Originariamente Scritto da
gladiator82ct
I dissidi interni sono il sale della democrazia. Quando all'interno di un partito c'è un pensiero unico significa che non c'è democrazia interna. Però quando i dissidi diventano insanabili e quando la distanza tra le parti diventa eccessiva, allora diventa inevitabile iniziare a parlare di rottura.
Nell'era dei partiti post-ideologici però non esiste più quella chiara ideologia che segnava la via. Un tempo dalla via maestra non ti potevi allontanare più di tanto, perchè se ti allontanavi più di tanto ti autoescludevi dal partito. Oggi è tutta un'altra storia. Quindi bisogna chiedersi come capire quando i dissidi interni diventano insanabili e quando invece sono fisiologici e costruttivi.
L'idea che mi sono fatto è che all'interno del PD sia stato ampiamente varcato il confine del normale scontro interno. Abbiamo da un lato un segretario/premer che non vuole passare per dittatore e che non si sogna nemmeno lontanamente di andare al muro contro muro e al "dentro o fuori" coi suoi avversari interni, ma se dipendesse da lui e se non ci fossero delle conseguenze politiche che lo porterebbero dritto alla caduta del governo, li sbatterebbe fuori dal partito senza pensarci due volte. Dall'altro lato abbiamo gli insofferenti ex leader del partito che non perdono occasione per attaccare il segretario e vogliono fargli lo scalpo riappropriandosi del partito, ma che allo stesso tempo non si sognano nemmeno lontanamente di uscire (vogliono essere sbattuti fuori semmai).
Quando il no vincerà, gli antirenziani del PD si uniranno al coro di chi (5 stelle in primis) chiederà le dimissioni a Renzi. Il paese verrà consegnato ai 5 stelle dalla stessa gente che lo aveva consegnato a Berlusconi.