Originariamente Scritto da
Anthos
Per otto volte negli otto versetti che compongono il brano del Vangelo di Giovanni, è ripetuto l'invito: mangiare Cristo. Ad esso si aggancia ogni volta il perché: tutto questo è per la vita del mondo. Incalzante certezza da parte di Gesù di possedere qualcosa che capovolge la vita chiamata alla morte. I verbi ripetuti dall’evangelista, quasi una incantatoria monotonia, mangiare, bere, masticare, evocano per prima cosa la relazione amorosa con Cristo. Gesù per otto volte ci parla di un Dio che si dona: «Prendete la mia carne e mangiate». Farsi pane è un bisogno incontenibile di Dio. Non più un Dio che domanda agli uomini offerte, doni, sacrifici, ma un Dio che offre, sacrifica, dona, perde se stesso dentro le sue creature, come lievito dentro il pane, come pane dentr...o il corpo. «Mangiate e bevete di me»: mangiare e bere Cristo significa diventare luce da luce, Dio da Dio, della stessa sua sostanza. Mangiare e bere Cristo significa allora cogliere il suo segreto vitale, assimilarne il nocciolo vivo e appassionato. Chi fa proprio il segreto di Cristo, costui trova il segreto della vita. Qualcuno si domanda se ne è degno, ma è bene dire che nessuno ne è degno. Forse qualcuno vi è più preparato, qualcuno ha una
consapevolezza maggiore del dono ricevuto, qualcuno si lava, si veste e si profuma per bene come si fa per andare ad un incontro importante, ma nessuno è degno. Ma Gesù, in ogni eucaristia dice: "Prendete e mangiatene tutti", perché sa che tutti ne hanno bisogno e Lui si dona a tutti come pane spezzato per una sempre nuova ed eterna alleanza, per una vita che va oltre la vita. La vita: questo è infatti il
problema! La vita che scavalchi la morte, questo è l'unico vero bisogno di noi uomini. Quello che produciamo noi è un pane che nutre
fino alla morte; Cristo è il pane per l'eternità, la "medicina di immortalità" . E non si tratta di immortalità generica, ma di risurrezione della carne e di pienezza di vita in ogni sua dimensione. Fare la comunione quindi, non è un lusso per pie anime sentimentali
che sentono più di altre, calore per Gesù; ma è questione di vita o di morte, di vita per sempre o di morte per sempre. Non è da noi la vita,
è da Dio. E il senso della morte fisica alla fine è questo: farci toccare con mano la nostra insufficienza. Ciò che invece caratterizzerà nella forma di un possesso pieno quella vita eterna, è la comunione con Dio, la partecipazione alla sua stessa vita intima
nella Trinità. Gesù espresse così, un giorno, tutto il sogno di Dio sull'uomo: "Che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e
io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola".
Non sono io l'autore
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