Capisco le riserve sugli altri punti, ma la demitizzazione della "società civile" riguarda decisamente la fluidità di cui stiamo parlando dall'inizio: le propaggini del dominio attraversano, adattandosi, tutti le forme di aggregazione sociale, rendendole una melma indistinta.
Quanto all'ultimo paragrafo, è improprio parlare di "anarchismo", giacché esso è perfettamente in linea con il pensiero di d'Este, il quale parte da analisi marxiane per approdare a una emancipazione totale del soggetto all'interno di una comunità liberata (non è la mia visione, sto solo chiarendo il punto di vista dell'autore onde evitare fraintendimenti).
Nei tre suggerimenti finali non vedo nulla di "anarchico" in senso stretto:
* rifiutarsi di assumere i termini della politica comunemente intesa e della democrazia come costitutivi di una qualche azione sovvertente o trasformativa;
* respingere ogni possibile lusinga della partecipazione alla cosiddetta società civile: purtroppo ci siamo già dentro quando lavoriamo, quando pensiamo di godere del tempo libero, quando giocoforza sopportiamo il dominio;
* cominciare, o continuare, a svivere smodatamente usando questa categoria come criterio.
E' il frutto della commistione con le nuove istanze teoriche: se vi scorgi troppo "libertarismo", forse sei più ancorato alla tradizione di quanto pensi (non è un'accusa né un insulto né altro, solo una pacifica constatazione)
Alludi a questo:la presunta incapacità del capitale di creare nuovi processi produttivi
Il nihilismo è ormai essenzialmente monopolio del capitale e dello Stato. Del capitale in quanto, riscontrata la sua impossibilità innovativa (quello che sinteticamente indichiamo come la fine del Progresso), dovendo realizzare valore anche e soprattutto senza il lavoro (che rimane come imposizione autoritativa o consolatoria), volendo persistere, deve amministrare quel deserto animato da merci che ha costruito e in cui è costretto. Non si creda però che la riproduzione del nulla sia nulla. Si sviluppano le attività riproduttrici del nulla.
Per nulla intendiamo un "qualcosa" che, pur esistendo e spesso possedendo un "valore" (a causa del processo di autonomizzazione del valore dalle sue basi materiali), è deprivato di senso intrinsecamente e profondamente umano, non allude neppure lontanamente a una passata o futura comunità umana, non attiene alla necessità della specie. In questo senso, sono più teorici, seppur involontariamente, taluni venditori di mercanzie che non filosofi o pretesi teoreti. Questi mercanti, quando proclamano: "Ma prendi questo oggetto: non costa niente!", non intendono, ovviamente, dire che l'oggetto viene scambiato gratis e neppure, in modo più ammiccante, che costa poco. Vogliono dire: "Non cambia nulla nella tua vita né l'averlo né il non averlo, né l'esborso per averlo, né il risparmio nel non averlo". Infatti, pur nella loro manifesta demenza, fioriscono merci materiali e immateriali, traffici di ogni tipo, ideologie comprese. Ma queste merci non possono possedere più alcun requisito qualitativo, nullificate (livello economico) in mero valore di scambio o (livello simbolico) come immagini rappresentative di una vita assente.
o a qualche altro passo in particolare?