Originariamente Scritto da
Midìl
Prima di tutto, non è prevista, nei trattati europei, un'uscita dall'euro, ma solo dall'Unione Europea. Questa sarebbe già una notevole difficoltà. Ma, a parte questo, l'euro è una moneta comune, non un sistema di cambi fissi. Non basta abrogare il cambio fisso, dall'oggi al domani, e tutto riprende "come prima" (fino ad un certo punto). Occorre innanzitutto prendere la decisione in tal senso, processo, data la complessità della situazione, difficilmente rapido (in particolare se si ipotizza una qualche consultazione popolare), ed occorre poi convertire tutto nella nuova moneta, che va anche emessa e resa disponibile.. E tutto questo richiede tempo. E se si prevede che la nuova moneta si svaluti significativamente, rispetto all'euro, si corrono grossissimi rischi. Ad esempio, immaginiamo che una nuova lira venga introdotta col cambio 1:1 con l'euro (il valore del cambio iniziale, 1:1 o 1:1000 o 1:1.000.000, è ininfluente, al di là del fattore psicologico (e della praticità di conto)). Se si prevede che questa nuova moneta perda rapidamente, diciamo, il 30% del suo valore, significa che chi prima della svalutazione, in banca, aveva 10.000 euro, si ritroverà con 10.000 lire, ma che varranno, ora, l'equivalente di 7.000 euro. Immaginando questo, credo che molti, se non tutti, i risparmiatori si precipiterebbero in banca, per ritirare i propri soldi in euro, prima che avvenga il cambio, al fine di evitare di la riduzione del proprio capitale reale. Le banche non potrebbero reggere questa ondata, e, per non fallire, dovrebbero chiudere, o quanto meno si dovrebbe ricorrere a dei limiti, piuttosto stretti, a quanto prelevabile. Ma così ne risentirebbero le attività economiche (oltre che i cittadini). E vi sarebbero, probabilmente, drastiche strette al credito, con tutte le conseguenze immaginabili. E questo è solo uno degli aspetti negativi. Pensiamo agli importatori, che hanno stipulato i contratti in euro, o in dollari, considerando un limitato rischio di cambio. Si ritroverebbero a vendere i prodotti in lire svalutate in Italia, e a dover pagare in euro (o dollari) i propri fornitori. E cambiare i contratti non è così facile, perché i fornitori non gradirebbero essere pagati con lire svalutate, e si rischierebbero cause civili lunghe e complesse. Oltre, nel frattempo, ad una difficoltà nell'approvvigionamento di prodotti di importazione, il che significa, non solo prodotti di consumo (come computer e telefoni cellulari), ma anche idrocarburi, materie prime e semilavorati. Prodotti che, quindi, servono alle fabbriche italiane, per produrre e poi, anche, esportare. Insomma, uscire dall'euro, per l'Italia, potrebbe provocare un "afflosciamento" dell'economia. E senza dimenticare le conseguenze sui conti pubblici. Perché il debito pubblico è in euro. E viene rimborsato, periodicamente, con l'emissione di nuovo debito. Se venisse lasciato in euro, dopo essere passati alla nuova lira svalutata, il valore reale del debito schizzerebbe verso l'alto, divenendo semplicemente ingestibile. Se, invece, si provasse a convertirlo in lire, destinate alla svalutazione, non solo chi ha investito in euro verrebbe ripagato con una moneta svalutata, cioè le lire, con una conseguente forte perdita, con tutte le conseguenze economiche connesse, ma le nuove emissioni, sarebbero molto meno appetibili, e dovrebbero prevedere tassi di interesse alti o molto alti, con aggravio notevole per i conti pubblici. Aggravio che aumenterebbe la necessità di trovare le risorse per farvi fronte, il che significa nuovo debito, o nuove tasse, o riduzione delle spese (austerità). Il tutto in una condizione di "afflosciamento" dell'economia. Se poi non si riuscisse a reggere il passo dei tassi, vi sarebbe il fallimento, con ulteriori perdite per chi ha investito in titoli di stato. Ma tutto questo non basta. Perché una profonda crisi economica e finanziari in Italia, paese con un'economia di una certa dimensione, rischierebbe di danneggiare anche, in misura minore, altre economie, che vedrebbero una riduzione del mercato italiano. Questo può valere sia per le auto tedesche, che per il gas russo. Questo da sommare ad eventuali perdite legate ad un'eventuale perdita, almeno parziale, di quanto investito in titoli italiani da parte di investitori stranieri. Ma c'è di più. Un'uscita dell'Italia, potrebbe determinare quella, più o meno volontaria, di altri paesi, quali, ad esempio, Spagna, Portogallo e Grecia. Il che significa altra instabilità, altre crisi economico-finanziarie, che si ripercuoterebbero su tutto il continente e a livello mondiale, cosa che danneggerebbe le nostre esportazioni. Insomma, a mio parere, per uscire dall'euro con rischi limitati, occorre un paese economicamente e finanziariamente solido. E possibilmente visto come abbastanza "marginale" rispetto al sistema euro, da non innescare un "effetto valanga", che possa trascinare con sé altri paesi più a rischio, con tutte le conseguenze negative del caso.
Saluti.
Midìl