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    Vedo la mano invisibile
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    Thumbs down I taglia alla finanziaria non esistono

    I TAGLI DELLA FINANZIARIA NON ESISTONO: AUMENTANO SPESE E TASSE
    Written by Mario Baldassarri

    Thursday, 15 July 2010 062


    Pubblichiamo l'intervento di Mario Baldassarri, Presidente della Commissione Finanze del Senato, pronunciato in aula il 14 luglio 2010

    Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, consegnerò il testo scritto del mio intervento, che tenterò di sintetizzare in questo intervento orale. Partirò da due premesse che giudico fondamentali, proseguirò con due riflessioni e darò qualche elemento di valutazione della manovra, almeno così come la conosciamo a questa mattina.
    Ciò rende un po’ surreale questo dibattito, perché discutiamo di un testo che poi dovrà essere rimodificato nell’annunciato maxi emendamento. Questa, però, può essere un’opportunità perché questo dibattito potrebbe, in qualche modo, trovare una misura d’ascolto da parte del Governo e del relatore, magari per inserire nel maxi emendamento elementi importanti di rafforzamento e correzione della manovra. Concluderò con l’illustrazione dello schema logico di un pacchetto molto piccolo, composto da 15 emendamenti che ho presentato a mia firma, insieme ad altri 14 colleghi senatori, cercando di puntualizzare almeno tre o quattro aspetti di quello stesso pacchetto di emendamenti.
    Parto dalle due premesse. La prima riguarda l’entità della crisi e quella della manovra.
    Ricordo che nella scorsa sessione di bilancio, quindi sei mesi fa, avevo avuto modo di esprimere un’opinione, cioè la necessità di una manovra strutturale, riformatrice, che avevo quantificato in circa 35 miliardi di euro, addizionali rispetto alla manovra soft che era stata presentata in Parlamento. In quel momento questa proposta fu considerata cervellotica, mi fu attribuito il ruolo del dottor Stranamore, anche se non ho trovato negli elementi di confronto valutazioni che entrassero nel merito di quelle proposte.
    Vorrei far notare, signor Presidente, rappresentanti del governo, onorevoli colleghi, che da dicembre ad oggi quest’Aula e il Parlamento hanno dovuto occuparsi di tre manovre: la legge finanziaria, partita con un’entità di 5 miliardi e chiusa con un’entità di 9 miliardi; il decreto “mille proroghe”, all’interno del quale vi era il gettito una tantum dello scudo fiscale, che ha determinato una seconda manovra da 9 miliardi, e la manovra attualmente in discussione presentata il 31 maggio, pari, come sappiamo, a 25 miliardi di euro.
    Ebbene, l’aritmetica ci conduce a constatare che a dicembre una proposta da 35 miliardi di euro fu giudicata cervellotica e da dottor Stranamore e a maggio siamo arrivati a 9, più 9, più 25, cioè ad una serie di tre manovre, per una entità complessiva – se l’aritmetica non è un’opinione – di 43 miliardi di euro. Questa è la prima premessa.

    La seconda premessa, signor Presidente, fa riferimento a un mistero italiano, che si prolunga da oltre trent’anni, che ha attraversato la Prima e la Seconda Repubblica e che ha attraversato decine di Governi e innumerevoli Parlamenti. Qual è il mistero italiano? Per trent’anni tutti noi – almeno quelli di una certa età, per partecipazione alla vita attiva, economica, sociale e politica italiana – ogni anno, puntualmente, ci siamo trovati di fronte a Governi di varie colorazioni politiche che proponevano mega tagli della spesa.
    Se facessimo la sommatoria, attraverso i giornali dell’epoca, di quante decine e centinaia di migliaia di miliardi di vecchie lire prima e decine di miliardi di euro dopo abbiamo tagliato di spesa pubblica arriveremmo vicini al valore del PIL. Per trent’anni abbiamo tagliato la spesa pubblica e nel frattempo la pressione fiscale è aumentata di dieci punti. Non dimentichiamocelo: a metà degli anni Settanta eravamo intorno al 33-34 per cento, ora siamo oltre il 43-44 per cento di prelievo fiscale. Allora il mistero qual è? Abbiamo tagliato la spesa, abbiamo aumentato le tasse e abbiamo il terzo debito pubblico del mondo: qui l’aritmetica non può più aiutarci, perché il bilancio è fatto di entrate, di spese e di saldi. Se si tagliano le spese e si aumentano le tasse come mai abbiamo il debito pubblico?

    Ecco il trucco, signor Presidente. Ripeto, è un trucco trentennale, rispetto al quale chiedo alla politica di confrontarsi per cambiare metodo. Il trucco consiste nel fatto che tutte le manovre di questi trent’anni – compresa quella che stiamo discutendo – sono riferite a tagli sulle spese tendenziali degli anni futuri, che non esistono, che sono scritte sulla carta, che non sono nell’economia.
    Il taglio sul tendenziale degli anni futuri, che stiamo decidendo in questi giorni nella manovra al nostro esame, nasconde, in realtà, l’aumento della spesa pubblica. Noi qui, oggi e nei giorni prossimi, non decideremo di tagliare la spesa pubblica, ma di aumentarla, perché ciò che conta nell’economia è la spesa pubblica del 2009 e del 2010; per il 2011 non conteranno i tagli sui tendenziali di tale anno, ma conterà, dopo i tagli effettuati, quale sarà la spesa pubblica effettiva del 2011.
    Questo è il cambiamento di metodo che chiedo alla politica e alla responsabilità della rappresentanza politica per smetterla di prenderci in giro dopo 30 anni e ciò non è responsabilità dei singoli Governi in quanto tali, ma collettiva, prima e seconda Repubblica comprese.
    Nei Paesi civili del mondo, quando il presidente Obama o il Presidente degli Stati Uniti di turno fa il messaggio alla Nazione e annuncia il budget non parla di tagli tendenziali, ma dice semplicemente – giusto o sbagliato che sia – che l’anno prossimo nella spesa per la scuola, per la sicurezza, per la difesa e per le infrastrutture, si spenderanno tot miliardi di dollari, che sono dieci in più o in meno rispetto all’anno precedente; la verità, quindi, e non la fantasia dei tagli tendenziali.


    Questa è la seconda premessa, signora Presidente, e proprio da essa discende una valutazione estremamente sintetica della manovra. Sappiamo che la struttura dopo il passaggio in Commissione è rimasta a saldi invariati, ma permettetemi di aggiungere una parola che va di moda, a marchette aumentate, per cui proposte strategiche di politica economica non vengono neanche considerate, ma altri tipi di filamenti, sì. Da ciò consegue la seguente valutazione; la manovra ci dice che si taglia il deficit pubblico di 25 miliardi, e siamo tutti d’accordo sulla necessità e l’urgenza, anche perché è un patto pregresso, fatto a novembre con l’Unione Europea, che nulla ha a che vedere con la crisi greca, poiché era un impegno precedente. Questi 25 miliardi si tagliano attraverso 15 miliardi in meno di spesa e 10 miliardi in più di entrate.

    Tutti questi numeri sono riferiti ai tendenziali 2011‑2012. Fatti questi tagli, sappiamo che stiamo decidendo che rispetto ad oggi la spesa pubblica corrente aumenterà di 26 miliardi, gli investimenti pubblici diminuiranno di 3 miliardi e il totale delle entrate aumenterà di 45 miliardi. Ecco i tre numeri che stiamo decidendo in quest’Aula; sono totalmente d’accordo che ciò sia necessario ed urgente, ma la realtà è che stiamo decidendo di aumentare la spesa corrente di 26 miliardi rispetto ad oggi – quindi la decisione è vera – di ridurre di 3 miliardi gli investimenti pubblici e di aumentare di 45 miliardi le entrate. Se fate i conti, vi ritrovate il taglio di 25 miliardi.

    Questo è quello che stiamo facendo e, al suo interno, c’è una stima di 9 miliardi per la lotta all’evasione; sacrosanta lotta all’evasione. Attenzione, però, quei 9 miliardi, per ben 4 miliardi nel biennio, sono riferiti al provvedimento che riguarda la non deducibilità delle imposte per le imprese, se in presenza di un contenzioso tributario.
    Credo che quella norma francamente sia un po’ folle, anche perché non c’è commisurazione tra potenzialità della compensazione ed entità del contenzioso tributario. Se un soggetto ha un’iscrizione al ruolo per 1000 euro per una multa non pagata, non può più compensare 100.000 euro. Mi pare di capire che il Governo giustamente ha detto che quella misura va rivista, tanto che il presidente della Confindustria ha annunciato al Paese che sarebbe stata rimossa. Sono totalmente d’accordo con la rimozione di quella misura. Mi chiedo però come si coprono i miliardi di euro agganciati a quella specifica norma.

    Per concludere passo agli effetti della manovra. Purtroppo da trent’anni al Ministero dell’economia la procedura è la seguente: si parte dal quadro tendenziale macroeconomico, se ne deriva l’andamento tendenziale di finanza pubblica, si fa la manovra di correzione e qui finisce la procedura. Chiunque di buon senso – non occorre essere economista – capisce che ai tre passaggi (tendenziale macroeconomico, tendenziale di finanza pubblica e manovra) manca una parte, vale a dire l’analisi degli effetti della manovra sull’economia reale e, di conseguenza, degli effetti finali sui saldi di finanza pubblica provenienti dall’economia reale.
    Questa parte non c’è al Ministero dell’economia e non da oggi, da trent’anni, tanto che potete riscontrarlo. Colleghi, poiché in tutte le tabelle di finanza pubblica contenenti il dato tendenziale e il dato programmatico l’ultima riga in fondo riporta il valore del prodotto interno lordo, troverete che esso è identico al centesimo di euro sia nell’andamento tendenziale sia nell’andamento programmatico. Il che vuol dire che le manovre di decine di miliardi di euro sulla finanza pubblica non hanno nulla a che vedere con l’andamento della produzione, dell’occupazione, dell’economia reale. La controprova di quanto sto dicendo è nei documenti ufficiali.

    È evidente quindi che questa manovra, urgente e necessaria, produce effetti di freno sull’economia che il Governo ha stimato in mezzo punto di PIL, la Banca d’Italia in un punto di PIL, se si sommano gli effetti sui due rami, e il mio Centro studi sull’economia reale ha stimato in un punto di PIL. Ma, al di là dei numeri, è evidente che l’effetto di freno sull’economia riduce la possibilità di raggiungere l’obiettivo di portare sotto il 3 per cento il deficit pubblico. Ecco perché fin dal primo momento ci siamo sforzati di sostenere che occorre rafforzare la manovra e toccare le due voci di spesa intoccabili e intoccate da decenni in Italia a causa del blocco degli stipendi pubblici, che si può anche comprendere, dell’intervento sulle pensioni e degli interessi sul debito pubblico. Mi chiedo però perché non vengono toccate le altre due voci di spesa pubblica che, guarda caso, sono le voci che negli ultimi 4-5 anni sono esplose molto di più degli stipendi e delle pensioni. Su quella base abbiamo proposto emendamenti che rafforzassero la manovra, sostenessero la crescita e consolidassero l’obiettivo di ridurre il deficit pubblico.

    Signora Presidente, non illustrerò quegli emendamenti perché sono agli atti ma spiegherò soltanto alcune questioni. Un paio di emendamenti sono stati accolti e ringrazio il relatore e il Governo di averlo fatto. Mi riferisco agli emendamenti sulla percentuale per l’invalidità civile e sui tempi di chi fa ricorso per un’iscrizione al ruolo, che possibilmente si avvicinino almeno al primo grado di giudizio per l’esecutività.
    La cedolare secca sugli affitti, che ho proposto più volte e che è ancora in quest’Aula, che serve come strumento di lotta all’evasione per l’emersione di oltre 10 milioni di fitti in nero, che ci è sempre stato detto che occorreva la copertura, perché all’inizio, nel primo anno, c’è una perdita di gettito; abbiamo regolarmente fornito tale copertura (c’è il testo scritto, signora Presidente, da cui chi vuole può trarre ulteriori elementi). Ora si dice che la cedolare secca deve essere fatta, ma va fatta nel federalismo fiscale. Francamente, qualcuno deve spiegare cosa c’entra la cedolare secca con il federalismo fiscale. Nulla. È ovvio che possiamo metterla nella nostra normativa qui, in quest’Aula, e poi nel federalismo fiscale dire che il gettito proveniente da quella IRPEF nazionale è di competenza dei Comuni. Se si deve fare, perché non farla adesso?

    Chiudo sulle Regioni. Gli enti locali hanno visto un taglio dei trasferimenti orizzontali di 8 miliardi e mezzo. Una delle nostre proposte è quella di dire agli enti locali che, invece del taglio orizzontale dei trasferimenti, si può fare un patto tra Stato, Regioni, Province e Comuni, con il quale loro si impegnano a bloccare la spesa dilagante che hanno avuto nella voce degli acquisti di beni e servizi.
    Se tale spesa si bloccasse al valore di quest’anno, il risparmio sarebbe di 11 miliardi, molto di più degli 8 miliardi e mezzo. Sarebbe un’operazione verticale mirata su quella voce, che risanerebbe anche le aree grigie tra economia e politica diffuse sul territorio; non sarebbe un taglio orizzontale. Il dibattito su questo punto è ancora aperto: lo offriamo alla discussione.
    La ringrazio per la pazienza, signora Presidente.
    Ultima modifica di -Duca-; 15-07-10 alle 18:56
    La verità produce effetti anche quando non può essere pronunciata.

    L. von Mises

    SILENDO LIBERTATEM SERVO

 

 

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