Che cos’è metafasica di M. Heidegger.
Appunti.
Problema: rendere accessibile in sé la totalità dell’ente nella sua universalità…e nient’altro
• impossibile cogliere la totalità dell’ente in sé?
• Sicuramente è possibile sentirsi in mezzo all’ente nella sua totalità
noi siamo posti in mezzo all’ente (l’ente-uomo fa irruzione nella totalità dell’ente) e questo essere posti in mezzo/fare irruzione/fare scienza svela l’ente nella sua totalità. L’ ente-uomo fa irruzione nella totalità dell’ente => in questa e per questa irruzione, l’ente si dischiude in ciò che è e per come è…e nient’altro
potrebbe (Invece? o Quindi?) cogliersi una matrice dell’ente uomo indifferenziata da quella di tutti gli altri enti intramondani? In caso affermativo, potremmo affermare che essa costituisca l’ente in sé nella sua totalità? (problema posto da Ucci Do)
la comprensione di ciò che non è ente nella sua totalità, la sua individuazione ed – infine – la (sua) trascendenza per cogliere l’ente nella sua totalità è possibile o impossibile? E, se possibile, lo è solamente in quanto idea e pensiero?
Oppure esiste uno stato d’animo che porti l’uomo dinanzi al Niente stesso?
Per Heidegger esso è l’angoscia: L’angoscia de-oggettivizzata rivela il Niente.
Deve rimanere sempre la originaria manifestatezza del Niente => in quanto l’esserci per sua essenza si rapporta all’ente, all’ente che egli non è e all’ente che egli stesso è, l’esserci, in quanto esserci, già da sempre proviene dal Niente che è manifesto.
L’angoscia ci lascia sospesi perché fa dileguare l’ente nella sua totalità. Resta solo il puro esser-ci che non può tenersi ([identificarsi]) a niente.
La differenza fondamentale (tra paura e angoscia) consiste in questo: se il «davanti-a-che» della paura è questo o quell’ente determinato, «il davanti-a-che» dell’angoscia non è un ente intramondano» [EssereTempo].
L’angoscia non viene determinata da questo o da quell’ente; piuttosto: il davanti-a-che dell’angoscia è completamente indeterminato. Questa indeterminatezza non solo lascia effettivamente del tutto indeciso da quale ente intramondano venga la minaccia, ma sta a significare che in generale l’ente intramondano è “irrilevante” [EssereTempo].
L’ente intramondano è divenuto in sé stesso così recisamente privo di importanza che, in virtù di questa insignificanza dell’intramondano, ciò che ci colpisce è unicamente il mondo [ente?] nella sua totalità [EssereTempo].
L’angoscia svela il niente. In mezzo all’ente ci sentiamo dileguare con esso. Resta solo il puro esser-ci che non può tenersi a niente.
L’essenza del niente è la nientificazione.
In quanto il nientificare è un rinviare, respingendolo, all’ente nella sua totalità che si dilegua, esso rivela questo ente, nella sua piena e fino ad allora nascosta estraneità, come l’assolutamente altro – rispetto al Niente.
Da qui si sviluppa la trascendenza: tenendosi immerso nel Niente, l’esser-ci è già sempre oltre (trascende) l’ente nella sua totalità => questo andare oltre l’ente accade nell’essenza dell’esserci => l’andare oltre è la metafisica stessa => la metafisica fa quindi parte della «natura dell’uomo»; è l’esserci stesso.
Se togliamo il binomio angoscia/niente e introduciamo la vacuità? (spunto di Ucci Do)