Quel piano di De Benedetti per mettere le mani su Mps - IlGiornale.it
Nel 2012 l'Ing. tentò di entrare nella banca di cui era debitore (con Sorgenia) comprandola a buon mercato
Caro Fabrizio, ti allego un draft di proposta finanziaria che Nomura metterebbe in piedi per alcuni investitori italiani raccolti in una newco. Ho ricevuto una risposta interessante da Manes e Carlo De Benedetti. Nel caso Cdb, ci si domandava se il suo eventuale investimento potesse avere riflessi negativi sui crediti della banca a Cir/Sorgenia/Espresso». La mail è stata inviata alle 15.39 del 2 febbraio 2012 e spunta dai faldoni dell'inchiesta Antonveneta. Il mittente è Ruggero Magnoni, ex vicepresidente di Lehman Brothers Europe e al tempo numero uno degli affari in Italia di Nomura, la stessa banca giapponese con cui Mps aveva sottoscritto i famosi derivati Alexandria. Il destinatario è Fabrizio Viola, arrivato da poche settimane a Rocca Salimbeni come direttore generale al posto di Antonio Vigni con Giuseppe Mussari ancora presidente (lo scandalo Antonveneta deflagrerà un anno dopo).Nella missiva si fa riferimento a Manes, Vincenzo, di cui Magnoni è socio nella finanziaria quotata Intek. Ma a saltare all'occhio è il nome dell'Ingegnere. Che si offre di rilevare una quota del Monte attraverso la controllata M&C con altri compagni di viaggio e la spinta del «sensale» Magnoni. La proposta messa sul piatto di Viola è la seguente: l'acquisto del 5% del Monte (da abbassare al 3%, se non fosse stato trovato un terzo investitore al fianco di De Benedetti e Manes), con un investimento di 187 milioni, 80 sborsati dagli azionisti e 107 prestati da Nomura. Il problema è che Cdb diventerebbe azionista di una banca di cui è anche debitore con le altre società della sua galassia, in particolare con Sorgenia.
A spingere De Benedetti sulla Rocca è Ruggero Magnoni, fratello minore di Giorgio. Entrambi assai noti alle cronache finanziarie. Ruggero aveva conquistato la stima dell'Ingegnere che negli anni Novanta gli fece seguire il dossier sui telefonini Omnitel. Ma i Magnoni vengono associati soprattutto alla cosiddetta razza padana: furono il terzo fratello Aldo e Giorgio a fine anni '90 il fondo Oak con base alle Cayman che partecipò alla scalata a Telecom guidata da Roberto Colaninno e benedetta da Massimo D'Alema. La musica cambia quando la holding dei due fratelli, la Sopaf, finisce sull'orlo del fallimento. A far barcollare la finanziaria già minata da una serie di operazioni immobiliari poco redditizie, è stato soprattutto l'investimento in Banca Network messa in liquidazione a luglio 2012 senza neppure i soldi per rimborsare i correntisti dopo il fallimento della ristrutturazione di un debito di oltre 100 milioni con le banche (tra cui Mps).