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  1. #1
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    Predefinito Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma

    Il reddito di cittadinanza è una misura il cui scopo è impedire ai membri di una società di scivolare al di sotto della soglia di povertà assoluta. E' un reddito universale che non vuole sostituirsi a un reddito da lavoro, ma integrarlo o surrogarlo per ridurre le esternalità negative - sociali e socio-sanitarie - di un eccesso di disuguaglianza sociale.

    Terminata l'illusione di uno sviluppo illimitato, di una società a disoccupazione zero, di poter integrare nelle economie avanzate aree tradizionalmente "depresse" e di poter conciliare demografia e lavoro, lo Stato può decidere di cambiare strada e di introdurre un reddito di cittadinanza universale che potrebbe consistere in un credito d'imposta annuale pari alla propria soglia di povertà, calcolata in base a età, provenienza geografica, componenti del nucleo famigliare etc.

    Es. reddito da lavoro lordo, rendite finanziarie e catastali 25.000 euro, aliquota d'imposta sul reddito di cittadinanza 36%, credito 9.000 euro. 25.000 x 36= 900.000/10 = 9.000 Tot. dare/avere = 0 euro

    Reddito 4500 euro, aliquota 36%, credito 9.000 euro. Ammontare dovut0 1620 euro, tot dare avere= 9.000 - 1620 = 7380

    Il vantaggio di questo sistema è che il reddito di cittadinanza non è in conflitto coi redditi da lavoro, ma li integra e non ne disincentiva il perseguimento.

    Fra gli altri vantaggi:

    - Potrebbe essere agganciato a una condotta penale consona, con effetto di deterrenza su crimini di allarme sociale come furti, scippi, spaccio etc.
    - Diminuirebbe la pressione sui grandi centri favorendo scelte di vita alternative, ispirate al "downshitfing", con conseguenze positive per le economie locali dei territori marginali, rimessi a coltura e restituiti alla vita, con le loro botteghe e i loro servizi.
    - Favorirebbe comportamenti demografici di segno diverso rispetto a oggi, rendendo la genitorialità una scelta davvero libera, anche dall'eccesso di preoccupazioni a cui spesso si accompagna
    - Decongestionerebbe la competizione per il lavoro, con effetti positivi sui salari reali
    - Manterrebbe stabile la domanda interna, fondamentale del benessere di un paese
    - Per i più "portati", potrebbe rappresentare una sorta di vitalizio che consentirebbe loro di dedicarsi alla ricerca umanistica, artistica o in generale nelle scienze pure, dove i fondi scarseggiano ma la passione no. Ne trarrebbe giovamento la vita accademica e culturale del paese.
    - Discorso simile potrebbe essere fatto per il volontariato, con la nascita di nuove figure che surroghino la crisi degli enti intermedi tipica di una società moderna.

    Chiaramente è una misura che va studiata attentamente sul piano dell'equilibrio di bilancio, ma non è azzardata e può incontrare le resistenze solo di chi non riesce a immaginare una società in cui l'individuo non sia dedito al lavoro e alla produzione di beni sempre più superflui, a costi ambientali, psicologici e sociali sempre più alti.
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  2. #2
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    Predefinito Re: Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma

    Si, certo, reddito per tutti ma a condizione di adottare una riforma del lavoro sul modello della flexsecurity danese...



    Pietro Ichino | SCHEDA SINTETICA DEL PROGETTO FLEXSECURITY

  3. #3
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    Predefinito Re: Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma


  4. #4
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    Predefinito Re: Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma

    Per i più "portati", potrebbe rappresentare una sorta di vitalizio che consentirebbe loro di dedicarsi alla ricerca umanistica, artistica o in generale nelle scienze pure, dove i fondi scarseggiano

  5. #5
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  6. #6
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    Predefinito Re: Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma

    Basta imitare i migliori d'Europa...



    La Flexicurity e il modello danese - Risorse Umane HR

  7. #7
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    Predefinito Re: Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma


  8. #8
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    Predefinito Re: Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma

    Ichino rimane a mio avviso nel circuito di un'ideologia devota alla produttività, dove la disoccupazione sarebbe una condizione marginale, un errore di adattamento del sistema Paese (o di alcune sue aree) all'ideologia neo-liberista. Un errore che lo Stato deve neutralizzare. Io credo invece che non tutti, in una società, debbano lavorare nel senso proprio del termine. Certo rinunciando a gran parte dei benefit economici e sociali legati al lavoro, ma svolgendo liberamente e spontaneamente funzioni nondimeno necessarie. La madre, su tutte. Ma anche il contadino (quello vero, tipico di un'economia di sussistenza), il boscaiolo, l'intagliatore, l'esperto nell'arte del riciclo di oggetti usati, il letterato, l'artista, il naturalista, l'abnegante, il bibliofilo, il coltivatore interiore e tutto ciò che un uomo può scegliere di fare, posto che può anche scegliere di non fare nulla, come già oggi accade. La differenza, però, è che accompagna questa decisione a comportamenti negativi e minacciosi nei confronti del prossimo.
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  9. #9
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    Predefinito Re: Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma

    «Lavoro 2025», il M5S prova ad allungare lo sguardo - Il Sole 24 ORE


    È sul lavoro - il tema che si rivelerà cruciale in senso pratico e politico per il nostro Paese, anche nella prossima campagna elettorale - che il Movimento Cinque Stelle tenta lo scatto nella direzione di una rappresentazione più complessa della realtà. Che vada oltre gli slogan e il cavallo di battaglia del reddito di cittadinanza e allarghi lo sguardo alle dinamiche che segneranno le trasformazioni economiche e sociali da qui a dieci anni. Lo sforzo arriva con la ricerca previsionale “Lavoro 2025. Come evolverà il lavoro nel prossimo decennio”, coordinata dal sociologo Domenico De Masi e condotta secondo il metodo scientifico Delphi con la collaborazione di undici esperti di varia estrazione (Leonardo Becchetti, Federico Butera, Nicola Cacace, Luca De Biase, Donata Francescato, Fabiano Longoni, Walter Passerini, Umberto Romagnoli, Riccardo Staglianò e Michele Tiraboschi, ciascuno ignaro di chi fossero gli altri e di chi fosse il committente), ai cui risultati sarà dedicata una “due giorni” di dibattito in programma alla Camera domani e dopodomani. Probabile la presenza di Beppe Grillo.

    Rispetto all’analogo tentativo di approfondimento sull’energia, che non a caso è il primo capitolo del programma di governo messo ai voti sulla piattaforma Rousseau, qui la differenza è sostanziale: si esce dalla cerchia di tecnici vicini all’ortodossia Cinque Stelle e si attinge da competenze trasversali per delineare lo scenario in cui le politiche del lavoro dovranno essere calate. Il motto? «Prevedere per programmare», come ripetono i deputati pentastellati Tiziana Ciprini e Claudio Cominardi.

    Non è catastrofico il quadro che emerge dallo studio: l’Italia del 2025 non vivrà alcun nuovo miracolo economico (il Pil crescerà dell'1,3% annuo, la produttività dello 0,9% e l’occupazione dello 0,4%), ma neanche una decrescita o una completa débâcle. Piuttosto si assisterà a una faticosa transizione verso una produzione concentrata sull’“immateriale”, appesantita dai ritardi con cui finora si è investito in scuola, ricerca e formazione, anche manageriale, e con cui l’organizzazione del lavoro si è adeguata ai valori della società postindustriale.

    C'è molto della “filosofia” del Movimento nei risultati dello studio: l’accento quasi ossessivo sul ruolo delle tecnologie e sul digital divide, l’enfasi sull’economia circolare e il turismo culturale, la robotizzazione, l’ossigeno connesso all’ingresso dei millennials nel mercato del lavoro, l’allarme per la disoccupazione tecnologica. Robot e software nel 2025 creeranno 13 milioni di nuovi posti di lavoro, ma ne distruggeranno 22 milioni. È l’automazione, bellezza. Che cancella non soltanto mansioni manuali, ma anche quelle intellettuali esecutive. Con riverberi inevitabili sul welfare che, complice l’invecchiamento della popolazione (tra dieci anni il rapporto tra over 65 e persone in età attiva salirà dal 33,9% del 2015 al 42,6%) e l’aumento delle disuguaglianze, cambierà pelle. Secondo le previsioni della ricerca, sarà sempre più la dualità pubblico-privato a giungere in soccorso e si istituirà al contempo un reddito di cittadinanza, né universale né permanente, che assicuri ai poveri la sussistenza. È un assist al refrain politico del M5S. Ma inquadrato in uno scenario di “universalismo selettivo” molto più articolato che contempla la spinta al welfare aziendale attraverso la defiscalizzazione, la ristrutturazione degli ammortizzatori sociali, l’insistenza sull’inclusione lavorativa.

    Gli esperti raccontano di un tasso di occupazione che crescerà dal 56% attuale al 59%, merito soprattutto della riduzione della popolazione tra i 15 e i 64 anni, e di un tasso di disoccupazione che scenderà sotto il 10 per cento. Dipingono una durata annua media del lavoro che calerà del 14%, da 1.800 a 1.500 ore, e un’attività sempre più polverizzata e smart. Immaginano una distribuzione percentuale degli addetti tra agricoltura, industria e servizi non distante dall'attuale: 6%, 23% e 71%. Si soffermano sull’impatto dei flussi migratori (circa 200mila unità l'anno da qui al 2025). Tema sensibile, per i Cinque Stelle, che contendono alla Lega gli elettori di centrodestra. Ma il rapporto parla chiaro: anche se gli immigrati continueranno a concentrarsi sui profili professionali medio-bassi e ad alimentare paure e tensioni, saranno determinanti per abbassare l’età media della forza lavoro e allentare la pressione sui sistemi di welfare.

    Cruciale, anche per evitare un aumento esponenziale dei Neet (la massa di coloro che non studiano né lavorano) è considerata la formazione, il vulnus italiano forse più grave: fatti 100 i giovani in età universitaria, in Corea 98 sono iscritti all’università, 94 negli Usa, 76 in Russia, appena 36 in Italia. Quando tutti gli indicatori dimostrano che numero di laureati e sviluppo sono direttamente proporzionali. Ma si prevede che la situazione possa e debba migliorare, a patto di introdurre gli opportuni correttivi.

    Quanto e come i Cinque Stelle faranno tesoro delle previsioni proponendo ricette credibili, pure sul nodo pensioni, si scoprirà soltanto quando sarà completata la bozza di programma cui stanno lavorando i parlamentari. Per ora attaccano il Jobs Act e la «precarizzazione» impressa con i voucher. Ma studiano, anche, avvalendosi di voci indipendenti. E questo è un salto di qualità: dalla “pancia” alla testa.

    Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono.
    (Pablo Neruda - Attribuita)

  10. #10
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    Predefinito Re: Reddito di cittadinanza: perché si e in quale forma

    In sintesi, frustare un po' di più chi lavora, per obblgarlo a mantenere gli hobbies altrui.

    Come se camminatori, preti, falsi invalidi, politici, sindacalisti, baby pensionati, cassaintegrati, esodati, timbratori sherpa non fossero abbastanza.

 

 
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