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  1. #1
    ___La Causa del Popolo___
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    Predefinito Giù le mani dal Venezuela!

    http://http://www.lintellettualediss...dal-venezuela/


    Giù le mani dal Venezuela!
    Media internazionali, governi avversari e rivali politici interni: la Repubblica Bolivariana è sotto assedio. Tra sentenze cruciali e incertezze, l’esecutivo di Nicolas Maduro si barcamena per risolvere la grave crisi del Paese in una situazione di perenne instabilità e di reiterate tensioni, acuite dall’operato di un sistema informativo praticamente a senso unico.
    di Andrea Muratore - 3 aprile 2017

    Nelle ultime, roventi giornate, il Venezuela ha conosciuto una strenua riacutizzazione della sua crisi politica interna ed è, nuovamente, finito sotto il fuoco della grande informazione mainstream e divenuto oggetto di macroscopiche ingerenze straniere nei suoi equilibri istituzionali interni. La storia dell’approccio dei mass media nostrani al Paese nativo del “socialismo del XXI secolo” e del populismo latinoamericano è la storia di una colossale distorsione della realtà che, oramai, perdura da quindici anni, dai decisivi giorni del golpe contro Chavez dell’aprile 2002, in cui governi e mezzi d’informazione occidentali proclamarono a gran voce il loro disappunto per il successo del legittimo governo di Hugo Chavez contro i golpisti guidati dal Presidente della Confindustria Pedro Carmona, figlio della straordinaria reazione popolare raccontata dal lungometraggio La Rivoluzione non sarà teletrasmessa degli irlandesi Kim Bartley e Donnacha Ó Briain. Oggi, a essere accusato di “golpe strisciante” dai pionieri della demonizzazione del Venezuela bolivariano, tra cui si segnala in testa al gruppo l’immancabile Repubblica, è la stessa amministrazione del Presidente Maduro: l’accusa mossa al delfino di Hugo Chavez, infatti, è di aver mirato ad accentrare tutti i poteri nelle sue mani dopo che, tra le giornate del 28 e del 29 marzo, il Tribunal Supremo de Justicia (TSJ), la Corte Suprema del Paese, ha duramente sanzionato l’Asemblea Nacional, il Parlamento venezuelano controllato dall’eterogenea opposizione della Mesa de la Unidad Democratica (MUD).

    Il TSJ “ha deciso di avocare a sé le funzioni del Parlamento, considerato en desacato (“in ribellione”) dal 5 gennaio 2016”, ha scritto Geraldina Collotti su Il Manifesto, “per aver voluto accreditare tre deputati dello Stato Amazonas, la cui elezione – a dicembre del 2015 – era stata annullata per frodi comprovate”.

    A partire dal 30 marzo scorso, di conseguenza, Maduro avrebbe avuto in mano la possibilità di attivare l’Articolo 323 della Costituzione e di operare la transizione temporanea dei poteri in mano al supremo organo di tutela dello Stato, il Consiglio di Difesa della Nazione. Una mossa che avrebbe rappresentato una totale rottura del governo chavista con l’opposizione ma che, al contempo, avrebbe avuto il supporto della legge costituzionale venezuelana: a sedici mesi dalla sua entrata in vigore, nel dicembre 2015, l’attuale Parlamento di Caracas è stato sfruttato dall’ala oltranzista della MUD per portare avanti una crociata unilaterale contro il governo di Maduro e, a più riprese, si è trasformato nella cassa di risonanza di forze politiche reazionarie come il movimento Voluntad Popular, che ne hanno completamente egemonizzato il dibattito interno, promuovendo ripetute richieste di impeachment contro il Presidente in oltraggio alle leggi fondamentali del Venezuela. Nello scorso mese di ottobre, su L’Intellettuale Dissidente, si era parlato di come il governo di Caracas avesse gettato ponti, con l’intermediazione del Vaticano, verso l’ala dialogante dell’opposizione, rappresentata da personalità come il Segretario Generale della MUD Jesùs Torrealba, procedendo al tempo stesso a premunirsi da un’eventuale escalation delle tensioni: a diversi mesi di distanza, il muro contro muro istituzionale prosegue, e se da un lato Maduro, nonostante una ritrovata verve e un inusitato spirito d’iniziativa, continua a essere figura divisiva e controversa, dall’altro il massimalismo della MUD ha portato la coalizione di opposizione a dilapidare il potenziale politico insito nella travolgente affermazione alle elezioni legislative del dicembre 2015, la quale lungi dal rappresentare la Notte di Valpurga del chavismo ha avviato una fase di instabilità istituzionale di cui tuttora non si intravede la via d’uscita.

    L’attivazione dell’Articolo 323 non avrebbe in alcun modo apportato benefici alle politiche del governo di Caracas: essa avrebbe ulteriormente infervorato il frondismo della MUD e, al contempo, pregiudicato qualsivoglia di possibilità di riconciliazione nel mondo politico venezuelano. La scelta di Maduro, ribadita nella riunione straordinaria del Consiglio di Difesa della Nazione del 31 marzo, è stata assolutamente conciliante: il Presidente, e il Consiglio da questi presieduto assieme a lui, ha invocato la concordia istituzionale e invitato il TSJ a rivedere il suo verdetto circa la condanna inflitta al Parlamento che, contrariamente a quanto riportato da buona parte dei giornali italiani, non era stato in alcun modo “dissolto” od “esautorato”, come giustamente ricordato dal corporate media latinoamericano TeleSur.

    La riunione straordinaria del Consiglio di Difesa della Nazione del 31 marzo scorso.

    A oltre un anno dalla constatazione dei brogli elettorali dello Stato di Amazonas, una sentenza del genere circa l’incostituzionalità dell’azione dell’Asamblea Nacional era prevedibile e nell’aria. Il fatto che il governo abbia preferito la linea morbida, certificata dal nuovo verdetto del TSJ che, a detta del suo Presidente Maikel Moreno, porterà il Parlamento a ritrovarsi in ogni caso sotto un continuo controllo di legittimità, è giustificabile, oltre che con la volontà di mantenere aperta la via del dialogo, anche con l’esistenza di ulteriori, delicate problematiche che il Venezuela si trova a dover urgentemente affrontare. In primo luogo, è utile segnalare come il ricorso che aveva portato allo scavalcamento dell’Asamblea fosse stato promosso dall’ente petrolifero di Stato PDVSA e fosse legato a una delibera da questa adottata in completa opposizione a un decreto del governo che consentiva la costituzione di joint ventures tra PDVSA stessa e società straniere: un passo verso la razionalizzazione dell’ampio apparato economico statale e una premessa per la diversificazione sistemica che, oggigiorno, rappresentano le riforme più importanti per il futuro del Venezuela, per la cui introduzione in futuro l’esecutivo dovrà necessariamente trovare un modus vivendi con settori dell’opposizione.

    Inoltre, l’attivazione dell’Articolo 323 avrebbe portato il governo di Caracas ad essere esposto al fuoco incrociato dell’ala radicale della MUD e dei suoi sostenitori internazionali, attualmente rappresentati dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e personificati dal suo Segretario Luis Almagro, il quale negli ultimi mesi si è più volte lanciato lancia in resta contro la Repubblica Bolivariana, perorandone in continuazione l’esclusione dal consesso e venendo supportato, in questa sua istanza, dallo stesso Presidente dell’Asamblea Nacional Julio Borges!
    Delcy Rodriguez, Ministro degli Esteri del Venezuela, parla al summit OSA di Santo Domingo del 15 giugno 2016. Negli ultimi mesi, la Rodriguez è stata perennemente sugli scudi in difesa della Repubblica Bolivariana, avendo a più riprese scontri accesi col segretario dell’OSA Luis Almagro.

    Negli ultimi mesi, la Rodriguez è stata perennemente sugli scudi in difesa della Repubblica Bolivariana, avendo a più riprese scontri accesi col segretario dell’OSA Luis Almagro.

    Mentre il Presidente boliviano Evo Morales, unico reduce della “prima ondata” di leader del “socialismo del XXI secolo”, ha fortemente criticato le politiche dell’OSA e difeso l’alleato venezuelano, alla pari di quanto fatto dagli altri Paesi ALBA, il Dipartimento di Stato di Washington, guidato dall’ex CEO di Exxon-Mobil e tenace avversario della Repubblica Bolivariana Rex Tillerson, ha nuovamente operato un’aperta ingerenza nella politica del Paese chiedendo lo svolgimento, nel più breve tempo possibile, di una tornata elettorale in Venezuela. Spiace vedere l’Europa accodarsi al conformismo proveniente da oltre Atlantico e unirsi in maniera acritica al coro dei critici del Venezuela: il Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, non nuovo a esternazioni infelici sul Paese, ha infatti espresso solidarietà a Julio Borges, da tempo tra i principali oltranzisti della MUD e tra i principali fautori della crisi istituzionale della nazione. Voce fuori dal coro la sola Russia, che ha criticato le continue ingerenze straniere in Venezuela e invitato a un atteggiamento costruttivo i principali attori internazionali: è nuovamente da Mosca che vengono le principali garanzie di difesa del mondo multipolare, e in casi del genere bastano anche dei semplici, ma significativi statement a dimostrarlo. Parole che possono essere lette come un messaggio chiaro: giù le mani dal Venezuela, giù le mani da un Paese che, tra crisi economica, conflittualità interne e cecchinaggio politico-mediatico sistematizzato, oggigiorno si trova di fronte a una fase storica cruciale per preservare i frutti del primo quindicennio della Rivoluzione Bolivariana, così duramente messi a repentaglio nell’ultimo triennio.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
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  2. #2
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    Predefinito Re: Giù le mani dal Venezuela!

    Crisi politica in Venezuela, Mosca avverte Occidente: non aggiungere benzina sul fuoco © Sputnik. Maksim Blinov

    Con le loro dichiarazioni e azioni, le forze esterne non dovrebbero aggiungere "benzina sul fuoco" sulla crisi politica venezuelana, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

    Ha riferito che a Mosca parte dal presupposto che "qualsiasi decisione delle autorità e delle forze politiche e sociali dovrebbe attenersi alla Costituzione del Paese ed essere conforme ad essa."

    Secondo la portavoce del dicastero diplomatico russo, occorre instaurare un dialogo politico interno costruttivo per evitare un'ulteriore escalation del confronto.

    "Sottolineiamo ancora una volta: è imperativo che la logica del dialogo superi la logica del confronto. Le forze esterne non dovrebbero con le loro dichiarazioni e azioni aggiungere "benzina sul fuoco" tra le parti in conflitto in Venezuela. Siamo convinti dell'inviolabilità del principio della non ingerenza negli affari interni e della correttezza delle sagge parole di uno dei grandi politici sudamericani: "il rispetto dei diritti degli altri è la pace," — ha sottolineato la Zakharova.

    https://it.sputniknews.com/politica/...za-Maduro-USA/
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  3. #3
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    Predefinito Re: Giù le mani dal Venezuela!

    Ma che Succede Davvero in Venezuela?
    Bosque Primario 4 aprile 2017 , 7:47 Notizie dal Mondo, Opinione 43 Commenti 4,246 Viste

    DI JORGE MARTIN

    Information Clearing House

    “C’è stato un colpo di stato in Venezuela! Maduro ha preso tutto il potere!” Solo pochi giorni prima del 15° anniversario del colpo di stato – di breve durata – contro il presidente democraticamente eletto Chavez (11-13 aprile 2002), quelli che fecero quel colpo di stato (l’oligarchia venezuelana, i capi di Washington, i loro leccapiedi di Buenos Aires, Brasilia, Santiago del Cile e Lima e tutto quel pacco di lupi mediatici plaudenti da Madrid agli USA) hanno cominciato a gridare come iene contro un presunto “auto golpe” fatto dal presidente Maduro.

    Quali sono i fatti? La causa immediata che ha scatenato questa ipocrita protesta è la sentenza della Corte Suprema di Giustizia (TSJ) che il 29 marzo ha detto che constatato il comportamento oltraggioso dell’Assemblea Nazionale verso la Corte Suprema di Giustizia , la TSJ d’ora in poi, assumerà in proprio i suoi poteri e li eserciterà direttamente o li farà esercitare da un altro potere da determinare . Immediatamente, il presidente dell’Assemblea Nazionale, Julio Borges, ha definito questa decisione un “colpo di Stato” e il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, Luis Almagro, l’ ha descritta come un “auto-colpo-di-stato” e ha chiesto la convocazione urgente del Consiglio Permanente dell’OSA per mettere in moto la procedura della Carta democratica contro il Venezuela. Il governo peruviano ha deciso di ritirare il suo ambasciatore dal Venezuela.

    Quali sono le radici di questa sentenza?

    Da quando l’opposizione di destra ha vinto le elezioni dell’Assemblea Nazionale nel mese di dicembre 2015, si è innescato un aspro conflitto tra i diversi poteri dello Stato. Già alla fine di dicembre 2015, la TSJ aveva stabilito che c’erano state irregolarità nelle elezioni dei deputati nello stato di Amazonas e aveva dichiarato nulle le elezioni e ordinato di ripeterle. Sono state presentate le prove che politici dell’ opposizione erano stati coinvolti nella compravendita di voti con effetti determinanti per l’elezione di quattro deputati, due dell’opposizione, uno del PSUV e un altro eletto nella lista indigena (anche lui sostenitore dell’opposizione). Il fatto è che questi tre deputati dell’opposizione sono fondamentali perché con la loro presenza l’opposizione ha una maggioranza dei due terzi e quindi gode di poteri molto ampi. L’Assemblea Nazionale si è rifiutata di obbedire all’ordine della TSJ e, nel mese di gennaio 2016, ha fatto giurare i tre deputati della Amazonas. Anche in questo caso la TSJ ha dichiarato l’atto nullo e in violazione della sua precedente sentenza. L’Assemblea Nazionale è tornata indietro ma poi a luglio, ha fatto giurare di nuovo i tre deputati. Nel mese di agosto 2016, la TSJ ha dichiarato che la Presidenza del Consiglio dell’Assemblea Nazionale ed i deputati dell’opposizione erano in oltraggio alla corte per aver violato due delle sue sentenze.

    Continuando nella escalation del conflitto istituzionale, nel mese di ottobre 2016, l’Assemblea Nazionale ha votato una procedura per un aprire un “processo politico” al presidente Maduro ed anche un procedimento per dichiarare che Maduro aveva “abbandonato il suo incarico”. Tra le motivazioni addotte per queste procedure c’era l’affermazione che Maduro non è cittadino venezuelano e quindi non è in condizioni di essere presidente (!!). Infine nel mese di gennaio 2017, l’Assemblea Nazionale ha dichiarato che il presidente Maduro aveva davvero “abbandonato il suo incarico”. Come si può essere accusati di “abbandonare il proprio incarico” e – allo stesso tempo – “avere il potere di mettere in atto un colpo di stato”, nessuno lo sa. L’Assemblea Nazionale, inoltre, ha invitato l’Organizzazione degli Stati Americani ad invocare la sua Carta democratica contro il Venezuela, invitando così le potenze straniere a violare la sovranità venezuelana, cosa questa che rivela chiaramente il carattere dell’oligarchia venezuelana. Ma il tentativo di utilizzare la Carta Democratica è stato bocciato dalla OEA, malgrado le minacce dirette di Washington verso un certo numero di paesi membri.

    Alla fine, il governo ha chiesto alla TSJ se fosse necessario chiedere alla Assemblea Nazionale di ratificare la sua decisione sulla creazione di joint venture nel settore petrolifero e la TSJ ha risposto con una sentenza del 29 marzo, in cui afferma che, dal momento che l’Assemblea Nazionale è in stato di oltraggio alla corte e non ha preso alcuna azione per porvi rimedio, il governo non ha il dovere di inviare le proprie decisioni alla Assemblea Nazionale e che la TSJ ha assunto i poteri decisionali della Assemblea Nazionale e che li eserciterà direttamente o attraverso qualsiasi altro organo di potere che potrà decidere. Questa sentenza era stata preceduta di un giorno da un’altra sentenza in base alla quale la corte – la TSJ – aveva stabilito che dal momento che l’Assemblea Nazionale era in oltraggio alla corte, i suoi membri non hanno nessun diritto a godere della immunità parlamentare.

    Se l’opposizione dell’Assemblea Nazionale avesse voluto utilizzare veramente i propri poteri, sarebbe bastato che rispettasse la sentenza della TSJ sui tre deputati della Amazonas e che cominciasse a legiferare, ma l’opposizione non è interessata solo a legiferare, ma piuttosto vuole creare un incidente quanto più grande sia possibile, per giustificare la cacciata di Maduro dalla presidenza.

    Dobbiamo opporci a quella campagna ipocrita di chi fece un vero un colpo di stato in Venezuela nel 2002, che ora vuole cacciare Maduro dal potere e chiedere l’intervento straniero contro il Venezuela. Se questi dovessero raggiungere i loro obiettivi, sono chiare le conseguenze cui si andrebbe incontro: tutte le conquiste della rivoluzione bolivariana sarebbero distrutte, le missioni sociali abolite, le aziende e i terreni nazionalizzati, sarebbero tutti restituiti ai loro ex proprietari, il diritto al lavoro sarebbe abolito consentendo licenziamenti di massa nello stato e nelle imprese private, le pensioni di vecchiaia massicciamente tagliate, l’assistenza sanitaria e l’istruzione tagliate e comincerebbe un vero e proprio assalto ai diritti democratici fondamentali. Se qualcuno dubita di questo, basta che dia uno sguardo alle prime misure adottate dai governi di destra che sono ritornati ​​al potere in Argentina e in Brasile. In Venezuela, sarebbe dieci volte peggio.

    Comunque, questa non è solo una questione di chi abbia ragione o chi abbia torto sotto il profilo giuridico o dal punto di vista procedurale. Come tutte le questioni fondamentali della società, questa storia si risolverà sulla base di chi ha in mano il vero potere reale, in termini di forze armate e/o mobilitazione di massa della gente per le strade, in modo da poter far saltare il potere statale. Al momento non sembra che l’opposizione reazionaria abbia questa forza. Ha fatto continui appelli perché l’esercito si muova “a difesa della Costituzione” (leggi: per rimuovere Maduro), ma finora sono caduti tutti nel vuoto. I recenti tentativi di portare la gente nelle strade a settembre e ottobre 2016 hanno annaspato per mancanza di una strategia chiara e decisa. Alcuni dei leader dell’opposizione hanno provato a indire una marcia sul palazzo presidenziale di Miraflores, ma quando è arrivato il giorno, hanno fatto marcia indietro, provocando rabbia e demoralizzazione sui loro seguaci.

    Le Concessioni ai capitalisti minano la rivoluzione

    Gli annunci di Maduro sulle concessioni al raggio di azione dei capitalisti, andando oltre alle questioni giuridiche e istituzionali, ci fa chiedere che cosa stia facendo il governo di Maduro con il suo potere? Quale sia la sua strategia.

    Pochi giorni fa, Nicolás Maduro ha fatto una serie di dichiarazioni alla fiera Expo Venezuela Potencia 2017 , che non lasciano dubbi sul fatto che la sua strategia vada nella direzione di fare concessioni sempre crescenti ai capitalisti, nazionali ed internazionali. Ha respinto quella che ha definito era una “sporca campagna che dice che guardiamo al modello comunista e che respingiamo le imprese private”. Al contrario, ha detto, “il 90% dell’economia è in mano delle aziende private” (In realtà quello che intendeva dire è che il 90% di tutte le società sono in mano a privati, ma queste rappresentano tutte insieme una piccola percentuale dell’economia.) Poi ha annunciato altre concessioni ai capitalisti, nazionali ed esteri, concedendo prestiti dalle banche statali, sia in Bolivar che in dollari, e liberalizzando maggiormente i controlli sul cambio per consentire alle aziende private un più facile accesso ai dollari (che provengono dai profitti dell’industria petrolifera).

    Queste dichiarazioni e queste azioni hanno provocato rabbia e disagio soffusi tra le fila del movimento bolivariano e costituiscono una continuazione e un rafforzamento della politica che il governo Maduro ha seguito da quando è stato eletto: rispondendo agli attacchi dell’opposizione in campo politico e istituzionale, e concedendo sempre più spazi ai capitalisti in campo economico.

    Questa è una politica che porta direttamente al disastro. L’economia venezuelana è in una crisi profonda, con iperinflazione, gravi carenze di prodotti alimentari essenziali e di farmaci ed una paralisi della produzione. Questa crisi è il risultato, in ultima istanza, della ribellione delle forze produttive – che continuano a muoversi con le regole del mercato capitalistico – contro tutti i tentativi del governo di regolamentarle con il controllo dei prezzi e controllando il cambio. Il tutto aggravato e moltiplicato dal crollo del prezzo del petrolio sul mercato mondiale. Di fronte alle forti limitazioni delle riserve di valuta forte e dei proventi del petrolio, il governo ha dato priorità al pagamento del debito estero rispetto alle importazioni, che sono state gravemente tagliate, aggravando maggiormente la scarsità di beni nel paese. Allo stesso tempo, per pagare per il bilancio dello Stato, che opera con un deficit pari al 15-20% del PIL si è fatto ricorso a una politica che stampa nuova moneta, cosa che a sua volta ha portato alla iperinflazione.

    Quello che è fallito in Venezuela non è il socialismo, che non è mai esistito, ma piuttosto, il tentativo di regolare l’economia capitalista con un intervento dello Stato che vorrebbe farla funzionare con benefici per la maggioranza della popolazione.

    Ci sono solo due modi per uscire da questa crisi economica: uno è quello di cancellare tutte le norme e consentire al mercato capitalista di funzionare “normalmente”, il che significherebbe che i lavoratori saranno costretti a pagare tutto il prezzo della crisi e questa è la direzione verso cui si sta progressivamente avviando il governo di Maduro. L’altro modo sarebbe espropriare i capitalisti e gestire l’intera economia sulla base di un piano democratico di produzione che possa soddisfare i bisogni della popolazione, e allo stesso tempo fare un appello internazionalista a operai e contadini della regione per venire in aiuto alla rivoluzione e per sconfiggere i tentativi delle classi dirigenti che vorrebbero distruggerla. Questo significherebbe far pagare la crisi ai capitalisti.

    La continuazione di questa politica del governo non farà altro che aggravare la crisi per la gente che lavora, erodendo ancor di più il supporto delle masse bolivariane. Il governo stima che quest’anno i prezzi del petrolio saliranno fino a 70 a 80 dollari al barile, cosa che produrrebbe quel margine necessario per gli investimenti nei programmi sociali, permettendo anche un recupero di appoggio popolare. Dopo di che potrebbe indire le elezioni in condizioni migliori. Ma questo è un sogno irrealizzabile. I prezzi del petrolio sono saliti leggermente dopo che l’OPEC e la Russia hanno tagliato la produzione, ma quando i prezzi del petrolio sono aumentati, il fracking è diventato di nuovo redditizio negli Stati Uniti, facendo così aumentare la produzione globale del greggio e abbassare nuovamente i prezzi.

    Come combattere l’offensiva dell’imperialismo e dell’oligarchia

    Se vogliamo essere sinceri, questa politica del governo rappresenta un tradimento dell’eredità del presidente Chavez. Nei suoi ultimi discorsi prima della sua morte, il Golpe de Timón e il Plan de la Patria Socialista, Chavez sottolineò due idee chiave: a) siamo ancora in un’economia capitalistica e dobbiamo andare verso il socialismo b) dobbiamo distruggere lo stato borghese e sostituirlo con uno “stato comune” ( basato sulle Comuni socialiste). Pur con tutti i limiti possibili, queste erano le idee giuste.

    L’attuale leadership del movimento bolivariano e il governo Maduro si sono spostati nella direzione opposta: in campo economico stanno facendo sempre più concessioni ai capitalisti, mentre nel campo politico hanno soffocato tutte le vie di partecipazione popolare al controllo dei lavoratori, sulle gerarchie e sul potere.

    Indipendentemente dalle loro reali intenzioni, dobbiamo dirlo chiaramente: questi politici porteranno direttamente alla sconfitta della rivoluzione bolivariana e alla presa del potere da parte dell’opposizione borghese. Questo sarebbe un disastro e per evitarlo dobbiamo riprendere la lotta per il socialismo, contro lo Stato borghese.

    Di fronte all’assalto dell’imperialismo e dei capitalisti venezuelani, quale può essere il modo più efficace per combatterli?

    Prima di tutto, il Venezuela dovrebbe rompere le relazioni diplomatiche con Washington che è il paese guida e che coordinare questa campagna. In secondo luogo si dovrebbe espropriare tutte le proprietà delle aziende multinazionali di qualsiasi paese sia coinvolto in questa grave forma di interferenza nella sovranità nazionale venezuelana. In terzo luogo, si dovrebbe espropriare le proprietà dell’oligarchia venezuelana, che ha costantemente complottato contro la volontà del popolo negli ultimi 15 anni. In quarto luogo, si dovranno formare dei comitati anti-imperialisti e anti-capitalisti di operai, soldati e contadini in ogni azienda, fabbrica, caserma e nelle campagne. Questi comitati dovranno essere armati e fare in modo che i lavoratori vigilino contro il sabotaggio dell’oligarchia. Infine, la rivoluzione bolivariana dovrebbe fare appello ai lavoratori e ai contadini dell’America Latina e alla classe operaia del mondo perché venga in suo aiuto e blocchi i tentativi dei governi reazionari che vogliono intervenire contro la rivoluzione.

    Questa è l’unica politica che può garantire la difesa della rivoluzione.



    Jorge Martin

    FONTE: https://comedonchisciotte.org/ma-che...-in-venezuela/
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  4. #4
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    Predefinito Re: Giù le mani dal Venezuela!

    "Caccerò Maduro". Trump ordina, la destra golpista venezuelana esegue

    «Trump è il vero difensore del popolo venezuelano», Lilian Tintori al ritorno dagli Usa

    di Geraldina Colotti* - Il Manifesto

    «Caccerò Maduro dalla presidenza del Venezuela e Cabello andrà in galera come narcotrafficante». Parola di Trump, per bocca del suo segretario di Stato, Rex Tillerson.

    Per il governo Usa, il Venezuela bolivariano è «una calamità», da ridurre a più miti consigli con l’intervento dei paesi latinoamericani e dell’Osa, diretta da Almagro. Quest’ultimo ha assunto il punto di vista del padrino nordamericano e delle destre venezuelane, che per questo lo hanno insignito a Miami dell’«ordine dell’esilio».
    Intanto, in Venezuela sono ripartite le violenze dei «guarimberos» sul modello delle «rivoluzioni colorate»: attacchi alle scuole pubbliche, agli edifici pubblici, aggressioni ai giornalisti, filo spinato per sgozzare chi torna in moto dal lavoro, strade cosparse di olio e chiodi a tre punti, esplosivi e bombe. E perfino accuse a Maduro di aver sganciato gas tossici. Anche per Caracas è in marcia il «modello libico», ma per la grande stampa internazionale funziona un racconto al contrario, come già accadde durante le violenze del 2014 (43 morti e oltre 800 feriti): quello di «pacifici manifestanti» in lotta per la libertà contro una feroce dittatura.

    Nel 2014, i danni al centro di Caracas sono stati ingenti. Da allora, le manifestazioni a rischio vengono dirottate nei quartieri dell’est, governati dalle destre. In questi giorni, «i guarimberos» hanno però deviato dal percorso, forzando i cordoni di polizia con l’intenzione di provocare incidenti. Inoltre, hanno attaccato e dato alle fiamme la sede del Tribunal Supremo de Justicia, che si trova nello stato di Miranda, governato dall’ex candidato presidenziale e leader di Primero Justicia, Henrique Capriles. Quest’ultimo è stato inabilitato per 15 anni da una condanna in prima istanza per finanziamento illecito, ma ha annunciato ricorso (ha tempo 15 giorni). Anche gli uffici di Capriles sono stati dati alle fiamme durante gli scontri tra opposte fazioni.

    Il chavismo ha portato in piazza un fiume di sostenitori ma l’opposizione ha deciso di proseguire con le proteste violente anche nella settimana di Pasqua. Ad accompagnarle, giovani e meno giovani delle classi medie e medio-alte che recavano cartelli contro la scuola pubblica e le istituzioni. Maduro ha nuovamente invitato al dialogo, in corso sotto l’egida della Unasur e del Vaticano e si è detto sicuro che nelle prossime elezioni regionali e comunali il chavismo risulterà vincitore.

    Anche in una situazione di guerra economica e sabotaggio – che ha evidenziato limiti e ritardi del paese petrolifero a fronte di una drastica caduta del prezzo del petrolio -, il Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) resta il primo partito: con un grande seguito popolare tra i settori tradizionalmente esclusi negli anni del neoliberismo. A 19 anni dalla vittoria di Chavez alle elezioni del dicembre 1998, il dibattito è vivace, dentro e fuori le istituzioni, come si è visto dopo la sentenza del Tribunal Supremo de Justicia (Tsj) riguardo alle decisioni del Parlamento governato dall’opposizione.

    Il Parlamento è solo uno dei cinque poteri costituzionali esistenti in Venezuela che l’Alta Corte si incarica di mantenere in equilibrio affinché nessuno prevarichi. Dopo la vittoria alle legislative del 2015, tre deputati dello Stato Amazonas sono stati invalidati per frode, ma hanno assunto comunque l’incarico. Il Tsj ha dichiarato il Parlamento in ribellione e ha considerato nulle tutte le leggi approvate.

    Una tensione giunta all’acme quando l’Assemblea nazionale ha richiesto all’unanimità le sanzioni contro il proprio paese e l’intervento degli Stati uniti, aprendo così la strada a una possibile invasione militare, sul modello di quanto avvenuto in Libia, in Iraq, in Siria… Da lì e dal tentativo di bloccare il pagamento del debito estero bocciando un accordo petrolifero con la Russia, la decisione del Tsj, le critiche della Procuratrice generale, e il rientro di una parte delle sentenze, riviste dal Tsj. Altroché dittatura. Piuttosto un laboratorio pulsante e multiforme, un esperimento che tiene nonostante azzardi e approssimazioni.

    «Trump è il vero difensore del popolo venezuelano», ha dichiarato Lilian Tintori al ritorno dagli Usa. Tintori è la moglie di Leopoldo Lopez, leader del partito di estrema destra Voluntad Popular, in carcere per le violenze del 2014.In eterno litigio per la leadership, l’opposizione cerca di accreditarsi come unico referente con gli Stati uniti, mentre si profila la candidatura del miliardario Lorenzo Mendoza, proprietario della grande impresa Polar. Le elezioni presidenziali devono svolgersi nel 2018, ma l’opposizione preme per far cadere Maduro e riconsegnare il paese al baratro in cui era finito prima dell’arrivo di Chavez: con la stessa ricetta che stanno applicando Macri in Argentina, Temer in Brasile o Pena Nieto in Messico. Paesi che di certo non possono dar lezione di diritti umani, invece lo fanno, con l’appoggio di Almagro. E Tintori è stata di recente ricevuta anche in Messico da Nieto, ricevendone pubblico appoggio.

    «La difesa del Venezuela non è solo compito dei venezuelani», ha detto il ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez aprendo all’Avana il XV Consiglio politico dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America, fondata da Cuba e Venezuela. E i paesi del blocco regionale hanno respinto le ingerenze dell’Osa, ricordando che se cade il governo bolivariano si destabilizza tutto il continente.

    "Caccerò Maduro". Trump ordina, la destra golpista venezuelana esegue - World Affairs - L'Antidiplomatico
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  5. #5
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    Predefinito Re: Giù le mani dal Venezuela!

    Dove sono le macchiette democratiche antiTrump? Tutte a casa a farsi le seghe sintonizzati su Fox?
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

 

 

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