L’intraprendenza che Gesù loda
Sintesi - Vi sono persone molto abili e di successo che sanno destreggiarsi molto bene nel mondo degli affari e che sanno come «fare soldi», «produrre ricchezza», arricchire e diventare «potenti» in breve tempo. Sono persone che, come si dice, «hanno grandi capacità imprenditoriali». Per raggiungere i loro obiettivi utilizzano spesso metodi moralmente discutibili, ma è indubbio che «arrivano dove vogliono arrivare». Gesù stesso, promuove quelle che abbiamo chiamato «capacità imprenditoriali»? Sì, se leggiamo una controversa Sua parabola: Luca 16:1-9. L'onesta intraprendenza finalizzata alla gloria di Dio ed all'avanzamento del Suo regno è ciò che Gesù raccomanda. Vediamo come.
Grandi capacità imprenditoriali...
Vi sono persone molto abili e di successo che sanno destreggiarsi molto bene nel mondo degli affari e che sanno come «fare soldi», «produrre ricchezza», arricchire e diventare «potenti» in breve tempo. Sono persone che, come si dice, «hanno grandi capacità imprenditoriali». Per raggiungere i loro obiettivi utilizzano spesso metodi moralmente discutibili, ma è indubbio che «arrivano dove vogliono arrivare». Ho trovato la seguente descrizione delle caratteristiche dell'imprenditore: deve avere fantasia, creatività, fiducia, ottimismo, autostima, capacità tecnica, tenacia, propensione al rischio, spirito di iniziativa, instancabilità, passione per lo sviluppo, tempestività e flessibilità. Nella categoria «flessibilità» molto probabilmente è incluso anche il non farsi troppi scrupoli d'ordine etico e morale... Egli, poi, deve avere capacità di essere «visionario», cioè quello di vederci chiaro su dove vuole arrivare e come arrivarci, «pensando in grande e partendo dal piccolo», deve avere capacità di guida, anche carismatica, essere al servizio dei collaboratori e della società, e deve coniugare e dimostrare quello che, in termini tecnici si chiama: «goal congruence», cioè essere un uomo o una donna che sa fidarsi degli altri ed è affidabile. Deve poi avere «capacità gestionali», cioè sapere come gestire, amministrare, le aziende. Dell'imprenditore si dice che la creazione di valore deve essere per lui «un dovere etico».
Tutto questo è innato in certe persone? Probabilmente sì: per quanto mi riguarda, personalmente, io sono purtroppo ben lontano dall'avere queste qualità e mezzi. Ammesso che io volessi fare l'imprenditore, mi direbbero, però, «Non disperare, perché puoi sempre imparare a diventarlo»! Sì, perché oggi ci sono scuole che ti insegnano a diventare un tale imprenditore e che, pubblicizzando il loro istituto, dicono: «Nei fine settimana puoi migliorare le tue capacità manageriali!».
Vi sorprenderebbe, ora, se vi dicessi che la Bibbia, la Parola di Dio, Gesù stesso, promuove quelle che abbiamo chiamato «capacità imprenditoriali»? Sembra proprio che sia così, visto che storicamente, il movimento noto per prendere la Bibbia molto sul serio, il Protestantesimo, sia stato determinante nella creazione della libera economia di mercato, del capitalismo e quindi del progresso e della ricchezza delle nazioni!
Il testo biblico
C'è una parabola di Gesù che, al riguardo, è molto controversa e che è stata considerata molto «difficile» perché sembra lodare e raccomandare proprio un simile spirito di iniziativa, anzi, quasi giustificare la disonestà nel perseguire i propri obiettivi!
Per questo che essa ha spesso lasciato perplessi lettori e commentatori. Se, ed è un dato di fatto, Gesù è ben lontano da poter essere accusato di promuovere o di tollerare una qualsiasi forma di immoralità, che cosa ha voluto dire, Gesù, quando ha raccontato la Parabola del fattore infedele?
Leggiamola, come la troviamo nel vangelo secondo Luca, al capitolo 16.
”Gesù diceva ancora ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un fattore, il quale fu accusato davanti a lui di sperperare i suoi beni. Egli lo chiamò e gli disse: "Che cos'è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché tu non puoi più essere mio fattore". Il fattore disse fra sé: "Che farò, ora che il padrone mi toglie l'amministrazione? Di zappare non sono capace; di mendicare mi vergogno. So quello che farò, perché qualcuno mi riceva in casa sua quando dovrò lasciare l'amministrazione". Fece venire uno per uno i debitori del suo padrone, e disse al primo: "Quanto devi al mio padrone?" Quello rispose: "Cento bati d'olio". Egli disse: "Prendi la tua scritta, siedi, e scrivi presto: cinquanta". Poi disse a un altro: "E tu, quanto devi?" Quello rispose: "Cento cori di grano". Egli disse: "Prendi la tua scritta, e scrivi: ottanta". E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con avvedutezza; poiché i figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce. E io vi dico: fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; perché quando esse verranno a mancare, quelli vi ricevano nelle dimore eterne” (Luca 16:1-9).
La parabola ed i suoi personaggi
Alcune parabole di Gesù, come quella del Buon Samaritano e del Fariseo e il Pubblicano descrivono dei comportamenti che Gesù raccomanda di seguire. Sono «racconti esemplari». La parabola del Fattore infedele, però, appartiene ad una diversa categoria. In sé stessa, essa non ha nulla di edificante!
Dapprima la condotta di questo fattore sembra essere caratterizzata dalla incompetenza, non sa fare il suo mestiere! Poi, egli si comporta con sfacciata disonestà. Il padrone stesso, che non sembra essere migliore del suo dipendente, infine, frodato da quest'ultimo, giunge persino a lodarlo perché, evidentemente, è ...fatto della sua stessa pasta!
Gesù usa questa parabola, però, allo stesso modo in cui lo fa con quella del giudice iniquo, quello che «non temeva Dio e non aveva rispetto per nessuno» (Lu. 11:2) e della vedova che «gli rompe le scatole» finché ottiene quel che voleva. Là Gesù non raccomanda la mancanza di rispetto e l'importunità, ma attira l'attenzione sulla necessità della preghiera perseverante. Allo stesso modo qui Gesù non raccomanda certo la disonestà, ma lo spirito di iniziativa. Egli usa questa parabola per renderci vivida e memorabile una verità che ci vuole insegnare: quella di essere avveduti, lungimiranti, intraprendenti...
Questo fattore era certamente un mascalzone, ma un mascalzone furbo, astuto, intelligente! I discepoli di Gesù sono così invitati ad usare l'intelligenza e l'astuzia per fini migliori, ma decisamente ad usarla, perché spesso i credenti sono troppo passivi, troppo poco intraprendenti, troppo poco coraggiosi (nel bene)! Gesù, infatti, osserva: «I figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce» (8). Gesù dice, così: «Vedete come quell'uomo era stato intraprendente? E' necessario che lo siate anche voi, ma nel bene!».
In questo racconto non sono presenti allegorie. L'uomo ricco non è Dio e il fattore qui non vuole rappresentare il discepolo di Gesù. Dobbiamo prendere la parabola così come sta.
Qui il possidente si rende conto che il suo dipendente, il fattore, sta amministrando i suoi beni in modo incompetente, sperperandoli, o almeno, non facendo gli interessi del suo padrone, che dovrebbe servire, ma solo i propri. Così, prima di licenziarlo, gli chiede un resoconto finale della sua amministrazione. Il fattore teme che il suo licenziamento lo mandi, disoccupato, sul lastrico, privo di mezzi di sussistenza. Ecco così che, messo alle strette, egli escogita un piano mediante il quale spera di indurre un certo numero di persone ad essergli riconoscenti e quindi che esse siano disposte ad aiutarlo quando ne avrà bisogno.
Convoca così, uno per uno, i debitori del suo padrone e, profittando della loro buona fede, perché essi pensavano che in quel momento egli continuasse a rappresentarlo, invita a modificare i documenti che certificano i loro debiti, come se il padrone li avesse loro in parte condonati. Il primo deve al padrone 100 barili d'olio, ora ne restituirà solo la metà. Un altro gli deve cento sacchi di grano, ora ne restituirà ottanta. E' una falsificazione, una disonestà, ma i debitori non lo sanno e ne sono contentissimi, anzi, ne saranno eternamente riconoscenti! Furbo, non è vero? La parabola termina, appunto, sorprendentemente con quel padrone che, pur accorgendosi di essere stato così frodato, esprime la sua ammirazione per quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con molta furbizia, la stessa furbizia, la stessa abilità con la quale lui stesso, probabilmente, aveva prima ammassato i propri beni. Molto probabilmente non lo riassumerà più... [perché gli sarebbe stato uno scomodo concorrente], ma è come se gli avesse detto: «Vai, vai, farai fortuna, avrai successo, anche se non lavorerai più per me: sei fin troppo abile ed intraprendente!».
Ecco così il commento di Gesù che dice: «... così gli uomini di questo mondo nei loro rapporti con gli altri sono più astuti dei figli della luce» (TILC). In altre parole: Coloro la cui vita è incentrata esclusivamente nelle cose di questo mondo, spesso si comportano in modo più saggio ed avveduto di quanto facciano i credenti».
Un ulteriore commento lo troviamo al versetto 9 a proposito dell'uso che bisogna fare del denaro. Egli dice: «Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; perché quando esse verranno a mancare, quelli vi ricevano nelle dimore eterne», in altre parole: «Ogni ricchezza puzza d'ingiustizia, certo, ma voi usatela per fare del bene, per farvi degli amici; così, quelli che avrete reso vostri amici vi benediranno e Dio stesso sarà compiaciuto di voi.
Abbiamo quindi in questo testo Gesù che sollecita i Suoi discepoli ad avere maggiore spirito di intraprendenza nel bene, come pure l’insegnamento ad utilizzare il denaro – che molto spesso è legato a situazioni di ingiustizia, al servizio del Regno di Dio, redimendolo [1].
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