Procreazione assistita: donatrici di ovuli cercansi | Associazione Luca Coscioni

«Per una donna donare ovociti sarebbe un atto di generosità enorme. Consentirebbe a un’altra donna di diventare mamma». L’appello rilanciato dalla giornalista tv Ilaria D’Amico, compagna del portiere della Juventus Gigi Buffon e madre di due figli, ha riportato l’attenzione sulla fecondazione eterologa.
A oltre 2 anni dal via libera della Corte costituzionale, sono pochissime le donatrici di ovuli, scarseggiano anche i donatori di spermatozoi. E manca, concordano gli addetti ai lavori, il presupposto fondamentale: l’informazione.
Le donatrici sono una ventina
Sono appena una ventina, stando ai dati circolati negli ultimi giorni, le giovani donne che in 2 anni hanno donato i loro gameti. Poche altre, un centinaio, hanno accettato di mettere a disposizione ovuli congelati in passato o prodotti in sovrannumero durante cicli di stimolazione ormonale (il cosiddetto egg sharing). La dottoressa Eleonora Porcu, responsabile clinico del Centro di infertilità e procreazione assistita dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, conferma: «L’Italia è lontana anni luce dal raggiungere l’autosufficienza».

Nella struttura emiliana, uno dei rari poli pubblici specializzati del Paese, «dall’inizio del 2015 sono state selezionate 3 donatrici. Se ne era presentata qualcuna in più, ma abbiamo dovuto scartare quelle che non avevano i requisiti previsti: meno di 35 anni e buone condizioni di salute. Non per tutte l’ok è automatico. Per una delle 3 donatrici la procedura si è conclusa ed è andata a buon fine, le altre 2 si stanno sottoponendo ad analisi e esami. Noi non compriamo gameti all’estero. Fino ad ora, per praticare l’eterologa, abbiamo utilizzato ovociti congelati 10 e 13 anni prima, oltre al contributo della volontaria. Sono nati 5 bimbi, 4 con 2 parti gemellari, e stiamo seguendo altre gravidanze in corso. La richiesta è enorme: 270 coppie in lista per la fecondazione eterologa e 2.000 in coda per l’omologa, con due anni d’attesa».
Si ricorre all'importazione dei gameti dall’estero
La carenza di donatori e donatrici costringe a cercare soluzioni di ripiego. A volte si ricorre all’importazione di gameti dall’estero e cliniche straniere specializzate aprono succursali in Italia. Molte coppie sterili continuano a provare ad avere un figlio oltreconfine, con pellegrinaggi della speranza e spese elevate. A Milano è scoppiato il caso del reclutamento di donatrici a pagamento e del presunto prelievo forzato di ovociti in un centro gestito da un noto ginecologo, rinviato a giudizio. E c’è chi i donatori di seme li cerca online, aspettando a casa la provetta con lo sperma. Solamente su Facebook, allo scoperto, si palesano una dozzina di gruppi di uomini disposti a produrre spermatozoi per conto terzi. Il numero di accordi che si trattano e si concludono sul web è oscuro. I dati sugli acquisti regolari all’estero sono stati comunicati di recente l’autorità di controllo, il Centro nazionale trapianti. Nel 2015, riporta il Corriere della Sera, le importazioni di ovociti sono state 2.100 e 1.500 quelle di gameti maschili. Nel primo semestre 2016 sono giunti in Italia 2.500 contenitori di ovociti, 1.500 di sperma e 1.200 embrioni.

Perché donatrici e donatori sono così pochi?
L’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, non ha dubbi: «Le norme per le donazioni esistono, non c’è la volontà politica di incentivarle, spiegando a donne e uomini che cosa significano, dove si fanno, come, con quali regole. La corretta informazione, che sta alla base di tutto, in Italia non viene fatta. Ben vengano le prese di posizione di Ilaria D’Amico, da tempo in prima linea su questi temi. Servono a discutere, riflettere, sollecitare. Però non bastano. Deve muoversi lo Stato. Torniamo a dirlo: ci vogliono campagne mirate. Ed è necessario un cambiamento culturale».

Due giornalisti di Radio Radicale, Elvira Zaccari e Filippo Poltronieri, hanno condotto una inchiesta coordinati dall'Associazione Coscioni. «Negli ospedali pubblici italiani» racconta la cronista «è quasi impossibile donare gameti. Se ti presenti come donatrice, dando la disponibilità ai prelievi di ovociti, ti dicono che non sono attrezzati oppure che non c’è una regolamentazione specifica. Non ti accettano. Nelle cliniche private rispondono che si può fare, anche nel giro di una settimana, o propongono l’egg sharing alle pazienti già sottoposte a trattamenti ormonali. Ma non acconsentono in molte». I centri pubblici specializzati si contano sulle dita di una mano. E anche gli uomini non sono un esercito. «A Firenze» dice Zaccari «donatori certificati sono tre, da quello che ci risulta».
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Servirebbe un rimborso?
«La donazione di ovuli e sperma è e deve rimanere gratuita, libera, solidale. Non ci possono essere speculazioni» ricorda la psicologa e docente universitaria Laura Volpini, presidente dell’Associazione italiana donazione altruistica e gratuita di gameti. Ma, concorda con altri operatori e osservatori, forme di incentivi sarebbero utili. C’è chi propone una sorta di “rimborso spese”, con somme minime oppure con le cifre pagate in Spagna, dove per le donne si arriva a 800-900 euro. E c’è chi vede positivamente l’estensione del modello “donazione del sangue”: retribuire le giornate lavorative alle persone che si assentano dalla fabbrica o dall’ufficio per farsi prelevare gameti. «Altri bonus» propone Volpini «potrebbero essere introdotti per le coppie che si sottopongono alla fecondazione omologa e si rendono disponibili ad aiutare altre coppie, donando i gameti in eccesso».

La fecondazione eterologa potrebbe essere inserita nei Lea
Il 22 settembre è in programma il Fertility day, una giornata intera a tema, e nello stesso mese in Emilia Romagna sarà lanciata una grande campagna informativa. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha promesso che fecondazione omologa ed eterologa verranno inserite nei “Lea”, i livelli essenziali di assistenza, le prestazioni che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o con il pagamento di un contributo parziale, il ticket. Adesso le regioni marciano in ordine sparso, o sono ancora del tutto ferme, pur avendo sottoscritto delle dichiarazioni d’intenti.

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