Sempre come appunto, un testo illuminante:
https://www.jstor.org/stable/43068170
@emv
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"Risultati finora acquisiti: i) nell'ente la perfezione radicale è l'es-
sere; 2) questa perfezione è limitata dall'essenza. Implicitamente l'inda-
gine ha raggiunto anche un terzo risultato, che cioè 3) negli enti ci sono
almeno due elementi metempirici: l'essenza e l'essere. Risultato anche
questo importantissimo perchè la composizione dell'essenza con l'essere
spiega da una parte, come si è visto, la limitazione della perfezione del-
l'essere nell'ente, e, dall'altra parte, la caducità degli enti. Infatti la
caducità dell'ente è dovuta al fatto che i due elementi (essenza ed es-
sere), anche se stretti insieme da un vincolo profondo, sono tuttavia
separabili. E la separazione avviene quando, l'essenza non costituendo
più il recipiente adatto dell'essere, esso vien meno."
Sebbene Severino riduca al lumicino questa differenza, non la potrà mai togliere del tutto, perché anche per lui la monade non è il Tutto.
Quindi secondo me la vera differenza fra Tommaso, Leibniz, il Severino de La struttura originaria e il Severino successivo è che per i primi il Dio-Tutto è libero mentre per il secondo non è libero e di conseguenza non è libero nemmeno l'uomo.
E sempre secondo me, questa è la vera domanda pratica che interessa l'uomo: sono libero oppure no?
Curioso che Goff nel famigerato libro argomenti a favore del libero arbitrio, in un modo che è molto simile a quello tomista, qui riassunto da don Curzio:
La premozione come fondamento della predestinazione
Era un po' che non ripensavo a queste cose nel loro complesso, il libro di Goff è stato una buona occasione per rivalutare meglio la monade di Leibniz come sensibile e per ripensare alla sempre sfuggevole differenza fra il Tutto e la monade, ma sempre con lo sfondo del tema caldo, ovvero la libertà.
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Severino ammette enti che ci appaiono isolati rispetto al Tutto, ma già questo di per sé è un limite della loro essenza oppure della nostra di cui il Tutto è privo.
Può darsi che nella filosofia del nostro ci sia la soluzione di questo problema, ma non riesco ad intenderla.
Oltretutto Severino, fa un largo uso della parola essenza, per esempio parla di essenza del nichilismo, ma se essere ed essenza coincidono, perché non ha intitolato il suo famoso libro l'essere del nichilismo? Se coincidono l'essenza è un concetto che possiamo tranquillamente eliminare.
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Si è capito quali siano questi limiti intrinseci?
Spaghetti e pistole
@Narel Jarvi
Scusa non seguo il nesso causale, perché se la mente fosse un epifenomeno del cervello un cieco dovrebbe essere in grado di capire cosa significa vedere senza poterlo fare ?
Sostenere che la mente è un epifenomeno del cervello non significa in alcun modo negare la sensazione fisica che il cervello subisce dal bombardamento di segnali elettrici proveniente dalla stimolazione dei recettori di fotoni della lunghezza d'onda dello spettro visibile che i vedenti posseggono funzionanti e i non vedenti purtroppo non funzionanti o con lesioni al nervo ottico.
Tanto è vero che la vista è posseduta anche da animali di cui possiamo dire che non hanno una mente come la nostra.
Secondo me la domanda è priva di significato fino a quando non si definisce bene il concetto di libertà.E sempre secondo me, questa è la vera domanda pratica che interessa l'uomo: sono libero oppure no?
Sapere aude!
Per apprezzare lo splendore occorre a volte un lungo apprendistato, ma il premio è la pura bellezza.
@Aladar
Se la sensazione fisica è un epifenomeno del cervello vuol dire che può essere spiegata e prevista in termini completamente fisici indi per cui il non vedente con le dovute competenze neuroscientifiche dovrebbe arrivare quantomeno a prevedere perfettamente la sensazione che proverà quando vedrà.
Se invece con la sensazione visiva scopre sempre qualcosa di nuovo, allora significa che c'è qualcosa che le neuroscienze non possono spiegare o prevedere.
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Non ho mai approfondito particolarmente Kant perché non amo il suo modo di esprimersi, però per chiamarlo metafisico basta anche un manuale del liceo:
"Come si vede, Kant, dopo avere criticato la concezione tradizionale della metafisi-
ca come scienza, cioè come pretesa di conoscere l’essenza delle realtà intelligibili e
di dedurne matematicamente le proprietà, qui introduce una diversa concezione
della metafisica, consistente nel rilevare, da parte della ragione attraverso l’uso rego-
lativo delle sue idee, l’insufficienza dell’esperienza e la sua tendenza a ordinarsi uni-
tariamente verso un Principio ad essa trascendente. Tale Principio non è mai ogget-
to di conoscenza diretta, tuttavia la sua esistenza è necessariamente richiesta dalla
stessa esperienza, come condizione della sua completa intelligibilità."
"C’è tuttavia un senso in cui, secondo Kant, si può parlare legittimamente di meta-
fisica, precisamente di «metafisica della natura», cioè quando ci si serve di questa
espressione per indicare la dottrina a priori delle strutture intellettuali su cui si fon-
da la fisica. All’esposizione di questa metafisica della natura, la quale ha per oggetto
soltanto i princìpi universalissimi della fisica, Kant ha dedicato la sua opera intitola-
ta, appunto, Princìpi metafisici della scienza della natura, pubblicata nel 1786, cioè tra la
prima e la seconda edizione della Critica della ragion pura."
Berti e Volpi da Storia della filosofia
Poi abbiamo scoperto che nemmeno la scienza moderna è capace di conoscere l’essenza delle realtà intelligibili e di dedurne matematicamente le proprietà e che (nonostante ciò) forse qualcosa da dire sulla cosa in sé continua ad esserci.
A tal proposito, sempre dal manuale di cui sopra:
"In particolare Leibniz giudica irrinunciabile la dottrina della «forma sostanziale», secondo la quale ciò che determina
le sostanze nel loro essere e nel loro comportamento è precisamente la loro essenza."
"In tal modo Leibniz mostra di avere compreso che la Fisica di Aristotele non con-
tiene una scienza della natura nel senso moderno del termine, cioè una fisica, ma
una filosofia generale, cioè una metafisica, la quale non solo continua ad essere vali-
da dopo la scoperta della scienza moderna, ma anzi è necessaria per fornire le spie-
gazioni ultime di quei fenomeni di cui la scienza moderna fornisce invece le spiega-
zioni più immediate."
Sostanzialmente riguardo all'attacco della scienza moderna alla metafisica c'è poco altro da dire.
Dopo Leibniz la filosofia si è occupata quasi solo di gnoseologia arrivando quasi fino a dire che la cosa in sé è il pensiero stesso, ma negando in questo modo qualsiasi veracità alla scienza moderna, compresa un'etica basata su di essa.
Come dico spesso l'unico modo per dare qualche valore alla scienza moderna è ricominciare da Aristotele, Tommaso, Leibniz con tutto ciò che consegue visto che tutti e tre hanno ammesso l'esistenza di un Dio-Tutto onnisciente.
Nota bene: Severino fino a La struttura originaria è sulla medesima strada di questi giganti, la novità posteriore è che nega la libertà del Dio-Tutto onnisciente, ma di nuovo questo nega la della veracità scienza moderna e addirittura la possibilità stessa dell'etica.
Siamo sempre fermi al nicciano: "Dio è morto e mo' so' cazzi", l'unica possibilità per l'etica e la morale, l'unica alternativa all'anarchia, continua ad essere un Dio-Tutto libero cioè personale.
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