Rivoluzione colorata o grigio inizio di un colpo di stato?
Rivoluzione colorata o grigio inizio di un colpo di stato?
Non ho mai dato il mio voto a Berlusconi ma ho di recente capito una cosina, ossia che “il Prodi“, con la complicità dell’intera sinistra e centrosx, ha letteralmente svenduto agli anglosassoni le aziende di maggior pregio dell’Italia e non solo la Sme.
Con la svalutazione favorita da Amato del 30% della lira nel ’92 questi predoni globali inglesi e americani sono venuti a far shopping in Italia. Per gli Usa poi comprarsi il mondo con dollari falsi, che stampavano la notte prima, è stato sempre un gioco.
La pseudo sinistra Americana, la dovreste ricordare, è stata quella dei Veltroni, Amato, Dini, Draghi, Ciampi, Prodi, d’Alema con contorno di Radicali. Costoro sono proprio da considerarsi come coloro che hanno disposto delle ricchezze d’Italia per conto di Goldman Sachs e tutta la lobby del Britannia. Qui siamo già nel terreno del delitto contro la sovranità dello Stato.
Berlusconi oggi tutt’un tratto fa apparire i precedenti politici italiani per quello che furono e cioè come miseri servi degli Angli occupanti, ai quali nulla si nega e tutto si concede come nel caso del Dal Molin a Vicenza concesso da Prodi, come l’appoggio all’invasione della Serbia da parte di d’Alema, come l’assordante silenzio di fronte alla strage di Gaza di una sinistra supina alle mire di Israele.
Anche qua, potenza della stampa serva, il Cinghialone, come fu definito Craxi si è rivelato oggi essere stato un gigante rispetto i vari Prodi, D’Alema, Dini, Ciampi e Amato. Anche a Lui non ho mai dato il mio voto, perché a quel tempo mi informavo su l’Espresso acc…. Si, tutta la stampa di Carlo De Benedetti, con Repubblica in testa non gli diede tregua finché non lo vide morire ad Hammamet gonfio come un pallone con un enorme conflitto del profugo e relativa ritenzione idrica (vedi NuovaMedicinaGermanica).
La colpa di Craxi fu quella di non essersi piegato a 90 gradi davanti agli Anglosassoni occupanti ed è la stessa che ora addossano a Berlusconi il satiro, il mandrillo, il papi, l’ottavo nano, il mafioso di Arcore, il riciclatore dei proventi illeciti mafiosi, il mandante di attentati di mafia, anzi il mandante di omicidi di giudici. Può bastare?
Ma urge farsi una domanda in più: se il Nostro, presunto mafioso incastra fior di mafiosi, fa gli interessi dello Stato italiano, andando a comprare energia in Russia , in Kazakistan, in Libia , dopo essersi fatto bellamente i fatti suoi, dobbiamo credere agli occupanti americani che hanno tirato fuori dal cappello il coniglio Spatuzza per potersi riprendere il comando della nostra sciagurata nazione o proviamo a farci qualche domanda anche sull’origine delle fortune di Di Pietro “il britannico”, Travaglio “il filo israeliano”, Grillo (che tiene famiglia), De Benedetti l’angloamericano.
Ecco cosa ne pensa Maurizio Blondet del sito effedieffe.com della rivoluzione viola:
Maurizio Blondet
La Rivoluzione Arancione in Ucraina, la Rivoluzione delle Rose in Georgia, quella dei Bulldozer in Serbia, quella – seppur fallita – dei Cedri in Libano, sono state tutte pilotate dall’esterno di quei paesi, messe a punto ed eseguite secondo piani concertati dall’intelligence anglo-americana, dal Gruppo Soros, dal NED ( National Endowment for Democracy ), dall’Istituto Albert Einstein di Gene Sharp e da altre strutture che vengono racchiuse nel termine di “CIA-di-sinistra“.
Tutte queste rivoluzioni, ed altre analoghe, hanno una struttura paradigmatica così riassumibile :
1. un demagogo telegenico;
2. dei sondaggi pubblici falsi;
3. delle truffe nelle votazioni;
4. dei grandi foraggiamenti di denaro, provenienti soprattutto dal traffico di droghe;
5. delle folle pilotate, soprattutto di giovani ingenui festeggianti nelle piazze;
6. un totale controllo su tv, radio e siti internet chiave, soprattutto per spacciare il volere dei gruppi pilotati come se fosse il volere della maggioranza dei cittadini;
7. da ultimo – ma non perchè meno importanti, anzi – abbiamo : slogans, ritornelli, canzoncine, marchi, loghi ed un colore identificativo. Nel caso di Obama, il blu.
Basta una bella modella per creare una immagine pro-rivoluzione colorata.
Ah, dimenticavo : ognuna di queste riuscite rivoluzioni “colorate”, è curiosamente finita allo steso modo, cioè con il mettere nei posti di potere agenti NATO o cleptocrati di Wall Street e della Citry. (…)
(…) ma siccome nonostante tutto l’Italia non è la Georgia, la programmata e «spontanea» rivoluzione viola ha subito rivelato la sua ossatura organizzativa. L’Italia dei Valori ha organizzato la manifestazione, e l’ha finanziata con almeno 300 mila euro (palco, altoparlanti, pullman); tanto che i militanti dipietristi se la sono presa con i militanti rifondaroli, che si sono accaparrati la scena con un mare di bandiere rosse, e non avevano nemmeno pagato il conto.
Azione pubblicitaria a sostegno della rivoluzione colorata in Iran. Quello delle maschere di cartone é un elemento comune delle rivoluzioni colorate.
Non è stata la manifestazione dell’Italia «onesta», ma quella di Di Pietro. Con la ridicola aggiunta delle bandiere falce-e-martello, imbucate alla festa viola. E non è la prima volta che Di Pietro si scambia favori con certi «ambienti americani». Non stiamo parlando per sentito dire, come Spatuzza. C’è un documento – riportato da Giancarlo Lehner (2) – che prova la pista americana di Mani Pulite.
E’ un documento del 19 luglio 1992, quando Mani Pulite è appena agli inizi. Il procuratore Camillo Davigo scrive una relazione indirizzata a Borrelli, il suo superiore, procuratore capo di Milano, dove riferisce del suoi colloqui con un immobiliarista coinvolto (Bruno De Mico) e il suo avvocato, Franco Sotgiu. Ecco cosa scrive Davigo:
«Il De Mico riferiva di aver appreso da persone appartenenti ad imprecisati ‘ambienti’ statunitensi che gli americani, irritati con Bettino Craxi, avevano deciso di colpirlo e perciò erano disponibili a collaborare alle indagini in corso a Milano (…). L’obbiettivo degli ambienti americani era identico a quello attribuito ai magistrati, e dopo l’arresto di Ligresti (17 luglio 1992, ndr) non c’era altra possibilità che l’annientamento di Ligresti o dei magistrati inquirenti… Era necessario che un magistrato, meglio se il dottor Di Pietro, rilasciasse un’intervista a Lower Bergman, conduttore della trasmissione Sixty Minutes sulla rete televisiva statunitense CBS. Questo sarebbe stato il segnale che l’offerta americana era stata accettata».
Un'altra immagine creata ad arte per sostenere le rivoluzioni colorate.
Di Pietro si recò negli Stati Uniti nell’ottobre successivo: «viaggio organizzato dall’Usis», l’ente «culturale» del governo americano, allora con sede a Milano, e notoriamente un braccio della CIA (2).
Oggi il ministro dell’Interno Maroni esulta per l’arresto di due mafiosi importanti. E promette: «Ci manca solo di prendere Matteo Messina Denaro, il capo. E siamo vicini». Speriamo. Così vedremo che anche senza il capo dei capi, la mafia continua a funzionare benissimo. Perchè la mafia è la terza istituzione della nostra democrazia.
La mafia siamo noi, ben lieti di usarla per le nostre tifoserie cieche ed opposte, di farcela amica per vincere le elezioni in Sicilia, o di renderla complice della nostra «giustizia».
La stessa immagine utilizzata per la rivoluzione colorata in Iran oggi é buona per pubblicizzare quella viola!
1) Jeff Israely, «Il paese di Kafka», La Stampa, 6 dicembre 2009.
2) Giancarlo Lehner, «Storia di un processo politico», Mondadori, 2003, pagina 72 (La pista americana). Mai alcuna indagine ha esperito la «pista americana a Mani Pulite», anche se fu evidente che il processo contro Giulio Andreotti ebbe come colonna il noto Buscetta, un mafioso detenuto in USA e inviatoci come «pentito» a testimoniare i bacio fra Giulio Andreotti e Totò Riina (il capo dell’FBI, Louis Freeh, venne in Italia apposta per godersi l’udienza). Eppure dell’invito americano a Di Pietro ci sono, come si dice, altri «riscontri». Un altro pm di Mani Pulite, Gherardo Colombo, ha riferito un suo colloquio con un collega di cui non fa il nome (ma è probabilmente Di Pietro). Questo anonimo gli avrebbe detto allora: «Cosa ne dici? Cosa facciamo? Ci prospettano che ci sarebbe il tal Stato che ci vuole aiutare, basta che noi diamo un segno, che siamo disposti a lavorare con loro…». E non basta. L’ex procuratore di Milano Giulio Catelani (spodestato da Borrelli perchè si opponeva alle «procedure irregolari» di Di Pietro) depone il 19 febbraio 1996 davanti al pm di Brescia Fabio Salamone quanto segue: «Ricordo bene che nel luglio del ‘92 mi telefonò Borrelli per segnalarmi una notizia riguardante Ligresti ed alcuni collegamenti internazionali… Borrelli mi segnalava una vicenda che poteva avere riflessi anche sulla sicurezza dello Stato. Decidemmo insieme di parlarne con il presidente Oscar Luigi Scalfaro, che ci ricevette alla presenza del segretario generale (del Quirinale) Gaetano Gifuni. Il presidente, dopo aver ascoltato la relazione fatta da Borrelli, si rifiutò in modo risentito di esaminare i documenti, sostenendo che il modo in cui era stata acquisita la notizia non era da lui condiviso». Che dire? Sembra di capire che Borrelli volesse coprirsi le spalle, ottenendo da Scalfaro il permesso di utilizzare «notizie» di reato acquisite da ambienti «internazionali» in qualche modo illegali o irituali. E che Scalfaro, pur odiando Berlusconi e volendolo morto, temeva ancor di più gli «ambienti americani», specie quelli irrituali, e non abbia voluto mettersi in mano loro.