di G. M. Chiocci
A proposito di Flavio Car*boni.
L’uomo nero per tutte le stagioni, descritto come «il gran maestro della P3» in un ar*t*icolo del 10 luglio sulla Repub*blica , a firma Alberto Statera, viene definito «intrinseco al*l’album di famiglia proprio del berlusconismo»
A questa sua vicinanza al premier veniva fat*ta risalire l’ostilità dei giornali del centrodestra impegnati a sostenere che l’associazione segreta, visti i personaggi, era da ridere.
Ai sostenitori del «pi*tresismo sfigato » Statera ha po*sto un interrogativo: «Perché mai il coordinatore del partito Denis Verdini deve riunire nel*la casa romana il sottosegreta*rio alla Giustizia Caliendo, i magistrati Martone e Miller, con il condannato Dell’Utri e il noto pregiudicato Flavio Car*boni?».
A proposito di pranzi, incontri a casa, frequentazio*ni con Carboni, Statera dovreb*be sapere che Carlo Caraccio*lo, presidente del gruppo L’Espresso , fondatore con Eu*genio Scalfari nel 1976 del (suo) quotidiano La Repubbli*ca , deceduto a dicembre 2008, con Carboni è stato in strettissi*mi rapporti per trent’anni, al*tro che Berlusconi.
Rapporti documentati nelle sentenze sull’inchiesta sul crac del Ban*co Ambrosiano, ribaditi negli atti giudiziari sulla morte di Ro*berto Calvi, riscontrati persi*no in quest’ultima inchiesta sulla P3.
Perché le cene di Ca*racciolo vanno bene e i pranzi di Verdini no? Proviamo a capirlo.
Interro*gatorio del 19 agosto 1982 di Carlo Caracciolo, presidente del gruppo L’Espresso, proces*so di primo grado per il crac.
Il verbale si apre con la ricostru*zio*ne dell’acquisto del giorna*le La Nuova Sardegna , dei rap*p*orti con l’ex capo della masso*neria Armando Corona al*l*’epoca presidente dell’Assem-blearegionalesarda.
«È inque*st’epoca (1980) che data l’ini*zio dei miei rapporti con il si*gnor Flavio Carboni, che peral*tro avevo avuto modo di cono*scere in una precedente occa*sione» e che poi entrò in socie*tà nel giornale sardo acquista*to da Caracciolo.
«Devo dire-* prosegue l’ex editore- che si in*staurarono dei rapporti di cor*dialità e di confidenza, e che prendemmo a darci del tu e a chiamarci per nome. Ovvia*mente le occasioni di incontro erano molto frequenti e nume*rose*sono le conversazioni tele*foniche fra me e lui. Ci si vede*va piuttosto spesso a casa mia o ne l mio ufficio».
Proprio co*me Carboni con Verdini, tale e quale.
Il giorno dell’elezione a premier di De Mita (beniami*no di Scalfari) «il Carboni com*binò un incontro a casa sua ( sic !) che avvenne prima della formalizzazione della stessa».
Purtroppo per Statera, Carac*ciolo non aveva rapporti solo con Carboni ma anche con un altro «faccendiere» noto alla cronache di Repubblica . «Pro*prio Carboni - afferma Carac*ciolo - nell’autunno del 1981 combinò un incontro a casa mia con Roberto Calvi, che ave*vo già incontrato nella prima*vera perché contattato da tal Francesco Pazienza che avevo conosciuto quattro o cinque mesi prima come uomo d’affa*ri ».
In quell’occasione Calvi eb*be a lamentarsi con Caraccio*lo, presente il «faccendiere» Pazienza, per gli attacchi da parte dei giornali di cui era edi*tore. Caracciolo riferì delle ri*mostranze ai direttori Scalfari e Zanetti.
Per il tramite di Car*boni, via Calvi, fece altrettanto successivamente.
«Alla fine gli dissi che se proprio voleva avrei potuto vedere Calvi, pe*rò a casa mia ( sic !) ed infatti eb*bi modo di incontrare Calvi tre o quattro volte, in una sola oc*casione partecipò il direttore di Repubblica , Eugenio Scalfa*ri », presente Carboni che con Calvi parlò dell’operazioni Eni-Tradinvest.
Calvi si lamen*t*ava di essere una vittima di fai*de fra banche, gruppi politici ed editoriali:
«A un certo pun*to Carboni mi disse, e la circo*stanza mi lasciò di stucco e al contempo incredulo, che Cal*vi intendeva riparare all’este*ro giacché non reggeva più (...). Il giorno prima, o due gior*ni prima della sparizione di Calvi, Carboni mi disse, credo in un incontro a casa mia ( sic !) che Calvi era in procinto di spa*rire perché aveva un buco da 2mila miliardi di lire».
I giudici fanno presente un dato clamo*roso: nei giorni della scompar*sa e della morte di Calvi a Lon*dra, l’editore era il solo al mon*do a sapere (oltre a Carboni) che il banchiere si era nasco*sto dove poi è stato trovato im*piccato. E anche dopo la scom*p*arsa di Calvi i due continuaro*no a sentirsi.
Di queste telefo*nate riservate Carboni dà con*to a verbale il 14.11.1991: «In genere lo informavo di tutto... anche che stava presso (in*compr.)... lo chiamavo via via che mi spostavo, lo aggiorna*vo... ».
Il pm: Per consigliarsi o perché cosa?
Carboni: «Si sa*peva che io mi occupavo di Cal*vi, mi sembrava normale... gli dicevo, guarda che quello che sta succedendo è abbastanza clamoroso».
L’editore l’ha spiegata così:«Ero preoccupa*to che in quei fran*genti interve*nisse l’aumento di capitale del*la Nuova Sardegna ».
Nel corso del processo si è parlato di un patto fra Calvi e il gruppo L’Espresso , per intercessione di Carboni, al fine di attenuare gli attacchi. Caracciolo, a ver*bale, lo ha escluso categorica*mente.
Emilio Pellicani, facto*tum di Carboni, l’ha smentito in un noto memoriale riporta*to nella sentenza del crac Am*brosiano di secondo grado:
«Per quanto riguarda la stam*pa il Carboni si era adoperato con l’amico Caracciolo affin*ché fosse raggiunto un patto di non belligeranza, cosa che av*venne per qualche mese, in quanto gli attacchi di Repubbli*ca e L’Espresso garantirono un tregua, rotta solo da qualche sporadico attacco».
Carboni - *concludono i giudici - si era messo all’opera rivolgendosi a un gruppo di potere che potes*se aiutarlo a raggiungere gli obiettivi concordati con Calvi.
«Tra i componenti del gruppo, con il quale avrebbe dovuto di*videre il premio promesso da Calvi, Carboni elencava (fra gli altri, ndr ) Carlo Caraccio*lo(...).
Carboni spiegava che al*cuni risultati erano stati rag*giunti e che Calvi era “soddi*sfattissimo, come diceva a tut*ti”.
E proprio perché soddisfat*to aveva deciso di gratificarlo con i primi 10 milioni di dolla*ri » dei 100 complessivi pro*messi in cambio di un aiuto su più fronti.
Arriviamo così ai giorni del*la famelica P3 ben descritti da Statera.
Siamo al’iniziodell’in*chiesta sull’eolico, l’anno è il 2008. Trent’anni dopo rispun*ta Carboni ancora in contatto con i vertici del gruppo edito*riale L’Espresso .
C’è una telefo*nata fra Carboni e il sodale Martino dove disquisiscono di una notizia da far circolare sui maggiori giornali del mondo ( Le Figaro , Wall Street Jour*nal ).
Carboni rassicura l’ami*co che ha già avuto l’ok da Re*pubblica , ma sui nomi - come spesso gli capita- prende abba*gli.
Cita Gad Lerner che, pur amico di Scalfari e De Benedet*ti, sta a La7 e non all’ Espresso :
«Io domani devo incontrare Caracciolo, non so se ci sarà an*che la Marella».
E più avanti:
«Me lo hanno già detto ieri. Adesso devo verificare come e chi va. Ecco questo Lerner che il vicedirettore dell’ Espresso , è legato a Eugenio, hai capito, Eugenio!(...). E domani ne par*lo pure con Giacaranda»,
che poi è Jacaranda Caracciolo Falk, l’unica figlia riconosciu*ta dell’editore defunto.
Anco*ra lui, Caracciolo.
Che secon*do l’ Unione Sarda poco prima di morire avrebbe ricevuto Carboni il quale - su mandato dell’assessore Asunis-chiede*va un trattamento di favore sui giornali del gruppo, per il cen*trodestra, in vista delle regio*nali. L’editore parlò effettiva*mente con Carboni, ma gli ri*spose picche. Carboni se ne la*mentò ovviamente al telefono
«L’incontro a casa Caracciolo s’è rivelato inutile».
Proprio co*me a casa Verdini.
dalla prima pg. de ilgiornale.it del 17 07 2010
saluti