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  1. #1
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Volontari italiani nelle divisioni Waffen S.S.

    Volontari Italiani nelle divisioni Waffen SS


    Massimiliano Afiero

    Oltre che nella 24a divisione Karstjaeger e nella 29a divisione Italien, molti altri italiani furono inquadrati in varie divisioni SS dopo l’8 settembre. Per ordine personale di Hitler, tutte le unità tedesche furono autorizzate a reclutare volontari italiani soprattutto i membri della Milizia.

    Nel settembre del 1943 in Italia erano presenti alcune formazioni della Waffen SS, prime tra tutte la Leibstandarte Adolf Hitler richiamata dal fronte dell’est. Almeno 300 militari italiani, vennero arruolati subito dopo l’8 settembre nella 1a divisione SS. I comandanti tedeschi gradirono molto la presenza degli italiani nella loro formazione, alfine di utilizzarli come autisti e meccanici per la manutenzione e l’utilizzo dei tanti automezzi di origine italiana sequestrati. Questi italiani seguirono la Leibstandarte in Ucraina, nel novembre 1943, partecipando ai duri combattimenti contro le formazioni sovietiche. Nel marzo del 1944 una cinquantina di superstiti accettarono di rientrare in Italia per essere aggregati alla Legione SS italiana. Questi reduci dal fronte russo della Lah ebbero il privilegio di continuare a portare le mostrine nere con la doppia runa delle SS, a differenza degli altri membri della SS italiana che avevano le mostrine rosse. Un’altra cinquantina di italiani della Lah, vennero assegnati nella primavera del ’44 alla 12a divisione Hitler Jugend, finendo a combattere in Normandia. Una decina di superstiti della HJ fecero ritorno in Italia solo nel gennaio del ’45.

    Anche nella 16a divisione SS Reichsfuhrer, che operò sul fronte italiano, vennero arruolati circa un centinaio di italiani nelle unità di supporto e amministrazione.

    In Grecia, la 4a divisione SS Polizei arruolò alcune centinaia di italiani della milizia e dell’esercito nell’area intorno a Volos. Inizialmente i volontari continuarono a portare l’uniforme italiana venendo impiegati principalmente nelle unità di supporto della divisione. La 2a compagnia di sanità della Polizei era composta interamente da autisti italiani. Gli appartenenti alla milizia vennero invece impiegati nei reparti combattenti: nel 7° reggimento Panzer Grenadier della divisione operò fino all’autunno del 1944 nell’area intorno a Larissa, un’intera compagnia di camicie nere (circa 180 uomini) denominata La Compagnia Camicie Nere L’Aquila. Con altre camicie nere venne organizzato un Gruppo d’artiglieria.

    In Jugoslavia, un migliaio di italiani vennero aggregati alla 7a divisione SS Prinz Eugen. Un altro centinaio di italiani, della divisione Lombardia ed in particolare del XXXI° battaglioni carri, finirono invece nella 11a divisione SS Nordland, mentre era dislocata in Croazia nel settembre 1943. La maggior parte degli italiani vennero impiegati nei reparti corazzati, dal momento che erano stati sequestrati dalla divisione molti carri italiani. Nel dicembre ’43, quando la Nordland venne trasferita sul fronte russo, i volontari italiani vennero trasferiti in Italia.

    Circa 500 volontari italiani, provenienti dai reparti dislocati in Francia dopo l’8 settembre, vennero arruolati nella 17a divisione SS Götz Von Berlichingen, grazie all’attività propagandistica del cappellano militare Padre Eusebio. La divisione agli ordini dell’oberführer Ostendorff era in corso di costituzione nei pressi di Tours. Così molti italiani si ritrovarono con la divisa SS a combattere contro gli alleati in Normandia nel giugno 1944. La divisione perse la metà dei suoi effettivi durante i combattimenti: i volontari italiani, circa un centinaio, rientrarono in Italia, e vennero aggregati alla Legione SS italiana e al Reggimento Paracadutisti Folgore. A testimoniare la presenza degli italiani nella 17a SS, giunse nel febbraio del ’45 a Mussolini un telegramma di saluto: “Oggi più di ieri i volontari italiani inquadrati nella Divisione SS Gotz von Berlichingen riaffermano la loro immutabile fede in Voi. Dall’ottobre 1943 i volontari delle SS sul fronte d’invasione in terra di Francia hanno saputo mostrare col sangue il loro attaccamento alla causa fascista e molti sono caduti, ma i vivi continueranno a marciare sulla strada indicata loro dai morti: Italia. Firmato: Raffaele Acurzio”. La divisione in quel momento era sul fronte della Lorena e stava ripiegando nel Palatinato sotto la pressione delle forze americane.

    Anche nella 28a divisione SS Wallonie, del mitico Leon Degrelle, vennero impiegati un centinaio di volontari italiani. Si trattava per lo più di nostri connazionali che erano nati in Belgio o si trovavano lì per motivi di lavoro. Nel dicembre ’44 una cinquantina di essi, insieme con una decina di spagnoli, chiesero di poter essere trasferiti in Italia nella Legione SS italiana. Degrelle acconsentì e nel gennaio ’45 il gruppo italo-spagnolo giunse a Rodengo-Saiano al battaglione addestramento di Alois Thaler.

    Un altro centinaio di volontari italiani già inquadrati nella Legione SS italiana, inviati a Praga per seguire un corso di specializzazione come Panzer Grenadier, vennero per l’evolversi degli eventi, inquadrati nella 10a divisione SS Frundsberg. La maggior parte di loro finì dispersa nei combattimenti sul fronte dell’Oder nel febbraio ’45.



    Note:

    Sito di riferimento: http://www.fondazionersi-roma.tk/

  2. #2
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Volontari italiani nelle divisioni Waffen S.S.

    Waffen SS: Gli italiani che prestarono giuramento al Fuhrer


    di Giuseppe Minnella



    Premessa:
    Il 10 giugno 1940, dal balcone di Palazzo Venezia, il Duce, S. E. Benito Mussolini, dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna. Il conflitto si allarga fino a impegnare tutto il mondo nella più tragica strage che l'umanità abbia mai conosciuto. Dopo tre anni di guerra l'Italia è in ginocchio; il Duce viene arrestato per ordine del re; arriva l'8 settembre, il giorno della morte della Patria, come lo hanno definito in tanti. Il Duce viene liberato, il re e Badoglio scappano, l'Italia è sotto l'occupazione tedesca. Nasce così la Repubblica Sociale Italiana nella quale centinaia di migliaia di giovani decidono di combattere per il loro ideale di giustizia e libertà. Molti e disordinati sono i reparti dell'RSI. Tra di essi troviamo le SS-Italiane: chi erano?



    Dopo l’8 settembre non tutti i soldati italiani svestirono la divisa per tornarsene a casa, sognando così la fine, almeno per loro, di quel lungo conflitto che già da oltre tre anni vedeva protagonista in prima linea l’Italia fascista prima, badogliana poi.
    Ci fu infatti chi rifiutando l’umiliante resa firmata dal Re e Badoglio entrò a far parte dei reparti tedeschi per continuare la guerra al fianco degli antichi alleati. Durante i primi tre anni della II guerra mondiale gli unici italiani ai quali fosse permesso di arruolarsi nelle formazioni tedesche, furono i sud tirolesi che avessero scelto il III Reich. Così dopo la firma dell’armistizio molti entrarono a far parte della Wermacht, l’esercito tedesco, altri scelsero le Waffen-SS.
    Nel corso del secondo conflitto mondiale le Waffen-SS, che si distinguevano dalle comuni SS per il fatto che esse rappresentavano delle unità combattenti d’élite, giunsero a contare ben 900 mila uomini distribuiti in 38 divisioni.
    Accanto ai reparti tedeschi si costituirono molte altre unità di diversa provenienza e nazionalità. Tra di essi, sul finire del 1943 si costituirono le Waffen-SS Italiane. Andiamo per fasi: tale formazione era solo parente delle Waffen SS nel senso che era inquadrata da personale SS ma armi e materiali erano della ordungspolizei. Ciò era evidenziato dall’assenza del nome SS e delle relative mostrine (rosse e senza rune). Solo a seguito del valoroso comportamento in battaglia ad Anzio degli uomini dell’Obersturmbannfuehrer Carlo Federigo Degli Oddi il ReichsFuehrer SS Himmler concesse ai volontari italiani di fregiarsi del titolo di SS effettive. Unica eccezione fu il battaglione “Debica” formatosi in Polonia nel novembre ’43 al comando del maggiore bersagliere Guido Fortunato e che, addestratosi in un poligono SS, venne da subito indicato come reparto SS. Gli appartenenti portarono sempre le mostrine nere e spesso, pur non autorizzati, le rune SS. Con la nascita delle unità armate SS tutti i volontari italiani portarono le mostrine nere. Nell’aprile ’45 a guerra quasi conclusa la forza totale della legione era di 6.500 uomini effettivi.
    La formazione di un corpo armato di SS Italiane fu caldeggiata da Mussolini fin dal suo arrivo in Germania, a metà del settembre ’43, dopo l’avvenuta liberazione dalla prigionia sul Gran Sasso. Il Duce illustrò il suo progetto a Rastenburg direttamente a Hitler che lo sottoscrisse delegandone a Himmler l’attuazione.
    Himmler, comandante delle SS, pur accettando molte delle condizioni poste da Mussolini, non si fidava del valore e della fedeltà delle nuove truppe, integrate da volontari reclutati nei campi di internamento della Germania (come per esempio il Battaglione Debica su trattato). Avrebbe concesso lo status di “Waffen SS” solamente con il valore dimostrato in combattimento. Quindi per la Milizia, poi 1° Brigata d’Assalto, non compariva la denominazione SS, né i volontari portavano le classiche mostrine nere bensì di colore rosso.
    Le prime unità delle SS Italiane furono addestrate in Germania a Musingen, dove alla metà di ottobre si trovavano già 13362 uomini arruolati tra volontari ed ex-internati nei campi tedeschi dopo l’8 settembre. Non era infatti ancora prevista, e non lo fu fino al gennaio 1944, alcuna misura di arruolamento in Italia.
    Il 1° febbraio ’44 ha ufficialmente inizio il reclutamento volontario in Italia per completare i reparti della Waffen SS che, oltre a contrastare i partigiani, avrebbero battersi al fronte contro gli angloamericani. A tale scopo era prevista una severa selezione per individuare gli uomini idonei a recarsi in Germania, per ricevere un addestramento di prim’ordine ad opera della Waffen SS di concerto con l’esercito tedesco.
    Ecco così che dal marzo 1944 entrano in funzione i centri d’arruolamento, che prevedono 29 uffici principali e 6 secondari. I principali sorgono a: Savona, Cuneo, Torino, Alessandria, Aosta, Novara, Como, Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Mantova, Treviso, Padova, Bologna, Modena, Firenze, Forlì, Ancona, Macerata, Perugina, Viterbo, Grosseto, Siena, Pisa, Genova, Parma, Bolzano e Massa-Carrara; gli altri sei centri erano di stanza a: Cremona, Pavia, Pesaro, Roma, Varese e Venezia.
    I reparti avrebbero dovuto assumere il nome di Waffen-SS-Milizia Armata.
    In totale furono circa ventimila i volontari italiani che si posero al totale servizio della Germania. Infatti nel composito quadro delle Forze Armate della RSI, le SS Italiane costituirono un corpo a parte.
    Le SS Italiane sono poste agli ordini del generale di brigata Peter Hansen, provvisoriamente sostituito a causa di malattia (ottobre-dicembre ’43) dal colonnello Gustav Lombard. Al ritorno di Hansen, Lombard raggiunse la propria ottava divisione di cavalleria SS Floria Geyer sul fronte russo.
    Le unità dipendevano dal comandante Waffen SS in Italia, gruppenfuehrer Lothar Debes con sede a Calmiero nel veronese che a sua volta dipendeva dal obergrueppenfuehrer Karl Wolff, comandante supremo delle SS e della polizia tedesca in Italia. Al vertice della legione vi era l’ispettorato del generalmajor Pietro Mannelli (con funzione anche di ispettore arruolamenti) dell’SS oberfuehrer Erick Tschimpke (anche ispettore stampa e propaganda). Dall’ispettorato dipendeva il convalescenziario di Griffa sul lago maggiore trasferito nella seconda metà del ’44 all’ospedale campo dei fiori a Varese. Vi era inoltre il reparto ausiliarie della marchesa Wally Sandonnino. Mannelli sovrintendeva al servizio reclutamento costituito all’inizio da 40 uffici nell’Italia settentrionale. Il settore stampa curava la pubblicazione di “Avanguardia europea”, il settimanale che sarà l’organo di stampa ufficiale delle Waffen SS Italiane poi ridenominato semplicemente in “Avanguardia”. Il giornale aveva sede a Milano in Viale Monte Santo 3 e il 7 ottobre 1944 dalle sue pagine definì Himmler, tra gli ideatori dei campi di sterminio, “un grande europeo”. Sulla stessa rivista scrissero il teorico italiano del razzismo Giovanni Preziosi e Carlo Borsani. Poiché gran parte della documentazione riguardante le SS italiane è andata perduta, la collezione di Avanguardia è preziosa per seguirne la storia e conoscerne le spinte ideologiche ed i motivi ideali.
    Completava l’ispettorato l’ufficio personale che gestiva lo schedario con lo stato di servizio di tutti i volontari.
    I reparti operativi vanno distinti in unità combattenti e di riserva. Le prime erano inquadrate nella brigata divenuta nel aprile ’44 la “29° Waffen Granadier Brigate der SS”. Era un’unità di fanteria su due reggimenti, 81° e 82° SS, un reggimento di artiglieria, un battaglione di fucilieri, una compagnia pionieri, una compagnia trasmissioni, una compagnia complementi, e le unità di supporto per un totale all’aprile ’45 di 5.000 unità sulle 6.500 della legione.
    Le unità di riserva dipendevano da un apposito comando che gestiva l’inquadramento dei nuovi volontari. Esso controllava anche il deposito addestramento reclute di Cremona (che forniva l’addestramento base di 2 mesi ai nuovi volontari), il magazzino centrale della legione ed il poligono di Rodendo-Saiano (BS) che ospitava il battaglione addestramento (che forniva i due mesi di addestramento di reparto). Vi era infine il battaglione addestramento ufficiali con corsi secondo i parametri delle scuole ufficiali SS. Una sessantina di ufficiali subalterni italiani frequentò anche, da maggio a luglio ’44, un corso presso una scuola di fanteria meccanizzata in Boemia. Altri 30 ufficiali nello stesso periodo frequentarono corsi alle scuole SS delle varie armi. Lo stesso dicasi per alcune centinaia di sottufficiali nelle apposite scuole SS. In particolare gli ufficiali che frequentarono la scuola di Lauenburg furono gli unici volontari della legione ad avere il gruppo sanguigno tatuato sotto il braccio sinistro, come era prassi delle unità SS. Ciò comportò tutti i problemi relativi alla fine del conflitto.
    Oltre ad avere una divisione propria delle Waffen SS, molti altri italiani furono inquadrati in varie divisioni SS dopo l’8 settembre. Molti di loro ottennero il privilegio di portare le mostrine delle SS sin dall’inizio, a differenza dei loro camerati arruolati nella Waffen SS italiana.
    Circa 300 volontari vennero arruolati nella 1° divisione SS Lah subito dopo l’8 settembre, quando l’unità era dislocata in Italia. I tedeschi gradirono la presenza degli italiani nella divisione, soprattutto perché la maggior parte di loro venne utilizzata come autisti e meccanici per la manutenzione e l’utilizzo dei tanti automezzi di origine italiana sequestrati. Una volta in Ucraina, nel novembre 1943, gli italiani vennero utilizzati anche in prima linea, come forza combattente. Nel marzo 1944 una cinquantina di superstiti accettarono di rientrare in Italia per essere aggregati alla Legione SS italiana. I reduci del fronte russo della Lah ebbero il privilegio di continuare a portare le mostrine nere con la doppia runa delle SS. Un’altra cinquantina di italiani della Lah, vennero assegnati invece nella primavera del ’44 alla 12° divisione Hitler Jugend. Una decina di superstiti di quest’ultima fecero ritorno in Italia solo nel gennaio ’45. Anche nella 16° divisione SS Reichsfuhrer, che operò sul fronte italiano, vennero arruolati circa un centinaio di italiani nelle unità di supporto e amministrazione. In Grecia, la 4° divisione SS Polizei arruolò alcune centinaia di italiani della milizia e dell’esercito nell’area intorno a Volos. Inizialmente i volontari continuarono a portare l’uniforme italiana venendo impiegati principalmente nelle unità di supporto della divisione. La 2° compagnia di sanità della Polizei era composta interamente da autisti italiani. Gli appartenenti alla milizia vennero invece impiegati nei reparti combattenti: nel 7° reggimento Panzer Grenadier della divisione operò fino all’autunno del 1944 nell’area intorno a Larissa, un’intera compagnia di camicie nere (circa 180 uomini) denominata La Compagnia Camicie Nere L’Aquila. Con altre camicie nere venne organizzato un Gruppo d’artiglieria. In Jugoslavia, un migliaio di italiani vennero aggregati alla 7° divisione SS Prinz Eugen. Un altro centinaio di italiani, della divisione Lombardia ed in particolare del XXXI° battaglioni carri, finirono invece nella 11° divisione SS Nordland, mentre era dislocata in Croazia nel settembre 1943. La maggior parte degli italiani vennero impiegati nell’unità Panzer Abteilung, dal momento che erano stati sequestrati dalla divisione molti carri italiani. Nel dicembre ’43, quando la Nordland venne trasferita sul fronte russo, i volontari italiani vennero trasferiti in Italia. Circa 500 volontari italiani provenienti dai reparti dislocati in Francia dopo l’8 settembre, vennero arruolati nella 17° divisione SS Gotz Von Berlichingen, grazie all’attività propagandistica del cappellano militare Padre Eusebio. La divisione agli ordini dell’oberfuhrer Ostendorff era in corso di costituzione nei pressi di Tours. Così molti italiani si ritrovano con la divisa SS a combattere contro gli alleati in Normandia nel giugno 1944. La divisione perse la metà dei suoi effettivi durante i combattimenti: i volontari italiani, circa un centinaio, rientrarono in Italia, e vennero aggregati alla Legione SS italiana e al Reggimento delle Brigate Nere di Alessandro Pavolini. Anche nella 28° divisione SS Wallonie, del mitico Leon Degrelle, vennero impiegati un centinaio di volontari italiani. Si trattava per lo più di nostri connazionali che erano nati in Belgio o si trovavano lì per motivi di lavoro. Nel dicembre ’44 una cinquantina di essi, insieme con una decina di spagnoli, chiesero di poter essere trasferiti in Italia nella Legione SS italiana. Degrelle acconsentì e nel gennaio ’45 il gruppetto italo-spagnolo giunse a Rodendo-Saiano al battaglione di addestramento di Thaler. Un altro centinaio di volontari italiani già inquadrati nella Legione SS italiana, che vennero inviati a Praga per seguire un corso di specializzazione come Panzer Grenadier, vennero per l’evolversi degli eventi, inquadrati nella 10° divisione SS Frundsberg. La maggior parte di loro finì dispersa nei combattimenti sul fronte dell’Oder nel febbraio ’45.
    Le SS Italiane furono in conclusione composte da militari che accettarono di agire al comando di ufficiali germanici. Tutti i gradi più importanti erano tedeschi e gli stessi ordini per gli ufficiali superiori erano dati in lingua germanica. Le divise, a differenza delle SS tedesche, avranno inizialmente mostrine rosse e solo in seguito diverranno nere anche se per non tutti i reparti.
    I gradi erano ordinati secondo la gerarchia tedesca. Sui berretti e sugli elmetti erano presenti il tipico teschio d’argento e le due SS stilizzate. Unici segni distintivi erano un’aquila su un fascio littorio e verso la fine del ’44 il simbolo delle tre frecce incrociate racchiuse in un cerchio da portare sulla mostrina destra.
    Anche il giuramento aveva una forma particolare: le SS italiane infatti dichiaravano obbedienza ad Adolf Hitler. Eccone il testo:
    “ Davanti a Dio presto questo sacro giuramento: che nella lotta per la mia patria italiana contro i suoi nemici, sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, supremo comandante dell’esercito tedesco, e quale soldato valoroso sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento”.
    Già alla fine di novembre, mentre le Forze Armate della Repubblica di Salò andavano ancora costituendosi, ben 13 battaglioni furono trasferiti nell’Italia Settentrionale con compiti di “sicurezza”. Tranne due battaglioni inviati a contrastare lo sbarco degli americani ad Anzio, le SS Italiane furono quasi esclusivamente impiegate dai tedeschi in operazioni di polizia e di lotta antipartigiana nelle regioni del Nord Italia.

    A Milano il I, II e III Battaglione, che formano il primo reggimento agli ordini del console De Maria. Il I Battaglione, comandato dal primo seniore Federigo Degli Oddi, è forte di 25 ufficiali, 99 sottufficiali e 568 soldati; il II comandato dal maggiore Vittorio Gori, conta 28 ufficiali, 100 sottufficiali e 573 soldati; il III, con a capo il tenente colonnello Giorleo, è composto da 25 ufficiali, 100 sottufficiali e 573 soldati. Completa il reggimento una Compagnia comando con 34 ufficiali, 34 sottufficiali e 339 soldati.
    A Torino il IV Battaglione del maggiore Ereno Giona, con 27 ufficiali, 56 sottufficiali e 617 soldati;
    A Bologna il V, comandato dal maggiore Giorgio Marzoli, forte di 31 ufficiali, 47 sottufficiali e 638 soldati;
    A Cuneo il VI, agli ordini del capitano Tullio Traverso e comprendente 30 ufficiali, 101 sottufficiali e 576 soldati;
    A Casale il VII, sotto il comando del maggiore Michele Nichelini, con 28 ufficiali, 85 sottufficiali e 576 soldati;
    A Como l’VIII comandato dal maggiore Carlo Pace e composto da 26 ufficiali, 100 sottufficiali e 573 soldati;
    A Lucca il IX, agli ordini del seniore Francesco Tognetti, forte di 30 ufficiali, 99 sottufficiali e 574 soldati;
    A Trieste il X, comandato dal seniore Valentino Fracasso, con un organico di 29 ufficiali, 96 sottufficiali e 384 soldati;
    Ad Aosta l’XI, sotto il comando del primo seniore Gilberto Fabris e una forza di 31 ufficiali, 72 sottufficiali e 371 soldati.
    A Ferrara il Battaglione Ufficiali, che funzionava come Scuola di perfezionamento, agli ordini del colonnello Luigi De Pietri Tonelli, con 634 ufficiali, 24 sottufficiali e 136 soldati.
    Un ultimo battaglione era infine composto da volontari ritenuti non idonei al combattimento venne perciò impiegato nelle retrovie.
    Lo Stato Maggiore della Waffen SS Italiana è a Vago (VR). Lo presiede il tenente colonnello Vittorio de Polis, agli ordini del quale si trovano 13 ufficiali, 24 sottufficiali e 136 soldati.
    Le Waffen-SS Italiane furono tra le prime truppe italiane a riprendere la guerra contro gli alleati. Il Battaglione Paracadutisti “Nembo” venne schierato a rinforzo del fronte di Nettuno ove subì il 70% delle perdite. Il 17 marzo 1944 fu spostato sul fronte di Nettuno anche il 1° Btl-Freiw. Waffen-SS-Vendetta. L’occasione per farsi valere si presentò nel Febbraio del 1944 quando il Battaglione Vendetta comandato dal Colonnello Carlo Federico degli Oddi venne inviato sul fronte di Anzio aggregato alla 715° divisione di fanteria tedesca e che resistette all’incedere del nemico per oltre 70 giorni perdendo 340 uomini su un totale di 650 componenti e meritandosi ben 22 Croci di Ferro.
    Il 27 aprile 1944 venne emanato l’ordine del giorno firmato da Karl Wolff che recitava:
    “Il comandante supremo delle SS ha disposto per ordine del Fuhrer la costituzione della 1° Brigata Italiana Granatieri SS (Waffen Granadier Brigate der SS).
    In base a questo la 1° Brigata d’Assalto porterà con effetto dal 27.04.1944 la suddetta denominazione. Ciò significa un riconoscimento del comandante supremo per l’attività svolta da ufficiali, sottufficiali e legionari”.
    Tutto ciò portò al permesso per i combattenti di Anzio e successivamente per tutti, di fregiarsi delle mostrine nere; sulla sinistra il grado mentre sulla destra un distintivo da designare (non era concesso portare le due rune che spettavano solo ai reparti tedeschi) e che fu creato successivamente: tre dardi incrociati. Purtroppo le gravi deficienze di materiali non consentirono il totale rinnovamento e molti legionari portarono fino al termine del conflitto le vecchie mostrine rosse. Inoltre, sulla manica sinistra venne cucito l’emblema nazionale: un’aquila con il fascio littorio.
    Nel mese di maggio entrò in azione sul fronte di Civitavecchia il Battaglione SS Italiane Debica, così chiamato dal luogo di addestramento in Polonia. Esso sostenne diversi scontri anche sulla linea difensiva tra Civitavecchia e Fiumicino. In seguito alla ritirata venne creato il Kampfgruppe Binz comandato dal Tenente Colonnello Franz Binz che raggruppò i due battaglioni e che risultò attivo successivamente nella lotta ai partigiani nel piacentino.
    Dall’agosto al novembre 1944 una grossa aliquota della Brigata venne impiegata in funzione antipartigiana in Piemonte dove, tra gli altri, morì in azione il comandante del Battaglione Debica, Capitano Dal Dosso.
    Il 1945 vide le ultime disperate operazione dei legionari che dai confini occidentali a quelli orientali cercarono di difendere l’integrità territoriale delle Repubblica combattendo in Valle d’Aosta unitamente a reparti di Brigate Nere e Guardie confinarie contro l’avanzata francese sostenuta dai partigiani, mentre sul fronte est impegnarono le preponderanti bande titine spalleggiate anche qui dai partigiani. E’ proprio questa la battaglia più disperata che venne combattuta; le SS cercarono di arginare l’avanzata nemica avvalendosi della collaborazione di numerosi reparti della X Flottiglia MAS e della Brigata tedesca Nordkaukasus. La sorte dei legionari fu assai triste; chi sopravvisse agli scontri, nella maggioranza dei casi venne infoibato. Il Kampfgruppe Binz continuò la lotta antipartigiana particolarmente in Val Trebbia insieme alla 162° Divisione Tedesca Turkistan e rimase separato dal resto delle SS. Si arrese solo agli anglo-americani il 30 aprile 1945. Solo alla fine del marzo ’45 le Waffen SS Italiane divennero la “29° Divisione volontari delle SS, 1° italiana”. Sarà anche l’ultima.


    Dir. Giuseppe Minnella




    Le Waffen SS - Il Duce: Benito Mussolini e La Storia del Fascismo - Gli Speciali

  3. #3
    Avamposto
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    Predefinito Rif: Volontari italiani nelle divisioni Waffen S.S.





    Ultima modifica di Avamposto; 02-08-10 alle 11:24

  4. #4
    Avamposto
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    Predefinito Rif: Volontari italiani nelle divisioni Waffen S.S.

    UNITA’ WAFFEN-SS IN ITALIA



    APRILE 1945



    Marco Nava


    vedi il filmato




    E’ noto a chi si interessa di Waffen SS che i reparti agli ordini di Heinrich Himmler combatterono su tutti i fronti meno che in Nord Africa. La presenza di reparti Waffen SS in Italia non fu molto cospicua anche perché i volontari SS erano impegnati principalmente dove erano in corso le battaglie decisive per le sorti del conflitto, comunque il Reichfuhrer SS Heinrich Himmler non trascurò alcun settore dei vari fronti europei tanto che su fronti in apparenza secondari come la Finlandia, Grecia e Italia operarono reparti Waffen SS. Oltre alle unità più note che verranno trattate a parte, in primo luogo la 1° SS-Panzer Division “Leibstandarte SS Adolf Hitler” e la 16° SS-Panzergrenadier Division “Reichsfuhrer SS” oltre alle due divisioni in cui militarono numerosi volontari italiani ovvero la 24° Waffen-Gebirgs (Karstjager) Division der SS e la 29° Waffen-Grenadier Division der SS (italienische nr. 1) vogliamo in questo articolo fotografare la presenza delle altre unità Waffen SS nell’ultimo mese di guerra: l’aprile 1945.

    L’organo principale che sovrintendeva, non tanto tatticamente, quanto amministrativamente, ai rifornimenti etc. era il Befehlshaber der Waffen SS in Italien –BdW- (Comando delle Waffen SS in Italia) costituito nel maggio 1944 che divenne operativo solo nel luglio 1944. Inizialmente a capo della BdW il Reichsfuhrer SS nominò l’SS-Gruppenfuhrer Karl Von Treuenfeld che venne dirottato ad altri incarichi. Al suo posto subentrò a metà luglio del 1944 il pari grado Lothar Debes, ex comandante della 6° SS-Gebirgs Division “Nord”.

    Il BdW occupò alcune ville a calmiero e Vago nel veronese, in particolare Debes sistemò il proprio comando a Villa Loredan. Nell’aprile 1945 facevano parte del BdW circa 200 SS italiane e tedesche compresi 15 ufficiali tedeschi e 16 italiani, il comando disponeva per inquadrare il personale addetto ai servizi e il personale di guardia dell’SS-Stabskompanie agli ordini dello Sturmbannfuhrer Piero Strada. Il BdW, gli ultimi giorni di aprile del 1945, mosse da Calmiero raggiungendo Predazzo dove si arrese agli anglo-americani, Strada preferì suicidarsi piuttosto che arrendersi. E’ lo stesso Debes nell’interrogatorio da parte degli americani dopo la sua cattura a indicare quali erano i reparti ai suoi ordini (1).

    II° SS-Flak Abteilung/Kommandostab Reichsfuhrer SS: dislocato a difesa dei vari ministeri della RSI e dei principali comandi tedeschi situati lungo la sponda bresciana del lago di garda. Si trattava di 9 Ufficiali, 59 Sottufficiali e 412 Militi per un totale di 480 uomini agli ordini dell’SS-Hauptsturmfuhrer Richard Speth (2). Il gruppo disponeva di una batteria con 9 pezzi da 3,7 cm Flak, e una batteria con 8 pezzi da 20 mm Flak e 2 pezzi sempre da 20 mm ma a quattro canne, tutti i pezzi erano autotrasportati.Stranamente nell’organigramma del 9 aprile 1945 non risultava la batteria con 4 pezzi da 8,8 cm Flak normalmente in dotazione al gruppo. Oltre alla difesa aerea il reparto doveva provvedere alla scorta personale di Mussolini, tanto che fu un ufficiale del gruppo, l’SS-Ustuf. Birzer, a scortare il Duce nel suo ultimo viaggio conclusosi tragicamente lungo le sponde del Lago di Como.

    SS-Gebirgsjager-Ausbildungs-und Ersatz Bataillon 7: 7° Battaglione SS Alpino Addestramento e Complementi della 7° SS_Freiwillige Gebirgs Division „Prinz Eugen“. Il battaglione della regione del Banato giunse a Gradisca in Friuli nel marzo 1944, era strutturato su 5 compagnie per un totale di 2.000 uomini nell’aprile 1945, quindi con un organico superiore al previsto, ma solo la 5° March-Kompanie venne di fatto impiegata nella lotta controre bande slave, in particolare controllando le linee ferroviarie fra Trieste, Udine e Lubiana. Comandava il reparto l’SS-Obersturmbannfuhrer Adolf Wagner. All’inizio di maggio il battaglione ripiegò verso l’Austria, solo la 4° Kompanie operò in retroguardia aggregata alla 24° Waffen-Gebirgs (Karstjager) Division der SS.

    SS-Nachrichten Ausbilduns-und Ersatz Bataillon 3: Battaglione Trasmissioni SS Addestramento e Complementi. Il battaglione di stanza a Vipiteno (sterzing) aveva una forza al 9 aprile 1945 di 11 Ufficiali e 700 fra Sottufficiali e Uomini di Truppa, comandante era l’SS-Sturmbannfuhrer Heinrich Fost. Non sono note operazioni condotte dal reparto se non il normale addestramento delle compagnie telefonisti (Fernsprech-Kompanie) e radio-telegrafisti (Funk-Kompanie). Il reparto rimase a Vipiteno nei propri accantonamenti arrendendosi a reparti americani.

    SS-Gebirgskampf-schule der Waffen SS: Scuola di Guerra in Montagna delle SS di Predazzo. Si trattava di una sezione, Lehgruppe IV (Scuola per Allievi Ufficiali dei reparti alpini SS) dell’SS Hochgebirgsschule (Scuola per l’addestramento in alta montagna delle SS) di Neusift a sud-ovest di Innsbruck. Nell’aprile 1945 la scuola di Predazzo contava 33 Ufficiali, 280 Sottufficiali e 490 Uomini di Truppa ed era agli ordini dell’SS-Sturmbannfuhrer Luis Schintholzer. Reparti di formazione della scuola operarono contro le bande partigiane a protezione del Passo del Tonale a cavallo fra le province di Trento, Brescia e Sondrio. All’inizio di maggio del 1945 la scuola si spostò a Salorno dove si arrese agli americani.

    SS-Wehrgeologen Bataillon 500 (mot): 500° Battaglione Geologhi SS (motorizzato). Reparto di stanza a Folgaria nella Zona di Operazioni delle Prealpi, aveva una forza di 12 Ufficiali, 50 Sottufficiali e 580 Uomini di Truppa, comandante era l’SS-Obersturmbannfuhrer Dr. Rolf Hohne. Il reparto era specializzato nel trovare zone dove era fattibile la costruzione di linee fortificate, dove era più facile creare blocchi stradali, etc., raramente l’unità prese parte ad operazioni antipartigiane se non per difesa. E’ certa la partecipazione di una delle tre compagnie ad almeno una grossa operazione antiguerriglia, pianificata dallo Stato Maggiore per la lotta alle bande presso l’SS-und Polizei Fuhrer “Oberitalien Mitte”, il responsabile dell’ordine pubblico nel settore centrale dell’Italia del Nord, l’SS-Brigadefuhrer Burger, l’Operazione “Weisse Woche” (Settimana Bianca) che interessò le valli a nord di Vicenza dal 27 novembre al 2 dicembre 1944. La compagnia era costituita da 1 ufficiale, 4 Sottufficiali e 36 militi per un totale di 41 uomini, ben al di sotto dell’organico medio di una compagnia, non risultano perdite fra le SS mentre il bilancio finale dell’operazione fu di 15 terroristi uccisi. Le tre compagnie del battaglione alla fine di aprile del 1945 ripiegarono separatamente raggiungendo rispettivamente le località di Kaltern, Tramin e Kortatz dove si arresero agli anglo-americani.

    Ostturkischer-Waffenverband der SS: Unità Armate dei Turcomeni delle SS. Costituita in seguito all’ordine 4022/44 dell’SS-FHA dell’1.10.1944, l’unità era composta da turcomeni, tartari e azerbaigiani tratti dal disciolto Ostmuselmanisches SS-Regiment 1 e dalla Waffen-Gebirgs Brigade der SS (tartar. Nr. 1). L’organigramma dell’unità al suo arrivo in Italia era il seguente: Stab (Comando) e tre reggimenti composti dalle varie etnie e più precisamente il Waffengruppe “Idel-Ural”, il Waffengruppe “Turkestan” (costituito utilizzando come quadri l’Ostmuselmanisches SS-Regiment 1) e il Waffengruppe “Krim” (costituito utilizzando come quadri i resti della Waffen-Gebirgs Brigade der SS (tartar Nr. 1), largamente incomplete le unità di supporto, completamente assente l’artiglieria. La sede del reparto era a Merate, nell’Alta Brianza mentre il comandante era l’SS-Standartenfuhrer Harun El Raschid Bey, tedesco convertito all’Islam che prima di cambiare nome e religione si chiamava Wilhelm Hintersatz. La forza al 9 aprile 1945 era di circa 3.800 fra Ufficiali, Sottufficiali e Militi compresi i quadri tedeschi. Quel che è certo è che il reparto giunse da Miawa in Slovacchia a Merate il 21 marzo 1945 poco più di un mese prima della fine del conflitto. Il reparto non prese parte a nessuna operazione di controguerriglia né risulta fu vittima di attacchi terroristici. Il 26 aprile si presentò ad Harun El Raschid Bey una delegazione del CLN di Merate per chiedere la resa dei volontari turcomeni, la richiesta venne fermamente respinta e le SS si arresero solo all’inizio di maggio ai reparti americani della 1^ Divisione Corazzata.

    Kaukasischer-Waffenverband der SS: Unità Armata dei Caucasici delle SS. Reparto costituito in seguito all’arrivo in Carnia nell’autunno 1944 di un grosso contingente di cosacchi e caucasici con le rispettive famiglie. Mentre i cosacchi rimasero autonomi, all’interno delle forze armate caucasiche, già organizzate militarmente nella Freiwillige Brigade “Nordkaukasus” inquadrata nella Wehrmacht, vennero selezionati i migliori elementi che unitamente ad altri volontari caucasici sparsi in vari reparti dell’esercito e delle SS in seguito all’ordine 5248/44 del 30.12.1944 dell’SS-FHA diedero vita al Kaukasischen-Waffenverband der SS, il resto dei soldati caucasici continuò a militare nella Freiwillige Brigade “Nordkaukasus” autonomamente, mentre la nuova formazione passò alle dipendenze delle Waffen SS tanto che il comando venne assunto dall’SS-Standartenfuhrer Arved Theuermann. Il reparto stabilì il proprio comando a palazzo e disseminò l’intera Carnia di presidi. Oltre allo Stab (Comando) il reparto era costituito dai Waffengruppe “Geogien”, Waffengruppe “Aserbeidjan”, Waffengruppe “Armenien” e Waffengruppe “Nordkaukasus”, ogni Waffengruppe, secondo l’ordine costitutivo, doveva avere la forza di un reggimento di cavalleria su due Abteilungen (Gruppi). Era prevista la costituzione di un gruppo di artiglieria a cavallo e i vari reparti di supporto. Sicuramente reparti caucasici delle SS presero parte a scontri con elementi delle bande partigiane carniche ma non è accertata la partecipazione dell’unità a grosse operazioni antiguerriglia che interessarono principalmente la parte orientale della provincia di Udine e il Goriziano dove operavano invece che i partigiani italiani i titini del IX Corpus. Secondo un rapporto delle forze antiguerriglia presenti in Italia alla data del 9 aprile 1945 risulterebbe che il Kaukasischen-Waffenband der SS avesse una forza di circa 5.000 uomini su due reggimenti, non è chiaro se vennero costituiti solo due Waffengruppen o se ogni reggimento venne alla fine costituito da due Waffengruppen. La fine del conflitto colse i caucasici delle SS coinvolti nella ritirata generale di cosacchi, serbi, montenegrini etc verso l’Austria nella speranza di arrendersi agli angloamericani e sfuggire alla vendetta dei comunisti di Tito. Anche le SS del Kaukasischer-Waffenband der SS raggiunta l’Austria attraverso il Plockenpass si arresero agli inglesi che dopo alcuni giorni, unitamente ai cosacchi e venendo meno alla parola data, li consegnarono all’Armata Rossa.

    9° Kompanie/Indiche Freiwilligen Legion der Waffen SS: 9° Compagnia della legione Volontari Indiani delle SS, legione nata dalla trasformazione dell’Indische Infanterie Regiment 960, reggimento alle dipendenze della Wehrmacht prima della trasformazione in legione e conseguente passaggio nelle Waffen SS. Comandante della legione era l’SS- Oberfuhrer Heinz Bertling. Non sono note le ragioni dell’invio di una singola compagnia della legione in Italia, forse il leader degli indiani anti inglesi Subhas Chandra Bose aveva intenzione di trasferirsi in Italia e per questo aveva iniziato ad inviare in avanscoperta una compagnia della legione. La compagnia giunse in Italia verso la fine del 1944 e venne dislocata a Schio, aveva una forza di 9 Ufficiali, 20 Sottufficiali e 106 Militi per un totale di 135 uomini, compresi i quadri tedeschi.

    La compagnia dipendeva dal BdS, Comandante della Sipo e SD in Italia, SS-Gruf. Harster anche se tatticamente i volontari indiani operarono alle dipendenze dell’SS-und Polizei Fuhrer “Oberitalien Mitte”, l’SS-Brigadefuhrer Burger, responsabile per la lotta alle bande nell’Italia settentrionale settore centrale. La 9° Kompanie/Indiche Freiwilligen Legion der Waffen SSprese parte ad alcune operazioni antiguerriglia che interessarono le valli a nord di Vicenza in particolare nel Sicherungsabschnitt 8 (Settore di Sicurezza 8). Fra le principali operazioni antiguerriglia cui i volontari indiani presero parte l’Operazione “Timpano” e l’Operazione “Weisse Woche”. Alla fine di aprile la compagnia ripiegò regolarmente fino a Bolzano dove l’8 maggio 1945 il Gauleiter Hofer li sciolse dal giuramento e li lasciò liberi di consegnarsi agli anglo-americani o tentare la fuga spacciandosi per prigionieri di guerra (3).

    SS-Diensthunde-Abteilung “Russland-Mitte” poi „Ost-Mitte“: Unità Cinofila SS “Russia Centrale“ poi “Centro Orientale“. Si trattava di un gruppo diviso in 4 Staffeln (Sezioni), giunto in Italia nell’agosto 1944. Il 1° Staffel operò nel settore dell’SSuPF “Oberitalien West” 2° Staffel nel settore dell’SSuPF Oberitalien Mitte, il 3° Staffel pare nell’OZAV e il 4° Staffel nell’OZAK con sede a Udine. Alla fine del conflitto il reparto rimase diviso e ogni Staffeln seguì le sorti dei comandi superiori ai quali era assegnato.

    SS-Lazarettabteilung “Kerrersee”: Ospedale delle Waffen SS situato in un albergo requisito lungo le sponde del Lago di Carezza, aveva in organico 3 ufficiali e 24 fra Sottufficiali e Uomini di Truppa che si occupavano della guardia all’ospedale mentre il numero del personale medico, degli infermieri etc. non è noto. Naturalmente il personale dell’ospedale e i feriti non si mossero dal Lago di Carezza dove attesero l’arrivo degli americani continuando la propria attività di assistenza medica verso le SS ricoverate. Il direttore dell’ospedale era l’SS-Hauptsturmfuhrer Kurt Beichl.

    SS-Jagdverband “Sudwest”: l’Unità faceva parte dell’organizzazione di commandos allestita da Otto Skorzeny dopo la brillante operazione che portò alla liberazione del Duce da Campo Imperatore. Di questo reparto non si sa praticamente nulla eccetto il fatto che fosse composto da alcuni SS-Jagdeinsatzkommandos fra i quali sono stati identificati l’SS-Jagdeinstatzkommando “Sudfrankreich” che però operò nell’estate del 1944 in Provenza alle dipendenze della 19° Armee e successivamente fra il Reno e il confine fra Svizzera e Francia, l’SS-Jagdeinstatzkommando “Spaniel” di cui non è noto l’effettivo impiego e l’SS-Jagdeinstatzkommando “Italien” (4) di cui sono certe alcune operazioni di sabotaggio dietro le linee anglo-americane. Durante una di queste, il 7 settembre 1944, in uno scontro a fuoco con una pattuglia americana si distinse l’SS-Uscha Heinrich J. Che riuscì a mettere fuori combattimento quattro soldati americani prima di essere a sua volta ferito (5). Oltre all’EK I (Croce di Ferro di 1^ Classe) Einrich J. Ricevette il Verwudetenabzeichen (Distintivo di ferito) riprodotto nell’articolo, si tratta dell’unico documento noto dove si fa riferimento all’SS-Jagdverband “Sudest/Jagdeinsatz “Sud”(invece di Italien) e da dove è stato possibile ricavare il nome del comandante della misteriosa unità, l’SS-Hstuf. Heinz Gerlach. Secondo alcuni documenti della fine di aprile 1945 c’era l’intenzione di trasferire l’SS-Jagdeinstatzkommando “Albanien” alle dipendenze dell’SS-Jagdverband “Sudest” in quanto gran parte del governo in esilio albanese da Vienna voleva spostarsi in Italia a Milano, secondo documenti del governo albanese in esilio era stato richiesto il trasferimento del gruppo di albanesi alle dipendenze di Skorzeny in Italia. Comandante dell’SS-Jagdverband “Sudwest” era l’SS-Hauptsturmfuhrer Heinz Gerlach, asso dell’aviazione che aveva pilotato la Cicogna con a bordo il Duce e Skorzeny dopo l’avvenuta liberazione di Mussolini da Campo Imperatore. Oltre alla rittenkreuz (Croce di Cavaliere), Gerlach si guadagnò il passaggio nelle Waffen SS diventando il responsabile dei reparti di Skorzeny per il settore sud-occidentale, che aveva il proprio comando in Italia in una serie di ville in Brianza a nord di Milano.

    Aussenstelle “Mailand” (6) dell’SS-FHA/Amt VI Reit und Fahrwesen: comandante l’SS-Obersturmfuhrer Schubert. Si trattava di un reparto addetto alle requisizioni e all’addestramento di cavalli per le Waffen SS, la sede del reparto, costituitosi il 4 dicembre 1944, era presso la più prestigiosa scuola di equitazione di Milano, requisita per l’occasione.

    SS-Kraftfahrstaffel (W-SS) Fronthilfe DRP III° Abteilung: III° Gruppo del reparto di Trasporto SS. Si trattava di un’autocolonna composta da autisti e mezzi delle Waffen SS di supporto per l’invio della posta al fronte. Mezzi e autisti vennero utilizzati anche per il trasporto di reparti combattenti in particolare quando vi era la necessità di agganciare qualche formazione partigiana segnalata in zone prossime alle vie di comunicazione. Il Comando del reparto era a Mantova mentre la forza era di 13 Ufficiali, 99 Sottufficiali e 418 Militi per un totale di 530 uomini.



    Per motivi di spazio non è stato possibile citare i numerosi depositi e magazzini che le Waffen SS avevano sparsi per l’Italia settentrionale, in particolare nelle due Zone d’Operazioni OZAV e OZAK.






    Le Waffen-SS avevano 38 divisioni con circa un milione uomini sui fronti. Di queste caddero su tutti i fronti della guerra più di 400.000 soldati, sottufficiali ed ufficiali, tra loro, 32 comandanti di divisione. 50.000 soldati delle Waffen-SS si considerano scomparsi. Ai soldati delle Waffen-SS si concessero moltissime onorificenze di merito militare(...)



    Leon Degrelle















    Note



    (1) CSDIC/CMF/SD del 9.7.45, documento in possesso dell’autore

    (2) Sostituito nelle ultime settimane di guerra dall’SS-Stubaf. Baumeister

    (3) Archivio Centrale dello Stato. Fondo RSI/Uffici di Polizia e Comandi Militari tedeschi in Italia.

    (4) Anche Jagdeinsatzkommando “Sud”.

    (5) Lettera all’autore di Heinrich J.

    (6) Anche noto come Kommando “Schubert”.





    Articolo tratta da STORIA DEL NOVECENTO n. 52 del luglio 2005

    Italia Sociale

  5. #5
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Volontari italiani nelle divisioni Waffen S.S.

    La struttura militare delle Waffen SS

    I comandi di sicurezza in Italia facenti capo airO.Gr.Fu.Karl Wolff, investito di notevoli poteri politici e polizieschi dal Reichsfuhrer Himmler, venivano contrapposti sia pure in misura inferiore, a quelli affidati dallo stesso Himmler al Gr.Fu.Whilelm Harster - capo del potente S.D. - il quale accrebbe ancor più il suo potere in Italia, quando venne smantellato per ordine dello stesso Reichsfuhrer il Servizio Informazioni dell'OKW - il famoso Abwher dell'Amiti. Canaris - e Harster si trasformò in avversario di Wolff segnalando al potente Kaltenbrunner ogni movimento del suo antagonista, utilizzando proficuamente il Sichereit Dienst per disporre di maggiori informazioni a suo esclusivo vantaggio.
    L'organizzazione era suddivisa in 5 sezioni:
    1) Kri.Po. (Polizia Criminale)
    2) Ge.Sta.Po. (Polizia Segreta di Stato)
    3) Si,Po. (Polizia di Sicurezza)
    4) Schu.Po. (Polizia Investigativa)
    5) S.D. (Servizio di Sicurezza)
    Il S.D. Italien disponeva della preesistente struttura dell'Abwher ed aveva i suoi uffici decentrati in Piemonte (Maj. Engel), Lombardia (Hpt. Saewecke), Veneto (Maj. Huegel), Liguria (Hpt. Schmidt) che riferivano al comando superiore di Verona ogni novità.
    Il comandante del S.D. per il N.W. (St.Fu.Rauff) si avvaleva di una squadra speciale di agenti italiani al comando dell'Isp. Luca Osteria, autore di fortunati colpi di mano sulle organizzazioni della Resistenza.
    Esulano dallo specifico di questo lavoro, le altre organizzazioni tedesche facenti capo al comando della Polizia di sicurezza in Italia.
    La componente campale SS costituì l'aspetto prettamente militare e operativo sorto dalle strutture politiche delle Schutzstaffeln naziste ed ebbe caratteristiche d'impiego che si diversificavano profondamente dall'aspetto politico-ideologico tipico delle SS-Allgemeine, utilizzate soprattutto per esigenze poliziesche, razziali, repressive contro gli ebrei e di sorveglianza degli oppositori politici, a guardia dei famigerati lager di internamento, in cui si resero tristemente famose e temute per metodi e crudeltà disumane, dalle cui vicende la R.S.I. e le sue FF.AA. si dissociarono senza riserve.
    Ben diverse invece erano le formazioni Waffen SS. in cui militarono migliaia di volontari italiani inseriti nella 29A Waffen SS. Gren. Div. "Italien", nella 24A Waffen SS. Gebirge Div. "Karstjager" e in formazioni minori. Le Waffen SS costituirono decine e decine di G.U. comprendenti volontari di ogni razza e religione, molti dei quali appartenenti al ceppo etnico avversario, come accadde per i volontari inglesi e statunitensi, ma non mancarono volontari di Paesi neutrali come Svizzera, Svezia, Spagna, e finanche arabi e indiani antinglesi.

    Le G.U. costituite, ad iniziare dalla famosa Guardia del corpo di Adolf Hitler, la LAH (Leibstandarte) una speciale e scelta Divisione Panzer, ebbero denominazione nazionale e numerazione progressiva con distinzione etnica come suddivisione, raggruppate per razza e religione e contraddistinte dalla loro specializzazione d'impiego: granatieri, corazzati, cacciatori di montagna, paracadutisti, pionieri. Si può calcolare che fra il milione di volontari inseriti nelle Waffen SS, fra cui militavano 130.000 volontari europei: francesi, danesi, olandesi, norvegesi, belgi (valloni/fiamminghi), croati, bosniaci, albanesi, serbi, ungheresi, slovacchi, polacchi, russi bianchi, romeni, fossero presenti non meno di 15.000 volontari italiani (circa il 12% dei volontari europei) reclutati inizialmente nei campi d'internamento IMI sin dall'ottobre 1943, dapprima a Debica (Polonia) e successivamente in altri lager per un totale di circa 13.000 volontari che affluirono presso il campo d'addestramento di Muntsingen per un ciclo preliminare di preparazione, venendo denominata; dapprima "Milizia armata", poi come legionari nella neo costituita divisione 29A "Italien", inizialmente dotata di mostrine rosse (provvisorie nel periodo d'inquadramento, preparazione e impiego iniziale), da sostituire poi con quelle regolamentari nere con la "totenkopf" argentata dopo l'impiego al fronte. Altre centinaia di volontari furono avviati ai campi d'addestramento di Sennheim e Dachau ed un ristretto e selezionato gruppo di ufficiali inviato presso la scuola di Dresda.
    La costituzione dei reparti ebbe inizio con la formazione di una brigata legionari (sturmbrigade) composta da 2.950 uomini di truppa e 416 ufficiali, sottufficiali e istruttori, poi trasformata nella primavera del 1944 in divisione (Rgt. Granatieri 8T/820 e 29° di artiglieria) con i servizi divisionali secondo l'ordinamento tedesco, i gradi e le insegne regolamentari e, come distintivi di nazionalità, un aquila ad ali spiegate col fascio repubblicano fra gli artigli sul braccio sinistro, uno scudetto tricolore su quello destro e sull'elmetto (a sinistra). Oltre alla 29A veniva costituito il Btg. ufficiali, poi inviato gradualmente a Dresda per specializzarsi e sostituire il personale d'inquadramento tedesco. Altri volontari unitamente ad elementi alto atesini, sloveni, austriaci e personale tedesco, costituirono la 24A "Karstjager" (Cacciatori del Carso) nella sede di Moggio Udinese con composizione mista ed etnia delle Alpi orientali, tentando, con difficile gestazione, di lievitare fino agli organici stabiliti ma non superando l'entità di una brigata, pur figurando ufficialmente nella persistente denominazione di livello superiore non rispondente però alla realtà.
    Altri^volontari affluirono nella 16A "Reichsfuhrer", nella 7A "Prinz Eugen" e nella 17A "Gotz und Berchlingen" ed altri reparti minori, anche se emersero singolarmente rimostranze e risentimenti antitedeschi di molti volontari, portati poi a conoscenza del Duce, che volle approfondire con una delicata indagine affidata all'Ispettorato italiano delle Waffen SS i motivi delle lamentele. Si accertò che il trattamento riservato ai volontari italiani, che avendo scelto le Waffen SS desideravano dimostrare maggiore impegno politico-ideologico e dare con la loro partecipazione ad una unità d'elite maggiore voliti -vità, non corrispose purtroppo alle ideali aspettative, alla scelta fatta, alla volontà, all'entusiasmo dimostrato poiché i tedeschi dei quadri d'istruzione, mostrarono nei loro confronti astiosità preconcetta, misero arbitrariamente in atto metodi vendicativi, attuarono aspetti mentitori tradendo e deludendo la fiducia dei volontari che con grande slancio avevano abbandonato i campi IMI per frequentare gli ausbildun-glager di Muntsingen, Weimar, Munchen/Dachau e Sennheim per sottoporsi ad un duro ciclo di preparazione militare prima dell'assegnazione ai reparti combattenti.
    Una velina riservata al Duce approntata dal PFR, in cui erano minuziosamente elencati soprusi, sopraffazioni, violenze e continue mortificazioni inflitte dai responsabili delle SS nei confronti dei volontari italiani, segnalava l'amarezza di tanti nostri connazionali che avevano scelto le Waffen SS, per il mancato riconoscimento dei gradi precedentemente ricoperti, la proibizione di portare decorazioni italiane, di cui "dovevano vergognarsi", l'applicazione di punizioni immotivate e ingiustificate, la mancanza di assistenza materiale, previdenziale ed economica alle famiglie dei volontari in aperta violazione degli accordi sottoscritti fra autorità italiane e tedesche; una lunga serie di umiliazioni, privazioni ed episodi minuziosamente descritti, necessari per fare conoscere a Mussolini il comportamento poco "cameratesco" dei tedeschi. Una informativa che Mussolini, indignato, inviava all'Obergruppenfuhrer SS Wolff per i provvedimenti del caso.
    Il reclutamento dì volontari italiani per le Waffen SS iniziò subito al momento dell'armistizio stesso. Il maggior numero di volontari si registrò in Balcania, sia con elementi della MVSN che del R.E., e raggiunse complessivamente, considerando anche i volontari usciti dai campi IMI, oltre 15.000 unità, da far nascere presso il comando superiore delle Waffen SS un'apposito organismo militare per regolamentare i rapporti con i volontari italiani, avviati per primi già sul finire del 1943 nei campi di addestramento di Muntsingen, Dresda, Gensewak, Weimar, Heidelager di Debica (Polonia).
    Molti dei "volontari", una volta accertata la vera "vocazione" che li aveva spinti a chiedere l'arruolamento nelle Waffen SS, vennero rispediti ai campi IMI poiché la selezione fatta non permetteva la presenza di opportunisti che al momento giusto avrebbero disertato per ritornare in famiglia come speravano una volta arrivati in Italia e anche fra i circa 800 ufficiali disponibili la scelta fu molto accurata da ridurre al 30% la presenza nei reparti dei quadri.
    I primi 12 battaglioni costituiti ebbero le seguenti sedi:



    1° Rgt. (Btg. I/II/III) Col. Paolo De Maria (Milano) poi inserito nella 29A Waffen SS Div.
    I Btg. del 1° Rgt. erano al comando rispettivamente:
    1° (Ten.Col. Carlo Federigo Degli Oddi)
    2° (Magg. Vittorio Gori)
    3° (Ten.Col. Giovanni Anfosso succ. Ten.Col. Armando Giorieo)
    4° Btg. Torino {Magg. Ereno Giona)
    5° Btg. Bologna (Magg. Giorgio Marioli)
    6° Btg. Cuneo (Gap. Tu 11 io Traverso)
    7° Btg. Casale Monferrato (Magg. Michele Michelini)
    8° Btg. Como/Lecco (Magg. Carlo Pace)
    9° Btg. Luce a (Magg. Francesco Tognetti succ. Gap. Marco Mutti)
    10° Btg. Trieste (Magg. Valentino Fracasso)
    11° Btg. Aosta (Ten.Col. Gilberto Fabris)
    Btg.Bau/Nachscub - Novara {Gap. Scipione Perdicaro)
    Btg. Ufficiali - Ferrara (Col. Luigi De Petri Tonelli succ. Col. Alberto Bianco)

    A questi reparti operativi si aggiunsero successivamente i Btg. italiani di Polizei SS che risultavano così dislocati: (Rgt. Polizei 12° e 15°)

    I/II/III Btg. Mestre
    4° Btg. Biella
    576° Btg.Vercelli
    778° Btg. Possano
    9° Btg. Ivrea
    10° Btg. Alba
    11° Btg. Savìgliano
    1° Btg. Ersatz (Complementi) Cremona
    2° Btg. Ersatz (Complementi) Mondovì


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    L'unità ebbe armamento ed equipaggiamento di fabbricazione nazionale, divise italiane ad eccezione dei gradi. Ebbe sede dapprima a Cremona con i comandi di reggimento a Milano e Pinerolo e con i vari reparti suddivisi fra Rivoli, Ceres, Carmagnola. I distaccamenti d'istruzione e complementi ebbero sede a Saiano Rodengo, Mariano Comense, Canniate e Carate.

    Totale 10.500 Ufficiali, sottufficiali e legionari.

    Ispettorato italiano Waffen SS - Gen. Mannelli - aveva il compito di curare i rapporti di servizio fra le unità tedesche delle Waffen SS in cui militavano i volon-tari italiani. Nella struttura Waffen SS. ebbe occasione di collaborare per un certo periodo anche il Gen. Canevari.



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    L'unità ebbe armamento ed equipaggiamento di fabbricazione italiana, ad eccezione di taluni armamenti. Ebbe sede a Moggio Udinese con i dipendenti reparti schierati fra Sagrado, Gradisca, Ugovizza, Malborghetto, Pontebba, Tolmezzo.
    Nell'estate 1944 la forza della "Karstjager" raggiunse i 7.700 uomini fra austriaci, tedeschi, italiani del Friuli e dell'Istria, altoatesini, sloveni, romeni, serbi, croati e spagnoli oltre ad aliquote di volksdeutschen. In settembre venne denominata al superiore livello organico "Divisione" anche se non raggiunse mai gli organici stabiliti.
    L'esperimento di costituire una G.U. con base italiana e quadri misti italo-tede-schi diede in genere buoni risultati, sia per la comune matrice ideologica, la militanza a base volontaria, la volontà di dimostrare sul campo di battaglia le motivazioni della scelta, la tradizione giovane ma già ricca di valore delle unità Waffen SS dimostrata su tutti i campi di battaglia, l'emulazione etnica fra le diverse componenti nazionali e non ultimo l'addestramento fatto alla severa scuola di guerra del Reich. Il personale d'inquadramento e di reparto tedesco - ufficiali e sottufficiali istruttori - continuò a far parte come tradizione dei reparti italiani, collaborando con il personale italiano all'esecuzione delle normali incombenze di servizio, garantendo l'osservanza della disciplina, la continuità ideale delle tradizioni militari comuni, la preparazione militare e l'impiego in battaglia.



    45 - La struttura militare delle Waffen SS

  6. #6
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Volontari italiani nelle divisioni Waffen S.S.

    (tratto da SS Italiane LVX 1922-1945 N°1 - Ernesto Zucconi - NovAntico Editore)

    Thule consiglia l'acquisto di tale volume sia per i contenuti che per le immagini ivi contenute


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    UNO "SPORCO AFFARE"

    Il 3 settembre 1943, alle 16.45, un radiomessaggio di Badoglio avvertiva il Quartier Generale angloamericano a Cassibile che il generale Giuseppe Castellano era autorizzato a firmare la resa senza condizioni, e che la dichiarazione, così come imposto, era già stata depositata in Vaticano.

    Alle 17.15 l'armistizio veniva firmato. Eisenhower, presente, lasciò sottoscrivere in sua vece quello "sporco affare", com'egli stesso ebbe a definirlo, al generale Bedell Smith. L'intesa era di non darne notizia almeno fino al 12 settembre.

    In effetti l'accordo, tranne che per alcuni appartenenti all'entourage badogliano e monarchico, restò segreto fino all'8 settembre quando Eisenhower, in un messaggio inviato a Badoglio, lo sollecitò a render pubblica la conclusione dell'armistizio.

    8 settembre 1943.

    Ore 17.30: il Gen. Urbani, Capo Gabinetto dell'Aeronautica, intercetta un comunicato radio alleato che diffonde la firma dell'armistizio con l'Italia. Egli richiede immediata conferma alla Segreteria del Capo del Governo, ricevendone una secca smentita: il comunicato nemico viene qualificato "una sporca manovra propagandistica". Ma un alto ufficiale del Comando Supremo, a sua volta interpellato dal generale Urbani, conferma la veridicità della notizia. Molti, nelle "alte sfere" si sono intanto resi irreperibili. A quella stessa ora il comando angloamericano di Algeri intima al governo italiano di dichiarare ufficialmente, entro le ore 20 di quel giorno, l'avvenuto armistizio.

    Ore 18.05: Rudolf von Rahn, ambasciatore tedesco a Roma, capta il messaggio diffuso dell'agenzia britannica Reuter e chiede per telefono spiegazioni al generale Roatta: "Una sfacciata menzogna della stampa anglosassone che devo respingere con indignazione" è la risposta.

    Ore 18.30: Radio Algeri dirama al mondo il proclama di Eisenhower che annuncia la resa italiana.

    Ore 19.00: Rahn è ricevuto dal ministro Guariglia, che lo informa dell'armistizio firmato dall'Italia. Rahn afferma: "Questo è tradimento alla parola data".

    Ore 19.30: Rahn fa il seguente rapporto al Ministro degli Esteri tedesco: «Il ministro degli Affari Esteri italiano Guariglia mi ha ricevuto oggi poco dopo le ore 19 e mi ha comunicato in presenza dell'ambasciatore Rosso: "Devo dichiararvi che il maresciallo Badoglio, vista la situazione militare disperata, è stato costretto a chiedere un armistizio", lo risposi: "Questo è tradimento alla parola data". Guariglia: "lo protesto contro la parola tradimento". Io: "lo non accuso il popolo italiano, ma coloro che hanno tradito il suo onore e vi dico che questo tradimento sarà di grave peso sulla storia dell'Italia. Il Re mi ha detto ancora oggi che l'Italia, fedele alla parola data, continuerà la lotta a fianco della Germania. Il maresciallo Badoglio mi ha dato la stessa assicurazione. Ora è provato che cosa valga la parola del Re e del maresciallo". Subito dopo, senza salutare ho lasciato il ministro degli Esteri italiano».

    Ore 19.42: Dalla sede dell'EIAR (radio italiana), registrata su disco, la voce di Badoglio comunica: "Il Governo Italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane, in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza".

    A questo punto, com'è logico, i Tedeschi provvedono tempestivamente a disarmare le nostre truppe operanti in Italia e in tutta Europa. Scriverà in proposito Alberto Giovannini, in occasione del trentennale di quella tragedia:

    «Le immagini, più delle parole, servono a dimostrare come in un solo giorno si possa dissolvere uno Stato, vanificando i sacrifici, il lavoro, il sangue che generazioni di Italiani avevano offerto alla Patria "ritrovata" per oltre ottanta anni; e come un popolo, abbandonato a se stesso, non sia più tale, ma ritorni "gente".

    La fuga della Monarchia e del Governo, ebbe come pratico risultato il dissolvimento degli Stati Maggiori; i Comandi, senza ordini precisi, non sapevano come contenersi; le truppe, dal momento che la guerra era finita, chiedevano solo di andare a casa. Il caos politico e militare, alimentò il caos delle coscienze. La reazione germanica che partiva oltre tutto, dalle posizioni di forza che Badoglio aveva tollerate e, in certo qua! modo, incoraggiate fu naturalmente immediata e, in molti casi, spietata. Come era, dei resto, da prevedere, perché nessun esercito accetta di esser pugnalato alle spalle da un alleato fedìfrago, senza reagire. In quanto alle truppe italiane abbandonate a se stesse soprattutto dagli alti comandi, era fatale che mostrassero scarso spirito combattivo di fronte alla richiesta, di gente fuggiasca, di rivolgere, di punto in bianco, le armi contro chi, fino ad un'ora prima, era stato il "fedele alleato", e poteva tuttora contare, oltre che su una superiore organizzazione e un migliore armamento, su Comandi presenti sui fronti, chiaramente e decisamente orientati.

    Le reazioni che si ebbero si dovettero a reparti isolati, i comandanti dei quali avevano saldamente in mano le loro truppe. Ma furono reazioni suggerite dal senso dell'orgoglio militare, per "l'onore della bandiera", più che dalla volontà di obbedire agli ordini del governo fuggiasco. Tanto è vero che tra gli ufficiali che avevano combattuto l'8 settembre e i giorni immediatamente successivi contro i Tedeschi, ed erano stati costretti alla resa ma "con l'onore delle armi", molti aderirono successivamente alla Repubblica Sociale italiana, primo tra tutti il generale Solinas che aveva guidato i Granatieri nell'eroica, anche se vana, battaglia in difesa di Roma».

    La cosiddetta "difesa di Roma" era in realtà servita solo a permettere agli opportunisti, che si erano messi in vista nei quarantacinque giorni del Governo Badoglio, di rifugiarsi nei conventi vaticani. Il tesoro di Casa Savoia era al sicuro nelle banche inglesi; molti capi erano già lontani, fuori della mischia a bordo delle loro automobili. Tante vite furono sacrificate perché siffatte operazioni potessero svolgersi con la dovuta calma, mentre i fascisti venivano dichiarati fuorilegge. E i soldati? La solita consegna di arrangiarsi!

    Le nostre Armate si dissolsero.





    (continua)

    Le SS Italiane
    Ultima modifica di Avamposto; 02-08-10 alle 11:32

  7. #7
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Volontari italiani nelle divisioni Waffen S.S.

    PER L'ITALIA, PER L'ONORE

    Fu allora, mentre le forze tedesche già procedevano al compito umiliante di spogliare delle armi gli Italiani, che migliaia di nostri soldati reagirono al tradimento e alla vergogna, scegliendo di continuare a combattere a fianco dei camerati germanici.

    A La Spezia il tricolore non fu ammainato e continuò a garrire sul più alto pennone. E quando i Tedeschi si presentarono per imporre anche qui la loro autorità, trovarono un'inaspettata resistenza da parte degli uomini della Decima MAS: il comandante Junio Valerio Borghese offrì alleanza, ma alle sue condizioni che escludevano sudditanza verso i germanici. E, prima ancora della liberazione di Mussolini dal Gran Sasso e pertanto prima della nascita della RSI, venne siglato un accordo militare in base al quale era riconosciuta l'autonomia della Decima che manteneva così le proprie divise, le insegne, gli ufficiali ed i regolamenti. Nessun reparto italiano costituito poi nel Regno del Sud otterrà analogo riconoscimento dagli angloamericani.



    WAFFEN SS

    Circa quindicimila Italiani che la notizia dell'8 settembre aveva sorpreso a combattere fuori dai nostri confini, chiesero di far parte della Waffen SS. Esiste una fondamentale differenza tra la Allgemeine SS e la Waffen SS: la prima, di carattere strettamente civile, aveva in pratica compiti di polizia; la seconda era invece di natura schiettamente militare e raccoglieva volontari provenienti da ogni Paese, inquadrati in Divisioni destinate all'impiego sui vari fronti.

    1 volontari italiani appartenenti a quella Divisione che solo il 9 marzo 1945 (poco più di un mese prima della cessazione delle ostilità) avrebbe assunto l'assetto definitivo, trasformandosi nella 29- Divisione SS italiana, provenivano da tre nuclei principali:

    quello addestrato nei campi di Mùnzingen, a sud di Stoccarda-, quello di Debica (in Polonia, nei pressi di Cracovia);

    quello di Praga: nella capitale cecoslovacca era acquartierato un reggimenti di tremila Camicie Nere (tre battaglioni), agli ordini del console Paolo De Maria.

    Lo stesso Mussolini si mosse affinchè i volontari italiani arruolati nella Waffen SS, oltre a mantenere i gradi che avevano prima dell'armistizio, ottenessero la paga secondo le tabelle delle SS tedesche.

    Intorno alla metà di ottobre un rapporto dell'SS Obergruppenfuhrer Berger stabilisce in 13.362 gli uomini già posti in addestramento a Munzingen, dove una commissione fascista rileva che la maggioranza degli Italiani presenti al campo non è affatto fascista: del resto a chi si presenta viene soltanto richiesto di combattere con la Germania sino alla fine della guerra.



    Nella seconda metà di novembre, terminato l'addestramento, avviene il rientro in Italia. Sono in tutto tredici battaglioni di Waffen SS italiane che scendono da Munzingen e da Praga (il battaglione di stanza a Debica rimpatrierà più tardi); saranno dislocati in questo modo:

    A Milano il I, II e III Battaglione, che formano il primo reggimento agli ordini del console De Maria. Il I Battaglione, comandato dal primo seniore (8) Federigo Degli Oddi, è forte di 25 ufficiali, 99 sottufficiali e 568 soldati; il li, comandato dal maggiore Vittorio Gori, conta 28 ufficiali, 100 sottufficiali e 573 soldati; il III, con a capo il tenente colonnello Giorleo, è composto da 25 ufficiali, 100 sottufficiali e 573 soldati. Completa il reggimento una Compagnia comando con 34 ufficiali, 34 sottufficiali e 339 soldati.
    A Torino il IV Battaglione del maggiore Ereno Giona, con 27 ufficiali, 56 sottufficiali, 617 soldati.
    A Bologna il V, comandato dal maggiore Giorgio Marzoli, forte di 31 ufficiali, 47 sottufficiali e 624 soldati.
    A Cuneo il VI, agli ordini del capitano Tullio Traverso e comprendente 30 ufficiali, 101 sottufficiali, 576 soldati.
    A Casale il VII, sotto il comando del maggiore Michele Michelini, con 28 ufficiali, 85 sottufficiali e 576 soldati.
    A Como l'VIIl: lo comanda il maggiore Carlo Pace ed è composto da 26 ufficiali, 100 sottufficiali, 573 soldati (9).
    A Iucca il IX, agli ordini del seniore (10) Francesco Tognetti, forte di 30 ufficiali, 99 sottufficiali e 574 soldati.
    A Trieste il X, comandato dal seniore Valentino Fracasso, con un organico di 29 ufficiali, 96 sottufficiali e 384 soldati.
    Ad Aosta l'Xl, sotto il comando del primo seniore Gilberto Fabris e una forza di 31 ufficiali, 72 sottufficiali e 371 soldati.
    A Ferrara il Battaglione Ufficiali, che funzionava come Scuola di perfezionamento, agli ordini del colonnello Luigi De Pietri Tonelli, con 634 ufficiali, 24 sottufficiali e 136 soldati.
    Un ultimo battaglione, composto da volontari ritenuti non idonei al combattimento, è perciò impiegato nelle retrovie.
    Lo Stato Maggiore della Waffen SS italiana è a Vago (VR). Lo presiede il tenente colonnello Vittorio De Paolis, agli ordini del quale si trovano 13 ufficiali, 45 sottufficiali e 136 soldati.

    Il complesso della Waffen SS italiana si chiama "Milizia Armata"; il riordino dei reparti al fine dell'inquadramento definitivo nella Divisione denominata "29a Divisione Waffen SS ITALIA" è ancora lontano.




    (continua)


    Le SS Italiane

  8. #8
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Volontari italiani nelle divisioni Waffen S.S.

    IL BATTESIMO DEL FUOCO

    Le SS Italiane sono poste agli ordini del generale di brigata Peter Hansen, provvisoriamente sostituito a causa di malattia (ottobre-dicembre 1943) dal colonnello Gustav Lombard. Al ritorno del "Brigaden-fiihrer" Hansen, Lombard va a raggiungere la propria 8a divisione di cavalleria SS "Florian Geyer", sul fronte russo.

    I battaglioni dislocati in Piemonte entrano ben presto in azione nella zona di Cuneo, dove numerosi appartenenti alla IV Armata, disciolta dopo l'8 settembre, stanno organizzandosi in bande manovrate dall'antifascismo locale. In alcune valli, in seguito ai rastrellamenti svolti, l'attività partigiana subirà duri colpi che ne freneranno le iniziative per mesi. Il 1° febbraio '44 ha ufficialmente inizio il reclutamento volontario in Italia per completare i reparti della Waffen SS che, oltre a contrastare i partigiani, dovranno battersi al fronte contro gli angloamericani. A tale scopo una severa selezione individua gli uomini idonei a recarsi in Germania, per ricevere un addestramento di prim'ordine ad opera della Waffen SS di concerto con la Wehrmacht.

    Negli ultimi giorni di febbraio anche il battaglione di Debica, al termine di un'intensa preparazione durata tre mesi, scende in Italia e, fatta una breve sosta in una ex caserma di alpini a Pinerolo, raggiunge Luserna S. Giovanni per essere impiegata nella lotta antipartigiana. Il primo scontro si verifica a Rorà: qui il comandante del reparto, capitano Dal Dosso, viene gravemente ferito.

    Nelle settimane successive il "Debica" partecipa, insieme ad altre unità SS, a varie operazioni antiguerriglia nella Val Germanasca.

    Dal marzo 1944 entrano in funzione i centri d'arruolamento, che prevedono 29 uffici principali e sei secondari. I principali sorgono a: Savona, Cuneo, Torino, Alessandria, Aosta, Novara, Como, Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Mantova, Treviso, Padova, Bologna, Modena, Firenze, Forlì, Ancona, Macerata, Perugia, Viterbo, Grosseto, Siena, Pisa, Genova, Parma, Bolzano e in Apuania (era così denominato il territorio compreso tra Massa, Carrara e Montignoso); gli altri sei centri sono previsti a: Cremona, Pavia, Pesare, Roma, Varese e Venezia.

    Nasce a Milano il settimanale "Avanguardia" (solo il primo numero porterà il più lungo titolo di "Avanguardia europea"). Vi compaiono scritti di Giovanni Preziosi e Carlo Borsani, illustrazioni di Gino Boccasile e le ambite carte geografiche di Patitucci, il quale fino agli anni Sessanta, firmandosi "PAI", sarà presente con mano felice negli inserti scolastici del Corriere dei Piccoli.



    "IL NOSTRO ONORE SI CHIAMA FEDELTÀ"

    Poiché gran parte della documentazione riguardante le SS italiane è andata perduta, la collezione di Avanguardia è preziosa per seguirne la storia e conoscerne le spinte ideologiche ed i motivi ideali. Così sappiamo, ad esempio, che nel luglio 1944, un nuovo battaglione di volon-tari ha prestato giuramento. L'articolo che ne tratta è intitolato FEDELTÀ; lo riportiamo di seguito, integralmente:

    «A C, un altro battaglione della Legione SS italiana ha prestato il suo giuramento. In un momento come questo, quando troppi spiriti vacillano e lo sconforto e l'ansia attanagliano anche cuori fedeli, il gesto dei nostri volontari acquista un significato particolare. L'Italia non può e non deve morire, sino a quando ci saranno dei suoi figli pronti ad andare alio sbaraglio, a lottare per la vita e per la morte affinchè la Patria continui a vivere. I legionari che hanno giurato, uomini di tutte le età e di tutte le esperienze, rappresentano per la ancora troppo indecisa massa italiana un esempio che oggi potrà anche non essere seguito, ma che pure qualcosa lascerà nel fondo dei cuori di tutti quei giovani che sono troppo timidi per ascoltare e dire quello che il loro cervello "detta dentro" e che si abbandonano all'attesa del domani, pensando con questo di essere fuori e al di sopra della mischia.

    Al giuramento presenziavano uomini reduci da molte battaglie e ragazzi che della guerra in difesa della Patria hanno un concetto romantico e santo-, v'erano uomini nelle cui carni il piombo e il ferro del nemico hanno profondamente ed eternamente inciso rinsaldandone gii animi e i cuori e ragazzi nelle cui vene batte e scorre un sangue incontaminato fatto di coraggio e di generosità. Tutti uniti, giovani e vecchi, veterani e "cappelle" in un unico sogno-, la Patria.

    Dopo Muensingen, che resterà per sempre il primo altare elevato da italiani alla Patria tradita, C, segna un ulteriore passo verso Sa riscossa nazionale, quella riscossa che avviene sotto il simbolo della SS, affinchè l'Italia abbia il suo posto d'onore nella comunità europea, posto che le spetta di diritto per i trecentomila caduti in Albania, sulle Alpi, in Africa, in Russia e - dopo la tragedia - a sud di Roma.

    Ai nuovi camerati della Legione, i "veterani" danno il loro benvenuto. E ricordano loro che, in ogni situazione, in ogni contingenza, in ogni occasione, la legge suprema che deve guidare le loro azioni è costituita dal motto della SS: "Il nostro onore si chiama fedeltà"».



    Seguiva la descrizione della cerimonia, di cui ripetiamo i passi più significativi:

    «Una cerimonia severa e sentita, scevra da ogni esteriorità, li ma/tempo, che ha Imperversato durante tutta /a mattinata, non le ha tolto nulìa della sua intrinseca bellezza e tutto si è svolto con precisione cronometrica, come era stato predisposto, nonostante la pioggia fitta che si riversava sul grande piazzale della caserma.

    Il Battaglione si è adunato nel massimo silenzio dando un magnifico spettacolo di forma fedelmente rispecchiante quella disciplina interiore che traspariva dagli sguardi e dall'espressione dei volti dei nostri legionari.

    Non altrimenti potevano essere intese la gravita e la fierezza del portamento, delle quali tutti, ufficiali, sottufficiali e legionari, erano esempi, conoscendo il passato dei molti veterani di tutte le nostre più sante battaglie, che ancora una volta si sono offerti volontariamente per riscattare l'Italia. Ed anche conoscendo lo slancio con cui giovani e giovanissimi, numerosi dei quali sono accorsi nelle nostre file, "disertando" dalle famiglie.

    Alle \ \ le autorità varcavano la soglia della caserma, accolte dalle note di "Giovinezza", che l'altoparlante faceva risuonare da una finestra della caserma. Dopo aver passato in rivista i vari reparti schierati sull'attenti, l'Oberfuehrer Tschimke e il seguito di ufficiali italiani e germanici, salivano sul palco addobbato con le bandiere del Tripartito [...]. Quando le autorità ebbero preso posto sul palco, il maggiore delle SS Thaler tenne in italiano, ai legionari, un vigoroso discorso [...].

    "// giuramento che voi oggi prestate per la difesa della Patria, agli ordini del Fùhrer de//a Grande Germania - ha concluso il maga. Thaler -vi lega per la vita e per la morte ad una causa che si chiama salvezza del mondo e vi pone tra la schiera di coloro che non hanno mai dubitato e che vogliono, a costo di qualsiasi sacrificio, obbedire al comandamento che i nostri caduti su tutti i campi di battaglia ci hanno lasciato in retaggio. Con franchezza di soldato desidero avvertirvi che l'impegno che vi assumete è un impegno grave per il cui mantenimento occorrono volontà, coraggio, onestà e spirito di sacrificio. Ma senza sofferenza nulla si conquista nella vita e senza sangue la storia non ha mai fatto grande un popolo" [...].

    Finito che ebbe di parlare, il maggiore Thaler diede /"ordine di passare ai giuramento.- dalle tre compagnie si staccarono rispettivamente un ufficiale, un sottufficiale e un legionario i quali, presentatisi avanti al palco delle autorità, posero la destra sul fucile che il sottufficiale delle SS germaniche porgeva con statuaria immobilità.

    Dopo che il maggiore Thaler ebbe letto la formula-, "giuro davanti a Dio questo sacro giuramento, che combattendo per la mia Patria Italiana contro i suoi nemici, sarò incondizionatamente obbediente al co-



    mondante supremo delle Forze Armate Tedesche, Adolfo Hitler e sempre disposto a dare la mia vita per questo giuramento" ai rituale "io giurate voi" rispose un assordante "lo giuro" in cui l'urlo d'ogni singolo legionario esprimeva la dedizione al grande amico e salvatore di quel Duce che adoriamo. Il grido unisono non aveva finito di echeggiare, le destre che si erano levate nel saluto romano, non si erano ancora abbassate, quando l'altoparlante inondava di nuovo il piazzale con le appassionate note di "Giovinezza", i legionari le ascoltarono ancora immobili, ma col petto gonfio per la malcontenuta passione patria.

    La cerimonia si chiuse con inni nazionali e inni germanici in versione italiana, che i nostri legionari cantarono con impeto giovanile, e con una impeccabile sfilata».

    A proposito di volontari, sempre lo stesso numero di Avanguardia (15 Luglio 1944) riproduce un'intervista del giornalista Gustavo Traglia, della Gazzetta del popolo, fatta al giovanissimo volontario Giorgio Viti appartenente al battaglione SS "Vendetta" del colonnello Federigo Degli Oddi, distintosi, coi marò del "Barbarigo", sul fronte di Nettuno: «- Quanti anni hai?

    - Quattordici e mezzo!

    - Di dove sei?

    - Di Como

    - Come mai ti sei arruolato?

    - Sono scappato di casa [...]. Avevo del resto una scusa. Quella di andare a trovare mio zio, maresciallo della prima compagnia. Poi, non sono più partito [...]. Ma ce n'é voluto per ottenere dal capitano Buldrini di restare al battaglione. Alla fine ci sono riuscito.

    - Ed hai combattuto? Gli occhi del ragazzo scintillano.

    - Come gli altri - risponde con fierezza -, ho combattuto sempre. Prima in un posto avanzato, poi in linea come fuciliere. Ed ho anche fatto il portaordini.

    Durante la conversazione, Viti ha conservata un'impeccabile posizione d'attenti. Cerco di far scivolare il colloquio su un tono più familiare. E gli chiedo.-

    - E venendo qui, che cosa hai notato, che cosa ti ha colpito di più? Il ragazzo pensa, riflette, poi, con voce lenta risponde-.

    - Ci sono troppi italiani più vecchi di me, che non hanno sentito il bisogno di difendere la loro Patria».






    Le SS Italiane

  9. #9
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  10. #10
    Avamposto
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