l'Italia non è mai stato un grande paese, dice Corrado in senso territoriale e soprattutto di unire tante signorie e quindi tante identità in Una sola nuova sovranità. Ma, se proprio vogliamo usare il non, il negativo, dovremmo dire un paese pieno di paradossi.
Il senso ultimo (se vogliamo dare ad esse un senso) delle grandi inchieste sui privilegi, la casta e degli (ad esempio) scandali delle comunità montane al livello del mare è che il particolare è paradosso. Guai a riconoscerlo, sarebbe il primo passo per "valorizzarlo", come primo argomento a scelta (cioè, che non ci siamo voluti).
Ecco ciò che mi ha detto il profeta: che è vissuto e ha predicato troppo presto per vedere l'affermazione degli Stati. Cristo (la particolarità, l'egoismo si combattono con l'universalità dell'allarme messianico, no? come dire, che il modo come siamo vissuti fino adesso non basta a salvarci) se vivesse (combattesse?) ora razzolerebbe male, con gli Stati la cui organizzazione inter(s)connessa corre più forte della sua Parola, di qualunque moral opposition (ecco, la Parola che sostituisce kombat, insieme a global che rende più trappola il tuo state of mind, state of the nation, angustia scarsità angoscia agonia, mindfulness, lonely smallness). Forse sarebbe sarcastico: "loro fine è il bene pubblico, loro mezzo il denaro". Ma è un dato di fatto, che tutti gli Stati scambiano i mezzi coi fini. Ma son piccole cose nel gran formicaio umano, e il loro fine è altro, imperscrutabile, "altro" da noi intesi come menti e viscere singole, perfino irrealizzabile se non ci fidiamo. E poi, fatto piú evidente negli Stati piccoli, Stati cerniera, Stati paradosso, quelli che vivono di Stato sono meno sensibili al prossimo (e anche al futuro prossimo: https://forum.termometropolitico.it/...assazione.html ). Piú chiusi. Più ti cancelliamo/cacciamo dal paradiso accentrante della nostra felice cerchia della legalità (concetto volatilissimo e sempre in evoluzione, sfuggente, refrattario alle definizioni e alla stessa Conoscenza).