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  1. #1
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    Predefinito Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa



    Per tutto il mondo occidentale del democraticamente corretto, lei è “l’Angelo Nero del Giappone” oppure la “Black Lady” di Shinzo Abe. Si tratta di Tomomi Inada, 57 anni, brillante avvocatessa (e non avvocata) e ora neo-ministro della Difesa del Giappone in seguito al rimpasto di governo uscito dalla schiacciante vittoria del Partito Liberal-Democratico del premier Shinzo Abe alle elezioni di luglio. È la prima donna della storia del Giappone ad assumere la carica di ministro della Difesa, se si esclude Yuriko Koiko, ora governatrice di Tokyo, che assunse la carica ad interim nel 2007 per poche settimane. Ma questo sembra non interessare ai boldriniani fanatici delle quote rosa nelle istituzioni.
    Già perché il nome di Tomomi Inada è da tempo finito nelle liste di proscrizione dei gendarmi del politically correct per alcune sue foto che la ritraevano in compagnia di Kazunari Yamada, leader del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Giapponesi. Ma anche per essersi recata più e più volte, proprio come Shinzo Abe, al sacrario Yasakuni Jingu, il tempio “proibito” per il mondo occidentale ma anche coreano e cinese per il fatto di ospitare, tra le altre, le ceneri di molti generali condannati come criminali di guerra nel processo di Tokyo. “Yasukuni non è il luogo per un patto di pace: è il luogo dove si onorano le anime dei soldati che hanno combattuto una disperata guerra contro gli invasori che volevano distruggere il Giappone”, ha spesso ribadito la donna. Per non far mancare nulla agli attacchi di bile dei democratici al di qua del Mar del Giappone, Inada ha più volte usato giudizi “revisionisti” o “negazionisti” sulla recente storia giapponese, arrivando addirittura a creare uno speciale comitato governativo con il compito di riesaminare in senso radicalmente riformatore tutta la storia moderna del Giappone. Quello che è passato alla storia come massacro di Nanchino non sarebbe stato affatto un massacro ma un normale scontro militare fatto passare come crimine dalla propaganda anti-nipponica perpetrata dal governo cinese, così come le donne di conforto coreane, per la vulgata democratica “schiave del sesso”, sarebbero state semplici prostitute. Quella definita dalla storiografia ufficiale come l’invasione asiatica del Giappone negli anni ’30 e ’40, infine, non sarebbe stata affatto un’invasione: “Dipende dai punti di vista, invasione militare non è un termine appropriato”.
    Più di tutto a preoccupare i corretti democratici è il fatto che Tomomi Inada non sia soltanto una semplice deputata del partito di Abe ma che ne sia la responsabile delle strategie politiche e che quindi dietro all’enorme successo del Partito Liberal-Democratico ci sia proprio lei con le sue idee ritenute troppo “nazionaliste”. In questi giorni addirittura il quotidiano Usa Today, il terzo più diffuso negli Stati Uniti, ha scritto un articolo dai toni molto preoccupati sulla figura di Inada-san. Prendendo spunto dal fatto che il ministro abbia appositamente trovato un impegno ufficiale in Africa per non essere presente all’annuale commemorazione del 15 agosto per i caduti giapponesi nella Seconda Guerra Mondiale, che si tiene allo Yasakuni Jingu – la tesi è che essendo ministro la sua presenza avrebbe creato “scandalo” all’estero, ma non potendo semplicemente assentarsi, ritenendo un dovere esserci, ha dovuto trovare un incarico ufficiale che la “giustificasse” anche agli occhi dei nazionalisti – il giornale si lancia su un’analisi della recente attività politica e propagandistica della “Black Lady” sottolineandone la pericolosità. L’allarme lanciato è che il suo ruolo a ministro della Difesa proprio mentre il Giappone si appresta a riarmarsi possa essere una spina nel fianco della politica statunitense nel Pacifico e nell’Asia orientale. Quasi una risposta ai maghetti nostrani della geopolitica da tavolo che giudicano la recente decisione di Abe di riarmare il Giappone come una scelta eterodiretta dagli Usa contro non si sa bene quale difesa anti-imperialista fornita dalla Cina.
    I media americani sembrano invece voler sottolineare la pericolosità di un Giappone che vuole riarmarsi rifiutando ancora di farsi “rieducare” ma che anzi rilancia volendo riscrivere la propria storia in senso revisionista e nazionalista e che, oltre che riformare il famoso articolo 9 della Costituzione, vuole approvare la “rilettura” della stessa che contempli il ritorno dell’Imperatore al ruolo effettivo di capo dello Stato, restituendogli le sue prerogative divine. “La nostra Costituzione ci è stata imposta dagli Usa” avrebbe detto Inada-san. “È ora di riscriverla noi”.

    Carlomanno Adinolfi


    Tomomi Inada: l'Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa


  2. #2
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    Quanti degli "americani" in questione sono giudei, coreani o cinesi, tanto per curiosità?

  3. #3
    de-elmettizzato.
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    Urge un esperto di politica femminile, @Druuna
    Preferisco di no.

  4. #4
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    ballano ancora nel palmo della mano di Washington.

  5. #5
    Addirittura
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    In realtà né Coreani, né Vietnamiti, né Afghani e neppure Iracheni han mai visto Vasintonia tanto feroce nei propri confronti.

    Più seriamente, se la commissione di cui sopra ha elementi nuovi o storiograficamente più corretti, ben vengano: come detto in altre occasioni, tutti hanno di che guadagnarne.
    Con un decreto speciale / è stata abolita la lingua del mio paese / sostituita da una nuova / tutto quello che finora avevo scritto / si considera non tradotto.

  6. #6
    .
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    Onore.

  7. #7
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    Un po' d'orgoglio nazionale finalmente.
    Il potere statale moderno non è che un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese (Karl Marx)

  8. #8
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    Dopo gli accordi economico-strategici stretti con la Cina all’indomani della decisione di svincolarsi da Washington, il presidente filippino Rodrigo Duterte è volato a Tokyo per incontrare il premier Shinzo Abe e il ministro degli esteri Fumio Kishida. Il risultato più importante dell’incontro è stato il sostegno da parte dell’Impero nipponico con 21 miliardi di yen, circa 185 milioni di euro, per il progetto di sicurezza marittima del Mar delle Filippine annunciato da Duterte.“Le Filippine – ha detto Duterte – continueranno a lavorare a stretto contatto con il Giappone su questioni di interesse comune nella regione e a sostenere i valori comuni della democrazia, dell’adesione alle leggi e della risoluzione pacifica delle dispute, inclusa quella sul Mar Cinese Meridionale”. “Il Giappone – risponde Abe – saluta gli sforzi del Presidente Duterte nella sua visita in Cina e il tentativo di rafforzare e far progredire le relazioni bilaterali tra le Filippine e la Cina”. Soprattutto quest’ultima frase, forse più dell’incontro stesso, ha fatto strabuzzare gli occhi a più di un esperto del risiko della geopolitica. Per chi fosse abituato a ragionare in termini di schemi semplificati infatti la Cina è il grande nemico degli Usa in Asia mentre il Giappone resta il più grande alleato di Washington che controbilancia lo strapotere di Pechino. Ma a ben guardare non è esattamente così. La nuova politica di riarmo e di riappropriazione dello spirito imperiale nipponico intrapresa da Shinzo Abe e attuata dal suo braccio destro Tomomi Inada, che ha visto una forte accelerazione dopo la schiacciante vittoria delle elezioni dello scorso luglio, mentre da una parte fa sponda sulla scelta strategica statunitense di “mantenere” l’alleato giapponese dall’altra sta preoccupando non poco Washington per la crescente autonomia delle isole del Sol Levante.


    Agli allarmi di Usa Today contro la politica ultranazionalista della “Black Lady” di Abe sono seguite anche vignette satiriche di Global Times, una delle quali raffigura Abe che si destreggia abilmente tra un orso e un’aquila, entrambi preoccupati, che rappresentano ovviamente il primo la Russia e il secondo gli Stati Uniti. L’articolo a corredo della vignetta lancia l’allarme sulla sempre crescente emancipazione del Giappone dalle linee della politica estera americana che potrebbe portarlo tra le braccia di Mosca. Ma al contempo fa notare come il Giappone potrebbe addirittura staccarsi anche da questa logica bipolarista e formare un polo a sé nel pieno degli interessi nazionali. Ovviamente è questa la chiave di lettura della frase di Abe che, dopo aver alzato i toni contro Pechino ma anche contro Seul per far sentire la propria voce contro le ingerenze militari – ma anche storico-culturali – dei vicini ora cerca di distendere i rapporti e creare una nuova rete strategica partendo da una posizione di forza.
    D’altra parte questa è stata la stessa scelta intrapresa da Duterte che solo dopo aver alzato i toni contro la Cina e aver vinto, lo scorso luglio, l’arbitrato internazionale sulla sovranità delle isole Scarborough ha potuto tendere la mano a Pechino per poter fare accordi senza essere considerato una eventuale colonia. E subito dopo ha guardato anche a Tokyo, lo storico nemico del gigante cinese, in un gioco di sponde che garantisca prima di tutto gli interessi nazionali e contemporaneamente una sfera di comune prosperità strategica ed economica tra le parti in gioco e che potrebbe portare a uno scudo di difesa del sud-est del Pacifico che coinvolga solo le potenze direttamente interessate senza ingerenze di altri incomodi. Difesa degli interessi nazionali, rifiuto dei diktat della politica estera imposta, rottura degli schemi, recupero e difesa della propria cultura storica e spirituale e infine accordi economici, strategici e militari per costruire una rete di potenze che difendano gli interessi di ognuna e al contempo gli interessi più grandi della loro intesa. Forse in Europa dovremmo cominciare a imparare dall’Estremo Oriente asiatico.

    Carlomanno Adinolfi


    Duterte e il triangolo con Tokyo e Pechino che spariglia i giochi nel Pacifico | IL PRIMATO NAZIONALE

  9. #9
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    I giapponesi non hanno avuto la Resistenza.

  10. #10
    Super Troll
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    Predefinito Re: Tomomi Inada: l’Angelo nero di Abe che preoccupa gli Usa

    Citazione Originariamente Scritto da Agnosta Visualizza Messaggio
    I giapponesi non hanno avuto la Resistenza.
    hanno avuto comunque un decennio (mica poco) di occupazione militare e politica americana (con il generale Mc Arthur che si prese persino la briga di fargli riscrivere dalla a alla zeta la costituzione e di insegnargli lo stile di vita americano in tutto e per tutto) per cui anche loro non sono piu da almeno sessanta anni il "Giappone dello spirito dei samurai" di una volta ( tanto per fare un esempio il pacifismo radicato in una ben rilevante parte della società giapponese di oggi sarebbe stato un concetto psicologicamente incomprensibile per i giapponesi sessanta anni fa) .
    Ultima modifica di C@scista; 22-11-16 alle 17:42

 

 
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