Fini ha pronto il suo partito
Gianfranco Fini resterà nel centrodestra e continuerà a sostenere il governo, qualsiasi cosa succeda. Nessun terzo polo, niente abbocchi con Pier Ferdinando Casini, neanche con Massimo D’Alema nonostante la frequenza delle recenti conversazioni tra lui e il leader di Red. “Resisteremo nel Pdl fino al punto di fare un ricorso alla magistratura, se necessario”, dice a Palazzo Italo Bocchino; e Andrea Augello conferma: “Su questo partito ci abbiamo investito. Resteremo aggrappati fino all’ultimo".
Ma qualora Silvio Berlusconi riuscisse a espellere il cofondatore? “Non ci ritiriamo certo dalla vita politica”, dice Bocchino. Il che, tradotto, significa: partito della Destra nazionale, l’evoluzione dell’organigramma dell’associazione Generazione Italia. La convention di Perugia prevista per l’8 e il 9 novembre potrebbe essere l’atto di nascita della nuova formazione. Ma è solo uno scenario su cui nessuno vuole scommettere, una subordinata alle azioni del Cav.
Il presidente della Camera tiene dunque in serbo un piano “B”, un suo soggetto politico collocato ovviamente nel centrodestra: “Perché l’etichetta di traditori della destra non ce la faremo appiccicare addosso”. Una forza con la quale Berlusconi si troverà prima o poi a dover fare i conti e alla quale, non è chiaro ancora in che forma, finirà con l’aderire anche l’Mpa con i suoi cinque deputati e i suoi senatori.
Si pone così una domanda fondamentale per il premier: conviene rompere adesso con Fini per poi dover rinegoziare con una forza esterna al Pdl da lui guidata? O sarebbe meglio acconciarsi subito a una vera trattativa con l’ex leader di An – come continua a suggerire Gianni Letta – trattenendolo nel partito sulla base di un nuovo patto fondativo?
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di Salvatore Merlo
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