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  1. #21
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Citazione Originariamente Scritto da Batou Visualizza Messaggio
    Riguardo il testo che mi hai linkato.

    Non mi piace anzitutto la con-fusione che l'autore teorizza tra stato e società civile, la trovo fuorviante.
    Poi, vabbè, al punto sette, laddove l'autore si interroga sul "che fare?" leggo uno smodato concentrato di anarchismo che per ovvie ragioni non riesce ad attirarmi.
    Capisco le riserve sugli altri punti, ma la demitizzazione della "società civile" riguarda decisamente la fluidità di cui stiamo parlando dall'inizio: le propaggini del dominio attraversano, adattandosi, tutti le forme di aggregazione sociale, rendendole una melma indistinta.
    Quanto all'ultimo paragrafo, è improprio parlare di "anarchismo", giacché esso è perfettamente in linea con il pensiero di d'Este, il quale parte da analisi marxiane per approdare a una emancipazione totale del soggetto all'interno di una comunità liberata (non è la mia visione, sto solo chiarendo il punto di vista dell'autore onde evitare fraintendimenti).
    Nei tre suggerimenti finali non vedo nulla di "anarchico" in senso stretto:
    * rifiutarsi di assumere i termini della politica comunemente intesa e della democrazia come costitutivi di una qualche azione sovvertente o trasformativa;
    * respingere ogni possibile lusinga della partecipazione alla cosiddetta società civile: purtroppo ci siamo già dentro quando lavoriamo, quando pensiamo di godere del tempo libero, quando giocoforza sopportiamo il dominio;
    * cominciare, o continuare, a svivere smodatamente usando questa categoria come criterio.


    E' il frutto della commistione con le nuove istanze teoriche: se vi scorgi troppo "libertarismo", forse sei più ancorato alla tradizione di quanto pensi (non è un'accusa né un insulto né altro, solo una pacifica constatazione)

    la presunta incapacità del capitale di creare nuovi processi produttivi
    Alludi a questo:

    Il nihilismo è ormai essenzialmente monopolio del capitale e dello Stato. Del capitale in quanto, riscontrata la sua impossibilità innovativa (quello che sinteticamente indichiamo come la fine del Progresso), dovendo realizzare valore anche e soprattutto senza il lavoro (che rimane come imposizione autoritativa o consolatoria), volendo persistere, deve amministrare quel deserto animato da merci che ha costruito e in cui è costretto. Non si creda però che la riproduzione del nulla sia nulla. Si sviluppano le attività riproduttrici del nulla.

    Per nulla intendiamo un "qualcosa" che, pur esistendo e spesso possedendo un "valore" (a causa del processo di autonomizzazione del valore dalle sue basi materiali), è deprivato di senso intrinsecamente e profondamente umano, non allude neppure lontanamente a una passata o futura comunità umana, non attiene alla necessità della specie. In questo senso, sono più teorici, seppur involontariamente, taluni venditori di mercanzie che non filosofi o pretesi teoreti. Questi mercanti, quando proclamano: "Ma prendi questo oggetto: non costa niente!", non intendono, ovviamente, dire che l'oggetto viene scambiato gratis e neppure, in modo più ammiccante, che costa poco. Vogliono dire: "Non cambia nulla nella tua vita né l'averlo né il non averlo, né l'esborso per averlo, né il risparmio nel non averlo". Infatti, pur nella loro manifesta demenza, fioriscono merci materiali e immateriali, traffici di ogni tipo, ideologie comprese. Ma queste merci non possono possedere più alcun requisito qualitativo, nullificate (livello economico) in mero valore di scambio o (livello simbolico) come immagini rappresentative di una vita assente.

    o a qualche altro passo in particolare?
    "Una salus victis, nullam sperare salutem"

  2. #22
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Citazione Originariamente Scritto da amaryllide Visualizza Messaggio
    Noi abbiamo spezzato la schiena al nazifascismo, abbiamo mandato l'uomo nello spazio, abbiamo costretto il capitalismo a concedere ai lavoratori una serie di diritti senza precedenti nella storia, solo per paura che Baffone arrivasse anche da loro.
    Stalinismo unica via possibile per la lotta di classe!
    Noi chi? Non eri nemmeno nato.
    Gli stalinisti (direi anche i comunisti russi in generale e tutti i protagonisti dei vari "socialismi reali" sparsi per il globo) hanno preso un barile colmo di immondizia, ne hanno ridipinto la superficie esterna, cesellandone i contorni con accuratezza, poi hanno chiamato quel bel contenitore di sterco "comunismo".
    Lo "spezzare al schiena al nazifascismo" rientrava in un preciso disegno geopolitico, con cui, come già ti ho scritto un milione di volte, nulla aveva a che fare lo spirito da buon samaritano comunista liberatore degli oppressi.
    Per quanto riguarda "l'uomo nello spazio", solo un illuso potrebbe galvanizzarsi di fronte a una propagandistica corsa agli armamenti, fossero essi bellici, tecnici o culturali, volta solo a impressionare l'opinione pubblica interna, a giocare a braccio di ferro con la gemella potenza statunitense e a distrarre le masse affinché si dimenticassero del giogo quotidiano.
    Qualora si sentisse il bisogno di fondare una cloaca identica nella sostanza alla democrazia capitalista, ma con più marcette e polizie segrete spietate, allora tornerebbero in auge i figliocci di Stalin e compagni.
    Nel frattempo, per cortesia, restino nella pattumiera della storia.

    Citazione Originariamente Scritto da Batou Visualizza Messaggio
    Parliamone in una discussione apposita per favore.
    Meglio.
    "Una salus victis, nullam sperare salutem"

  3. #23
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Citazione Originariamente Scritto da Egomet Visualizza Messaggio
    Capisco le riserve sugli altri punti, ma la demitizzazione della "società civile"
    riguarda decisamente la fluidità di cui stiamo parlando dall'inizio:
    le propaggini del dominio attraversano, adattandosi, tutti le forme di aggregazione sociale, rendendole una melma indistinta.
    Come ho già scritto in precedenza io non ritengo sia giusto sostenere che le "nuove" propaggini reticolari nelle quali (preferenzialmente) si articola il potere capitalista, abbiano assunto una rilevanza tale da aver sopperito completamente alle vecchie forme di potere repressivo.
    Se accettiamo ciò allora non possiamo, giocoforza, accettare la completa con-fusione fra società civile e stato teorizzata da Este. Questa frattura emerge con sempre maggior rilevanza man mano che estendiamo la nostra analisi verso il basso, verso le classi più povere ed emarginate, quelle che formano la base della piramide sociale.
    L'epopea dei migranti è esemplificativa in tal senso. Un ruolo, secondo me, di fondamentale importanza, se si parla di biopotere/biopolitica è quello giocato dalla tecnica. Chi ha accesso da tempo alle protesi digitali (ed alle innovazione tecnologiche più in generale) è connesso prepotentemente alle nuove e schiaccianti forme di dominio quasi senza accorgersene, mentre, chi vi ha accesso solo da poco, magari in maniera ridotta, o non vi ha affatto accesso (digital divide) il discorso è ben diverso.

    Quanto all'ultimo paragrafo, è improprio parlare di "anarchismo", giacché esso è perfettamente in linea con il pensiero di d'Este, il quale parte da analisi marxiane per approdare a una emancipazione totale del soggetto all'interno di una comunità liberata (non è la mia visione, sto solo chiarendo il punto di vista dell'autore onde evitare fraintendimenti).
    Nei tre suggerimenti finali non vedo nulla di "anarchico" in senso stretto:
    * rifiutarsi di assumere i termini della politica comunemente intesa e della democrazia come costitutivi di una qualche azione sovvertente o trasformativa;
    * respingere ogni possibile lusinga della partecipazione alla cosiddetta società civile: purtroppo ci siamo già dentro quando lavoriamo, quando pensiamo di godere del tempo libero, quando giocoforza sopportiamo il dominio;
    * cominciare, o continuare, a svivere smodatamente usando questa categoria come criterio.
    E' il frutto della commistione con le nuove istanze teoriche: se vi scorgi troppo "libertarismo", forse sei più ancorato alla tradizione di quanto pensi (non è un'accusa né un insulto né altro, solo una pacifica constatazione)
    Sarò sincero: io trovo che "l'analisi marxiana" di Este sia un pò troppo annaquata per essere pienamente definita come tale. Per i motivi che stò approfondendo in questo stesso post e non solo.
    Oltre ai 3 punti che tu citi è doveroso riportare tutto quel che Este ha scritto al punto sette:
    "...Che cosa fare, dunque, contro l'iterazione del nulla, contro la dominazione dell'inorganico, contro l'assenza di un qualche "centro" (tutto è necroticamente diffuso, anche se effettivamente ci sono soggetti specifici che si incaricano di dirigere e controllare la necrosi) contro cui scagliarsi?
    La domanda, in apparenza senza possibilità di risposta, una qualche risposta invece ce l'ha: la rivolta dell'organico (dei corpi) in ogni situazione possibile, la massima resistenza, in ogni campo, al neomoderno e nessuna collaborazione con qualsivoglia espressione di esso, l'attacco virulento al Nihil organizzato, costruendo senso e sua comunicazione.
    Non si possono fornire delle indicazioni più precise. Ma alcune ipotesi sono già fin d'ora chiare:.."
    La predicata lotta totale ad un potere che, secondo l'autore, è privo di centro, la quale deve essere condotta in maniera de-gerarchizzante ed eversiva, il rifiuto , espresso da Este, verso l'adozione di quei cosiddetti "termini della politica comunemente intesa" nonchè verso la partecipazione alla società civile (una vera e propria fuga dalla realtà in mia opinione)....Di cosa parliamo se non di anarchismo?
    Il.."frutto della commistione con le nuove istanze teoriche" è ancora acerbo, in mio parere, se questo è. Detto ciò ci tengo a ribadire che, ad ogni modo, ho trovato sinceramente interessante lo scritto di Este, nonostante i limiti ed i difetti che vi ho riscontrato.
    P.S: se hai da muovermi un qualche appunto o una qualche critica, fallo pure senza remore.

    Alludi a questo:
    Il nihilismo è ormai essenzialmente monopolio del capitale e dello Stato. Del capitale in quanto, riscontrata la sua impossibilità innovativa (quello che sinteticamente indichiamo come la fine del Progresso), dovendo realizzare valore anche e soprattutto senza il lavoro (che rimane come imposizione autoritativa o consolatoria), volendo persistere, deve amministrare quel deserto animato da merci che ha costruito e in cui è costretto. Non si creda però che la riproduzione del nulla sia nulla. Si sviluppano le attività riproduttrici del nulla.
    Per nulla intendiamo un "qualcosa" che, pur esistendo e spesso possedendo un "valore" (a causa del processo di autonomizzazione del valore dalle sue basi materiali), è deprivato di senso intrinsecamente e profondamente umano, non allude neppure lontanamente a una passata o futura comunità umana, non attiene alla necessità della specie. In questo senso, sono più teorici, seppur involontariamente, taluni venditori di mercanzie che non filosofi o pretesi teoreti. Questi mercanti, quando proclamano: "Ma prendi questo oggetto: non costa niente!", non intendono, ovviamente, dire che l'oggetto viene scambiato gratis e neppure, in modo più ammiccante, che costa poco. Vogliono dire: "Non cambia nulla nella tua vita né l'averlo né il non averlo, né l'esborso per averlo, né il risparmio nel non averlo". Infatti, pur nella loro manifesta demenza, fioriscono merci materiali e immateriali, traffici di ogni tipo, ideologie comprese. Ma queste merci non possono possedere più alcun requisito qualitativo, nullificate (livello economico) in mero valore di scambio o (livello simbolico) come immagini rappresentative di una vita assente.
    o a qualche altro passo in particolare?
    Cito testualmente: "...l'esistenza di una produzione che palesemente è divenuta riproduzione, cioè senza più alcun possibile progresso. Progresso inteso in più sensi: l'innovazione produttiva, come si è detto, ma anche il progredire delle conoscenze umane, dei metodi per accrescere il benessere collettivo e individuale, delle idee genialmente espresse e sostenute, delle arti e dei mestieri...."
    Io credo che sia quantomeno semplicistico se non errato, insistere sull'incapacità produttiva del sistema capitalista. Non per nulla si parla oggi di Industry 4.0. Il discorso relativo alla (ri)produzione del nulla ed alla sua amministrazione offre comunque spunti molto interessanti, non merita certo di essere frettolosamente liquidato.
    Questa particolare discussione però, se vuole rivelarsi efficace, piuttosto che cercare sbrigativamente di dimostrare l'impossibilità innovativa del sistema vigente, deve, a mio parere, focalizzarsi ed insistere sulle contraddizioni che rivelano quanto e come il "progresso" del sistema capitalista attuale non corrisponda più al progresso umano.
    - Il (neo) fascista può dirsi socialista, nella medesima misura in cui Adolf Hitler pote' dirsi pittore. -

  4. #24
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Per il momento ti ringrazio per i contributi, per la pacatezza e per la qualità della discussione.
    Domani o, più probabilmente, all'inizio di settimana prossima, risponderò con calma.
    "Una salus victis, nullam sperare salutem"

  5. #25
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Ok, nessun problema.
    Non sentirti in obbligo di proseguire oltre se ritieni che non sia necessario. Io comunque sono e resto disponibile ad approfondire il dibattito.
    - Il (neo) fascista può dirsi socialista, nella medesima misura in cui Adolf Hitler pote' dirsi pittore. -

  6. #26
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Citazione Originariamente Scritto da Batou Visualizza Messaggio
    Come ho già scritto in precedenza io non ritengo sia giusto sostenere che le "nuove" propaggini reticolari nelle quali (preferenzialmente) si articola il potere capitalista, abbiano assunto una rilevanza tale da aver sopperito completamente alle vecchie forme di potere repressivo.
    Se accettiamo ciò allora non possiamo, giocoforza, accettare la completa con-fusione fra società civile e stato teorizzata da Este.
    Dall'incontro tra il marxismo e le nuove elaborazioni, nel caso di d'Este il situazionismo ( meno le influenze foucaultiane), nacque la convinzione di trovarsi dinnanzi a un potere tanto pervasivo quanto ramificato, alla cui protervia si sarebbe dovuto rispondere adeguando alla nuova sfida sia il metodo d'analisi sia la prassi.
    Probabilmente ingenera confusione il termine "Stato", qui, a mio giudizio, inteso più come l'organizzazione capillare del dominio che non la macchina burocratica tradizionalmente indicata dalla parola.
    In ogni caso, non è assolutamente mia intenzione difendere a spada tratta lo scritto di d'Este, sottoposto alla tua intenzione come semplice spunto di discussione, ma non esente da critiche.



    L'epopea dei migranti è esemplificativa in tal senso. Un ruolo, secondo me, di fondamentale importanza, se si parla di biopotere/biopolitica è quello giocato dalla tecnica. Chi ha accesso da tempo alle protesi digitali (ed alle innovazione tecnologiche più in generale) è connesso prepotentemente alle nuove e schiaccianti forme di dominio quasi senza accorgersene, mentre, chi vi ha accesso solo da poco, magari in maniera ridotta, o non vi ha affatto accesso (digital divide) il discorso è ben diverso.
    Sì, la tecnica gioca un ruolo fondamentale.
    A tal proposito, avevo anche dedicato una piccola discussione ad Anders.



    Sarò sincero: io trovo che "l'analisi marxiana" di Este sia un pò troppo annaquata per essere pienamente definita come tale.
    Dipende da quanto ritieni sia importante preservarne tutti le componenti.

    Oltre ai 3 punti che tu citi è doveroso riportare tutto quel che Este ha scritto al punto sette:
    "...Che cosa fare, dunque, contro l'iterazione del nulla, contro la dominazione dell'inorganico, contro l'assenza di un qualche "centro" (tutto è necroticamente diffuso, anche se effettivamente ci sono soggetti specifici che si incaricano di dirigere e controllare la necrosi) contro cui scagliarsi?
    La domanda, in apparenza senza possibilità di risposta, una qualche risposta invece ce l'ha: la rivolta dell'organico (dei corpi) in ogni situazione possibile, la massima resistenza, in ogni campo, al neomoderno e nessuna collaborazione con qualsivoglia espressione di esso, l'attacco virulento al Nihil organizzato, costruendo senso e sua comunicazione.
    Non si possono fornire delle indicazioni più precise. Ma alcune ipotesi sono già fin d'ora chiare:.."
    La predicata lotta totale ad un potere che, secondo l'autore, è privo di centro, la quale deve essere condotta in maniera de-gerarchizzante ed eversiva, il rifiuto , espresso da Este, verso l'adozione di quei cosiddetti "termini della politica comunemente intesa" nonchè verso la partecipazione alla società civile (una vera e propria fuga dalla realtà in mia opinione)....Di cosa parliamo se non di anarchismo?

    Parliamo di un rinnovato concetto di emancipazione, lontano dalle formule desuete di inizio secolo, ma avente sempre come fine l'affrancamento dai meccanismi alienanti del lavoro e del capitalismo.
    Il discrimine resta quello dell'incipit del tuo intervento: quanto rilievo hanno le nuove forme di potere all'interno del panorama generale?
    Per gli "eterodossi" molto, infatti il tentativo di liberazione passa attraverso ogni gesto del quotidiano, non restando più circoscritto unicamente nelle spazio dedicato al lavoro o alle consuete lotte politiche, ormai considerate inefficaci.
    Ovviamente, sto giocando all'avvocato del diavolo, pertanto riporto le cose secondo l'ottica dell'autore -o dei protagonisti dell'epoca- e non dal mio punto di vista, assai diverso e decisamente più pessimista.



    Il.."frutto della commistione con le nuove istanze teoriche" è ancora acerbo, in mio parere, se questo è. Detto ciò ci tengo a ribadire che, ad ogni modo, ho trovato sinceramente interessante lo scritto di Este, nonostante i limiti ed i difetti che vi ho riscontrato.
    E' uno dei tanti frutti, non necessariamente il migliore o il peggiore.
    Potreste percorrere ancora tanta strada in quella direzione, se lo riteneste opportuno.

    P.S: se hai da muovermi un qualche appunto o una qualche critica, fallo pure senza remore.
    Nessuna critica; però, siccome penso sia uno dei punti davvero nodali, mi piacerebbe sapere che cosa pensi in merito alla rivoluzione copernicana della critica radicale, passata dalle macro-strutture, astratte e in odore di metafisica, al quotidiano.



    Questa particolare discussione però, se vuole rivelarsi efficace, piuttosto che cercare sbrigativamente di dimostrare l'impossibilità innovativa del sistema vigente, deve, a mio parere, focalizzarsi ed insistere sulle contraddizioni che rivelano quanto e come il "progresso" del sistema capitalista attuale non corrisponda più al progresso umano
    Benissimo, a te la palla...
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  7. #27
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Citazione Originariamente Scritto da Batou Visualizza Messaggio
    Ok, nessun problema.
    Non sentirti in obbligo di proseguire oltre se ritieni che non sia necessario. Io comunque sono e resto disponibile ad approfondire il dibattito.
    Figurati, è interessante.
    Era solo per avvisarti, perché fino a oggi sono stato impegnato e mi sarebbe spiaciuto rispondere frettolosamente.
    "Una salus victis, nullam sperare salutem"

  8. #28
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Citazione Originariamente Scritto da Egomet Visualizza Messaggio
    Sì, la tecnica gioca un ruolo fondamentale.
    A tal proposito, avevo anche dedicato una piccola discussione ad Anders.
    Confesso di non aver mai letto nulla di Anders, grazie per averlo citato, credo proprio che approfondirò questo autore.

    Parliamo di un rinnovato concetto di emancipazione, lontano dalle formule desuete di inizio secolo, ma avente sempre come fine l'affrancamento dai meccanismi alienanti del lavoro e del capitalismo.
    Il discrimine resta quello dell'incipit del tuo intervento: quanto rilievo hanno le nuove forme di potere all'interno del panorama generale?
    Per gli "eterodossi" molto, infatti il tentativo di liberazione passa attraverso ogni gesto del quotidiano, non restando più circoscritto unicamente nelle spazio dedicato al lavoro o alle consuete lotte politiche, ormai considerate inefficaci.
    Ovviamente, sto giocando all'avvocato del diavolo, pertanto riporto le cose secondo l'ottica dell'autore -o dei protagonisti dell'epoca- e non dal mio punto di vista, assai diverso e decisamente più pessimista.
    Oltre a chiederci quanto rilievo abbiano le nuove forme di potere, dovremmo anche chiederci quale rilievo abbiano, quale sia la loro posizione. Quest'analisi, in mia opinione, è sostanzialmente giusta, a patto, però, che per mezzo di essa, non si cerchi di fare il passo più lungo della gamba, ossia, di "sorpassare" screditando ed abbandonando in toto, quelle formule/esperienze che tu (giocando all'avvocato del diavolo) definisci come desuete. Esse, in mia opinione, sono desuete perlopiù formalmente che non sostanzialmente parlando. Precedentemente ho scritto:
    "Quest'ultima forma di (bio)potere (neo?)capitalista che si è infine sviluppata, poggia le proprie fondamenta sulle basi poste dalla vecchia concezione di potere capitalista e convive con esso. L'una non sopperisce le funzioni dell'altra, entrambe lavorando assieme si rafforzano vicendevolmente."
    Questo ragionamento può e deve essere ripreso ed esteso ora a questi concetti cosiddetti "ortodossi" ed "eterodossi" di cui stiamo parlando. Se vogliamo trarci d'impaccio, questa è la via da percorrere ( secondo me).


    Nessuna critica; però, siccome penso sia uno dei punti davvero nodali, mi piacerebbe sapere che cosa pensi in merito alla rivoluzione copernicana della critica radicale, passata dalle macro-strutture, astratte e in odore di metafisica, al quotidiano.
    In realtà, non credo di poter scrivere (non con cognizione di causa perlomeno) a tal riguardo, un gran chè in più rispetto a quel che già ho scritto sino ad ora. Questo perchè, ad oggi, la mia ignoranza è il mio più grosso limite. Se ti accontenti di un ragionamento piuttosto generico e sintetico allora posso anche cimentarmi. Altrimenti cerca di imboccarmi tu, e poi vediamo come và a finire.
    Benissimo, a te la palla...
    Potrei scrivere davvero tanto riguardo a quell' infinità di contraddizioni più o meno evidenti, più o meno recenti, che, col trascorrere del tempo, continuano ad accumularsi ed a moltiplicarsi.
    Di fatto, molte di esse, sono già sotto gli occhi di tutti, dal momento che sono socialmente riconosciute come "crisi". (economica, ecologica, politica e geopolitica, socio-culturale ecc.) Il punto in questione è che manca la capicità e la volontà nell'occidentale medio di riconoscere in queste "crisi" i sintomi di una rottura oramai totale, tra progresso del genere umano e progresso del sistema capitalista. Questi sintomi evidenziano come il modello imperante non possa più contare su compromessi e/o propagandati "ritorni al futuro" per contenere gli effetti delle proprie contraddizioni ed incrementare in termini assoluti la propria autorità. Esso può solo spingere sempre più verso un avvenire in cui la dittatura del profitto sia schiacciante rispetto alla totalità dell'esistente.Noi marciamo a tappe forzate verso un futuro prossimo le cui prospettive sono pericolosamente simili a quelle descritte nei romanzi distopici di William Gibson. Nel frattempo la popolazione occidentale, convinta che il modello vigente sia l'unico possibile (nonchè il migliore!), punta il dito su chi meno si conforma al polimorfe apparato vigente, punta il dito sui troppi diritti (sociali) ottenuti, sulle troppe libertà (sostanziali) concesse. Punta il dito sull'uomo e le sue necessità. E lo fà perchè ha paura, perchè l'ignoranza becera che ha assimilato in tanti anni di consumismo sfrenato l'ha drogata ed abbruttita. E' in questa cornice che si spiega il revival di consensi dalle masse popolari verso la destra estrema/radicale (trump, le pen, salvini, ecc). Uno dei compiti fondamentali di chi oggi vuole creare un'efficace opposizzione anticapitalista consiste nell' invertire questa tendenza suicida insita nell' opinione pubblica, nell'evidenziare le contraddizioni e la loro natura sistemica, nel creare un diffuso pensiero critico e nell'edificare una salda coscienza di classe. E mi fermo qui per non annoiarti troppo.
    - Il (neo) fascista può dirsi socialista, nella medesima misura in cui Adolf Hitler pote' dirsi pittore. -

  9. #29
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Citazione Originariamente Scritto da Batou Visualizza Messaggio
    Confesso di non aver mai letto nulla di Anders, grazie per averlo citato, credo proprio che approfondirò questo autore.
    .
    A causa di alcune pecche, in particolar modo un irritante moralismo, non sempre è all'altezza delle aspettative del lettore, però la sua lungimiranza e la sua acutezza sono degne di nota.
    Il mio consiglio è quello di andare oltre le debolezze e scoprirne i punti forza, insomma di leggerlo senza pregiudizi.


    Esse, in mia opinione, sono desuete perlopiù formalmente che non sostanzialmente parlando.
    Un lavoro di sintesi, ancorché complesso, dovrebbe essere uno dei vostri obiettivi primari.

    Se ti accontenti di un ragionamento piuttosto generico e sintetico allora posso anche cimentarmi.
    Se ti andasse, per me basterebbe, ma non sentirti in dovere.

    Uno dei compiti fondamentali di chi oggi vuole creare un'efficace opposizzione anticapitalista consiste nell' invertire questa tendenza suicida insita nell' opinione pubblica, nell'evidenziare le contraddizioni e la loro natura sistemica, nel creare un diffuso pensiero critico e nell'edificare una salda coscienza di classe.
    Un obiettivo ambizioso, ma avete le forze necessarie per perseguirlo?
    Al momento, non credo.
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  10. #30
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    Predefinito Re: 2000 d.c. Biopotere e Biopolitica : sulle tracce della discussione

    Citazione Originariamente Scritto da Egomet Visualizza Messaggio
    A causa di alcune pecche, in particolar modo un irritante moralismo, non sempre è all'altezza delle aspettative del lettore, però la sua lungimiranza e la sua acutezza sono degne di nota.
    Il mio consiglio è quello di andare oltre le debolezze e scoprirne i punti forza, insomma di leggerlo senza pregiudizi.
    Ne terrò conto.
    Un lavoro di sintesi, ancorché complesso, dovrebbe essere uno dei vostri obiettivi primari.
    Sono d'accordo, purchè si parli di una sintesi non qualunque, per i motivi che ho già espresso in precedenza.

    Se ti andasse, per me basterebbe, ma non sentirti in dovere.
    Devo dire che il tallone d' Achille della teoria radicale è da riscontrarsi , a mio avviso, in quell'atteggiamento antagonista permanentemente (e meramente) teso alla distruzione del presente. Non posso fare a meno di chiedermi come questo processo di distruzione possa 1) essere efficace in termini tattici 2) essere realmente capace di produrre una società alternativa in termini strategici. Questo "atteggiamento" si giustifica nella riscontrata necessità di contrapporre alle "nuove" capillari e fluide forme di potere un'opposizione in grado di raccogliere la sfida e di "giocare" allo stesso livello. Ed ecco che arriviamo alla (per me tutt'ora non chiara) prassi rivoluzionaria quotidiana di cui parlavamo.
    Sul fatto che essa sia sicuramente necessaria ho pochi dubbi, essi (i dubbi intendo) invece crescono in maniera esponenziale quando si parla del come debba essere attuata questa lotta quotidiana e con quali aspettative.
    Io vedo nelle analisi , nell'elaborazione critica, il punto di forza delle teorie prese in esame. Mentre se si parla delle proposte pratiche, del "che fare?", ecco che non posso fare a meno di ignorare quella che per me è un evidente deriva (perdonami per il termine "deriva") anarchica.
    Un obiettivo ambizioso, ma avete le forze necessarie per perseguirlo?
    Al momento, non credo.
    Non posso darti torto.
    - Il (neo) fascista può dirsi socialista, nella medesima misura in cui Adolf Hitler pote' dirsi pittore. -

 

 
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