Perchè ecco cosa succede: alcuni costano così tanto che la gente che non può farne a meno per sopravvivere è costretta a ricorrere alle vie illegali.
Però si dice che i brevetti servono per il commercio e per incentivare la ricerca e l'innovazione...
Epatite C, cure a prezzi stracciati in India ma anche su Internet - Corriere.it
Chi è escluso dal trattamento gratuito, accessibile in Italia per i pazienti più gravi,
e cerca strade alternative, possibilmente a costi contenuti non manca di possibilità
di Adriana Bazzi, inviata a Boston
La cronaca ci informa: ci sono terapie anti-epatite C a «prezzi stracciati», disponibili in Paesi come India o Egitto (perché le aziende, che detengono il brevetto del farmaco, concedono a certi Paesi di produrlo come generico in base a particolari accordi commerciali). E ci sono italiani che li comperano in India in quantità ( ci vuole comunque una ricetta medica) e lo riportano in Italia, sfidando le nostre leggi (che consentano l’importazione di farmaci solo per un mese di terapia). Ci sono giudici del nostro Paese che, poi, autorizzano ugualmente il loro acquisto per periodi superiori a un mese di cira. E, infine, ci sono rappresentanti degli Ordini dei medici che, invocando l’emergenza nazionale, suggeriscono di fabbricare, anche in Italia, i generici (senza tener conto del problema dei brevetti e delle regole che governano il commercio dei farmaci).
Rischio di pericolose contraffazioni
Per non parlare della possibilità di acquisto su internet (ma con il rischio di imbattersi in pericolose contraffazioni). Chi, per il momento, è escluso dal trattamento gratuito, accessibile in Italia per i pazienti più gravi, e cerca strade alternative, possibilmente a costi contenuti non manca di possibilità. Chi, invece, è disponibile a pagare il prezzo di mercato della terapia (che attualmente in Europa si aggira sui 50-60mila euro), può ottenerla in una farmacia della Svizzera o del Vaticano (sempre con ricetta medica). Ma gli esperti assicurano: tutti verranno trattati, presumibilmente in tempi brevi, dal momento che i più gravi sono ormai stati tutti curati. «L’Italia sta facendo una buona politica - commenta Stefano Fagiuoli, gastroenterologo all’Ospedale di Bergamo -. E comunque , chi non ha forme gravi di malattia, può aspettare, senza rischi». Si tratta ora di allargare i criteri di trattamento.