Più di tre mesi dopo le elezioni, la città di Roma non ha ancora una giunta comunale completa e pienamente operativa. Molti prescelti dalla sindaca si sono dimessi dall'incarico dopo poche settimane: l'assessore al Bilancio, il capo di Gabinetto, l'amministratore unico di Ama, quello di Atac. Anche la poltrona dell'assessore all'Ambiente è traballante. Una disfatta, per gli elettori inattesa e inspiegabile.
Molti commentatori, nei giorni scorsi, hanno cercato di motivare il fallimento della Raggi con le divisioni interne al movimento 5 stelle, individuando una "corrente" che farebbe capo alla deputata Lombardi. Il punto di discordia sarebbe l'eccessiva vicinanza delle scelte della Raggi, in fatto di incarichi di gestione amministrativa, a quelle "di destra" fatte dall'ex sindaco Alemanno. È quindi solo un problema di linea politica ad aver provocato tutto questo? Più di qualcosa non torna, almeno per chi ha buona memoria e ricorda l'entusiasmo della Lombardi per noti cliché fascisti.
Il problema è più profondo e riguarda la natura stessa di M5S, che non può essere in grado di governare alcunché senza prima fare scelte chiare sulla propria forma organizzativa e sulle proprie modalità di propaganda. Dal primo aspetto dipende la capacità di un partito di organizzare il confronto interno ai diversi livelli e di formare adeguatamente la propria classe dirigente, potenzialmente chiamata a ruoli di responsabilità pubblica. Il secondo aspetto sembra finalizzato esclusivamente alla raccolta di consenso, invece coinvolge fortemente la prima sfera aggravandone limiti e contraddizioni.
Fino a oggi il partito di Grillo ha privilegiato la propaganda a discapito dell'organizzazione, consapevole che maggiore spazio ha il confronto interno, meno efficace è la raccolta di consenso. Tuttavia, un partito politico che intenda governare deve imparare a tenere in equilibrio i due aspetti, che sono due facce della stessa medaglia destinate a non guardarsi mai.
Su questa dinamica impatta l'influenza dei mezzi di comunicazione utilizzati per fare confronto interno, da un lato, e propaganda, dall'altro. Sappiamo infatti che i media non sono mai neutrali e le loro caratteristiche strutturali influenzano fortemente le caratteristiche di una comunità e la sua capacità di sviluppo, ancor di più se la comunità si pone finalità di medio-lungo periodo come sono gli obiettivi politici. Nel caso del M5S, Grillo e Casaleggio hanno scelto programmaticamente di basare non solo la propaganda ma anche la modesta organizzazione del confronto interno sull'utilizzo del web, piegando il secondo alla prima sotto il vuoto slogan di "democrazia diretta".
Il problema è che i nuovi media reticolari non possono fare altro che soffocare la partecipazione critica a favore di un coinvolgimento acritico e di tipo fideistico. È la loro natura di mezzi "tribali". Il risultato, non sorprendente per gli studiosi dei media, è una comunità politica coesa ma fragile, convinta delle proprie idee ma incapace di renderle concrete, pronta a lottare ma insofferente a qualsiasi forma di contributo esterno.
In un partito politico adulto e affidabile, invece, gli spazi di confronto non sono strumenti di coesione sociale, bensì zone franche, libere dalla necessità di conferma d'appartenenza e pronte ad accogliere nuove idee e nuove istanze. Solo il politico abituato a misurarsi con ciò che gli è alieno può avere chance di governare tutto il diverso da sé che trova in un'intera città.