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    Predefinito Venerdì Santo - Passione del Signore





    Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni

    Vangelo Gv 18, 1-19, 42

    Indicazioni per la lettura dialogata:
    X=Gesù; C=Cronista; D=Discepoli e amici; F=Folla; A=Altri personaggi


    Afferrarono Gesù e lo legarono
    C In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cedron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli. Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: X «Chi cercate?». C Gli risposero: F «Gesù, il Nazareno». C Disse loro Gesù: X «Sono io!». C Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra.
    Domandò loro di nuovo: X «Chi cercate?». C Risposero: F «Gesù, il Nazareno». C Gesù replicò: X «Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano». C Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: X «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?».

    Lo condussero prima da Anna
    C Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno. Caifa poi era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È meglio che un uomo solo muoia per il popolo». Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote; Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: A «Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?». C Egli rispose: D «Non lo sono». C Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesù gli rispose: X «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». C A queste parole, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: A «Così rispondi al sommo sacerdote?». C Gli rispose Gesù: X «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». C Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote.

    Non sei anche tu dei suoi discepoli? Non lo sono!
    Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: A «Non sei anche tu dei suoi discepoli?». C Egli lo negò e disse: D «Non lo sono». C Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: A «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». C Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

    Il mio regno non è di questo mondo
    Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: A «Che accusa portate contro quest'uomo?». C Gli risposero: F « Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato». C Allora Pilato disse loro: A «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!». C Gli risposero i Giudei: F «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». C Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire.
    Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: A «Tu sei il re dei Giudei?». C Gesù rispose: X «Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?». C Pilato rispose: A «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». C Rispose Gesù: X «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». C Allora Pilato gli disse: A «Dunque tu sei re?». C Rispose Gesù: X «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». C Gli dice Pilato: A «Che cos'è la verità?».
    C E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: A «Io non trovo in lui nessuna colpa. Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?». C Allora essi gridarono di nuovo: F «Non costui, ma Barabba!». C Barabba era un brigante.

    Salve, re dei Giudei!
    Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: F «Salve, re dei Giudei!». C E gli davano schiaffi. Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: A «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa». C Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora.
    E Pilato disse loro: A «Ecco l'uomo!». C Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: F «Crocifiggilo, crocifiggilo!». C Disse loro Pilato: A «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa». C Gli risposero i Giudei: F «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». C All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: A «Di dove sei?». C Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: A «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». C Rispose Gesù: X «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande».

    Via, via, crocifiggilo !
    C Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: F «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare». C Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbata. Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: A «Ecco il vostro re!». C Ma quelli gridarono: F «Via, via, crocifiggilo!». C Disse loro Pilato: A «Metterò in croce il vostro re?». C Risposero i sommi sacerdoti: F «Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare». C Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

    Lo crocifissero e con lui altri due
    Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Golgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: F «Non scrivere: Il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei». C Rispose Pilato: A «Ciò che ho scritto, ho scritto».

    Si son divise tra loro le mie vesti
    C I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le su e vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura: «Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte». E i soldati fecero proprio così.

    Ecco il tuo figlio. Ecco la tua madre!
    Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: X «Donna, ecco il tuo figlio!». C Poi disse al discepolo: X «Ecco la tua madre!». C E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

    Tutto è compiuto !
    Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: X «Ho sete». C Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: X «Tutto è compiuto!». C E, chinato il capo, spirò.

    (Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

    E subito ne uscì sangue e acqua
    Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era gia morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

    Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende con gli oli aromatici
    Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.

  2. #2
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  3. #3
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    IPERURANIO INTERIORE
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    Lightbulb Re: Venerdì Santo - Passione del Signore

    25 marzo 2016: Venerdì Santo, Passione di NSGC…



    Venerdì santo
    Guéranger, L'anno liturgico - Venerdì Santo


    "Missale Romanum
    VENERDÌ SANTO
    LA MATTINA
    Gesù condannato da Caifa.
    Il sole è sorto su Gerusalemme; ma i pontefici e i dottori della legge non hanno aspettato la luce per sfogare il loro odio contro Gesù. L'augusto prigioniero prima è ricevuto da Anna, il quale a sua volta lo fa condurre da Caifa suo genero. L'indegno pontefice ha voluto assoggettare ad un interrogatorio il Figlio di Dio; e solo perché non risponde è oltraggiato con uno schiaffo da uno dei servi. Falsi testimoni, da loro istruiti, sono venuti ad attestare menzogne in faccia a colui ch'è la Verità; ma le loro deposizioni discordano. Allora il gran sacerdote, accorgendosi che il sistema adottato per convincere Gesù di bestemmia non è servito ad altro che a smascherare i complici della sua frode, tenta di strappare dalla stessa bocca del Salvatore la confessione d'un delitto che lo potrà rendere passibile di pena davanti alla Sinagoga: "Ti scongiuro per il Dio vivo di rispondere: Sei tu il Cristo, Figlio di Dio benedetto?" (Mt 26,63; Mc 14, 61).
    Tale è l'interpellanza che il pontefice rivolge al Messia. Finalmente Gesù, volendo insegnarci il rispetto dovuto all'autorità, cui da tanto tempo ne aveva conservato i titoli, esce dal suo silenzio e con fermezza risponde: "Sì, lo sono; e vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra della potenza di Dio venire sulle nubi del cielo" (Mc 14,62). Allora il sommo sacerdote, stracciatesi le vesti, esclama: "Ha bestemmiato! che bisogno abbiamo più di testimoni? Avete sentita la bestemmia? che ve ne pare?". E da ogni angolo della sala si grida: "È reo di morte!".
    Il Figlio di Dio è venuto sulla terra per ridare la vita all'uomo, caduto nell'abisso della morte; ed ora, per un orribile capovolgimento, è l'uomo che, in ricambio d'un tal beneficio, osa tradurre in tribunale il Verbo eterno, giudicandolo degno di morte. E Gesù tace, non incenerisce col fuoco della sua collera questi uomini tanto audaci ed ingrati! Ripetiamo in questo momento le parole, con le quali la Chiesa Greca interrompe spesso la lettura odierna della Passione : "Gloria alla tua pazienza, o Signore!".
    Scena d'insulti.
    All'esplodere del grido: "è reo di morte", le guardie del sommo sacerdote s'avventano contro Gesù e gli sputano in faccia e, bendatolo, lo percuotono di schiaffi e gli domandano: "Profeta, indovina chi t'ha percosso" (Lc 22,64). Ecco gli onori della Sinagoga al Messia, da lei atteso con tanta fierezza! La penna trema ed esita nel ripetere la descrizione degli oltraggi fatti al Figlio di Dio; e siamo appena all'inizio degli affronti subiti dal Redentore.
    Il rinnegamento di Pietro.
    Frattanto, una scena più dolorosa al cuore di Gesù avviene fuori del Sinedrio, nel cortile del sommo sacerdote: Pietro, introdottosi là dentro, litiga coi servi e le guardie, che l'hanno riconosciuto per un galileo seguace di Gesù. L'Apostolo, sconcertato e temendo della sua vita, rinnega codardamente il suo Maestro ed osa protestare con giuramento che neppure conosce quell'uomo. Triste esempio del castigo che merita la presunzione! Ma, oh misericordia di Gesù! quando le guardie del sommo sacerdote lo fanno passare là ove stava l'Apostolo infedele, gli rivolge uno sguardo di rimprovero e di perdono. Pietro si confonde, piange ed esce subito da quella casa maledetta. Immerso in un profondo dolore, non si consolerà fino a che non rivedrà il Maestro risuscitato e trionfante. Sia perciò, questodiscepolo peccatore e convertito, il nostro modello in queste ore dolorose in cui la santa Chiesa ci offre lo spettacolo delle sofferenze sempre più gravi delnostro Salvatore! Pietro, temendo la propria debolezza, fugge; ma noi dobbiamo restare fino alla fine, senza timori, affinché Gesù, che intenerisce i cuori più duri, si degni rivolgere anche a noi un suo sguardo!
    I prìncipi dei sacerdoti vedendo che comincia a farsi giorno, si preparano a tradurre Gesù davanti al governatore romano. Hanno istruito il suo processo come quello d'un bestemmiatore; ma non è in loro potere applicargli la legge di Mosè, secondo la quale dovrebbe essere lapidato. Gerusalemme non è più libera: non è più governata dalle sue leggi; il diritto di vita o di morte dovrà essere esercitato dai suoi dominatori, e sempre nel nome di Cesare. Come non ricordarsi in questo momento, i pontefici e i dottori dell'oracolo di Giacobbe morente, che preannunciò l'avvento del Messia, quando sarebbe stato tolto lo scettro a Giuda? Ma una nera invidia li ha traviati, e non s'accorgono che il trattamento cui vogliono assoggettare il Messia è già descritto nelle antiche profezie, ch'essi hanno studiato e di cui si dicono i custodi.
    La disperazione di Giuda.
    La "voce sparsa nella città, che Gesù è stato catturato questa notte e che sta per essere tradotto davanti al governatore, giunge alle orecchie di Giuda traditore. Il miserabile amava il denaro, ma non aveva motivo di desiderare la morte del Maestro. Egli conosceva il potere soprannaturale di Gesù, e forse si lusingava che il risultato del suo tradimento sarebbe stato prontamente impedito da chi aveva sulla natura e sugli elementi un potere irresistibile. Ma ora che vede Gesù nelle mani dei crudeli nemici, e che tutto annuncia una tragica fine, un violento rimorso s'impadronisce di lui; corre al Tempio e getta ai piedi dei prìncipi dei sacerdoti il denaro ch'era stato il prezzo del suo sangue. Si direbbe che quest'uomo sia convertito è vada ad implorare perdono: ma, ahimè! niente di tutto questo. L'unico sentimento che gli rimane è la disperazione, e s'affretta a porre fine ai suoi giorni. Il ricordo di tutti i richiami che Gesù fece sentire al suo cuore, ieri, durante la Cena, e questa notte al Getsemani, lungi dall'infondergli fiducia, non fa altro che accasciarlo di più; e appunto perché ha dubitato di quella misericordia, che tuttavia doveva conoscere, si precipita verso l'eterna dannazione proprio quando comincia a scorrere il sangue che lava ogni delitto.
    Gesù davanti a Pilato.
    Ora i prìncipi dei sacerdoti, trascinandosi dietro Gesù in catene, si presentano al governatore Pilato, chiedendo d'essere ascoltati sopra una causa criminale. Pilato compare e domanda loro con aria seccata: "Che accusa portate contro quest'uomo? - Se non fosse un malfattore non te l'avremmo consegnato", risposero. Nelleparole del governatore già si nota disprezzo e disgusto, ed impazienza nella risposta dei prìncipi dei sacerdoti. Forse Pilato s'infastidisce al pensiero di dover fare il ministro delle loro vendette, quindi dice loro: "Pigliatelo voi, e giudicatelo secondo la vostra legge. - Ma noi, replicarono quegli uomini sanguinari, non abbiamo diritto di dar morte ad alcuno" (Gv 18,29-31).
    Allora Pilato, ch'era uscito fuori dal Pretorio per rispondere ai nemici di Gesù, rientra ed ordina che lo si conduca davanti a lui. Si trovano di fronte il Figlio di Dio e il rappresentante del mondo pagano. "Sei tu il re dei Giudei? domanda Pilato. - Il mio regno non è di questo mondo, risponde Gesù: se fosse di questo mondo il mio regno, i miei ministri, certo, lotterebbero perché non fossi dato in mano dei Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù. - Dunque sei re? insiste Pilato. - Tu lo dici, io sono re", conferma il Salvatore. Confessata la sua augusta dignità, l'Uomo-Dio cerca di elevare questo Romano al di sopra degli interessi volgari della suaposizione, additando che esiste per l'uomo uno scopo più degno della ricerca degli onori della terra: "Per questo son venuto al mondo, a rendere testimonianza alla Verità. Chi è per la verità ascolta la mia voce. - Che cos'è la verità?" gli domanda Pilato; e senz'aspettare la risposta, desideroso di farla finita, lascia Gesù e compare di nuovo davanti agli accusatori e dice loro: "Io non trovo in lui colpa alcuna" (ivi, 33-38).
    Questo pagano credeva di ravvisare in Gesù il dottore d'una setta giudaica, i cui insegnamenti non valeva la pena d'ascoltare; d'altra parte, pensava, è un uomo innocuo, è quindi ingiusto cercare in lui un uomo pericoloso.
    Davanti ad Erode.
    Ma non appena Pilato espresse un simile giudizio a favore di Gesù, un cumulo di accuse fu lanciato contro il Re dei Giudei dai prìncipi dei sacerdoti. All'udire tante atroci menzogne, Gesù tace; e il governatore, sorpreso, l'interroga: "Non senti di quante cose ti accusano?" (Mt 27,13). Una simile disinteressata domanda non distoglie Gesù dal suo nobile silenzio; ma da parte dei suoi nemici provoca uno scoppio di. rabbia: "Solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dalla Galilea, dove ha cominciato, fino a qui" (Lc 23,5). Al sentire la Galilea, Pilato crede d'aver trovato uno spiraglio di luce. Erode, tetrarca di Galilea, attualmente si trova a Gerusalemme; e Gesù è suo suddito: è meglio consegnarlo a lui; la cessione d'una tal causa criminale non solo toglierà d'imbarazzo il governatore romano, ma ristabilirà la buona armonia tra lui ed Erode.
    Perciò il Salvatore viene condotto per le vie di Gerusalemme, dal Pretorio al palazzo di Erode. I nemici lo accompagnano ardendo di rabbia, mentre Gesù continua a tacere. Là altro non trovava che il disprezzo del misero Erode, l'uccisore di Giovanni Battista; e poco dopo gli abitanti di Gerusalemme lo rivedono per le strade vestito da pazzo e di nuovo trascinato al Pretorio.
    Barabba.
    Al ritorno inatteso dell'accusato, Pilato rimane turbato; tuttavia crede di aver escogitato un nuovo mezzo per sbarazzarsi dell'odiosa causa. La festa di Pasqua gli dà occasione di graziare un condannato; proverà a fare accordare questo favore a Gesù. La folla s'è ammutinata fuori del Pretorio; basterà mettere a confronto Gesù, lo stesso Gesù che la città aveva salutato con trionfo alcuni giorni fa, con Barabba, il malvivente che Gerusalemme ha in orrore: e la scelta non potrà non favorire Gesù. "Chi volete che vi liberi, chiede Pilato, Gesù o Barabba?". La risposta non si fa attendere, e voci tumultuose gridano: "Non Gesù, ma Barabba! - Che devo dunque fare di Gesù, replica impressionato il governatore. - Crocifiggilo! - Ma che male ha fatto? lo castigherò e lo rimanderò. - No! sia crocifisso!".
    La flagellazione.
    Il tentativo del debole governatore è fallito, e la situazione s'è fatta ancora più critica. Invano ha cercato d'abbassare l'innocente al livello d'un malfattore; la passione d'un popolo ingrato e ribelle non ne ha fatto nessuna considerazione. Pilato arriva a promettere che infliggerà a Gesù un castigo atroce, nell'estremo tentativo di spegnere un po' la sete di sangue che divora quella plebaglia; ma non ottiene altro che un nuovo grido di morte.
    Non andiamo più oltre senza offrire al Figlio di Dio una degna ammenda per l'oltraggio di cui è stato fatto segno. Paragonato ad un uomo infame, si preferisce, questi non lui; e se Pilato tenta per compassione di salvargli la vita, lo fa a condizione di fargli subire cotesto ignobile confronto, e ne risulta una perdita. Le voci che cantavano Osanna al Figlio di Dio, pochi giorni fa, si sono tramutate in urli feroci; per cui il governatore, temendo una sedizione, assicura di punire colui ch'egli stesso ha riconosciuto innocente.
    Gesù dunque viene consegnato alla soldatesca per essere flagellato. Viene spogliato con violenza delle sue vesti, e lo si lega alla colonna che serviva per tali torture. Le sferzate più crudeli straziano tutto il suo corpo, ed il sangue cola sulle sue divine membra. Raccogliamo questa seconda effusione di sangue del nostro Redentore, con la quale Gesù espia per l'umanità intera i piaceri peccaminosi della carne. Per mano dei Gentili subisce tale martirio; i Giudei glielo consegnano, i Romani eseguiscono: tutti noi siamo complici del deicidio.
    La coronazione di spine.
    Finalmente la soldataglia è stanca di percuoterlo; i carnefici sciolgono la vittima: ne sentiranno forse compassione? Tutt'altro! a tanta crudeltà aggiungono una derisione sacrilega. Gesù s'è detto Re dei Giudei: ebbene, i soldati prendono lo spunto da questo titolo per inventare una nuova forma di oltraggio. Ad un re spetta la corona; e i soldati ne imporranno una al Figlio di David: intrecciano in fretta una corona con rami d'arbusti spinosi, gliela calcano sul capo, e per la terza volta scorre il sangue di Gesù. Poi, per completare l'ignominia, i soldati gli buttano sulla spalle un mantello di porpora e gli mettono in mano una canna, a guisa d'uno scettro. Indi s'inginocchiano davanti a lui e lo salutano dicendo: "Ave, Re dei Giudei!". Ed accompagnano l'ingiurioso omaggio con sputi e schiaffi sul volto dell'Uomo-Dio; ogni tanto gli strappano la canna dalle mani e gliela sbattono in testa, per premere sempre di più le spine di cui è formata la corona.
    Omaggio riparatore.
    A tale spettacolo il cristiano si prostra con doloroso rispetto e, a sua volta, dice: "Ave, Re dei Giudei! Veramente sei Figlio di David, e perciò, nostro Messia e Redentore. Israele ti nega la regalità che prima aveva proclamato; la gentilità ha una ragione di più per oltraggiarli; però non con la giustizia tu regnerai su Gerusalemme, che non tarderà a sentirsi schiacciata sotto il tuo scettro vendicatore; ma regnerai con la misericordia sui Gentili, i quali fra poco saranno dagli Apostoli portati ai tuoi piedi. Frattanto, degnati di ricevere il nostro omaggio e la nostra sudditanza: oggi stesso regna sui nostri cuori e sull'intera nostra vita".
    Ecce Homo.
    Gesù viene condotto a Pilato così come l'ha ridotto la crudeltà dei soldati; il governatore si tien certo che la vittima, ridotta agli estremi, otterrà grazia davanti al popolo, e, accompagnando il Salvatore sopra una loggia del palazzo, lo mostra alla moltitudine dicendo: "Ecco l'uomo!" (Gv 19,5). Parola più profonda di quello che credesse Pilato! Difatti non disse: Ecco Gesù, né: ecco il Re dei Giudei; ma usò un'espressione generica senza conoscerne il mistero, e della quale solo il cristiano può comprendere la portata.
    Il primo uomo, ribellandosi a Dio col peccato, aveva sovvertito tutta l'opera del Creatore: in castigo della superbia e della concupiscenza, la carne aveva asservito lo spirito; anche la terra, in segno di maledizione, non produceva che triboli e spine. Ma ecco apparire il nuovo uomo, che porta con sé non la realtà, ma la rassomiglianza col peccato; ed in lui l'opera del Creatore riacquista la prima armonia, ma la riacquista con la forza. Per mostrarci che la carne deve essere asservita allo spirito, la sua è lacerata da flagelli; per provare che la superbia deve far posto all'umiltà, cinge la sua testa d'una corona formata dalle spine di questa terra maledetta. L'uomo nuovo trionfa con lo spirito sui sensi e con l'avvilimento della superba volontà sotto il giogo della sentenza: ecco l'uomo.
    Gesù e Pilato.
    Israele è come una tigre: la vista del sangue irrita la sua sete, e non sarà contento finché non vi si immerga. Appena vede la sua vittima insanguinata, con nuovo furore grida: "Sia crocifisso! sia crocifisso! - Ebbene, dice Pilato, pigliatelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui colpa alcuna". Ma intanto, per suo ordine, l'ha ridotto in uno stato che, per sé, gli può causare la morte. La sua debolezza non approderà ancora a nulla. I Giudei insistono appellandosi al diritto che i Romani lasciano ai popoli conquistati: "Noi abbiamo una legge, e secondo questa legge deve morire, perché s'è fatto Figlio di Dio". A questo reclamo Pilato si turba; rientra nella sala con Gesù e gli domanda: "Donde sei tu?". Gesù non gli risponde, perché non era degno che gli rendesse conto della sua divina origine. Pilato si stizzisce e lo rimprovera: "Non mi parli? Non sai che ho potere di liberarti o di crocifiggerti?". Solo allora Gesù risponde, e lo fa per insegnarci che ogni potere d'autorità, anche quello degl'infedeli, viene da Dio, e non da ciò che si chiama patto sociale: "Tu non avresti alcun potere sopra di me, se non ti fosse dato dall'alto. Per questo, chi mi ha consegnato nelle tue mani è più colpevole di te" (Gv 19,11).
    La nobiltà e la dignità di tali parole soggiogano il governatore, il quale tenta ancora una volta di salvare Gesù. Ma gli schiamazzi del popolo penetrano di nuovo nella sua casa: "Se rimetti costui, gli dicono, non sei amico di Cesare. Chiunque si fa re si mette contro Cesare". A queste parole Pilato, cercando un'ultima volta di muovere a compassione il popolo furibondo, esce fuori di nuovo e, sedendosi all'aperto tribunale, si fa condurre Gesù: "Ecco, dice loro, il vostro re; come può Cesare temere qualche cosa da lui?". Ma quelli raddoppiano gli schiamazzi : "Via! toglilo dinanzi! mettilo in croce! - Ma, dice il governatore, simulando di non temere la gravità del pericolo, dovrò dunque crocifiggere il vostro re?". Ed i Pontefici rispondono: "Non abbiamo altro re che Cesare".
    Parola indegna, che, uscendo dal tempio, avverte i popoli che la fede è in pericolo; parola anche di condanna a Gerusalemme, perché, se non ha altro re che Cesare, vuol dire che lo scettro non è più in mano a Giuda, ed è arrivato il tempo messianico.
    Gesù condannato da Pilato.
    Pilato, vedendo che la sedizione è giunta al colmo, e che la sua responsabilità di governatore è minacciata, si decide d'abbandonare Gesù nelle mani dei suoi nemici; e proclama a malincuore la sentenza, che gli procurerà un tale rimorso da cercare subito di liberarsene col suicidio. Traccia di suo pugno sopra una tavoletta, con un pennello, l'iscrizione che sarà collocata in cima alla croce, sopra la testa di Gesù; e, per colmo d'ignominia, concede pure all'astio dei nemici del Salvatore, che due ladroni vengano crocifissi a suo fianco, poiché occorreva che s'adempisse anche la profezia: "Sarà annoverato tra i malfattori" (Is 53,12). Infine, lavandosi pubblicamente le mani, nello stesso momento che contamina l'anima col più nefando delitto grida verso il popolo: "Io sono innocente del sanguedi questo giusto: pensateci voi"; e tutto il popolo assetato di questa brama, risponde: "Il sangue di lui cada su di noi e sui nostri figli" (Mt 27,24-25). In quel momento il marchio del parricida s'impresse sulla fronte del popolo ingrato e sacrilego, come una volta su quella di Caino, che diciannove secoli di schiavitù, di miseria e d'infamia non hanno ancora cancellato.
    Su noi, figli della gentilità, s'è posato, quale misericordiosa rugiada il sangue divino; ebbene, rendiamo grazie alla bontà del Padre celeste, che "ha tanto amato il mondo da darci il suo unico Figliolo" (Gv 3,16); e ringraziamo anche l'amore dell'unico Figliolo di Dio, il quale, sapendo che tutte le nostre sozzure potevano essere lavate solo nel suo sangue, oggi ce lo elargisce fino all'ultima goccia.
    La Via dolorosa.
    Qui comincia la Via dolorosa, ed il Pretorio di Pilato, dove risuonò la sentenza contro Gesù, ne è la prima stazione. I Giudei s'impossessano del Redentore per autorizzazione del governatore; i soldati gli gettano le mani addosso e lo conducono fuori del cortile pretoriale; gli strappano il mantello di porpora e lo coprono delle vesti che gli avevano tolte per flagellarlo; quindi lo caricano della croce sulle spalle lacerate. Il luogo dove il novello Isacco ricevette l'albero del suo sacrificio è designato come la seconda Stazione. La truppa dei soldati, rinforzata dai carnefici, dai prìncipi dei sacerdoti, dai dottori della legge e da una moltitudine immensa, si mette in cammino. Gesù avanza sotto il peso della croce; ma presto, spossato dalle perdite di sangue e da ogni sorta di patimenti, non regge più, e, cadendo sotto quel peso, segna la terza Stazione.
    L'incontro di Gesù con Maria.
    I soldati rialzano brutalmente il divino prigioniero, che soccombeva più sotto il peso dei nostri peccati che sotto lo strumento del suo supplizio. Ha appena ripreso il suo vacillante cammino, quando si presenta improvvisamente ai suoi sguardi la desolata madre. La donna forte è venuta ad incontrare il Figlio: vuole vederlo, seguirlo, unirsi a lui finché non esalerà l'ultimo respiro; il suo amore materno è invincibile. Il suo dolore oltrepassa ogni espressione umana; le agitazioni di questi ultimi giorni l'hanno spossata; non c'è sofferenza del Figlio che non le sia stata divinamente manifestata, ed alla quale lei non si sia associata, sopportandole tutte, ad una ad una. Come può più rimanere nascosta? Il sacrificio è in atto, s'avvicina la consumazione: deve unirsi assolutamente al Figlio e nessuna forza la potràtrattenere. È con lei la Maddalena in lacrime, e vi sono pure: Giovanni, Maria madre di Giacomo e Salomè; essi piangono il Maestro ma lei piange il Figlio. Gesù vede la Madre sua, ma non può consolarla; e tutto questo non è che l'inizio dei dolori! Il sentimento d'angoscia che prova in questo momento il cuore della più tenera delle madri opprime ancora di più il cuore del più amante dei figli. Ma non per questo i carnefici che gli sono ai fianchi accorderanno un sol momento di ritardo nel loro cammino, in favore della madre d'un condannato; se vuole, si trascini pure dietro al fatale corteo: è già molto se non la cacciano via; e l'incontro di Gesù con Maria sulla via del Calvario indicherà per sempre la quarta Stazione.
    Il Cireneo.
    C'è ancora molta strada da fare, perché, secondo la legge, i criminali dovevano essere suppliziati fuori le porte della città. I Giudei temono che la vittima venga a mancare prima d'arrivare al luogo del sacrificio; perciò, vedendo tornare dalla campagna un uomo chiamato Simone di Cirene, lo fermano e, per un crudele sentimento di umanità verso Gesù, lo costringono a condividere con questi la fatica di portare lo strumento della salvezza del mondo. L'incontro di Gesù con Simone Cireneo consacra la quinta Stazione.
    Il Volto Santo.
    Di lì a pochi passi, un fatto inatteso viene a colpire di meraviglia e di stupore fin'anche i carnefici: una donna attraversa la folla, sguscia tra i soldati e si precipita ai piedi del Salvatore. Ella stringe fra le mani un velo spiegato, e, tutta tremante, asciuga il volto di Gesù reso irriconoscibile dal sangue, dal sudore e dagli sputi. Essa però l'ha riconosciuto, perché lo ama, e non ha temuto d'esporre la propria vita per procurargli un leggero sollievo. Il suo amore sarà ricompensato: il volto del Redentore, impresso per miracolo su quel velo, sarà d'ora in poi il suo più ricco tesoro; e, col suo atto coraggioso avrà la gloria di costituire la sesta Stazione della Via Crucis.
    Compassione di Gesù per Gerusalemme.
    Ma quanto più Gesù s'avvicina alla mèta fatale, tanto più le sue forze lo abbandonano. Un improvviso abbattimento segna, con la seconda caduta della vittima, la settima Stazione. I soldati lo rialzano con violenza, e riecco Gesù sul sentiero che bagna col suo sangue. Tanti indegni maltrattamenti strappano grida di dolore ad un gruppo di donne, che, mosse da compassione verso Gesù, lo seguivano fra i soldati, sfidando i loro insulti. Gesù, intenerito dalla condotta di queste donne che, nella debolezza del loro sesso, mostravano più grandezza d'animo che non tutto insieme il popolo di Gerusalemme, si degna di rivolgere loro uno sguardo di bontà, e riprendendo tutta la dignità del suo linguaggio profetico, in presenza dei prìncipi dei sacerdoti e dei dottori della legge, preannuncia il terribile castigo che seguirà al misfatto di cui esse sono testimoni e che deplorano con tante lacrime: "Figlie di Gerusalemme! dice loro in quello stesso luogo che viene rialzato nell'ottava Stazione; Figlie di Gerusalemme! non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figlioli, perché, ecco, verranno giorni in cui si dirà: Beate le sterili e i seni che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato! Allora si metteranno a dire alle montagne: Cadeteci addosso; e alle colline: Ricopriteci. Che se si tratta così il legno verde, che sarà del secco?" (Lc 23,28-31).
    L'arrivo al Calvario.
    Finalmente si giunge ai piedi della collina del Calvario, che Gesù dovrà salire, prima di raggiungere il luogo del sacrificio. Ma una terza volta l'estrema fatica lo rovescia al suolo, e santifica il posto in cui i fedeli venereranno la nona Stazione. La barbara soldataglia interviene ancora una volta a far riprendere a Gesù la penosa salita, e finalmente, fra molti urti, arriva in cima al cocuzzolo che diventerà l'altare del più sacro e più potente degli olocausti.
    I carnefici gli tolgono la croce e la stendono a terra, in attesa di conficcarvi la vittima. Ma prima, secondo l'uso dei Romani, praticato anche dai Giudei, offrono a Gesù una tazza di vino misto a mirra. Una tale bevanda, amara come il fiele, serviva da narcotico per addormentare entro un certo limite i sensi del paziente e diminuire i supplizi. Gesù bagna appena le labbra di questa pozione, che la consuetudine e più che il senso d'umanità gli offriva; non vuole berne, per poter assaporare coscientemente le sofferenze che si è degnato accettare per la salvezza degli uomini. Poi i carnefici gli strappano le vesti che s'erano attaccate alle piaghe e lo portano subito sul posto dove l'attende la croce. Il luogo dove Gesù fu spogliato sul Calvario ed assaggiò l'amara bevanda è indicato come la decima Stazione della Via Crucis. Le nove precedenti sono tuttora visibili nelle vie di Gerusalemme, dal Pretorio fino ai piedi del Calvario; ma quest'ultima e le quattro successive si venerano nell'interno della Chiesa del Santo Sepolcro, che nella sua vastità racchiude il teatro delle ultime scene della Passione del Salvatore.
    Ma a questo punto dobbiamo sospendere la narrazione dei fatti, perché ci siamo già inoltrati abbastanza nei fatti della grande giornata; del resto dobbiamo ancora tornare sul Calvario. È ormai tempo che ci uniamo alla santa Chiesa nella funzionecon la quale sta per celebrare la morte del Signore.
    LA SOLENNE FUNZIONE LITURGICADEL POMERIGGIO CON LA QUALE SI CELEBRALA PASSIONE E LA MORTE DI CRISTO
    Il servizio divino di questo pomeriggio si divide in quattro parti, di cui spiegheremo successivamente i misteri. Prima vi sono le Letture; seguono le Preghiere; poi viene l'adorazione della Croce, ed infine la Comunione. Questi riti insoliti fanno capire ai fedeli la grandezza di questo giorno, e al tempo stesso fanno avvertire la sospensione del Sacrificio quotidiano di cui prendono il posto. L'altare è spoglio, senza croce senza candelieri; il leggio del Vangelo è senza drappo.
    Recitata l'Ora di Nona, il Celebrante avanza coi ministri; i loro paramenti neri significano il lutto della santa Chiesa. Giunti ai piedi dell'altare, si prostrano sui gradini e pregano alcuni istanti in silenzio; quindi si dà inizio alle Letture.
    LE LETTURE
    La prima parte di questo Ufficio è dedicata alla lettura di due brani di Profezie ed al Passio. Si leggono prima alcuni versetti del profeta Osea (6,1-6), nei quali il Signore predice i suoi disegni misericordiosi verso il novello popolo, il popolo pagano, ch'era morto che fra tre giorni risusciterà col Cristo che ancora non conosce. Efraim e Giuda non saranno accolti allo stesso modo, non avendo i loro sacrifici materiali placato un Dio, che ama la misericordia e disprezza coloro che sono duri di cuore.
    La seconda lettura, è tratta dall'Esodo (12,1-11), ci mette innanzi la figura dell'Agnello pasquale, per mostrarci che in questo momento il simbolo scompare davanti alla realtà. È un Agnello immacolato come Emmanuele, il cui sangue preserva dalla morte tut*ti coloro che hanno avuta la dimora segnata da lui. Esso non solo sarà immolato, ma diventerà alimento di coloro che non sono salvi per lui. È il viatico di chi si trova in cammino, e lo mangia in piedi, non avendo tempo di fermarsi nel corso rapido della vita. L'immolazione dell'antico Agnello e del nuovo è il segnale della Pasqua.
    LE PREGHIERE
    La santa Chiesa ha appena commemorato insieme ai suoi figli la storia degli ultimi momenti del Signore; che le resta dunque, se non imitare il divino Mediatore, che, come dice san Paolo, sulla Croce ha offerto per tutti gli uomini al Padre "preghiere e suppliche con forti grida e lacrime?" (Ebr 5,7). Perciò, fin dai primi secoli, in questo giorno, essa indirizzò alla divina Maestà una serie di preghiere, che, riferendosi a tutti i bisogni del genere umano, mostrano ch'essa è veramente la madre di tutti e la sposa amorevole del Figlio di Dio. Tutti, anche i Giudei, partecipano a questa solenne intercessione che la Chiesa presenta al Padre dei secoli, ai piedi della Croce di Gesù Cristo.
    Ognuna di queste preghiere è preceduta da una spiegazione che ne annuncia l'oggetto. Quindi il Diacono invita i fedeli a mettersi in ginocchio; poi, ad un cenno del Suddiacono, subito si levano in piedi per unirsi all'invocazione del Celebrante [1].
    ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE
    Fatte queste preghiere generali ed implorata da Dio la conversione dei pagani, la Chiesa, nella sua carità, ha fatto un giro di orizzonte su tutti gli abitanti della terra e sollecitato su tutti loro l'effusione del sangue divino, che in questo momento scorre dalle vene dell'Uomo-Dio. Ora di nuovo si volge ai figli cristiani, e, addolorata per le umiliazioni del Signore, li esorta ad alleggerire il peso con l'indirizzare i loro omaggi alla Croce, fino allora ritenuta infame, ma ora resa sacra; quella Croce sotto la quale egli s'incammina al Calvario e le cui braccia oggi lo sosterranno. Per Israele essa è scandalo; per i Gentili, stoltezza (1Cor 1,23); ma noi cristiani veneriamo in lei il trofeo della vittoria di Cristo e lo strumento augusto della salvezza degli uomini. Dunque è giunto il momento in cui riceverà le nostre adorazioni, per l'onore che si degnò di farle il Figlio di Dio irrorandola col suo sangue ed associandola all'opera della nostra riparazione. Non v'è giorno, né ora di tutto l'anno in cui meglio convenga tributarle i nostri doveri.
    L'adorazione della Croce cominciò a Gerusalemme fin dal IV secolo. Rinvenuta la vera Croce mediante diligenti ricerche di santa Elena imperatrice, il popolo fedele aspirava a contemplare di tanto in tanto l'albero di vita, la cui miracolosa Invenzione aveva colmato di gioia tutta la Chiesa. Perciò fu stabilito che la si sarebbe esposta all'adorazione dei cristiani una volta l'anno, il Venerdì Santo. Il desiderio di vederla faceva accorrere ogni anno a Gerusalemme, per la Settimana Santa, un'immensa folla di pellegrini. Ovunque si sparse la fama di questa cerimonia; ma non tutti potevano sperare di contemplarla, fosse pure una volta sola in vita. Allora la pietà cattolica volle almeno consacrare, con un'imitazione, la vera cerimonia a cui la maggior parte non poteva assistere; e verso il VII secolo si pensò di ripetere in tutte le chiese, il Venerdì Santo, l'ostensione e l'adorazione della Croce come avveniva a Gerusalemme. Non si aveva, è vero, che la figura della vera Croce; ma, siccome gli omaggi resi il sacro legno si riferivano a Cristo stesso, i fedeli potevano in questa maniera offrirle identici onori, nell'impossibilità d'avere il vero legno che il Redentore bagnò col suo sangue. Tale è lo scopo dell'istituzione del rito che la Chiesa compie alla nostra presenza, ed alla quale invita tutti noi a prendere parte.
    Il Celebrante all'altare depone il piviale e rimane seduto al suo posto. Il diacono con gli accoliti si porta in sacrestia di dove ne esce in processione con la croce. Quando giungono in chiesa, il celebran*te riceve la croce dalle mani del diacono, si porta dalla parte dell'Epistola e là, in piedi al fondo degli scalini, rivolto verso il popolo, scopre la parte superiore della croce cantando con tono di voce normale:
    Ecco il legno della Croce...
    E prosegue, aiutato dai ministri, che cantano con lui:
    ...al quale fu sospesa la salvezza del mondo.
    Allora l'assistente, in piedi, canta:
    Venite, adoriamo.
    Poi tutti si inginocchiano e adorano per un istante, in silenzio.
    Questa prima estensione rappresenta la prima predicazione della Croce, quella che gli Apostoli fecero tra loro, quando, non avendo ancora ricevuto lo Spirito Santo, non potevano discorrere del divino mistero della Redenzione che coi discepoli di Gesù, temendo di suscitare l'attenzione dei Giudei. A significare ciò, il Sacerdote solleva solo un tantino la Croce. L'offerta di questo primo omaggio è una riparazione degli oltraggi che il Salvatore ricevette in casa di Caifa, in cui fu schiaffeggiato dal soldato.
    Quindi il Celebrante sale sulla predella dell'altare, sempre al lato destro dell'Epistola in modo che il popolo lo veda meglio. I ministri l'aiutano a scoprire il braccio destro della Croce, e, scoperta questa parte, mostra di nuovo lo strumento della salvezza, sollevandolo di più e canta con voce più alta
    Ecco il legno della Croce...
    Il Diacono e il Suddiacono continuano a cantare con lui:
    ...al quale fu sospesa la salvezza del mondo.
    E tutti i presenti cantano:
    Venite, adoriamo.
    Poi si inginocchiano e adorano in silenzio.
    Questa seconda ostensione, fatta in modo più manifesto della prima, rappresenta la predicazione del mistero della Croce ai Giudei, quando gli Apostoli, dopo la discesa dello Spirito Santo, gettarono le fondamenta della Chiesa in seno alla Sinagoga, portando ai piedi del Redentore le primizie d'Israele. La santa Chiesa l'offre in riparazione degli oltraggi che il Salvatore ricevette nel Pretorio di Pilato, dove fu flagellato e coronato di spine.
    Poi il Celebrante va nel mezzo dell'altare, sempre di faccia al popolo; liberando il braccio sinistro della croce con l'aiuto del Diacono e del Suddiacono, la scopre completamente, e sollevandola più in alto con voce ancora più forte, quasi di trionfo, canta:
    Ecco il legno della Croce...
    Ed insieme coi ministri continua:
    ... al quale fu sospesa la salvezza del mondo.
    Sempre i fedeli cantano:
    Venite, adoriamo.
    Poi si inginocchiano e adorano in silenzio.
    Quest'ultima ostensione rappresenta la predicazione del mistero della Croce in tutto il mondo, quando gli Apostoli, cacciati dalla totalità della nazione giudaica, si voltarono ai Gentili e predicarono il Dio crocifisso oltre i confini dell'Impero romano. Il terzo ossequio reso alla Croce è offerto in riparazione degli oltraggi che il Salvatore ricevette sul Calvario, quando fu deriso dai suoi nemici.
    La santa Chiesa, mostrandoci prima la Croce coperta d'un velo che poi scompare, mentre ci dà a contemplare il divino trofeo della nostra Redenzione, vuole anche significarci l'avvicendarsi dell'accecamento del popolo giudaico, che non vede in questo legno adorabile che uno strumento d'ignominia, e la folgorante luce di cui gode il popolo cristiano, al quale la fede rivela che il Figlio di Dio, lungi dall'essere oggetto di scandalo, è, al contrario, come dice l'Apostolo, il monumento eterno della "potenza e della sapienza di Dio" (1Cor 1,24). Ormai la Croce, così solennemente issata, non rimarrà più coperta; così senza velo, attenderà sull'altare l'ora della gloriosa risurrezione del Messia. Saranno anche scoperte tutte le altre immagini della Croce che stanno sui diversi altari, ad imitazione di quella che riprenderà il suo posto di onore sull'altare maggiore.
    Ma la santa Chiesa, in questo momento, non si limita ad esporre alla contemplazione dei fedeli la Croce che li ha salvati; essa anche li invita ad accostare rispettosamente le loro labbra al sacro legno. Li precede il Celebrante, e tutti verranno dopo di lui. Non contento d'aver deposto la pianeta, egli si toglie anche le scarpe, e solo dopo aver fatto tre genuflessioni s'accosta alla Croce adagiata sui gradini dell'altare. Dietro di lui s'avanzano il Diacono ed il Suddiacono, poi Clero, infine i laici.
    Straordinariamente belli sono i canti che accompagnano l'adorazione della Croce. Prima s'intonano gl'Improperi,o rimproveri che il Messia rivolge ai Giudei. Le prime tre strofe di quest'Inno sono alterate dal canto del Trisagio, la preghiera al Dio tre volte santo, del quale è giusto glorificare l'immortalità nel momento in cui si degna, come uomo, subire la morte per noi. Questa triplice glorificazione, in uso a Costantinopoli fin dal V secolo, passò nella Chiesa Romana, che la mantenne nella lingua primitiva, accontentandosi d'alternare la traduzione latina delle parole. Il seguito di questo magnifico canto è del più alto interesse drammatico: il Cristo ricorda tutte le indegnità di cui fu fatto segno da parte del popolo giudaico, e mette in risalto i benefici ch'egli elargì all'ingrata nazione.
    Se l'adorazione della Croce non è ancora terminata, si passa ad intonare il celebre Inno Crux fidelis, composto da Venanzio Fortunato, Vescovo di Poitiers, nel V secolo, in onore del sacro albero della nostra Redenzione. Alcuni versi d'una strofa servonoda ritornello a tutte le strofe dell'Inno.
    Terminata l'adorazione della Croce, dopo che i fedeli le hanno reso omaggio, il Celebrante la pone sull'altare: a questo punto ha inizio la quarta parte della funzione.
    LA COMUNIONE
    Il ricordo del sacrificio compiuto oggi sul Calvario occupa talmente il pensiero della Chiesa in questo anniversario, ch'essa rinuncia a rinnovare sull'altare l'immolazione della vittima divina, accontentandosi di partecipare al sacro mistero con la comunione. Una volta, il clero e tutti i fedeli, erano ammessi a tale favore, ma in seguito soltanto più il celebrante poteva comunicarsi. Nel 1956 è tornata alla vecchia tradizione e tutti i fedeli ora possono ricevere il Corpo del Signore che si immola, proprio oggi, per la salvezza di tutti e riceve così, in modo più abbondante, i frutti della redenzione.
    Accompagnato dai due accoliti, il Diacono si porta al Sepolcro, prende il santo biborio dal tabernacolo e lo porta sull'Altare Maggiore mentre si canta:
    Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché hai redento il mondo con la tua croce.
    L'albero ci ha ridotti in schiavitù e la Croce ci libera; il frutto dell'albero ci ha sedotti, il Figlio di Dio ci ha salvati.
    Salvatore del mondo, salvaci; o tu che ci hai redenti mediante il tuo sangue e la Croce, salvaci, te ne preghiamo!
    Giunto all'Altare, il Diacono depone il santo biborio sul corporale; il celebrante sale l'altare e recita l'inizio del Pater a voce alta e siccome il Pater è una preparazione alla comunione, clero e fedeli lo recitano a voce alta col celebrante, "solennemente, gravemente, distintamente e in latino".
    Uniamoci sentitamente e fiduciosi alle sette petizioni che esso contiene, nell'ora in cui il divino intercessore, con le braccia allargate sulla Croce, le presenta per noi al Padre. È questo il momento in cui ottiene, per mezzo della sua mediazione, che ogni nostra preghiera sia esaudita.
    Dopo il Pater,il sacerdote recita a voce alta una preghiera che nelle Messe viene recitata piano; con questa preghiera chiede che noi siamo liberati dal male e dal peccato e fatti vivere nella pace.
    Il celebrante recita ancora a voce bassa la terza delle orazioni che precedono la comunione nelle Messe ordinarie; quindi apre la pisside che contiene le Ostie, ne prende una e, profondamente inclinato, si percuote il petto dicendo forte:
    "Signore, io non sono degno che tu venga in me, ma di' una sola parola e l'anima mia sarà salva".
    A questo punto il Celebrante si comunica e dopo essersi raccolto per qualche istante, distribuisce la comunione, al solito modo, al clero e ai fedeli.
    Terminata la comunione, il celebrante si purifica le dita nell'apposito vasetto, le deterge col manutergio, ripone la pisside nel tabernacolo e restando in piedi in mezzo all'altare recita, in tono feriale, come ringraziamento, le tre seguenti preghiere:
    "O Signore, questo popolo ha ricordato con cuore pio gli avvenimenti della Passione e della morte del Figlio tuo; noi ti preghiamo affinché egli ne riceva benedizioni abbondanti, il perdono, la consolazione, l'accrescimento della fede e la certezza della sua eterna redenzione. Te lo chiediamo in nome di Cristo nostro Signore".
    "O Dio possente e misericordioso che ci hai redenti per mezzo della Passione e della morte del tuo Figlio Gesù, conserva in noi l'opera della tua misericordia, di modo che avendo partecipato a questi misteri, noi pos*siamo vivere d'un amore indistruttibile. Te lo chiediamo in nome di Cristo".
    "Ricordati, o Signore, della tua misericordia e santifica, con la tua protezione, questi tuoi figli per i quali Gesù Cristo ha istituito, versando il suo sangue, questo mistero della Pasqua. Te lo chiediamo in nome di Cristo".
    Terminate queste preghiere il celebrante e i ministri discendono dall'altare e tornano in Sacrestia.
    Compieta viene recitata in Coro a luci spente. La Santa Eucaristia viene riportata senza solennità nell'apposito luogo; vi sarà accesa, come di consueto, una lampada.

    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

  4. #4
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    Predefinito Re: Venerdì Santo - Passione del Signore

    IL POMERIGGIO
    Frattanto è bene che, durante le ore che furono quelle della nostra salvezza, noi seguiamo col cuore e col pensiero il misericordioso Redentore, che avevamo lasciato sul Calvario al momento in cui lo spogliarono delle sue vesti, dopo avere assaggiata l'amara bevanda. Assistiamo con raccoglimento e compunzione alla consumazione del Sacrificio, ch'egli sta per offrire per noi alla giustizia divina.
    La Crocifissione.
    Gesù è condotto dai carnefici pochi passi più in là, dove la Croce stesa per terra segna l'undecima Stazione della Via Crucis. Come un agnello condotto al sacrificio, egli si corica sul legno che diventerà il suo altare; le sue membra vengono stirate con violenza, e i chiodi, penetrando fra i nervi e le ossa, configgono sul patibolo le mani e i piedi. Scorre il sangue dalle quattro vivificanti sorgenti, dove verranno a purificarsi le nostre anime; ed è la quarta volta che sgorga dalle vene del Redentore. Maria sente i colpi sinistri del martello, mentre il suo cuore di madre ne rimane lacerato. Maddalena è in preda a una desolazione tanto più amara, quanto più si vede nell'impotenza di recar sollievo all'amato Maestro, che gli uomini le hanno rapito. Ma ecco che Gesù alza la voce e proferisce, dall'alto del Calvario, la sua prima parola: "Padre, esclama, perdona loro, perché non sanno quello che fanno". Oh, bontà infinita del Creatore! è venuto sulla terra, opera delle sue mani, e gli uomini l'hanno crocifisso! ma fin sulla Croce egli ha pregato per loro, e, nella sua preghiera, li vuole anche scusare!
    Gesù in Croce.
    La Vittima è inchiodata sul legno, dove dovrà morire; ma non resterà cosi adagiata per terra. Isaia predisse che "il regale germoglio della radice di Iesse sarà inalberato come uno stendardo a vista di tutte le nazioni" (Is 11,10). Quindi bisogna che il crocifisso Salvatore santifichi l'aria infestata dalla presenza degli spiriti maligni; bisogna che il mediatore fra Dio e gli uomini, il Sommo Sacerdote ed intercessore, sia innalzato fra il cielo e la terra a trattare la riconciliazione fra l'uno e l'altra. A poca distanza dal luogo ove è distesa la Croce hanno praticata nella roccia una buca: dentro i questa, la Croce viene calata e così domina tutto il monte Calvario. È il luogo della dodicesima Stazione. I soldati s'adoperano con grandi sforzi a piantarvi l'albero della salvezza; l'urto violento acuisce i dolori di Gesù, che con tutto il corpo lacerato pende dalle sue stesse piaghe dei piedi e delle mani. Eccolo esposto nudo agli occhi di tutti, lui ch'è venuto al mondo a coprire la nostra nudità causata dal peccato! Sotto la Croce i soldati stracciano le sue vesti e se le dividono, rispettando però la tunica, che secondo una pia tradizione Maria stessa aveva intessuta con le sue mani verginali. La tirano a sorte senza lacerarla; e così diventa il simbolo dell'unità della Chiesa che non deve mai essere rotta per nessun pretesto.
    "Re dei Giudei".
    Sopra la testa del Redentore sta scritto in ebraico, greco e latino: GESÙ NAZARENO RE DEI GIUDEI. La moltitudine legge e ripete tale iscrizione, proclamando ancora una volta senza volerlo, la regalità del figlio di David. I nemici di Gesù se ne accorgono e cercano d'ottenere da Pilato la correzione della scritta, non ricevendo altra risposta che questa: "Quel che ho scritto ho scritto" (Gv 19,22). Un'altra circostanza trasmessaci dai santi Padri annuncia che il Re dei Giudei, rigettato dal suo popolo, regnerà sulle nazioni della terra con la stessa gloria che ricevette in eredità dal Padre. Piantando la Croce nel suolo, i soldati la disposero in modo che il divino crocifisso voltasse le spalle a Gerusalemme ed allargasse le braccia verso le regioni dell'occidente. Pertanto, mentre il Sole della verità tramontava sulla città deicida, sorgeva sulla novella Gerusalemme, Roma, la superba città cosciente della sua eternità, ma ancora ignara che sarebbe divenuta eterna per la Croce.
    Gl'insulti.
    Alziamo lo sguardo verso l'Uomo-Dio, la cui vita va spegnendosi così rapidamente sullo strumento del suo supplizio. Eccolo sospeso in aria, alla vista di tutto Israele, "come il serpente di bronzo che Mosè aveva mostrato al popolo nel deserto" (Gv 3,14); ma questo popolo non ha per lui che oltraggi. Voci insolenti e senza pietà salgono fino a lui: "Tu che distruggi il tempio di Dio e lo riedifichi in tre giorni, liberati ora; se sei il Figlio di Dio, scendi dalla Croce, se puoi". Dal loro canto gl'indegni pontefici sorpassano la misura d'ogni bestemmia: "Ha salvato gli altri: perché non salva se stesso? Via! Re d'Israele, scendi dalla Croce e ti crederemo! Hai confidato in Dio: è lui che ti deve liberare. Non hai detto che sei il Figlio di Dio?". E i due ladroni ch'erano crocifissi con lui prendevano parte all'oltraggioso concerto.
    Preghiere.
    Ma la terra aveva ricevuto un beneficio tale da paragonarsi a quello che Dio si degnava accordarle in quell'ora: e mai maggiori insulti erano saliti alla maestà divina con tanta audacia. Noi cristiani, che adoriamo colui che i Giudei bestemmiano, offriamogli in questo momento la dovuta riparazione cui ha tanto diritto. Gli empi gli rinfacciano le proprie divine parole, torcendole contro di lui; noi invece ricordiamogli un'altra parola da lui stesso pronunciata e che riempie i nostri cuori di speranza: "Quando sarò innalzato da terra trarrò tutto a me" (Gv 12,32). Ora è giunto il momento, Signore Gesù, d'adempiere la tua promessa: traici tutti a te. Noi siamo ancora rivolti alla terra, legati da mille interessi e da mille attrattive, schiavi dell'amore di noi stessi, sempre impediti nel volo verso di te: sii l'amante che ci attira e rompe ogni laccio, affinché possiamo salire fino a te, e la conquista delle nostre anime sia finalmente la consolazione del tuo cuore oppresso.
    Le tenebre.
    Frattanto il giorno è giunto a metà del suo corso: è l'ora sesta, quella che noi chiamiamo mezzogiorno. Il sole che splendeva in cielo come un insensibile testimone, improvvisamente nega la sua luce; ed un'oscura notte stende le sue tenebre su tutta la terra. Compaiono le stelle in cielo; le mille voci della natura languiscono: pare che il mondo stia per cadere nel caos. Si dice che il celebre Dionigi dell'Areopago d'Atene, che poi divenne discepolo del Dottor delle Genti, nel momento in cui avvenne quell'eclissi, esclamasse: "il Dio della natura sta soffrendo o la macchina di questo mondo sta per dissolversi". Flegone, autore pagano, scrivendo un secolo dopo, ricordava ancora lo sgomento che suscitarono nell'impero romano quelle inattese tenebre che scompigliarono tutti i calcoli degli astronomi.
    Il buon ladrone.
    Un così formidabile fenomeno, spettacolo troppo visibile del corruccio celeste, agghiacciò di panico i più audaci bestemmiatori. Il silenzio successe a tanti schiamazzi. Allora uno dei ladroni, la cui croce stava a destra di quella di Gesù, sentì, insieme al rimorso, nascergli in cuore una speranza; tanto che rimprovera il compagno col quale fino a poco fa aveva insultato l'innocente: "Neppure tu temi Iddio, trovandoti con lui nel medesimo supplizio? Quanto a noi, è giusto, perché riceviamo degna pena per le nostre azioni, ma costui non ha fatto nulla di male" (Lc 23,40-41). Gesù difeso da un malfattore, proprio nel momento in cui i dottori della legge giudaica, assisi sulla cattedra di Mosè, non fanno che oltraggiarlo! Ciò dimostra in modo evidente il grado d'accecamento al quale è arrivata la Sinagoga. Disma, un ladrone, un diseredato, rappresenta in quest'istante la gentilità che soccombe sotto il peso dei suoi delitti, ma da cui presto si risolleverà purificata, confessando la divinità del crocifisso. Egli si volge penosamente verso la Croce del Salvatore, dicendo a Gesù: "Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno"; perché egli crede alla regalità di Gesù, a quella regalità di cui i sacerdoti e i magistrati della sua nazione avevano fatto oggetto di derisione.
    La calma e la dignità dell'augusta vittima sul patibolo gli hanno rivelato tutta la sua grandezza, e lui, prestandogli fede, ne invoca fiducioso un semplice ricordo, quando alla sua umiliazione seguirà la gloria. La grazia ha fatto di questo ladrone un vero cristiano! E chi oserebbe dubitare che tale grazia gli sia stata implorata e ottenuta dalla Madre della misericordia, che in quel solenne momento offrì se stessa in un medesimo sacrificio col Figlio? Gesù, commosso l'aver riscontrato in un malvivente, giustiziato a causa delle sue criminalità, quella fede che invano aveva cercato in Israele, così risponde alla sua umile preghiera: "In verità ti dico, oggi stesso sarai meco in Paradiso". È la seconda parola di Gesù sulla Croce. Il fortunato penitente la raccoglie con gioia nel suo cuore e la custodisce gelosamente, aspettando nell'espiazione l'ora della liberazione.
    Il gruppo dei fedeli.
    Maria s'è avvicinata alla Croce dalla quale pende Gesù! Per il cuore d'una madre, non vi sono tenebre che possano impedire di riconoscere il proprio figlio. Il tumulto s'è placato dopo che il sole non manda più la sua luce, e i soldati non frappongono più ostacoli a questo pietoso ravvicinamento. Gesù guarda teneramente Maria, la vede desolata, e la sofferenza del suo cuore, che sembrava giunta al massimo, aumenta ancora di più. Egli sta per morire, e la madre non può slanciarsi verso di lui, ad abbracciarlo e a prodigargli le sue ultime carezze! Anche Maddalena è là, sciolta in lacrime e languente di dolore, nel vedere i piedi del Salvatore che tanto amava, e che pochi giorni fa aveva cosparso dei suoi profumi, bagnati dal sangue sgorgato dalle ferite e già coagulato. Essa li può ancora irrorare delle sue lacrime, ma le lacrime non li possono risanare; è soltanto venuta per vedere morire colui dal quale ricevette il perdono in ricompensa del suo amore. Giovanni, il prediletto è il solo Apostolo che ha seguito Gesù fin sul Calvario; immerso nel dolore, ricorda la predilezione che anche il giorno precedente Gesù volle testimoniargli nel misterioso banchetto; soffre per il figlio e soffre per la madre, perché il suo cuore non s'accontenta dell'inestimabile premio col quale Gesù volle ripagare il suo amore. Maria di Cleofa è insieme con Maria accanto alla Croce; più in là le altre donne formano un altro gruppo.
    Maria Madre nostra.
    Tutto a un tratto, nel cuore del silenzio interrotto solo dai singhiozzi, risuonò per la terza volta la voce di Gesù morente, che, rivolto a, sua madre, la chiama "Donna", non volendo con un'altra spada rinnovarle il dolore nel suo cuore già ferito: "Donna, ecco tuo figlio", indicando con questa parola Giovanni; e rivolto a Giovanni, aggiunge: "Figlio, ecco tua madre". Era doloroso quello scambio al cuore di Maria, ma la sostituzione assicurava per sempre a Giovanni, e in lui all'umanità, il beneficio d'una madre. Esponemmo tale scena più dettagliatamente il Venerdì della settimana di Passione; oggi, suo anniversario, accogliamo il generoso testamento di Gesù, che con l'incarnazione ci aveva meritata l'adorazione del Padre celeste, ed in questo momento ci dà in dono la propria madre.

    Gli ultimi istanti.
    S'avvicina l'ora nona (tre ore dopo mezzogiorno), quella decretata fin dall'eternità per la morte dell'Uomo-Dio. Gesù si sente di nuovo assalire dal crudele abbandono che provò nell'Orto degli Ulivi; si sente schiacciato da tutto il peso della disgrazia di Dio in cui è incorso per essersi fatto cauzione dei nostri peccati; l'amarezza del calice d'un Dio irato, bevuto fino alla feccia, gli causa un deliquio ch'egli esprime col gemito: "Dio mio! Dio mio! perché m'hai abbandonato?". È la quarta parola; ma è una parola che non riconduce la serenità al cielo. Gesù non lo chiama neppure "Padre mio!" come se fosse un peccatore, un condannato davanti all'inflessibile tribunale di Dio. Intanto, una gran febbre ne divora le viscere, e dall'arsa bocca gli sfugge a gran pena la quinta parola: "Ho sete". Un soldato gli accosta alle labbra morenti una spugna inzuppata di aceto: sarà l'unico sollievo, che nella bruciante sete gli offrirà la terra, quella terra rinfrescata ogni giorno dalla sua rugiada e dalla quale ha fatto zampillare sorgenti e fiumi.
    La morte.
    Il momento in cui Gesù esalerà lo spirito al Padre è giunto. Egli abbraccia in uno sguardo i divini oracoli che preannunciarono le minime circostanze della sua missione; vede che non ce n'è uno solo che non sia stato adempiuto, fino al tormento della sete e all'aceto che gli venne offerto per dissetarlo. Proferisce allora la sesta parola dicendo: "Tutto è compiuto". Non resta che morire, per apporre l'ultimo suggello alle profezie preannuncianti la sua morte quale mezzo estremo della nostra redenzione. Sfinito, agonizzante, quest'uomo che fino a pochi momenti fa era riuscito solo a mormorare qualche parola, lancia un grido potente che risuona lontano ed impaurisce e fa meravigliare il centurione romano, ch'era al comando delle guardie sotto la Croce. "Padre! esclama, nelle tue mani raccomando il mio spirito". Pronunciata questa settima ed ultima parola, abbandona il capo sul petto ed esala l'ultimo respiro.
    La sconfitta di Satana.
    In quell'istante le tenebre si diradano, in cielo torna a splendere il sole; ma la terra trema, le pietre si spaccano e la roccia del Calvario si fende tra la Croce di Gesù e quella del cattivo ladrone; il crepaccio è visibile anche oggi. Un altro fenomeno spaventa i sacerdoti del giudaismo: il velo del Tempio che conservava il Santo dei Santi si spacca in due dall'alto in basso annunciando la fine del regno delle figure. Le tombe ove riposavano molti santi personaggi si aprono e i morti tornano alla vita. Ma lo scotimento della morte che salva l'umanità si fa sentire sopra tutto nell'abisso infernale. Finalmente Satana ha compreso la potenza e la divinità del Giusto, contro il quale aveva imprudentemente aizzato le passioni della Sinagoga: per il suo accecamento infatti è stato sparso il sangue la cui virtù salva il genere umano e gli riapre le porte del cielo. Ma ora sa cosa pensarne di Gesù di Nazaret, al quale osò avvicinarsi nel deserto per tentarlo; e, nella sua disperazione, riconosce che Gesù è il vero Figlio dell'eterno, e che la redenzione negata agli angeli ribelli viene elargita abbondantemente agli uomini, per i meriti del sangue che Satana stesso ha fatto versare sul Calvario.
    Preghiera.
    Figlio adorabile del Padre, noi vi adoriamo, morto sull'albero del vostro sacrificio. La vostra amarissima morte ci ha ridata la vita. Imitando i Giudei che attesero l'ultimo anelito e rientrarono compunti nella città, noi ci percuotiamo il petto, confessando che furono i nostri peccati ad uccidervi; degnatevi, perciò, accogliere le nostre azioni di grazia per l'amore che ci avete testimoniato sino alla fine. Riscattati dal vostro sangue, d'ora in poi non ci resta che servire voi, che ci avete amati in Dio. Siamo nelle vostre mani; voi siete il nostro Signore. Ecco, già la Chiesa ci chiama al vostro divino servizio; dobbiamo scendere dal Calvario per unirci a lei a celebrare le vostre lodi. Fra poco saremo di nuovo accanto al vostro corpo inanimato ed assisteremo al funebre convoglio, che accompagneremo col nostro dolore e con le nostre lacrime. Maria nostra madre sta sotto la Croce e nessuna cosa la potrà separare dalla vostra spoglia mortale. Maddalena è inchiodata ai vostri piedi, e Giovanni e le pie donne formano intorno a voi un mesto accompagnamento. Noi cadiamo ancora una volta in ginocchio davanti al vostro santissimo corpo, al vostro prezioso sangue, alla Croce che ci ha redenti.

    LA SERA
    Il colpo di lancia.
    Torniamo sul Calvario a terminare la giornata del lutto universale. Là abbiamo lasciato Maria insieme a Maddalena, a Giovanni ed alle altre pie donne. È trascorsa appena un'ora dal supremo istante che Gesù esalò lo spirito, ed ecco che alcuni soldati, comandati da un centurione, vengono a turbare, col rumore dei loro passi e delle loro voci, la quiete che regnava sulla collina. Hanno ricevuto un ordine da Pilato: su richiesta dei prìncipi dei sacerdoti, il governatore vuole che i tre crocifissi siano finiti rompendo loro le gambe, quindi deposti dalla croce e sepolti prima di notte.
    I Giudei contavano i giorni partendo dall'ora del tramonto; quindi è imminente l'inizio del grande Sabato. I soldati s'avvicinano prima alle croci dei due ladroni, ai quali rompono le gambe; poi "s'avanzano verso la croce del Redentore; il cuore di Maria ha un sussulto: qual nuovo oltraggio faranno questi barbari al corpo insanguinato del caro Figlio? Essi guardano il divino condannato, constatano che non ha più un filo di vita; ma, per meglio assicurarsene, uno di loro impugna la lancia e la conficca nel costato destro della vittima. La punta gli trapassa il cuore, e quando il soldato la estrae, da quest'ultima sua piaga sgorgano alcune gocce di sangue misto ad acqua. È la quinta effusione del sangue redentore, ed è la quinta piaga che riceve Gesù sulla Croce.
    Gesù deposto dalla Croce.
    Maria ha sentito penetrare nell'intimo della sua anima la punta della lancia crudele; nuovi pianti e singhiozzi s'elevano intorno a lei. Come finirà questo triste giorno? Quali mani deporranno l'Agnello che pende dalla Croce? Chi lo restituirà alla madre? I soldati s'allontanano, e con essi Longino, il crudele autore della lanciata, che ha cominciato a sentire in sé un misterioso turbamento, presagio della fede di cui un giorno sarà martire. Ma ecco avanzarsi altri uomini: due Giudei, Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo, che salgono la collina e si fermano commossi ai piedi della Croce di Gesù. Maria li guarda con riconoscenza: essi sono venuti a deporle fra le braccia il corpo del Figliolo ed a rendere al loro Maestro gli onori della sepoltura. I fedeli discepoli ne hanno avuta l'autorizzazione dal governatore Pilato, che ha accordato a Giuseppe il corpo di Gesù.
    Il tempo stringe, il sole sta per declinare, sta per scoccare l'ora del grande Sabato; quindi i due s'affrettano a schiodare dalla Croce e membra del Giusto. Sulle falde del piccolo colle, vicino al luogo ov'è piantata la Croce, c'è un orto: in quest'orto è praticata nella roccia una camera sepolcrale. Nessuna salma ha occupato questa tomba fino adesso: là sarà posto Gesù a riposare. Portando il prezioso carico, Giuseppe e Nicodemo scendono dal monte e depongono il sacro corpo sopra uno spazio di roccia poco distante dal sepolcro. La Madre di Gesù riceve dalle loro mani il tenero Figlio, che bagna con le sue lacrime e copre di baci le molte piaghe crudeli che ne hanno lacerato il corpo. Giovanni, Maddalena e le altre pie donne compiangono la Madre dei dolori. Ma bisogna far presto ad imbalsamare la spoglia esanime. Sulla pietra che ancor oggi è chiamata la Pietra dell'unzione, e che segna la tredicesima Stazione della Via Crucis, Giuseppe spiega il lenzuolo che ha portato; Nicodemo, aiutato dai servi che per loro ordine avevano portato cento libbre di mirra e di àloe, prepara i profumi. Lavano le ferite dal sangue; tolgono delicatamente la corona di spine dalla testa del re divino; finalmente giunge il momento d'avvolgere il corpo nel lenzuolo. Maria stringe per un'ultima volta tra le braccia l'insensibile spoglia del suo diletto, che subito dopo viene nascosta ai suoi sguardi fra le fasciature delle bende e le pieghe della coltre.
    Gesù nel sepolcro.
    Poi Giuseppe e Nicodemo sollevano il nobile peso e lo portano nella tomba. È la quattordicesima Stazione della Via Crucis. V'erano due stanze incavate nella roccia e comunicanti fra loro: nella seconda, a destra, in un loculo praticato con lo scalpello, adagiano il corpo del Salvatore. Quindi s'affrettano ad uscire, e, raccogliendo tutte le loro forze, fanno scivolare sull'ingresso del monumento una grossa pietra che servirà da porta, e che presto, a richiesta dei nemici di Gesù, verrà suggellata dall'autorità pubblica e custodita da una scorta di soldati romani.
    La Madre dei dolori.
    ntanto il sole tramonta e sta per cominciare il grande Sabato con le sue severe prescrizioni. Maddalena e le altre pie donne, tenuto d'occhio i luoghi e la disposizione del corpo nel sepolcro, interrompono i loro lamenti e ridiscendono in fretta a Gerusalemme, col proposito di comprare dei profumi e tenerli pronti, fino a quando, passato il Sabato, possano tornare sulla tomba la domenica, di buon mattino, a completare l'imbalsamazione troppo affrettata del loro Maestro. Maria, salutata un'ultima volta la tomba che racchiude il tesoro della sua tenerezza, s'accompagna al gruppo che è diretto alla città. Giovanni, suo figlio adottivo, è al suo fianco; da quel momento egli e divenuto il custode di colei che, senza cessare d'essere la Madre di Dio, è divenuta in lui la Madre degli uomini. Ma a costo di quali angosce essa ha guadagnato questo nuovo titolo! quale ferita ha ricevuto il suo cuore nell'istante che le siamo stati affidati! Teniamole anche noi fedele compagnia durante le ore crudeli che trascorreranno fino al momento in cui la risurrezione di Gesù verrà ad alleviare il suo immenso dolore.
    Preghiera sulla tomba di Gesù.
    Ma noi non possiamo abbandonare il vostro sepolcro, o Redentore, senza lasciarvi il tributo delle nostre adorazioni e l'ammenda onorevole del nostro pentimento. Eccovi, o Gesù, prigioniero della morte! questa figlia del peccato ha dunque steso su di voi il suo impero. Vi siete addossata la sentenza ch'era lanciata contro di noi, e vi siete fatto simile a noi fino alla tomba. Quale riparazione potrebbe mai eguagliare l'umiliazione che avete subita in questo stato, a noi dovuto, ma divenuto vostro per l'amore che ci avete portato? I santi Angeli vegliano sulla pietra che nasconde il vostro corpo e rimangono stupiti di questo vostro amore per l'uomo, spregevole ed ingrata creatura. Non per i loro fratelli decaduti avete subita la morte, ma per noi, ultimi della creazione. Quale indissolubile legame viene dunque a formare tra noi e voi il sacrificio che avete offerto! Ma se morirete per noi, per voi dunque d'ora in poi dobbiamo vivere. Ve lo promettiamo, Gesù, sulla tomba che vi hanno scavato i nostri peccati.
    Anche noi vogliamo morire, morire al peccato e vivere alla vostra grazia. D'ora in poi seguiremo i vostri precetti ed i vostri esempi, e ci allontaneremo dal peccato, che ci ha fatti responsabili della vostra morte così amara e dolorosa; abbracciamo con la vostra Croce tutte le croci di cui è disseminata la vita umana e che sono così leggere in paragone della vostra; finalmente anche noi saremo convinti di morire, quando sarà giunta l'ora di subire la meritata sentenza che la giustizia del Padre pronunciò contro di noi. Per voi la morte non è che un passaggio alla vera vita; e, come in questo momento ci separiamo dal sepolcro con la speranza di presto salutare l'alba della vostra gloriosa risurrezione, così, lasciando alla terra la sua spoglia mortale, l'anima nostra, piena di confidenza, salirà a voi sperando un giorno di ricongiungersi a quella colpevole polvere che la terra restituirà purificata.

    [1] Nell'VIII secolo queste preghiere venivano pure recitate il Mercoledì Santo.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 725-752."






    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: Venerdì Santo - Passione del Signore

    Catechismo Maggiore di S. Pio X ? Della Settimana Santa. ? Sodalitium
    “Catechismo Maggiore di S. Pio X – Della Settimana Santa.
    49 D. Qual mistero si ricorda nel venerdì santo?
    R. Nel venerdì santo si ricorda la passione e morte del Salvatore.
    (...)
    62 D. Perché nel venerdì santo la Chiesa, in modo particolare, presa il Signore per ogni sorta di persone, anche per i pagani e per i giudei?
    R. La Chiesa nel venerdì santo, in modo particolare, prega il Signore per ogni sorta di persone per dimostrare che Cristo è morto per tutti gli uomini e per implorare a beneficio di tutti il frutto di sua passione.
    63 D. Perché nel venerdì santo si adora solennemente la croce?
    R. Nel venerdì santo si adora solennemente la Croce, perché essendovi Gesù Cristo stato inchiodato ed essendovi morto in quel giorno, la santificò col suo sangue.
    64 D. L’adorazione si deve al solo Dio, perché adunque si adora la Croce?
    R. Si deve adorazione al solo Dio, e però quando si adora la Croce, la nostra adorazione si riferisce a Gesù Cristo morto su di essa.”


    La Via Regale (meditazione sulla morte di Gesù) ? Sodalitium

    “XII Stazione: GESÙ MUORE SULLA CROCE Mons. Guérard des Lauriers
    O Gesù, come sei solo nel morire! Gli uomini Ti hanno tolto tutto, persino le vesti. Della terra non Ti rimane che una corona di spine (1) che Ti diventa il rimedio contro ogni amarezza. Di veramente Tuo avevi ancora Tua Madre, nessuno aveva pensato a toglierTela. Non lo si era pensato, forse non lo si sarebbe osato, e certo non si sarebbe potuto farlo, perché Ella avrebbe trovato abilmente il modo per seguirTi fino alla Croce. Tu stesso Ti privi di Tua Madre. Era molto più dignitoso per Lei subire questo trattamento solo da Te. E Tu sei solo. Le Tue parole mi fanno sentire la profondità della Tua solitudine. Quando Ti rivolgi agli altri, incontri quella durezza che fa istintivamente ripiegare su se stessi.
    Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (2), e coloro ai quali Tu perdoni sono indaffarati a dividersi le Tue vesti; (3), ecco quello che fanno del Tuo perdono, e Tu rientri in te stesso per morire solo.
    Donna, ecco Tuo Figlio… ecco Tua Madre (4). Ascolta, Gesù, come Ti si ringrazia: Scendi dalla Croce (5). Ti si deride. Come si potrebbe fare attenzione a Tua Madre, della quale non si ha bisogno? Ecco allora che il Tuo inestinguibile Amore, disprezzato da una folla numerosa, anonima, incapace sia di misurarlo sia di comprenderlo, si concentra su di uno solo e assume l’accento della tenerezza: In verità ti dico, oggi sarai con Me in Paradiso (6). E questa volta dal più profondo dell’anima Tua sale l’invocazione: Dio Mio, Dio Mio, perché Mi hai abbandonato? (7). Perché? E perché, in Te, questo “perché”? E come sussiste in Te insieme alla piena e serena sicurezza nel promettere e consolare? Mistero, mistero del Tuo abbandono! Tu non puoi dubitare di essere il Signore del regno dal momento che doni la suprema ricompensa; non puoi dubitare di essere il Figlio Diletto (8), poiché non cessi di vedere il Padre. In Te non manca né la grazia divina, né la presenza del Verbo! Il Tuo abbandono sarebbe forse solo il Tuo patire sotto la brutalità ostile, della quale si serve la Saggezza divina?
    Ma non è in accordo col Padre che, per donare la Tua vita, vuoi proprio che Te la si tolga? Che senso avrebbe allora la Tua domanda: Dio Mio, Dio Mio, perché mi hai abbandonato? Perché questo “perché” sale da te verso il Cielo, come grido e preghiera irresistibile ad un tempo? No, il Tuo abbandono non è nulla di tutto questo: né il timore della riprovazione, incompatibile tanto con la Tua Santità quanto con la Tua Verità, (9) né un semplice abbandono all’avversità esteriore, che non farebbe sorgere in Te alcuna domanda (10). La Gloria del Tabor è passata; (11) la Tua indignazione che condanna la seduzione del facile è pure passata; (12) Pietro, presente in quei due momenti, è ora assente. Ma nel Tuo intimo, Tu non sei mutato; per Natura tu hai la Gloria, (13) per Amore scegli la croce: (14) l’una e l’altra in Te sono così immutabili e imperturbabili, così sicure e radicate che non riesco a scoprirvi l’oggetto di alcuna domanda.
    Il mistero del Tuo abbandono sta proprio nel Tuo perché: perché ciò che non doveva diventare domanda lo diventa? Il padre Tuo non Ti abbandona, è impossibile. Ma perché il padre Tuo Ti abbandona ai Tuoi nemici? Come è possibile ciò? Perché, perché? Come può un Padre rimanere inattivo, per quale fine un Dio può permettere il male? E il cielo tace.
    O Gesù, ritrovo nella Tua domanda, l’intima angoscia di ogni umana domanda. Tolto l’errore, tolta l’amarezza, quale pace, quale dolore, quale infinita profondità nel Tuo perché! Sì, o Signore, Tu sei solo: tutto concorre a ricordarTelo; solo, nonostante tante presenze, solo per morire, solo per consolare tutti coloro che senza di te morirebbero soli. Tu sei solo a volere questo perché? Solo a vederlo sorgere dal profondo di te stesso, solo a misurarne l’abisso, riscattando, solo, l’empio “perché?” di cui gronda la fiumana delle umane generazioni.
    Vengo quindi, solo anch’io, o Signore, ad adorare il mistero della Tua Solitudine e della Tua Morte. Questo mistero è troppo grande per una creatura ed era quindi necessario separarlo da ogni presenza creata. Avremmo potuto credere che la Tua Morte fosse simile alla nostra; alla nostra, così misera come noi stessi lo siamo e che non potrebbe fare a meno di un appoggio pietoso.
    Tu devi occuparTi delle cose del Padre Tuo (15); nessuno, in quest’ora, interferisce con Lui: Tu sei per Lui e per Lui solo; Tu hai compiuto la Sua opera (16) e gliela offri e insieme offri Te stesso. Tu doni la Tua vita (17) come donasti Tua Madre; nessuna creatura Ti rapisce (18) questi tesori.
    Padre, affido il mio spirito nelle Tue mani (19). Ecco l’ultima parola la quale indica che veramente tutto è consumato (20) e risolto. Dai Tu stesso, alla Tua domanda, la risposta che portavi in te. Perché, perché dunque morire, se ormai nulla più si interpone tra il Padre e te? Muori forse del Suo abbandono? No certo: Tu sei Uno con Lui (21) e lo sai tanto bene che glieLo dici. Muori forse dell’Amore che ci porti e che Tu stesso porti come un peso doloroso perché nessuno lo ha accolto? Non solo per questo?
    Ogni motivo creato affievolisce di fronte a Dio. Eccomi, o Dio, per fare la Tua Volontà (22). Padre, affido il mio spirito nelle Tue mani. Ecco, in Te, l’alfa e l’omega (23). Tu sei venuto dal Padre e ritorni al Padre (24). Sei del Padre. È questa la più alta verità. Affinché tutto sia consumato occorre che questa Verità che riguarda Te e il Padre assorba in sé ogni altra verità. Perché la morte, perché l’abbandono, perché questo abisso profondo introdotto in Te dalla Tua domanda? Affinché sia compiuto il: Padre, rimetto il mio spirito nelle Tue mani. La morte già si aureola di gloria. Sì, tutto è consumato.
    O per lo meno tutto sta per esserlo. Nessuno intorno a Te Ti presta attenzione; nessuno Ti vede, orante nella Tua grande miseria e nel Tuo grande silenzio. Nessuno sa che, sotto le Tue palpebre dolorosamente chiuse, conosci ciascuno al di là del suo cuore, al di là dei suoi ridicoli gesti. Sei in profonda preghiera per questi poveri uomini, li porti nel Tuo pensiero di Verbo eterno e li ami, sotto queste lunghe spine, dell’infinito Tuo Amore. Essi non sanno che, imponendoTi una solitudine insopportabile per l’amore, Ti uccidono. Non sanno quello che fanno (25).
    Ma, o Signore, il mistero della Tua morte non è di questa terra; se lo fosse stato, se non fosse stato che un’attesa dolorosamente frustrata, non avresti forse gli Angeli, non troveresti vicinissima a Te, la piccola schiera di coloro che Ti sono verginalmente fedeli: Maria e Giovanni che non Ti hanno lasciato, che capiscono e sono capaci di accogliere molto più di quanto tutti gli altri non possono rifiutare? Ti sei separato da Maria e Giovanni per separarti da ogni creatura, per essere solo con il Padre, solo in Presenza del padre Tuo, per morire.
    O Gesù, quale insopportabile mistero in queste tre parole: il Padre, il Verbo, la Morte: Il Padre che ha la Vita in Sé (26) il Verbo che è Vita e Luce (27) e tra loro, tra loro soli, non la vita ma la morte. O Signore, venuto in questo mondo per rendere testimonianza alla Verità (28), mediante questa morte che ha tolto in te la verità della vita, in mezzo alla menzogna che Ti condanna, in seno all’errore che Ti avvolge, nel momento stesso in cui trionfa la morte, Tu, Verbo di Verità, rendi la suprema testimonianza alla Verità. Io lo credo, e adoro (29).
    Coloro che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù, soffriranno la tribolazione (30). A Te, o Signore, che hai piamente vissuto secondo il volere del Padre Tuo, era riservata una tribolazione esemplare. Beati siete voi, quando vi oltraggeranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno di voi ogni male per cagion mia (31). Signore, Tu sei quindi beato, ridotto alla croce, a causa della Verità che porti in te. La verità non muore, è invincibile e quand’anche tutte le forze dell’errore e della menzogna si alleassero contro di Essa, la Verità sarebbe sicura di trionfare, perché è Verità, perché è Te, Verbo Eterno, vivente nella Tua Croce e nella Tua Morte. Adoro la Tua solitudine, essa sola conveniva al Tuo trionfo; essa sola imprime misteriosamente nell’anima denudata e ridotta all’essenziale, la parola d’ordine eterna: la Vittoria che ha vinto il mondo è la Fede (32). La Fede è l’unico riflesso terreno della Verità che non muore mai. Da quando la menzogna è entrata nel mondo (33), l’immortale Verità non cessa di separare e opporre coloro che muoiono per Lei da quelli che vivono contro di Lei. I primi vivono eternamente di Lei; i secondi nascono morti, perché come Satana, sono mentitori fin dall’inizio (34).
    Ti adoro, o Gesù, solo sulla Tua Croce per morire, Testimone (35) per eccellenza, Verbo di Verità che vivi nel Padre e muori al mondo: o Verità che fai morire alla morte perché sei Vita.
    È vero o mio Diletto, che Tu sei su questa Croce, ed io sono qui che Ti guardo con tutto il mio cuore. Ora, come alla sera della mia vita, non vi siamo più che Tu ed io. Tutto tace. Tutto. Nulla più esiste se non Tu sulla Tua Croce ed io che Ti guardo. Terribile confronto! Eppure Ti guardo e tendo verso di Te con ogni fibra del mio cuore che patisce con Te. Ed ecco che io vengo tramutato dal Tuo mistero. Nonostante io cerchi di entrare nella Tua sofferenza, nonostante io voglia capire tutte le torture dell’anima e del corpo, non posso impedire una cosa meravigliosa: sono inondato di gioia, di felicità, di riposo, in una sicurezza felice, immensa, inesprimibile. Angoscia, tristezza, tutto si dissipa.
    Non esisti più che Tu, inchiodato alla Croce, ed io ai Tuoi piedi, solo con Te nel silenzio e nella felicità. Adoro la Tua Croce, adoro il Tuo trionfo, accolgo la Tua gioia, o Signore crocifisso, Signore di Gloria, Verbo di eterna Verità.
    1) Mc.XV, 17; Mt XXVII, 29; Gv. XIX, 2
    2) Lc. XXIII, 34
    3) Gv. XIX, 23; Mt. XXVII, 35
    4) Gv. XIX, 27
    5) Mc. XV, 30
    6) Lc. XXIII, 43
    7) Mc. XV, 34; Mt. XXVII, 46
    8) Mc. XVII, 5
    9) Gv. XVII, 4, 6
    10) XXVI, 53
    11) Mt. XVII, 2
    12) Mt. XVI, 23
    13) Gv. XVII, 5
    14) I Gv. IV, 10; Ebr. V, 7, 8
    15) Lc. II, 44
    16) Gv. XVII, 4
    17) Gv. X, 18
    18) Mt. VI, 17, 21
    19) Lc. XXIII, 46
    20) Gv. XIX, 30
    21) Gv. X, 30; XVII, 11,22
    22) Ebr. X, 9
    23) Apoc. I, 8
    24) Gv. XVI, 28
    25) Lc. XXIII, 34
    26) Gv. V, 26
    27) Gv. I, 4-9
    28) Gv. XVIII, 37; VIII, 38
    29) I Cor. II, 8
    30) II Tim. III, 12
    31) Mt. V, 11; Lc. VI, 22
    32) I Gv. V, 4
    33) Rm. V, 12
    34) I Gv III, 8, 10; Gv. VIII, 14.
    35) Ap. I, 5; XIX 11.”
    XII Stazione: Gesù muore in Croce « www.agerecontra.it
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    MEDITAZIONE SULLA DIVINA PASSIONE DEL SIGNORE
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    "L’EDITORIALE DEL VENERDI di Arai Daniele
    Per meditare sulla lacerante realtà della somma violenza e intensità dei dolori sofferti da Nostro Signore nella Passione, iniziata nell’Agonia di Getsemani e finita soltanto con la Sua morte in croce, abbiamo il Vangelo e la Santa Sindone, sempre più studiata.
    Li sono impressi i segni di una sofferenza senza pari. E pensare che il Signore ancora trovava fiato per pronunciare le sante parole registrate nei Vangeli per l’edificazione delle nostre anime e quelle di tutti i tempi.
    Torniamo allora a meditare sulla divina agonia che ci ha portato la possibilità di salvarci.
    «Gesù entrato in agonia nell’orto del Getsemani – scrive l’evangelista Luca – pregava più intensamente. E diede in un sudore come di gocce di sangue che cadevano fino a terra». Il solo evangelista che riporta il fatto è un medico, Luca. E lo fa con la precisione clinica. Il sudar sangue, o ematoidròsi, fenomeno rarissimo che si produce in condizioni eccezionali. Nel caso di Gesù, l’angoscia tremenda che Lo deve aver oppresso l’anima fino alla morte; sentirsi carico di tutti i peccati più ignobili e odiosi degli uomini. E tale tensione estrema produsse la rottura delle finissime vene capillari sotto le ghiandole sudori*pare… Il sangue si mescola al sudore e si raccoglie sulla pelle; poi cola per il corpo fino a terra. E Gesù s’è visto abbandonato perfino dagli apostoli addormentati, sapendo che sarà tradito da Giuda.
    Poi, la farsa del tetro processo notturno, tramato dal Sinedrio. Segue quello di Erode e di Pilato che, per soddisfare la sete di sangue dei nemici del Salvatore, ordina la Sua flagellazione alla colonna. Le tracce delle innumerevoli ferite provocate dai flagelli sono sulla santa Sindone, così come i segni dello scherno dell’incoronazione di spine in una specie di corona calcata sul Suo adorabile capo, per ulteriore vergogna umana.
    E Pilato, dopo l’«Ecce homo» per esibire Gesù col corpo selvaggiamente stracciato da alto in basso, Lo consegna villanamente alla morte per crocifissione. Così Gesù passa al supplizio della Via Sacra, carico della santa croce. Ti adoriamo, Signore, e Ti benediciamo; ché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.
    E così a Gesù è portata la croce che dovrà caricare fino al Calvario. Quale stupore nel sapere che il Signore abbraccia con amore quello che sarà lo strumento della Sua tortura, ma pegno della santificazione di molti e salvezza di moltitudini! E Gesù la porta scalzo per la via dal fondo ruvido che sale al Calvario, mentre i soldati lo tirano e picchiano quando cade sfinito sotto quel legno pesante che Li lacera la spalla piagata.
    Sul Calvario i carnefici Lo spogliano, strappando la tunica incollata alle piaghe per iniziare la crocifissione. Quei dolori acuti avrebbero provocato in molti una sincope, perché il sangue scorre abbondante con Gesù disteso nella polvere sul dorso. E inizia il supplizio orribile dei chiodi martellati sui polsi nell’incrocio dei nervi, provocando un dolore lancinante, il più insopportabile che uomo possa provare, perché lacera i nervi e di solito provoca una sincope che fa svenire.
    Ma veniamo alla questione di come e dove sono stati conficcati i chiodi nelle mani di Gesù. Ormai tutti concordano che la crocifissione nel palmo della mano non è possibile, perché sotto il peso del corpo i tessuti della mano si lacerano: il crocifisso finirebbe presto per cadere dalla croce. Si concorda quindi che il chiodo fu infisso nel polso, cosicché il corpo è trattenuto in posizione dallo scheletro e dai legamenti, che possono reggere agevolmente il peso.
    Secondo Barbet, i chiodi furono infissi nello spazio di Destot, una piccola apertura tra quattro ossicini del polso (semilunare, piramidale, capitato e uncinato). Egli ha osservato inoltre che un chiodo infisso in questa posizione lede il nervo mediano: questa lesione provoca al crocifisso un dolore acuto (si tratta dello stesso nervo interessato dalla sindrome del tunnel carpale) e causa la flessione del pollice. Infatti i pollici dell’Uomo della Sindone non sono visibili.
    Il medico legista americano Frederick Zugibe, professore dell’Università di Columbia, a differenza di Barbet, ritiene, invece, che i chiodi siano stati infissi alla base del palmo, dove c’è parimenti un passaggio tra le ossa del carpo e del metacarpo che permetterebbe al chiodo di trapassare l’arto senza produrre fratture e di uscire nella posizione che si osserva sulla Sindone. E tutti gli studiosi ritengono che la posizione dei chiodi nei polsi sia un altro indizio a supporto dell’autenticità della Sindone.
    In Gesù il nervo forse non è tagliato e struscia sul ferro del chiodo quando il corpo di Gesù sarà sospeso sulla croce, in modo straziante perché sensibile a ogni scossa e movimento per fissare la croce, nei dolori di un supplizio che durerà fino all’ultimo, tre ore dopo. È mezzogiorno. Gesù non ha bevuto né mangiato. I lineamenti sono tirati, il volto è una maschera di sangue, la bocca è secca la gola brucia, non può deglutire e ha una sete mortale. Eppure, riesce a pronunciare quelle buone parole il cui culto segna la vita d’ogni cristiano, perché sono di amore e sete della salvezza di molte anime.
    Sono sette le frasi di Gesù dette in croce, sollevandosi sui chiodi che premevano sui nervi dei Suoi piedi e polsi. Gesù, colpito d’asfissia, soffocava, ma con sforzo estremo dice: “Padre, perdona loro: non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Tutti i Suoi dolori, la sete, i crampi, l’asfissia, non Gli strappano lamenti, ma parole di cuore, da allora tramandate per l’elevazione delle anime.
    E il primo effetto è stato nella mente e nel cuore di Dismas, detto il «buon ladrone», che ha capì essere accanto a una santità che solo poteva essere divina, del «Salvatore», a chi rivolgere con fede un’umile supplica: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno», quello di gioia incalcolabile. Ebbe così la grazia di sentire: In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso” ( Lc 23,43).
    Presso la croce di Gesù agonizzante, c’è la Madre che patisce nel suo Cuore Immacolato il sommo dolore della Passione del Figlio. Con lei c´è Giovanni, il discepolo dal cuore formato su quello di Gesù e quindi capace di amare con totale dedizione, e senza paura. Maria è investita dal Figlio allora di una maternità spirituale e universale con le brevi ma intense parole cariche di significato: Donna, ecco tuo figlio!… Ecco tua madre!” (Gv 19,26-27), di cui Giovanni figura i beneficiati da un supremo testamento d’amore lasciato da Gesù. Giovanni prenderà la Madre con sé per riceverne le cure e ogni luce che testimoni il mistero della Redenzione sgorgata da quella divina Passione.
    Dopo aver pronunziato il suo «testamento spirituale» e aver consegnato la Madre al discepolo amato, Gesù è ora totalmente sommerso da un dolore sovraumano, come se mancasse ogni sostegno e grida tutta la sua desolazione e l’angoscia di vero uomo dei dolori: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34). Il grido lacerante dell’Uomo-Dio attraversa le tenebre della storia dell’uomo decaduto; è l’ora culminante dell’agonia in cui Gesù Cristo assume tutti i peccati che devastano l’anima umana. E il pianto di tutto il dolore delle generazioni umane sale dalla terra per toccare il cuore del Padre che aveva ispirato queste parole nell’inizio del Salmo 22, riapertosi col lancinante grido di abbandono. L’ora in cui Colui che è la Vita si consegna alla morte è l’ora della redenzione dalla Caduta originale ottenuta dal Padre con l’agonia del Figlio.
    “Ho sete” (Gv 19,28), il gemito di qui muore di sete è – acqua! – ma Gesù ha un’altra sete, e dai Vangeli sappiamo che dal principio e alla fine della sua vita pubblica, Gesù ci chiede con insistenza di soddisfare la sua sete. È Dio che viene a noi come persona assetata che ci chiede di dissetarLo al pozzo del nostro povero amore, qualsiasi sia la sua qualità e quantità che vuole accrescere alla stregua del suo amore infinito, per cui è morto agonizzante sulla croce.
    “È compiuto!” (Gv 19,30). Il grido di Gesù non è semplicemente per dire che tutto è finito e morirà, ma per significare che il fine della sua Passione è piena; resa perfetta nella dimostrazione soprannaturale di un amore senza limiti per le anime umane, create all’immagine e somiglianze di Dio, che dovevano essere redente. L’evangelista Giovanni ci dice all’inizio dell’Ultima Cena cosa sia questa volontà divina: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”; all’estremo delle possibilità della Sua natura di perfetto uomo e perfetto Dio, che sulla croce vediamo arrivate all’estremo della perfezione dell’amore, compiuto nel colmo del dolore.
    “Padre, nelle Tue mani consegno il Mio Spirito” (Lc 23,46). Gesù pronuncia le ultime parole che invocano la consegna del Suo Sacrificio divino al Padre, la cui Volontà ha compiuto fino alla fine e all’ultima goccia del Suo Sangue, che sarà trasmesso nel segno della Nuova e eterna Alleanza per la nuova creazione della Chiesa, Regno dell’Amore divino in terra, per sempre benedetto nei secoli dei secoli. Fu la settima e ultima prima di qual riposo della nuova creazione senza tra*monto, che completa la prima: “Allora Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro” (Gen 2,2).
    Prima ho ricordato gli studi del chirurgo e medico legista francese Barbet, per cui «si poteva ormai essere certi che la morte di Gesù in croce era avvenuta per contrazione tetanica di tutti i muscoli e per asfissia…» Lo diceva il base a studi su impiccati.
    Barbet è stato successivamente contraddetto dalla principale e più recente autorità nel campo della crocifissione, il patologo americano Frederick Zugibe. Egli evitò di servirsi di cadaveri e lavorò con volontari che legava a una croce nel suo garage misurando le funzioni vitali più importanti: le pulsazioni, la pressione sanguigna e la respirazione. Alla fine stabilì che Gesù non morì per asfissia, ma per shock traumatico e ipovolemico, cioè dovuto alla diminuzione della massa sanguigna circolante. E cioè, l’insieme delle tanti sofferenze che iniziarono nell’agonia del Getsemani.
    È impossibile immaginare un tesoro, una eredità che possa avere un valore vicino alla conoscenza della profondità della salvifica Passione divina espressa in queste parole per amore degli uomini. Solo l’Uomo-Dio nella Sua perfezione integrale avrebbe potuto reggere tale supplizio per amore; un amore divino, che rende la Sua Passione segno della Sua natura, rivelatasi perfino in un corpo straziato dalla più completa sofferenza patita da uomo.
    Se è la Risurrezione a dare al mondo il segno finale dell’intervento divino in terra, già la meditazione di questa Santa Passione de Gesù alimenta la nostra fede nella presenza dell’Amore di Dio che è Via della Bontà, Verità e Vita eterna tra noi.”



    "Immagine restaurata del famoso ?Orologio (Orario) della Passione? | Radio Spada

    Ringraziamo Maverik Rossi per aver restaurato l’immagine dell’utilissimo “Orologio della Passione”, pubblicata originariamente su Radio Spada nell’aprile 2014. Cliccare per ingrandire:
    http://i1.wp.com/www.radiospada.org/...53455926_n.jpg"





    “Via Crucis Venerdì santo 2015
    https://www.youtube.com/watch?v=SRNpernneG0
    "La via dell'amore". Le stazioni della Via Crucis e l'amore che esse esprimono. Venerdì santo 2015, Via Crucis itinerante, meditazioni di don Leonardo Maria Pompei.”




    https://forum.termometropolitico.it/...l-signore.html
    https://forum.termometropolitico.it/...-immagini.html
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    Via Crucis

    "LA VIA CRUCIS

    Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
    Amen.



    PRIMA STAZIONE:

    Gesù è condannato a morte.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Pilato lo diede nelle loro mani perché fosse crocifisso;
    presero dunque Gesù e lo condussero via”
    (Gv 19,16).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    SECONDA STAZIONE:
    Gesù è caricato della croce.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Ed egli, portando su di sé la croce,
    uscì verso il luogo detto Cranio, in ebraico Golgota” (Gv 19,17).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    TERZA STAZIONE:
    Gesù cade per la prima volta.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Guardai attorno e nessuno che mi aiutasse;
    attesi ansioso e nessuno che mi sostenesse” (Is 63,5).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    QUARTA STAZIONE:
    Gesù incontra sua Madre.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Gesù vide la Madre lì presente” (Gv 19,26).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.




    QUINTA STAZIONE:

    Gesù è aiutato dal Cireneo.
    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Or mentre lo conducevano al patibolo, presero un certo
    Simone di Cirene e gli posero addosso la Croce” (Lc 23,26).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    SESTA STAZIONE:
    La Veronica asciuga il Volto di Cristo.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose
    a uno dei più piccoli, l’avete fatta a me” (Mt 25,40).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    SETTIMA STAZIONE:
    Gesù cade per la seconda volta.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Consegnò la sua vita alla morte, e fu annoverato tra i malfattori” (Is 52,12).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    OTTAVA STAZIONE:
    Gesù parla alle donne piangenti.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Figlie di Gerusalemme, non piangete per me,
    ma piangete per voi stesse e per i vostri figli”
    (Lc 23,28).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    NONA STAZIONE:
    Gesù cade per la terza volta.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Quasi esanime a terra mi ha ridotto;
    già mi vanno accerchiando i cani in frotta” (Sal 22,17).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    DECIMA STAZIONE:
    Gesù viene spogliato delle vesti.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Divisero le sue vesti, tirarono a sorte la sua veste
    per sapere a chi di loro dovesse toccare”
    (Mt 15,24).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    UNDICESIMA STAZIONE:
    Gesù viene crocifisso.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Fu crocifisso insieme ai malfattori,
    uno alla sua destra e uno alla sua sinistra” (Lc 23,33).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    DODICESIMA STAZIONE:
    Gesù muore sulla Croce.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Quando Gesù ebbe preso l’aceto esclamò:
    Tutto è compiuto! Poi, chinato il capo, rese lo spirito” (Gv 19,30).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    TREDICESIMA STAZIONE:
    Gesù viene deposto dalla Croce.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “E Giuseppe d’Arimatea prese il corpo di Gesù
    e lo avvolse in un candido lenzuolo” (Mt 27,59).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.





    QUATTORDICESIMA STAZIONE:
    Gesù viene deposto nel sepolcro.

    Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo:
    perchè con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

    “Giuseppe lo mise in un sepolcro scavato nella pietra,
    dove nessuno ancora era stato messo”
    (Lc 23,53).

    Padre nostro....

    Santa Madre, deh! Voi fate che le piaghe del Signore
    siano impresse nel mio cuore.

    Preghiamo:
    Sopra il popolo che ha commemorato la morte di Cristo tuo Figlio,
    nella speranza di risorgere con lui, scenda, Signore, l’abbondanza dei tuoi doni:
    venga il perdono e la consolazione, si accresca la fede
    e l’intima certezza della redenzione eterna.
    Per Cristo nostro Signore. Amen.

    Preghiamo per le intenzioni del Papa: Pater, Ave, Gloria."






    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

  6. #6
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    Lightbulb Re: Venerdì Santo - Passione del Signore

    Film cattolico per eccellenza - "La Passione di Cristo" del regista Mel Gibson - da vedere o rivedere soprattutto il Venerdì Santo:



    La passione di Cristo [The passion of the Christ] - Mel Gibson - ITALIANO
    https://gloria.tv/media/Rgy8FCWKio4
    LA PASSIONE: un film di Mel Gibson ed Icon Production Gesù Cristo




    "Sodalitium" (rivista ufficiale dell’IMBC) ha dedicato un suo validissimo numero speciale (il n. 57 del 2004) al film "The Passion" di Mel Gibson:



    http://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/57.pdf

    "57 – luglio 2004



    • Editoriale


    • DOSSIER sul film “La Passione”
      • Qualche riflessione sul film “La Passione di Cristo”
      • Una recensione del film “La passione di Cristo”
      • “La Passione” è conforme alla Scrittura…
      • Il film di Mel Gibson e la divinità di Gesù
      • Per saperne di più


    • CONTROVERSIE: A margine della conferenza di Mons. Fellay a Roma (2/2/2004)
      • Il nuovo codice di diritto canonico, l’amministrazione dei sacramenti e l’ecumenismo

    • L’OSSERVATORE ROMANO: Nuovi catechismi…
      • Discorso: “Con intima gioia”

    • Cristianesimo e ebraismo.“L’Antica Alleanza mai revocata”
    • RECENSIONI: Inquisizione e libertà religiosa
      • Le forme della vita
      • Nel mare del nulla – segnalazioni librarie

    • Vita dell’Istituto"


    "(...) La Passione come termine (o inizio) di un cammino di conversione per Mel Gibson.
    Si è molto parlato del tradizionalismo di Gibson e della sua visione anti-conciliare della Passione. È vero che il padre di Gibson, Hutton è un tradizionalista nonchè un sedevacantista convinto, e che Mel ha ricevuto in gioventù una formazione Cattolica (è stato formato nelle scuole della Fraternità S. Pio X) ma poi, quando cominciò a fare l’attore si allontanò da Dio. Lo stesso Mel Gibson in alcune interviste (in particolare in una intervista televisiva ad una nota emittente americana e trasmessa nella nostra penisola da Italia 1), ha detto che questa idea di fare il film lo ha salvato da un periodo di profonda crisi in cui pensava anche al suicidio, disgustato com’era da tutto quello che aveva (beni del mondo, soldi, piaceri e successo ecc.) ma che non poteva soddisfare pienamente il suo cuore. Sant’ Agostino diceva: “Tu ci hai creato per te Signore e il nostro cuore è inquieto finché non si riposa in te”. Riporto qui lo stralcio di un’intervista al noto regista e attore:
    «Cosa l’ha spinta a realizzare questo progetto?
    L’idea si è delineata gradualmente nel corso degli ultimi 10 o 12 anni da quando, verso i 35 anni, ho cominciato ad indagare sulle radici della mia fede. Ho sempre creduto in Dio, alla sua esistenza, e sono stato educato a credere in un certo modo. Ma verso i 30 anni stavo andando alla deriva e altre cose avevano preso il primo posto. A quel punto mi sono reso conto che 9 avevo bisogno di qualcosa di più se volevo salvarmi. Sentii l’esigenza di fare una ricerca più approfondita del Vangelo, di ricostruire l’intera storia... È stato lì che l’idea ha cominciato a sfiorare la mia mente. Ho cominciato a vederla realisticamente, a ricrearla nella mia mente in modo che avesse un senso per me, così da esserne coinvolto. Questo è ciò che voglio portare sullo schermo. (…)
    Come si può vedere un cammino di conversione ha condotto Gibson a fare questo film. Non possiamo che augurare al regista l’aiuto di Dio, poiché grazie al bene che il suo film ha fatto molte anime potranno comprendere l’amore di Gesù e la bruttezza del peccato. Inoltre notiamo due cose: la prima, che il cinema diventato ai giorni nostri uno dei mezzi più potenti nelle mani del male per la perversione delle anime, se fosse usato bene e dai cattolici, sarebbe in grado di fare molto ma molto bene; la seconda, che Nostro Signore Gesù Cristo fa sempre parlare di sé anche dopo duemila anni. Essendo Egli “il segno di contraddizione e la pietra d’inciampo” (cf. Luc. II, 34), non si può restare indifferenti: “o con lui o contro di lui”. Conclusione Si può dire che si tratta di un film “eccezionale” cioè che esce dalla norma di quanto siamo abituati a vedere. Benché con tutti i limiti di un’opera cinematografica, sembra avvicinarsi alle opere d’arte della pittura del passato che tanto ci aiutano alla meditazione della Passione del Signore. Si tratta ancora di una “sacra rappresentazione” che ci aiuta a meditare le sofferenze di Gesù Cristo Nostro Salvatore affinché gli uomini “vedano Colui che hanno trafitto” (Giov. XIX, 37). Tutti coloro che guardano questo film senza pregiudizi potranno, per grazia di Dio - attraverso il Preziosismo Sangue di Gesù -, penetrare nel mistero dell’ineffabile amore divino poiché come dice il Vangelo “non vi è più grande amore di colui che dà la vita per i suoi amici” (Giov. XV, 13) e Gesù è morto per noi proprio per mostrarci questo suo grande amore.”




    25 marzo 2016: Venerdì Santo, Passione di NSGC…


    Venerdì Santo - Passione del Signore
    https://forum.termometropolitico.it/...l-signore.html

    Venerdì santo
    Guéranger, L'anno liturgico - Venerdì Santo

    Via Crucis

    Catechismo Maggiore di S. Pio X ? Della Settimana Santa. ? Sodalitium
    La Via Regale (meditazione sulla morte di Gesù) ? Sodalitium

    MEDITAZIONE SULLA DIVINA PASSIONE DEL SIGNORE « www.agerecontra.it

    "Immagine restaurata del famoso ?Orologio (Orario) della Passione? | Radio Spada





    Luca,
    Sursum Corda!

    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Predefinito Re: Venerdì Santo - Passione del Signore

    il processo farsa di Gesù
    Tutte le irregolarità del processo farsa per fare morire Gesù - IlGiornale.it
    Che il processo di Gesù davanti al Sinedrio fosse stato una farsa non è invenzione degli evangelisti. Né fu un caso isolato, visto che l'ebreo Flavio Giuseppe narra di un tal Zacharias processato nel 67 d.C.



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    e lapidato nel Tempio quantunque riconosciuto innocente. Due storici ebrei nel 1877 si misero a spulciare il Talmud e, nel processo di Gesù, riscontrarono ben ventisette irregolarità, una sola delle quali sarebbe bastata a invalidarlo. Ecco le principali. La Legge giudaica vietava i processi notturni e nelle vigilie delle feste, e tra le sedute doveva correre almeno un giorno. Invece, Gesù è processato di notte davanti all'ex sommo sacerdote Anna, poi di nuovo all'alba da Caifa e alla vigilia di Pasqua. A casa di Caifa viene condannato a morte, sebbene tali condanne, rigorosissimamente, non potessero essere pronunciate che nella Sala delle Pietre Squadrate (detta Gazith) dentro al Tempio. Ogni testimone doveva essere ascoltato da solo, invece nel caso di Gesù finì a gazzarra. I membri del Sinedrio, settantuno, dovevano votare solennemente uno per uno, ma nel caso di Gesù si misero a urlare in coro «a morte!».Andiamo avanti. Il processo doveva iniziare con la comunicazione dei capi d'accusa all'imputato. Caifa, al contrario, interroga Gesù sulla di lui dottrina. Doveva essere giudice, invece si improvvisa pubblico ministero e pretende, per giunta, che l'imputato si accusi da solo. Gesù, infatti, gli fa presente che, secondo le regole, dovrebbe rivolgersi a chi ha ascoltato i suoi discorsi pubblici, non a lui. Per tutta risposta si becca una bastonata in faccia (come si vede dal naso rotto della Sindone) da parte di un lacchè ruffiano. Gesù sa bene che i sinedriti non hanno nulla in mano, per questo cercano di strappargli un'ammissione di colpa. Ridicolo, perché in un processo appena decente nessuno può essere obbligato a testimoniare contro se stesso. È per questo che, dal quel momento, Gesù si tappa la bocca. La apre col Sommo Sacerdote solo per ammettere che il Messia è lui, cosa sulla quale non può tacere e che non è certo un reato. Ma Caifa lo dichiara subito bestemmiatore e si straccia pure le vesti, fregandosene della Legge che vieta al Sommo Sacerdote anche solo di sporcarle.Gesù insomma è condannato a morte con sentenza abborracciata, in dispregio di ogni procedura e con un capo d'accusa grottesco. Già: se uno afferma di essere il Messia che si deve fare? Si va a scrutare le Scritture per vedere se il soi disant ha tutte le caratteristiche predette riguardo a tempi, luoghi e operato (Gesù le ha tutte e al millimetro, tra parentesi). Se non le ha, si tratta di un fanfarone megalomane, e va additato come tale al popolo. Ma fanfaronaggine e megalomania non sono reati capitali, specie se il Sedicente non ha mai fatto del male a nessuno. Gesù ha perfettamente capito che quel processo-farsa è stato imbastito da tempo e che serve solo a far fare il lavoro sporco a Pilato. Il quale verrà incastrato dai Sinedriti con la minaccia di un ricorso all'imperatore Tiberio se non li accontenta. Tiberio si è appena sbarazzato del suo primo ministro Seiano e sta eliminando tutti quelli che a costui devono il posto. Pilato è uno di questi e sa che Cesare sta solo aspettando un suo passo falso. E il passo lo fa, anche perché i furbi sinedriti gli hanno messo sotto al piede una saponetta di quelle che qualunque cosa fai sbagli. Gesù sta zitto anche con Pilato. Parla solo quando quello gli chiede se davvero è Re, e domanda che cosa intende: se vuol sapere se lui è un capo politico come dicono i sinedriti, la riposta è no; se la sua richiesta è invece sincera la riposta è sì, ma non «di questo mondo». E poi tace per sempre, perché vede che a Pilato la «verità» non interessa.Gli storici ebrei di cui dicevamo all'inizio hanno una storia curiosa. Si tratta dei gemelli Augustin e Joseph Lémann di Lione. Dopo gli studi rabbinici si convinsero che Gesù di Nazareth era davvero il Messia e chiesero il battesimo. Vennero picchiati per farli rinsavire, ma non ci fu niente da fare. Cacciati di casa, si fecero preti tutti e due e pubblicarono nel 1877 il saggio Valeur de l'Assemblée qui prononça la peine de mort contre Jésus Christ. La Libreria Editrice Fiorentina lo ha tradotto come L'assemblea che condannò il Messia. Storia del Sinedrio che decretò la pena di morte di Gesù (pagg. 130, euro 8). Il giorno in cui il Papa Pio IX proclamò il dogma dell'Immacolata Concezione c'erano loro due a servirgli la messa. Nella loro ricerca i Lémann rintracciarono anche i profili di oltre quaranta dei sinedriti di quella triste notte. Il Nuovo Testamento cita solo quelli che cercarono di far rispettare le regole, Gamaliele, Nicòdemo, Giuseppe di Arimatea (non a caso divenuti poi cristiani), signorilmente sorvolando sugli altri personaggi, il più pulito dei quali, come si suol dire, aveva la rogna. Per questi il Nazareno non poteva essere il Messia perché non rispettava il sabato e i lavacri rituali. Ma soprattutto non aveva mai rispettato loro.





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    Lightbulb Re: Venerdì Santo - Passione del Signore

    14 aprile 2017: Venerdì Santo - Passione di Nostro Signore Gesù Cristo...




    "Venerdì Santo"
    Guéranger, L'anno liturgico - Venerdì Santo
    http://www.unavoce-ve.it/pg-venerdisanto.htm





    Venerdì Santo - Sodalitium
    “14 aprile 2017, Venerdì Santo.

    http://www.sodalitium.biz/venerdi-santo/
    Eccomi, o mio amato e buon Gesù: prostrato alla vostra presenza vi prego col fervore più vivo, di stampare nel mio cuore sentimenti di fede, di speranza, di carità, di dolore dei miei peccati e di proponimento di non più offendervi; mentre io con tutto l’amore e con tutta la compassione vado considerando le vostre cinque piaghe cominciando da ciò che disse di Voi, o mio Gesù, il santo profeta Davide: «Hanno forato le mie mani e i miei piedi; hanno contato tutte le mie ossa».
    Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi, quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.”

    "14 aprile 2017
    Et erit sepulcrum ejus gloriosum"
    Et erit sepulcrum ejus gloriosum - Centro Studi Giuseppe Federici
    http://www.centrostudifederici.org/e...jus-gloriosum/
    La Settimana Santa - Centro Studi Giuseppe Federici

    http://www.centrostudifederici.org/l...imana-santa-2/

    "Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
    La Settimana Santa
    Catechismo Maggiore di San Pio X – Della settimana santa
    Catechismo di San Pio X - La Settimana Santa - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/catechismo...ttimana-santa/
    Funzioni della Settimana Santa
    Settimana Santa: Palme e Triduo Sacro - Sodalitium"
    http://www.sodalitium.biz/settimana-...ri-del-triduo/


    Film cattolico per eccellenza - "La Passione di Cristo" del regista Mel Gibson - da vedere o rivedere soprattutto il Venerdì Santo:

    "La passione di Cristo [The passion of the Christ] - Mel Gibson - ITALIANO"
    https://gloria.tv/media/Rgy8FCWKio4


    "Sodalitium" (rivista ufficiale dell’IMBC) ha dedicato un suo validissimo numero speciale (il n. 57 del 2004) al film "The Passion" di Mel Gibson:


    http://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/57.pdf
    "DOSSIER sul film “La Passione” pag. 4
    Qualche riflessione sul film “La Passione di Cristo” pag. 4
    Una recensione del film “La passione di Cristo” pag. 10
    “La Passione” è conforme alla Scrittura... pag. 16
    Il film di Mel Gibson e la divinità di Gesù pag. 18
    Per saperne di più pag. 19"




    http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=28099
    "LA DIVINA PASSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO"
    http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=22245
    "MEDITAZIONE SULLA DIVINA PASSIONE DEL SIGNORE
    L’EDITORIALE DEL VENERDI di Arai Daniele

    Per meditare sulla lacerante realtà della somma violenza e intensità dei dolori sofferti da Nostro Signore nella Passione, iniziata nell’Agonia di Getsemani e finita soltanto con la Sua morte in croce, abbiamo il Vangelo e la Santa Sindone, sempre più studiata.
    Li sono impressi i segni di una sofferenza senza pari. E pensare che il Signore ancora trovava fiato per pronunciare le sante parole registrate nei Vangeli per l’edificazione delle nostre anime e quelle di tutti i tempi.
    Torniamo allora a meditare sulla divina agonia che ci ha portato la possibilità di salvarci.
    «Gesù entrato in agonia nell’orto del Getsemani – scrive l’evangelista Luca – pregava più intensamente. E diede in un sudore come di gocce di sangue che cadevano fino a terra». Il solo evangelista che riporta il fatto è un medico, Luca. E lo fa con la precisione clinica. Il sudar sangue, o ematoidròsi, fenomeno rarissimo che si produce in condizioni eccezionali. Nel caso di Gesù, l’angoscia tremenda che Lo deve aver oppresso l’anima fino alla morte; sentirsi carico di tutti i peccati più ignobili e odiosi degli uomini. E tale tensione estrema produsse la rottura delle finis­sime vene capillari sotto le ghiandole sudori­pare… Il sangue si mescola al sudore e si raccoglie sulla pelle; poi cola per il corpo fino a terra. E Gesù s’è visto abbandonato perfino dagli apostoli addormentati, sapendo che sarà tradito da Giuda.
    Poi, la farsa del tetro processo notturno, tramato dal Sine­drio. Segue quello di Erode e di Pilato che, per soddisfare la sete di sangue dei nemici del Salvatore, ordina la Sua flagellazione alla colonna. Le tracce delle innumerevoli ferite provocate dai flagelli sono sulla santa Sindone, così come i segni dello scherno dell’incoronazione di spine in una specie di corona calcata sul Suo adorabile capo, per ulteriore vergogna umana.
    E Pilato, dopo l’«Ecce homo» per esibire Gesù col corpo selvaggiamente stracciato da alto in basso, Lo consegna villanamente alla morte per crocifissione. Così Gesù passa al supplizio della Via Sacra, carico della santa croce. Ti adoriamo, Signore, e Ti benediciamo; ché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.
    E così a Gesù è portata la croce che dovrà caricare fino al Calvario. Quale stupore nel sapere che il Signore abbraccia con amore quello che sarà lo strumento della Sua tortura, ma pegno della santificazione di molti e salvezza di moltitudini! E Gesù la porta scalzo per la via dal fondo ruvido che sale al Calvario, mentre i soldati lo tirano e picchiano quando cade sfinito sotto quel legno pesante che Li lacera la spalla piagata.
    Sul Calvario i carnefici Lo spo­gliano, strappando la tunica incollata alle piaghe per iniziare la crocifissione. Quei dolori acuti avrebbero provocato in molti una sincope, perché il sangue scorre abbondante con Gesù disteso nella polvere sul dorso. E inizia il supplizio orribile dei chiodi martellati sui polsi nell’incrocio dei nervi, provocando un dolore lancinante, il più insopportabile che uomo possa provare, perché lacera i nervi e di solito provoca una sincope che fa svenire.
    Ma veniamo alla questione di come e dove sono stati conficcati i chiodi nelle mani di Gesù. Ormai tutti concordano che la crocifissione nel palmo della mano non è possibile, perché sotto il peso del corpo i tessuti della mano si lacerano: il crocifisso finirebbe presto per cadere dalla croce. Si concorda quindi che il chiodo fu infisso nel polso, cosicché il corpo è trattenuto in posizione dallo scheletro e dai legamenti, che possono reggere agevolmente il peso.
    Secondo Barbet, i chiodi furono infissi nello spazio di Destot, una piccola apertura tra quattro ossicini del polso (semilunare, piramidale, capitato e uncinato). Egli ha osservato inoltre che un chiodo infisso in questa posizione lede il nervo mediano: questa lesione provoca al crocifisso un dolore acuto (si tratta dello stesso nervo interessato dalla sindrome del tunnel carpale) e causa la flessione del pollice. Infatti i pollici dell’Uomo della Sindone non sono visibili.
    Il medico legista americano Frederick Zugibe, professore dell’Università di Columbia, a differenza di Barbet, ritiene, invece, che i chiodi siano stati infissi alla base del palmo, dove c’è parimenti un passaggio tra le ossa del carpo e del metacarpo che permetterebbe al chiodo di trapassare l’arto senza produrre fratture e di uscire nella posizione che si osserva sulla Sindone. E tutti gli studiosi ritengono che la posizione dei chiodi nei polsi sia un altro indizio a supporto dell’autenticità della Sindone.
    In Gesù il nervo forse non è tagliato e struscia sul ferro del chiodo quando il corpo di Gesù sarà sospeso sulla croce, in modo straziante perché sensibile a ogni scossa e movimento per fissare la croce, nei dolori di un supplizio che durerà fino all’ultimo, tre ore dopo. È mezzogiorno. Gesù non ha bevuto né mangiato. I lineamenti sono tirati, il volto è una maschera di sangue, la bocca è secca la gola brucia, non può deglutire e ha una sete mortale. Eppure, riesce a pronunciare quelle buone parole il cui culto segna la vita d’ogni cristiano, perché sono di amore e sete della salvezza di molte anime.
    Sono sette le frasi di Gesù dette in croce, sollevandosi sui chiodi che premevano sui nervi dei Suoi piedi e polsi. Gesù, colpito d’asfissia, soffocava, ma con sforzo estremo dice: “Padre, perdona loro: non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Tutti i Suoi dolori, la sete, i crampi, l’asfissia, non Gli strappano lamenti, ma parole di cuore, da allora tramandate per l’elevazione delle anime.
    E il primo effetto è stato nella mente e nel cuore di Dismas, detto il «buon ladrone», che ha capì essere accanto a una santità che solo poteva essere divina, del «Salvatore», a chi rivolgere con fede un’umile supplica: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno», quello di gioia incalcolabile. Ebbe così la grazia di sentire: “In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso” ( Lc 23,43).
    Presso la croce di Gesù agonizzante, c’è la Madre che patisce nel suo Cuore Immacolato il sommo dolore della Passione del Figlio. Con lei c´è Giovanni, il discepolo dal cuore formato su quello di Gesù e quindi capace di amare con totale dedizione, e senza paura. Maria è investita dal Figlio allora di una maternità spirituale e universale con le brevi ma intense parole cariche di significato: “Donna, ecco tuo figlio!… Ecco tua madre!” (Gv 19,26-27), di cui Giovanni figura i beneficiati da un supremo testamento d’amore lasciato da Gesù. Giovanni prenderà la Madre con sé per riceverne le cure e ogni luce che testimoni il mistero della Redenzione sgorgata da quella divina Passione.
    Dopo aver pronunziato il suo «testamento spirituale» e aver consegnato la Madre al discepolo amato, Gesù è ora totalmente sommerso da un dolore sovraumano, come se mancasse ogni sostegno e grida tutta la sua desolazione e l’angoscia di vero uomo dei dolori: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34). Il grido lacerante dell’Uomo-Dio attraversa le tenebre della storia dell’uomo decaduto; è l’ora culminante dell’agonia in cui Gesù Cristo assume tutti i peccati che devastano l’anima umana. E il pianto di tutto il dolore delle generazioni umane sale dalla terra per toccare il cuore del Padre che aveva ispirato queste parole nell’inizio del Salmo 22, riapertosi col lancinante grido di abbandono. L’ora in cui Colui che è la Vita si consegna alla morte è l’ora della redenzione dalla Caduta originale ottenuta dal Padre con l’agonia del Figlio.
    “Ho sete” (Gv 19,28), il gemito di qui muore di sete è – acqua! – ma Gesù ha un’altra sete, e dai Vangeli sappiamo che dal principio e alla fine della sua vita pubblica, Gesù ci chiede con insistenza di sod­disfare la sua sete. È Dio che viene a noi come persona assetata che ci chiede di dissetarLo al pozzo del nostro povero amore, qualsiasi sia la sua qualità e quantità che vuole accrescere alla stregua del suo amore infinito, per cui è morto agonizzante sulla croce.
    “È compiuto!” (Gv 19,30). Il grido di Ge­sù non è semplicemente per dire che tutto è finito e morirà, ma per significare che il fine della sua Passione è piena; resa perfetta nella dimostrazione soprannaturale di un amore senza limiti per le anime umane, create all’immagine e somiglianze di Dio, che dovevano essere redente. L’evangelista Giovanni ci dice all’inizio dell’Ultima Cena cosa sia questa volontà divina: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”; all’estremo delle possibilità della Sua natura di perfetto uomo e perfetto Dio, che sulla croce vediamo arrivate all’estremo della perfe­zione dell’amore, compiuto nel colmo del dolore.
    “Padre, nelle Tue mani consegno il Mio Spirito” (Lc 23,46). Gesù pronuncia le ulti­me parole che invocano la consegna del Suo Sacrificio divino al Padre, la cui Volontà ha compiuto fino alla fine e all’ultima goccia del Suo Sangue, che sarà trasmesso nel segno della Nuova e eterna Alleanza per la nuova creazione della Chiesa, Regno dell’Amore divino in terra, per sempre benedetto nei secoli dei secoli. Fu la settima e ultima prima di qual riposo della nuova creazione senza tra­monto, che completa la prima: “Allora Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fat­to e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro” (Gen 2,2).
    Prima ho ricordato gli studi del chirurgo e medico legista francese Barbet, per cui «si poteva ormai essere certi che la morte di Gesù in croce era avvenuta per contrazione tetanica di tutti i muscoli e per asfissia…» Lo diceva il base a studi su impiccati.
    Barbet è stato successivamente contraddetto dalla principale e più recente autorità nel campo della crocifissione, il patologo americano Frederick Zugibe. Egli evitò di servirsi di cadaveri e lavorò con volontari che legava a una croce nel suo garage misurando le funzioni vitali più importanti: le pulsazioni, la pressione sanguigna e la respirazione. Alla fine stabilì che Gesù non morì per asfissia, ma per shock traumatico e ipovolemico, cioè dovuto alla diminuzione della massa sanguigna circolante. E cioè, l’insieme delle tanti sofferenze che iniziarono nell’agonia del Getsemani.
    È impossibile immaginare un tesoro, una eredità che possa avere un valore vicino alla conoscenza della profondità della salvifica Passione divina espressa in queste parole per amore degli uomini. Solo l’Uomo-Dio nella Sua perfezione integrale avrebbe potuto reggere tale supplizio per amore; un amore divino, che rende la Sua Passione segno della Sua natura, rivelatasi perfino in un corpo straziato dalla più completa sofferenza patita da uomo.
    Se è la Risurrezione a dare al mondo il segno finale dell’intervento divino in terra, già la meditazione di questa Santa Passione de Gesù alimenta la nostra fede nella presenza dell’Amore di Dio che è Via della Bontà, Verità e Vita eterna tra noi."




    “Venerdì Santo: l'orologio della Passione:
    https://www.radiospada.org/2014/04/d...ella-passione/
    https://i1.wp.com/radiospada.org/wp-...ner.jpg”

    “Ore 12 (Ora VI): Gesù al Calvario.”
    “Ore 15 (ora IX): Gesù muore.”



    "[PIO XII] Per vivere la Settimana Santa"
    https://www.radiospada.org/2017/04/p...ttimana-santa/

    “Pubblichiamo di seguito una serie di brevi meditazioni di Papa Pio XII, che possono essere utili per la preghiera personale in ciascun giorno della Settimana Santa. [RS]”
    “Venerdì Santo. L’amore del Cuore di Cristo.
    É soprattutto sulla croce che il Divin Redentore sente il suo Cuore, divenuto quasi torrente impetuoso, ridondare dei sentimenti più vari; cioè di amore ardentissimo, di angoscia, di compassione, di acceso desiderio, di quiete serena. Così facendo, Egli dava l’esempio di quella sublime carità, che aveva indicato ai suoi discepoli come meta finale dell’amore. Pertanto, l’amore di Gesù Cristo Figlio di Dio svela nel Sacrificio del Golgota, e nel modo più eloquente, l’amore stesso di Dio. E in realtà, il nostro divin Redentore è stato confitto al legno della Croce più dalla veemenza interiore del suo amore che dalla brutale violenza esterna dei suoi carnefici. Haurietis Aquas, 1956.”


    https://www.radiospada.org/2014/04/p...agani-e-altri/
    “Prepararsi al Venerdì Santo. Colore nero, niente S. Messa, niente campane, preghiere per la conversione di idolatri, ebrei, eretici, pagani e altri.

    Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!». Disse loro Pilato: «Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?». Tutti gli risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli aggiunse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora urlarono: «Sia crocifisso!». Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell’acqua, si lavò le mani davanti alla folla: «Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli». (Matteo 27)
    Il Venerdì Santo è il giorno della morte di Gesù Cristo, secondo giorno del Triduo Pasquale, che segue il Giovedì Santo. Per il Venerdì (e il Sabato) Santo valgono – a maggior ragione – i precetti che regolano il digiuno e l’astinenza quaresimali (cliccare per approfondire).
    https://www.radiospada.org/2014/03/l...cco-le-regole/
    Niente Messa, non si consacra: infatti durante la celebrazione liturgica pomeridiana del Venerdì santo si distribuisce l’eucaristia consacrata il giorno precedente, il Giovedì Santo (Celebrazione In Coena Domini), in cui si ricorda l’ultima cena del Signore con i discepoli e il tradimento di Giuda.
    I cristiani in questo giorno sono invitati ad adorare la croce di Cristo e si celebra in modo “solenne” anche la Via Crucis. La liturgia è incentrata sulla narrazione delle ultime ore della vita terrena di Gesù.
    Con le orazioni di questo giorno la Chiesa ci insegna a pregare, tra gli altri, per tutti i protestanti e gli scismatici:
    “Preghiamo per gli eretici e gli scismatici: che il Signore Nostro Dio sia lieto di salvarli da tutti i loro errori; e li richiami alla nostra Santa Madre Chiesa Cattolica e Apostolica”.
    Per gli ebrei: “Preghiamo per gli ebrei infedeli: che il nostro Dio e Signore rimuova il velo dai loro cuori: che anche essi possano riconoscere il Nostro Signore Gesù Cristo”.
    Per tutti i pagani e gli idolatri: “Preghiamo per i pagani; che Dio Onnipotente tolga l’iniquità dai loro cuori; che, mettendo da parte i loro idoli, possano convertirsi al Dio vero e vivente, e al Suo unico Figlio, Gesù Cristo, Nostro Dio e Signore”
    triduo pasquale, venerdì santo.”


    http://www.radiospada.org
    https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf

    “14 aprile 2017: Ss. Tiburzio, Valeriano e Massimo (la cui festa quest'anno tace).
    Nato nel 177 a Roma, Valeriano era un nobile patrizio cui venne data in sposa santa Cecilia. Cecilia era però votata al Signore e nella prima notte di nozze chiese allo sposo di non essere toccata, perché protetta da un angelo del Signore. Se avesse rispettato questo, lui stesso sarebbe stato amato da Dio. Valeriano chiese alla moglie una prova di quello che diceva, così poté vedere accanto a Cecilia un angelo con due corone: una di rose per lei e una di gigli per lui. Valeriano fu battezzato da papa Urbano e convertì alla fede anche suo fratello Tiburzio. Insieme a Cecilia e Tiburzio fu sorpreso mentre dava sepoltura ai cristiani. Fu arrestato e frustato e quindi condannato alla morte per decapitazione. Riportato in carcere, riuscì a convertire anche Massimo, il funzionario addetto alla loro sorveglianza. Valeriano, Tiburzio e Massimo furono martirizzati insieme, il 14 aprile 229, e fu la stessa santa Cecilia a dar loro segreta sepoltura prima di venire martirizzata a sua volta. La loro tomba sulla via Appia fu molto popolare nel Medioevo. E' raffigurato con l'angelo e gli strumenti del suo martirio ed è invocato contro le tempeste.”
    “14 aprile 2017 (la cui festa quest'anno tace).
    Giustino filosofo, santo, martire, nel 1992 fu traslato nella parrocchia di S. Giustino a Centocelle. Il corpo, donato da Urbano VIII ai Cappuccini di S. Maria Immacolata a Via Veneto, era qua precedentemente venerato nell’altare posto dietro l’altare maggiore.
    M.R.: 13 aprile - A Roma, nella persecuzione di Marco Antonino Vero e Lucio Aurelio Commodo, la passione di san Giustino, Filosofo e Martire, il quale, avendo presentato ai predetti Imperatori la sua seconda Apologia, nella quale sostiene e difende valorosamente con forti argomentazioni la nostra fede, accusato di essere Cristiano per le insidie del cinico Crescente, di cui aveva ripreso la vita e i nefandi costumi, in premio della sua invitta confessione ricevette il dono del martirio. La sua festa si celebra il giorno 14 aprile.
    [ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ].”
    “Il 14 aprile 911 muore Papa Sergio III dei conti di Tuscolo, Sommo Pontefice.”





    https://www.sursumcorda.cloud/
    "Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
    Preghiera al Santo del giorno.

    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare sant’Ardalióne commediante, il quale, mentre nel teatro scherniva i sacri misteri dei Cristiani, improvvisamente mutato, li confermò non solo con le parole, ma anche con la testimonianza del suo sangue. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Martire, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, sant’Ardalióne possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
    #sdgcdpr"



    Ligue Saint Amédée
    “Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
    "Vendredi Saint"
    “Prière du Vendredi Saint pour la délivrance des âmes du Purgatoire
    Je te vénère, ô Sainte Croix portant les Membres Sacrés de Notre-Seigneur et rougie de Son Précieux Sang.
    Je Vous adore, ô mon Dieu, cloué à la Sainte Croix par amour pour moi.
    Jésus, j'ai confiance en Vous !
    [prière à réciter 33 fois à genoux devant le crucifix, le jour du Vendredi Saint, afin de délivrer des âmes du Purgatoire]"
    https://www.rts.ch/archives/tv/infor...edi-saint.html





    http://www.terrasantalibera.org/Orem...is_Iudaeis.pdf
    "La solenne preghiera litanica del Venerdì Santo

    del beato Ildefonso Schuster
    La messa del venerdì santo ci ha conservata, come dicemmo, intatta l'antica preghiera
    litanica di cui parla già Giustino Martire, e che originariamente seguiva ogni giorno la
    lettura del Vangelo, là appunto dove ancor oggi il sacerdote, prima dell'offertorio,
    invita il popolo alla preghiera: Oremus. Questa prece a forma litanica, cui cioè tutto il
    popolo intercalava un'acclamazione a mo' di ritornello, (per es.: Domine miserere;
    Kyrie, eleison, etc.) trovasi ancora a suo posto nelle liturgie orientali, ma è scomparsa
    dal Sacramentario Romano forse fin dai tempi di san Gregorio Magno.
    Il primo fondo di questa prece va rintracciato nella liturgia delle Sinagoghe, dove
    dopo le lezioni scritturali si pregava per i vari membri della comunità Israelitica e pei
    diversi bisogni dei suoi componenti. Ma il testo, quale c'è conservato nel Messale, a
    cagione della sua speciale terminologia, rivela i tempi di san Leone Magno. Infatti
    sono ancora in uso gli ostiari, il cui ufficio posteriormente fu attribuito ai mansionari;
    i monaci, come nel Sacramentario Leoniano, vengono chiamati Confessores, le
    religiose Virgines, e non sanctimoniales; si prega che l'Imperatore Romano soggioghi
    tutti i barbari, e si ritiene il Romanum Imperium, precisamente come san Leone,
    siccome l'unica potenza depositaria legittima del potere. È ancora in vigore la
    disciplina del Catecumenato; il mondo è disseminato d'eresie, travagliato d'epidemie,
    afflitto da carestie; le prigioni trattengono ancora molti innocenti; la schiavitù forma
    tuttavia l'obbrobrio dell'antica civiltà romana; circostanze tutte che ci richiamano
    subito alla mente il V secolo, e ci fanno attribuire appunto al periodo aureo della
    liturgia romana la redazione definitiva di questa prece tanto solenne, e che potremmo
    indubbiamente considerare d'origine apostolica.
    In antico la si recitava anche fuori della sinassi Eucaristica, e nulla vieta che i fedeli
    anche ai nostri giorni la recitino privatamente per i vari bisogni spirituali e temporali
    della famiglia cattolica. Ricorrendo ad una preghiera così venerabile e tanto arcaica,
    nel recitarla ci sembra d'essere in più intima relazione spirituale coll'anima di quelle
    primitive generazioni di Martiri e di eroi della fede, i quali la recitarono prima di noi,
    ed impetrarono così le grazie necessarie per ben corrispondere alla loro magnifica
    vocazione di render testimonianza alla fede col proprio sangue.

    La solenne preghiera litanica.

    Oremus, dilectissimi nobis, pro Ecclesia
    sancta Dei: ut eam Deus et Dominus
    noster pacificare, et adunare, et custodire
    dignetur toto orbe terrarum: subiiciens ei
    principatus, et potestates: detque nobis
    quietam et tranquillam vitam degentibus,
    glorificare Deum Patrem omnipotentem.

    Preghiamo, dilettissimi fratelli, per la santa
    Chiesa di Dio, affinché il Signore si degni di
    darle la pace e l'unione, e di custodirla per
    tutta la terra, assoggettando a lei i principati
    e le potestà; e che ci conceda una vita calma
    e tranquilla, affinché possiamo glorificare
    Iddio Padre Onnipotente.

    OREMUS
    Omnipotens sempiterne Deus, qui gloriam
    tuam omnibus in Christo gentibus
    revelasti: custodi opera misericordiae
    tuae; ut Ecclesia tua, toto orbe diffusa,
    stabili fide in confessione tui nominis
    perseveret. Per eumdem Dominum
    nostrum Iesum Christum....
    R/. Amen.

    PREGHIAMO
    Onnipotente ed eterno Iddio, che per mezzo
    del Cristo hai rivelata a tutte le nazioni la tua
    gloria, conserva le opere della tua
    misericordia, e fa' che la tua Chiesa, sparsa
    nel mondo intiero, perseveri con ferma fede
    nella confessione del tuo nome. Per il
    medesimo Gesù Cristo...
    R/. Così sia.

    Oremus et pro beatissimo Papa nostro N.,
    ut Deus et Dominus noster, qui elegit eum
    in ordine episcopatus, salvum atque
    incolumem custodiat Ecclesiae suae
    sanctae, ad regendum populum sanctum
    Dei.
    OREMUS
    Omnipotens sempiterne Deus, cuius
    iudicio universa fundantur: respice
    propitius ad preces nostras, et electum
    nobis Antistitem tua pietate conserva; ut
    christiana plebs, quae te gubernatur
    auctore, sub tanto Pontifice, credulitatis
    suae meritis augeatur. Per Dominum
    nostrum Iesum Christum...
    R/. Amen.

    Preghiamo per il nostro beatissimo Padre N.,
    affinché il Signore Dio nostro, che l'ha
    prescelto nell'ordine dell'Episcopato, lo
    conservi pel bene della sua santa Chiesa e
    per la condotta del santo popolo di Dio.
    PREGHIAMO
    Onnipotente e sempiterno Iddio, che con la
    tua sapienza fai sussistere tutte le cose,
    ricevi favorevolmente le nostre preghiere, e,
    nella tua bontà, conserva il Pontefice che ci
    hai scelto; affinché il popolo cristiano, che
    dalla tua autorità è governato, cresca nel
    merito della fede, sotto la condotta di un sì
    grande Pontefice. Per Gesù Cristo nostro
    Signore...
    R/. Così sia.

    Oremus et pro omnibus Episcopis,
    Presbyteris, Diaconibus, Subdiaconibus,
    Acolythis, Exorcistis, Lectoribus, Ostiariis,
    Confessoribus, Virginibus, Viduis: et pro
    omni populo sancto Dei.
    OREMUS
    Omnipotens sempiterne Deus, cuius
    Spiritu totum corpus Ecclesiae
    sanctificatur et regitur: exaudi nos pro
    universis ordinibus supplicantes; ut,
    gratiae tuae munere, ab omnibus tibi
    gradibus fideliter serviatur. Per Dominum
    nostrum Iesum Christum...

    Preghiamo ancora per tutti i Vescovi, i
    Presbiteri, i Diaconi, i Suddiaconi, gli
    Accoliti, gli Esorcisti, i Lettori, gli Ostiarii, i
    Confessori, le Vergini, le Vedove, e per tutto
    il santo popolo di Dio.
    PREGHIAMO
    Onnipotente e sempiterno Iddio, che, col tuo
    Spirito, santifichi e governi tutto il corpo
    della Chiesa, esaudisci le nostre suppliche
    per tutti gli ordini gerarchici che le
    appartengono; affinché col dono della tua
    grazia, questi diversi ordini si mantengano
    fedeli nel tuo servizio. Per Gesù Cristo
    nostro Signore...
    R/. Amen.
    R/. Così sia.

    Oremus et pro Christianissimo Imperatore
    nostro N., ut Deus et Dominus noster
    subditas faciat omnes barbaras nationes
    ad nostram perpetuam pacem.
    OREMUS
    Omnipotens sempiterne Deus, in cuius
    manu sunt omnium iura regnorum: respice
    ad Romanum benignus Imperium; ut
    gentes, quae in sua feritate confidunt,
    potentiae tuae dextera comprimantur. Per
    Dominum Iesum Christum...
    R/. Amen.

    Preghiamo parimenti per il religiosissimo
    nostro imperatore N. N., affinché il Signore
    Dio nostro gli assoggetti, per la pace nostra,
    tutte le barbare nazioni.
    PREGHIAMO
    Dio onnipotente ed eterno, che stringi in
    mano la somma dei diritti di tutti i regni;
    riguarda benigno all'Imperatore Romano,
    affinché le barbare tribù che ripongono la
    loro fiducia nella loro ferocia, siano
    schiacciate sotto la possanza della tua destra.
    Per Gesù Cristo nostro Signore...
    R/. Così sia.

    Oremus et pro catechumenis nostris: ut
    Deus et Dominus noster adaperiat aures
    praecordiorum ipsorum, ianuamque
    misericordiae; ut per lavacrum
    regenerationis accepta remissione omnium
    peccatorum, et ipsi inveniantur in Christo
    Iesu Domino nostro.
    OREMUS
    Omnipotens sempiterne Deus, qui
    Ecclesiam tuam nova semper prole
    foecundas: auge fidem et intellectum
    catechumenis nostris; ut, renati fonte
    baptismatis, adoptionis tuae filiis
    aggregentur. Per Dominum nostrum Iesum
    Christum...
    R/. Amen.

    Preghiamo anche per i nostri catecumeni,
    affinché il Signore Iddio apra le orecchie le
    orecchie dei loro cuori e la porta della sua
    misericordia, onde, dopo ricevuta la
    remissione di tutti i loro peccati nel bagno
    della rigenerazione, siano incorporati
    insieme con noi a Gesù Cristo nostro
    Signore.
    PREGHIAMO
    Onnipotente e sempiterno Iddio, che senza
    interruzione dai nuovi figli alla tua Chiesa,
    accresci la fede e l'intelligenza dei nostri
    catecumeni; affinché, conseguita la
    rigenerazione nel fonte battesimale, siano
    uniti ai tuoi figli di adozione. Per Gesù
    Cristo nostro Signore...
    R/. Così sia.

    Oremus, dilectissimi nobis, Deum Patrem
    omnipotentem, ut cunctis mundum purget
    erroribus: morbos auferat: famem
    depellat: aperiat carceres: vincula
    dissolvat: peregrinantibus reditum:
    infirmantibus sanitatem: navigantibus
    portum salutis indulgeat.
    OREMUS
    Omnipotens sempiterne Deus, maestorum
    consolatio, laborantium fortitudo:
    perveniant ad te preces de quacumque
    tribulatione clamantium; ut omnes sibi in
    necessitatibus suis misericordiam tuam
    gaudeant adfuisse. Per Dominum nostrum
    Iesum Christum...
    R/. Amen.

    Preghiamo, carissimi fratelli, Iddio Padre
    onnipotente, che si degni di purgar il mondo
    da ogni errore, dissipare le malattie, tener
    lontana la fame, aprir le carceri, spezzare le
    catene dei prigionieri, accordare ai
    viaggiatori un felice ritorno, agli infermi la
    sanità, ai naviganti un porto di salute.
    PREGHIAMO
    Onnipotente e sempiterno Iddio, che sei la
    consolazione degli afflitti e la forza di quelli
    che penano, lascia salire insino a te le grida
    e le preghiere di coloro che t'invocano dal
    profondo della loro afflizione; affinché
    provino con gioia, nei loro bisogni, i
    soccorsi della tua misericordia. Per Gesù
    Cristo nostro Signore...
    R/. Così sia.

    Oremus et pro haereticis, et schismaticis:
    ut Deus et Dominus noster eruat eos ab
    erroribus universis; et ad sanctam matrem
    Ecclesiam Catholicam, atque Apostolicam
    revocare dignetur.
    OREMUS
    Omnipotens sempiterne Deus, qui salvas
    omnes, et neminem vis perire: respice ad
    animas diabolica fraude deceptas; ut,
    omni haeretica pravitate deposita,
    errantium corda resipiscant, et ad veritatis
    tuae redeant unitatem. Per Dominum
    nostrum Iesum Christum...
    R/. Amen.

    Preghiamo ancora per gli eretici e gli
    scismatici, affinché il Signore nostro Dio li
    liberi da tutti i loro errori, e si degni di
    ricondurli alla nostra santa madre, la Chiesa
    cattolica ed apostolica.
    PREGHIAMO
    Dio onnipotente ed eterno, che salvi tutti gli
    uomini e non vuoi che alcuno perisca, volgi
    i tuoi occhi sopra le anime che furono
    sedotte dagli artifizi del diavolo; affinché,
    deponendo l'eretica perversità, i loro traviati
    cuori vengano a ravvedimento, e ritornino
    all'unità della tua verità. Per Gesù Cristo
    nostro Signore...
    R/. Così sia.

    Oremus et pro perfidis Iudaeis: ut Deus et
    Dominus noster auferat velamen de
    cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant
    Iesum Christum Dominum nostrum.
    Omnipotens sempiterne Deus, qui etiam
    iudaicam perfidiam a tua misericordia non
    repellis: exaudi preces nostras, quas pro
    illius populi obcaecatione deferimus; ut,
    agnita veritatis tuae luce, quae Christus
    est, a suis tenebris eruantur. Per eumdem
    Dominum...
    R/. Amen.

    Preghiamo pure per gli infedeli Giudei,
    affinché il Signore nostro Dio tolga il velo
    che copre i loro cuori, e riconoscano con noi
    Cristo nostro Signore.
    Dio onnipotente ed eterno, che nella tua
    misericordia non discacci neppur gli stessi
    Giudei; esaudisci le preghiere che noi ti
    rivolgiamo a riguardo della cecità di questo
    popolo, affinché riconoscendo la luce della
    tua verità, che è il Cristo, essi siano liberati
    dalle loro tenebre. Per lo stesso Gesù Cristo
    nostro Signore...
    R/. Così sia.

    Oremus et pro paganis: ut Deus
    omnipotens auferat iniquitatem a cordibus
    eorum; ut relictis idolis suis, convertantur
    ad Deum vivum et verum, et unicum
    Filium eius Iesum Christum, Deum et
    Dominum nostrum.
    OREMUS
    Omnipotens sempiterne Deus, qui non
    mortem peccatorum, sed vitam semper
    inquiris: suscipe propitius orationem
    nostram, et libera eos ab idolorum
    cultura; et aggrega Ecclesiae tuae
    sanctae, ad laudem et gloriam nominis tui.
    Per Dominum nostrum Iesum Christum...
    R/. Amen

    Preghiamo per i pagani, affinché Iddio
    onnipotente tolga l'iniquità dai loro cuori;
    onde, lasciando i loro idoli, si convertano al
    Dio vivo e vero, ed al suo unico Figlio, Gesù
    Cristo nostro Signore...
    PREGHIAMO
    Dio onnipotente ed eterno, che non vuoi la
    morte, ma la vita dei peccatori, degnati
    d'esaudire la nostra preghiera, libera i pagani
    dal culto degli idoli, ed associali alla tua
    santa Chiesa, ad onore e gloria del tuo nome.
    Per Gesù Cristo nostro Signore...
    R/. Così sia.

    da Card. A. I. Schuster O. S. B., Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul
    Messale Romano - III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del Redentore (La Sacra
    Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma, 1933, p. 218-222."





    https://www.stabatmater.info/italian/




    "Venerdì Santo - Passione del Signore" Di Colombo da Priverno nel forum Cattolici"
    https://forum.termometropolitico.it/...l-signore.html
    "Chi ha ucciso Nostro Signore Gesù Cristo?" Di Sùrsum corda! (POL) nel forum Cattolici
    https://forum.termometropolitico.it/...su-cristo.html
    Venerdì Santo
    https://forum.termometropolitico.it/...su-cristo.html
    "Venerdì Santo" Di Guelfo Nero nel forum Tradizione Cattolica
    Venerdì Santo




    Guéranger, L'anno liturgico - Venerdì Santo
    http://www.unavoce-ve.it/pg-venerdisanto.htm





    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

 

 

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