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    ___La Causa del Popolo___
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    Predefinito Rossobruni? No, rivoluzionari!

    Rossobruni? No, rivoluzionari!

    di simone.santini · Pubblicato settembre 30, 2011 · Aggiornato settembre 5, 2016
    Un marchio d’infamia s’aggira nel web: il rossobrunismo. È ormai sufficiente accostare questo neologismo a qualunque personaggio o meglio ancora movimento politico per screditarne per sempre proposte e opinioni. Il rossobruno, infatti, è ambiguo; cerca di infiltrarsi e riciclarsi; finge di essere un compagno ma in realtà è un fascio, e dei peggiori; condensa su di sé ogni risma di reducismo; è uno sconfitto e un reietto della storia; è uno sfigato; è per indole complottista; odia; la sua natura è violenta e antisemita; va da sé che in ogni rossobruno si nasconda un negazionista. Perché questa onda di riprovazione così radicale sta investendo esponenti a cui la storia politica ha sempre lasciato uno spazio davvero marginale, che raramente si sono presentati come un movimento organico e davvero riconoscibile, e in cui sono stati inseriti, a torto o ragione, anche figure complesse e affascinanti? (dichiaro qui, ad esempio, la mia personale ammirazione per la figura misconosciuta di Nicola Bombacci, fondatore insieme a Gramsci e Bordiga del Partito Comunista d’Italia e finito fucilato a Dongo nel 1945 dai partigiani). Probabilmente perché il rossobrunismo è una categoria che torna di estrema utilità nell’attuale lotta politica. Nell’area antagonista, infatti, da sempre divisa tra estremisti di destra e sinistra, si sta profilando con sempre maggior forza la tendenza a unire le forze e i pensieri antisistema orientandosi verso il superamento dei tradizionali concetti di destra e sinistra. Ecco, dunque, che appiccicare l’etichetta di rossobrunismo a queste tendenze risulta il modo più semplice per liquidarle e screditarle sbrigativamente, togliere loro ogni spazio di manovra senza bisogno di soffermarsi un secondo in più sull’analisi politica e di merito. Ben si capisce, dunque, anche il riflesso condizionato di cui soffrono, spesso, i movimenti che si vedono attaccare addosso il cartello: Attenzione, passaggio rossobruni! Riflesso condizionato che mi è parso di cogliere anche nel preambolo dell’ultima bozza programmatica di Alternativa, derivante probabilmente anche da recenti polemiche con l’accusa a Giulietto Chiesa, a Megachip, e quindi inevitabilmente alla stessa Alternativa, di andare a braccetto con rossobruni e filo-gheddafiani di vario genere. In particolare il documento programmatico citato contiene questo brano: “Un altro concetto fondamentale per guidare politicamente una transizione verso una civiltà più umana è il superamento della contrapposizione tra destra e sinistra. Ciò non significa una confusione di valori, né significa cambiare il giudizio storico su ciò che hanno significato fascismo e nazismo, e sul decisivo valore di civiltà che ha avuto la lotta antifascista negli anni Trenta e Quaranta. Significa piuttosto rendersi conto che oggi l’opposizione di destra e sinistra è ormai del tutto interna a quel mondo che sta entrando in crisi irreversibile”. Il passaggio condensa almeno tre aspetti di grande rilievo. Su due mi trovo profondamente d’accordo, anche se voglio specificare e integrare meglio il mio pensiero a proposito, il terzo solleva a mio avviso alcune problematicità. Andiamo per ordine. “Ciò non significa una confusione di valori”. È un aspetto fondamentale. “Superamento” di destra e sinistra significa esattamente questo, non fare una commistione tra ciò che non sta insieme, una alleanza innaturale tra “sconfitti” della storia, ma appunto andare oltre, senza chiedere a nessuno di rinnegare, semmai mantenendo alcuni valori condivisi e in qualche modo universali, sviluppandoli e arricchendoli secondo le necessità che le inedite crisi epocali che stiamo affrontando impongono. “Né significa cambiare il giudizio storico su ciò che hanno significato fascismo e nazismo”. Perfetto, e aggiungerei anche il comunismo. Ma andrei oltre. Se a nessuno viene chiesto di rinnegare o annacquare il proprio giudizio storico, ciò dovrebbe valere in senso sia positivo che negativo. Chi ritiene che fascismo e nazismo siano stati, ad esempio, espressioni del “male assoluto”, sarà ben legittimato a continuare a farlo. A chi non lo pensa non potrà essere chiesta abiura, e il confronto su questi temi, anche aspro, dovrà essere demandato al suo giusto e naturale ambito, appunto al dibattito culturale secondo una prospettiva storica. E ancora, se a nessuno viene chiesto di cambiare il proprio giudizio storico, a maggior ragione a chiunque si deve lasciare la possibilità di modificarlo, di nuovo sia in senso positivo che negativo, come naturale conseguenza del confronto storico-culturale. “E sul decisivo valore di civiltà che ha avuto la lotta antifascista negli anni Trenta e Quaranta”. Mi pare l’aspetto più delicato. Infatti, se non viene chiesto di rinnegare (nel senso sopra indicato) il proprio giudizio storico, come si può dichiarare l’antifascismo quale “valore di civiltà” in un documento programmatico? A me pare che i due concetti siano in contraddizione e non possano tenersi insieme, infatti l’antifascismo viene elevato al di sopra del giudizio storico, diviene valore politico, addirittura fondante. In quanto tale esso rappresenta una discriminante, una pregiudiziale escludente nei confronti di chi non si riconosca nel valore di civiltà dell’antifascismo, a meno di non richiedere una sua eventuale abiura. Non entro nella questione di merito (se l’antifascismo possa considerarsi o meno un valore di civiltà), pongo una questione di metodo ma che non è questione formale ma sostanziale. È giusto porre oggi una pregiudiziale antifascista quando il fascismo è morto settanta anni fa? È utile porre una pregiudiziale verso chi ha avuto una personale storia “fascista”, e trova lì le radici valoriali del suo essere, oggi, contro l’imperialismo americano, la globalizzazione capitalistica, il sionismo, o il modello di democrazia rappresentativa di stampo anglosassone, senza per questo essere terrorista, xenofobo, antisemita, o fautore della dittatura? Se la pregiudiziale antifascista viene posta, se ne devono trarre tutte le necessarie conseguenze. Innanzitutto la distinzione tra destra e sinistra, fatta uscire vigorosamente dalla porta, rientra dalla finestra dopo essersi cambiata nome. Mi si potrà obiettare che non sono esattamente la stessa cosa le distinzioni tra destra/sinistra e fascismo/antifascismo. Lo concedo. Ma faccio notare che oggi, in Parlamento, il 100% dei nostri rappresentanti, molti dei quali hanno avuto un passato da comunisti e da neofascisti, si dicono o anticomunisti, o antifascisti, o meglio ancora entrambe le cose contemporaneamente. Sfido a trovarne uno pronto a dichiararsi apertamente anticapitalista o addirittura (orrore!) antisionista. Ecco che, allora, c’è qualcosa che non torna. Ritengo che per un movimento radicalmente antisistema non sia più utile, oggi, fare riferimento all’antifascismo come ad un valore di civiltà, un valore fondante il proprio impegno politico. Esso può risultare fuorviante e sterile. Se la “casta” contro cui combattiamo si dichiara fieramente anticomunista e antifascista, noi non dobbiamo di converso dichiararci comunisti e fascisti, ma rompere questo schema. Né comunisti né fascisti ma rivoluzionari. Perché solo una rivoluzione può salvare i nostri valori di civiltà, certamente una rivoluzione democratica, una rivoluzione pacifica, ma una rivoluzione. Sarà dunque necessario cominciare a smontare, anche a livello comunicativo, i paradigmi di chi vuole imbrigliare il nostro essere rivoluzionari in vecchi schemi asfittici. A chi ci chiama rossobruni, dobbiamo rispondere fermamente. Rossobruni? No, rivoluzionari! Ps: Ma chi lo dice, all’ex comunista Giorgio Napolitano e all’ex neo-fascista Ignazio La Russa, di essersi tenuti a braccetto sulla guerra in Libia con la stessa linea politica interventista, in stile perfettamente rossobruno?

    Rossobruni? No, rivoluzionari! ? Appello al Popolo
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    p.s.: Non credo molto a rivoluzioni democratiche, pacifiche ecc. ecc....articolo comunque interessante.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  2. #2
    Rossobruno cattivone
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    Morte al liberismo!
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    Predefinito Re: Rossobruni? No, rivoluzionari!

    Un articolo interessante che, tuttavia, non condivido completamente.


    Chi sostiene la dittatura del proletariato non può combattere al fianco di chi sostiene il corporativismo (e viceversa). Da una parte, infatti, si vuole la fine dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dall'altra, invece, uno statalismo dirigista, un disegno "imperiale" e una lotta serrata contro il comunismo, inteso come "creazione giudaica" o come "minaccia anti-occidentale".
    E' quindi evidente, nonostante le calunnie che sono state seminate sul nostro conto, che non ci siamo mai rivolti a partiti come Forza Nuova, CPI o ai rimasugli della Fiamma Tricolore. Ma è altrettanto vero che non desideriamo avere nulla a che fare con SEL/SI, Rifondazione e trotskume vario. Questo perché anche la sinistra sedicente "antagonista", come la destra terminale, non ha come obiettivi l'anticapitalismo e l'anti-imperialismo.
    Sarebbe però opportuno, oltre che saggio, dialogare con quel bacino elettorale orfano della sinistra di "classe", così come con gli esponenti dell'area nazionale che rifiutano gli aspetti reazionari e anti-operai del fascismo regime e, soprattutto, del neofascismo atlantista-golpista.
    D'altronde questo tentativo di dialogo / confronto non è certo frutto del delirio mio, di Kavalerists, del defunto e vituperato Costanzo Preve, dello "stalinista" Giulietto Chiesa o del giovane Diego Fusaro.


    Palmiro Togliatti (e non certo Jean Thiriart, lo sai amaryllide?), scrisse una lettera aperta ai "cugini in camicia nera". Questo appello non va inteso come il tentativo di creare un minestrone ideologico di tipo "fascio-comunista" ma, piuttosto, come la possibilità di aggregare forze anticapitaliste attorno ad un progetto comune e di carattere temporaneo.


    Che dire , poi, dei comunisti del Movimento Operaio Argentino che sostennero il "fascista" Peròn? Anche loro sporchi "rossobruni"?


    Ancora: come poter dimenticare l'alleanza, seppur breve, tra PCC e KMT contro i signori della guerra?


    Cambiando completamente contesto storico, come giudicare gli studenti di estrema sinistra che a Valle Giulia accettarono di combattere al fianco dei c.d. "neofascisti dissidenti" e anti-almirantiani?


    Che dire, poi, della collaborazione dei settori giovanili del vecchio PCI con gli ex repubblichini di "Pensiero Nazionale"?


    E del fenomeno del millazzismo? E della partecipazione di Cacciari ai campi Hobbit? Strano, molto strano vedere i "compari" tergiversare su simili vicende. Eppure si tratta, seguendo la loro delirante logica, di puro e autentico rossobrunismo!


    Il mio giudizio sul fascismo storico e sul neofascismo resta dei PEGGIORI. Eppure, scorgo in alcuni giovani legati a quest'area, o comunque provenienti da essa, una genuina insofferenza verso il capitalismo globale, verso l'imperialismo americano, verso il sionismo, verso la società dei consumi e verso il criminale progetto eurocratico. Semplici coincidenze o "compagni (confusi) che sbagliano"? Non lo so e non perdo tempo a interrogarmi in tal senso.


    Pur non ritenendo possibile né auspicabile veder sventolare dalla stessa barricata la bandiera rossa e quella fascista, penso sia necessario, ove opportuno, dichiarare una "tregua" con quei giovani nazionalisti di estrazione proletaria, quei giovani nazionalisti che vivono sulla propria pelle le ingiustizie del capitalismo, quei giovani che hanno abbandonato l'anticomunismo di principio e che non credono più alla retorica rautiana dei "biondi centurioni ".
    L'importante, al momento, è colpire il sistema ordoliberista, atlantista e sionista. Chi da una parte e chi dall'altra. Coloro che, invece, continueranno a propagandare l'odio verso i "rossi", l'esaltazione del classismo, del razzismo più bieco e si dimostreranno fautori di alleanze con le carogne leghiste, post-missine o berlusconiane , saranno considerati nemici. Al pari di chi vuole collaborare con Vendola o con la "sinistra" piddina. Chi è solito darmi dell'ambiguo continuerà a farlo, non c'è dubbio, ma chi ha capito il senso di queste parole avrà sicuramente effettuato qualche passo in avanti. I nemici, lo ripeto per l'ennesima volta, sono il capitalismo e l'imperialismo . Il capitalismo e l'imperialismo, inutile raccontarci frottole, sono sostenuti e difesi sia dalle "sinistre" che dalle "destre".
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

 

 

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