai esistono solo in Italia, in qualche oscuro dipartimento inglese e forse in qualche università dell'India.

    Lo stato del dibattito italiano è preoccupante. Perché quando le posizioni di uno studioso sono dettate dall'appartenenza a una scuola di pensiero, non si fa analisi scientifica, nella migliore delle ipotesi si fa studio della storia del pensiero economico, nella peggiore si fa mera propaganda politica. L'appello dei 100 economisti ne è un lampante esempio: si basa su teorie marxiste (come già spiegato da Bisin e Boldrin), a cui la comunità scientifica internazionale non dà alcun valore, semplicemente per lanciare un messaggio politico. Non a caso l'appello ci spiega all'inizio che «l'attuale instabilità della Unione monetaria costituisce l'esito di un intreccio ben più profondo tra la crisi economica globale e una serie di squilibri in seno alla zona euro, che derivano principalmente dall'insostenibile profilo liberista del Trattato dell'Unione». È questa un'affermazione scientifica? Ovviamente no, è solo una dichiarazione ideologica. Gli economisti che si identificano con scuole economiche vivono nel passato perché i paradigmi ai quali si ispirano non hanno fatto alcun progresso da decenni. Non a caso, due di questi economisti, Canale e Realfonzo (15 luglio), invitano noi colleghi a rileggere Keynes. Come se un fisico o un chimico invitassero i colleghi a leggere libri di due secoli fa. Se ne sono fatte di scoperte scientifiche nel frattempo, in fisica come in chimica come in economia. In alcune facoltà di economia italiane ci sono bravissimi economisti che fanno ricerca scientifica di alto valore, dalla Bocconi di Milano all'Università di Napoli. Solo concorsi universitari basati su criteri scientifici internazionali permetterano al nostro paese di avere sempre più giovani studiosi di economia che facciano ricerca come la si fa nei migliori dipartimenti di economia del mondo. La smetteremo così anche in Italia di essere marxisti o monetaristi e saremo solo economisti.

    Antonio Guarino insegna alla London School of Economics
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  6. #6
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    Predefinito Rif: Articolo sulle scuole economiche

    Che schifezza, ma ci sono ancora coglioni marxisti e keynesiani al giorno d'oggi???? Siamo proprio all'inciviltà. E poi si lamentano della crisi.
    Tu ne cede malis, sed contra audentior ito, quam tua te Fortuna sinet.


  7. #7
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    Predefinito Rif: Articolo sulle scuole economiche

    Citazione Originariamente Scritto da Feliks Visualizza Messaggio
    L'ideologia è soltanto un vecchio arnese - Il Sole 24 ORE


    L'ideologia è soltanto un vecchio arnese


    ...
    Sarà...ma resta il fatto che l'economia ha cessato da molto tempo di essere scienza. Consiglierei Boettke PJ WHERE DID ECONOMICS GO WRONG? MODERN ECONOMICS AS A FLIGHT FROM REALITY e H Demsetz EFFICIENCY AND INFORMATION ANOTHER VIEWPOINT
    Ultima modifica di Phileas; 18-07-10 alle 13:02

  8. #8
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    Predefinito Rif: Articolo sulle scuole economiche

    Citazione Originariamente Scritto da Phileas Visualizza Messaggio
    Sarà...ma resta il fatto che l'economia ha cessato da molto tempo di essere scienza. Consiglierei Boettke PJ WHERE DID ECONOMICS GO WRONG? MODERN ECONOMICS AS A FLIGHT FROM REALITY
    Sapete che non sono daccordo

  9. #9
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    Predefinito Rif: Articolo sulle scuole economiche

    Citazione Originariamente Scritto da Feliks Visualizza Messaggio
    Sapete che non sono daccordo
    Si puo' essere non d'accordo ma è proprio così
    Aggiungi Demsetz per la nirvana fallacy

    Il guaio è che essendo solo chiacchiera numerologica su modelli ideali diventa automaticamente, necessariamente un'arma politica
    Ultima modifica di Phileas; 18-07-10 alle 13:05

 

 

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