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    Predefinito Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    A distanza di cinque anni, potrei riscrivervi lo stesso post: stesso sospiro di sollievo, stessa esultanza dei piddini, stessa retorica dell'"adesso si cambia sul serio"... Non lo scrivo perché questa volta lo ha fatto Marcello Foa (qui), e non credo ci sia moltissimo da aggiungere alla sua analisi.

    Vi ricordo che dopo la "svolta" di Hollande, da noi prontamente inquadrata come fasulla, all'Economist occorsero sei mesi per capire che aria tirava (la famosa copertina), e due anni dopo erano tutti d'accordo con noi: il compagno Hollande l'Europa non l'aveva cambiata (ci facemmo un altro QED, il 27°). È un po' desolante constatare quanto sia vero che la storia insegna ma non ha allievi. Di lezioni, da quanto è successo, se ne potrebbero trarre molte. L'elemento più interessante dal punto di vista politico è il suicidio della Le Pen in diretta televisiva nel corso del secondo dibattito. Io non so che dibattito abbiano visto molti di voi. Io ho visto quello in francese, nel quale fin dalle prime battute la Le Pen ha percorso una strada chiaramente inefficace. Non ho idea del perché l'abbia fatto. Temo però che la risposta sia sempre la solita: fare l'opposizione al proprio governo nazionale è un mestiere molto più comodo che non opporsi allo Zeitgeist. Sicuramente ha giocato un ruolo la scarsa preparazione nel campo determinante per orientare il voto (o la scarsa volontà di entrarci, magari determinata da una errata percezione delle priorità). L'analisi di Agénor sul blog di a/simmetrie mostra che le determinanti socioeconomiche erano state fondamentali al primo turno (e tali si poteva presumere che restassero al secondo). L'incapacità della Le Pen di spiegare cosa volesse effettivamente fare dell'euro, la sua incredibile inefficacia di approfittare delle tante palle "alzate" da Macron (quando questi ha ammesso l'esistenza di disoccupazione di massa, ci voleva tanto a chiarire che questa è funzionale al progetto europeo?), hanno determinato un risultato peggiore del prevedibile.

    Riusciranno i nostri leader, di qualsiasi colore, a capire che quello economico non è un tema residuale? Anche in Italia abbiamo evidenze analoghe a quelle raccolte da Agénor. Riusciranno a capire che dall'estero non arriverà la cavalleria a salvarli, ma, come ci ammonisce regolarmente Andrea Mazzalai, una nuova crisi alla quale, in queste condizioni, saremo costretti a rispondere con altri cinque punti di disoccupazione in più? Indipendentemente da questo, riusciranno a capire che le divergenze fra paesi membri e dentro i paesi membri sono destinate comunque a crescere, rendendo al tempo stesso più costosa (e quindi meno proponibile e sostenibile politicamente) un'Europa federale, e più probabile una disgregazione violenta, quando la polarizzazione dei redditi diventerà a sua volta politicamente insostenibile?

    Quello che qui non si può dire, Dani Rodrik a Harvard può permettersi di dirlo: "Gli economisti sanno da tempo che un tasso di cambio gestito male può essere disastroso per la crescita economica". Il suo contributo, suo di lui, di Rodrik, sarebbe quello di dimostrare che non solo un cambio sopravvalutato deprime la crescita, ma (udite, udite!) un cambio sottovalutato la stimola! Che novità! Qual è la conseguenza pratica, qui e ora, di questo brillante risultato teorico dimostrato utilizzando dati dell'universo mondo? Semplice! Siccome la moneta unica ha, per definizione, un valore intermedio fra quello delle economie più forti e di quelle più deboli, essa è debole per le forti (stimolandone la crescita) e forte per le deboli (ostacolandone la crescita). Questo ci spiegano i migliori ad Harvard: che la tendenza alla disgregazione reale dell'Eurozona, cioè alla divergenza delle sue economie (le migliori staranno meglio e le peggiori peggio), è oggettiva, e che non c'è nulla che possa renderla politicamente sostenibile, tranne la volontà dei paesi deboli di assoggettarsi in qualità di colonie alla potenza egemone (come è successo alla Grecia).

    Questo esito è politicamente proponibile? In particolare, agli USA farà comodo confrontarsi con un IV Reich?

    Io ho posto la domanda, e non sta a me dare la risposta. Lasciamone parlare i politologi. "A me col dolcificante, grazie!".

    Quanto a noi, vorrei solo riportare qui, brevemente, un cruscotto della situazione macroeconomica francese, per valutare se le tensioni che Macron si trova a dover gestire sono di un ordine di grandezza analogo a quelle che Hollande fronteggiava.

    Che Francia eredita Macron da Hollande?

    Partiamo dal solito grafico, quello dei saldi settoriali (spiegato mille volte a partire da qui), che nel caso francese avevamo considerato qui e qui (il secondo link è utile perché dà una presentazione succinta dello strumento e delle fonti dei dati). All'epoca dell'elezione di Hollande (maggio 2012) la situazione era abbastanza maiala (ma non nel senso di majalis), come ricorderete. Vi fornisco qui il grafico dei saldi settoriali tratto dalla versione aprile 2012 del WEO, con le previsioni a cinque anni (cioè ad oggi):



    Che capolavoro di wishful thinking! Per il Fmi, Hollande, facendo cambiare verso all'Europa, nel suo mandato avrebbe riportato tutti i saldi settoriali all'equilibrio: una correzione di circa 4 punti di Pil avrebbe riportato in equilibrio il deficit pubblico (risparmio netto negativo del settore pubblico, la linea arancione), mentre il risparmio netto del settore privato sarebbe anche lui diminuito (per effetto, si suppone, di una ripresa dei consumi e degli investimenti: è la linea blu), con una correzione di circa -2.5 punti di Pil, e così, essendo i settori interni in equilibrio finanziario, la Francia avrebbe smesso di importare capitali (la linea verde sarebbe scesa verso lo zero, con una correzione di -1.5 punti di Pil).

    I dati di oggi ci dicono che le cose non sono andate esattamente così. Prima di riproporvi il grafico a oggi (con il disegnino di quello che ci aspetta nel futuro) confronto con voi le correzioni dei saldi che il Fmi si attendeva nel 2012, con quelle che ci riporta nel 2017.


    La correzione del saldo pubblico è stata meno della metà di quella attesa, e la correzione del saldo estero pressoché inesistente, il che significa che la Francia continua a essere una importatrice netta di capitali dall'estero.

    Ma naturalmente cosa si aspetta il Fmi dal quinquennato di Macron? Questo:



    Ne traiamo due conclusioni. La prima è che lavorare al Fmi è una pacchia (soprattutto considerando che non è chiaro dove si paghino le tasse): quando devi fare una previsione, tiri una linea che va da dove sei arrivato allo zero, e fine lì! Altro che stimare equazioni, modelli, rompersi il capo sugli scenari politici...

    La seconda è quella del grafico precedente: Hollande ha lasciato la Francia (e in particolare il suo saldo estero) più o meno dove l'ha trovata. Non poteva fare diversamente, d'altra parte: le tendenze sono oggettive. Senza riallineamento del cambio, la competitività non migliora: e in assenza di miglioramento della competitività, la domanda estera manca, e bisogna supplire con l'altra fonte di domanda autonoma, il deficit pubblico. I due studi più recenti sul tema, quello di El-Shagi et al. (2016), che abbiamo visto qui, e quello di Durand e Villemot (2016), che trovate qui, stimano che l'euro per la Francia sia sopravvalutato dal 3.6% all'11% (a seconda dei metodi di calcolo). In entrambi i casi, più di quanto non lo sia per l'Italia.

    Naturalmente se accennate questa cosa agli esperti che frequentano certi blog, la risposta sarà una scrollata di spalle. "Ma come!" vi diranno: "Non vedete che i REER sono perfettamente allineati?" E vi mostreranno un grafico di questo tipo:




    nel quale gli errori principali sono tre. Il primo è che non ha senso includere lo zero nell'asse delle ordinate, perché in questo modo si "schiaccia" la dinamica delle variabili, che è esattamente quello che un indice deve mostrare. Il secondo è che la scelta della base crea una illusione ottica: se come base di un indice si prende l'ultimo anno del campione (o un anno vicino alla fine del campione), gli indici per forza di cose appariranno convergenti verso il valore 100 che arbitrariamente si dà loro nell'anno base (e che ovviamente non è - essendo arbitrario - un valore di "equilibrio").

    Basta però cambiare base (prendendola all'inizio del campione), e le cose si presentano in modo lievemente diverso:



    Qui risulta una persistente divergenza fra tassi di cambio effettivi reali, che vede quello italiano apprezzato rispetto a quello medio dell'Eurozona (RBXM), e quello tedesco deprezzato rispetto alla media e rispetto alla Francia, che nel quinquennato di Hollande non riesce a raggiungere (verso il basso) il proprio fratello coltello (la Germania). Nota che in entrambi i casi i dati dicono la stessa cosa: che dal 1994 al 2017 il cambio effettivo reale francese si è deprezzato del 14% e quello tedesco del 17% (cioè di più). Tuttavia la prima presentazione dei dati è involontariamente disonesta perché mira a suggerire una convergenza verso l'equilibrio che nel caso in questione è un mero artefatto grafico: non esiste infatti alcun motivo per il quale 100 possa essere considerato un valore di equilibrio (la disonestà è certamente involontaria perché, come i fatti dimostrano, normalmente chi parla di REER non sa di cosa stia parlando, non ha una preparazione specifica in economia, non ha esperienza di ricerca in economia internazionale, non ha idea di come funzionino i numeri indici e ignora in generale i rudimenti della statistica economica: quindi non può nemmeno essere disonesto, lui, mentre eventualmente si può pensare che ci sia un po' di slealtà intellettuale in chi gli dà un pulpito: ma questo è il mercato, che, come sapete, nel lungo periodo sa curare le sue storture!)

    Il terzo motivo per il quale il grafico degli esperti da bar in realtà dice poco è che se si parla di tensioni interne all'Eurozona non ha molto senso osservare il REER (real effective exchange rate), dato che questo esprime la competitività del paese rispetto a tutti i partner commerciali, e quindi risente anche di eventi "esterni" all'Eurozona, come la svalutazione dell'euro rispetto al dollaro (che non altera il rapporto valutario fra Francia e Germania). Sarebbe più utile osservare un RER bilaterale fra Francia e Germania (dove, appunto, manca la e di effective, perché quello che ci interessa non è l'effettivo - erga omnes - ma il bilaterale).

    Dati disponibili non ce ne sono, ma un'idea la si può ricavare rapidamente in due modi. Il primo è prendere il rapporto fra i cambi effettivi. Dato che il REER francese è Pf/Pw (prezzi Francia su prezzi mondo) e il tedesco è Pg/Pw (prezzi Germania su prezzi mondo), prendendo il rapporto di queste due grandezze Pw si semplifica e restiamo con Pf/Pg (i limiti di questo approccio ve li dico dopo). Se operiamo così, otteniamo un grafico di questo tipo:



    ed emerge chiara la tendenza "rivalutazionista" (per usare il termine introdotto nel dibattito da un brillante civil servant) della Francia, cioè la sua progressiva perdita di competitività rispetto alla Germania. Questa tendenza si interrompe nel 2012, in effetti (quindi Hollande qualcosa ha fatto: e in effetti in caso contrario non sarebbe stato tanto detestato!), ma probabilmente non abbastanza. Va anche detto che questo modo di calcolare il RER bilaterale ha qualche difettuccio. Ad esempio, siccome i REER sono calcolati in base ai prezzi al consumo, confondono prezzi di beni tradable (le automobili) e non tradable (il parrucchiere). In Germania i servizi (non tradable) hanno una produttività deplorevole, come qui sappiamo da tempo, quindi questo tipo di analisi rischia di far sembrare la Francia relativamente più competitiva di quanto non sia (cioè di sottostimare la sua perdita di competitività, sottostimando la competitività tedesca). Inoltre, per la Francia la Germania è un importante pezzo del "mondo" (e viceversa), per cui la semplificazione che vi ho proposto in realtà è un po' grossolana.

    Forse si può fare di meglio rapportando gli indici dei deflatori delle esportazioni di Francia e Germania. In questo modo si rapportano direttamente i prezzi che i due paesi praticano sui mercati esteri. Li possiamo ricavare dai World Development Indicators (nota tecnica: ho rapportato export in dollari correnti a export in dollari 2010 e poi preso il rapporto di questi due deflatori impliciti). In questo caso la storia si presenta così:



    Misurandolo meglio il quadro non cambia molto. Appare molto più evidente però da quando (e quindi perché) la Francia ha perso competitività. L'indice si impenna (cioè la competitività si deteriora) a partire dal 2003, cioè in buona sostanza, dall'entrata in vigore delle riforme Hartz, delle quali una volta solo noi sottolineavamo il potenziale distruttivo per gli equilibri europei (qui), mentre oggi ci assistono nel compito perfino gli esperti della Merkel! Anche qui si vede una correzione verso la fine, ma è difficile dire se si tratti o meno di una vera inversione di tendenza (i dati WDI disponibili arrivano solo fino al 2015).

    Il problema di competitività quindi esiste: lo mette in evidenza la letteratura scientifica, che può stimare il cambio di equilibrio analizzando i fondamentali, ma lo si intuisce anche da un'analisi informale dei dati, secondo la quale lo scarto fra cambio reale francese e tedesco si è allargato dalle riforme tedesche in poi. Se questa è la causa, quale potrà essere la cura? In teoria, sarebbe quella che propone Macron: riformare di più anche il mercato del lavoro francese.

    Esorterei però tutti quelli che si stanno riconzolando co l'ajetto della Schadenfreude a non farsi troppe illusioni. Macron difficilmente farà un bagno di sangue. Credo che abbia ragione il mio coautore francese preferito. Siamo in una pentola a pressione, e ora qualcuno ha aperto la valvola. Il vapore esce perché il cuoco tedesco non vuole saltare per aria. Prima della Brexit una Le Pen al secondo turno sarebbe stata salutata dal panico sui mercati. Dopo la Brexit il potere è diventato più furbo di così: evita di provocare un elettorato che ha imparato a ribellarsi (e che quindi viene vilipeso come ignorante e populista da Mariucce Antoniette di varia estrazione e professione).

    La mia valutazione, a oggi, non può che essere quella della scienza economica: le tendenze alla disgregazione sono lì, oggettive, e continuano a agire. Ma contare sul fatto che Macron dia una mano ad accelerarle potrebbe rivelarsi un errore. In altre parole, penso che, esattamente come nel precedente giro di valzer, occorreranno sei mesi all'Economist per capire che c'è qualcosa che non va, e due anni al resto del mondo per prenderne atto.

    L'unico elemento che potrebbe cambiare le carte in tavola (in un modo che personalmente non so valutare) sono le elezioni parlamentari (come ammonisce da tempo Mazzalai). Hollande poteva contare su una maggioranza parlamentare. Macron deve in qualche modo inventarsela, e fronteggia un'opposizione che almeno sulla carta dovrebbe essere agguerrita (nonostante il risultato molto meno brillante del previsto). Ma avere la mano meno libera nel redigere i compiti a casa è, almeno in prima battuta, una cosa che ostacola, anziché accelerare, l'acquisizione da parte dell'elettorato francese di una consapevolezza profonda su quale sia la condizione oggettiva della Francia e su cosa sarebbe necessario per ovviare a questa deprimente situazione.

    Non c'è che dire: l'anno è nato interessante, e interessante resta... purtroppo!


    Goofynomics: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi


    tra 5 anni i francesi saranno messi peggio e gli sta pure bene
    NO ALL'INVIO DI ARMI IN UCRAINA!!!

  2. #2
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    IMMIGRATI ? VERSANO SOLO 2.720€ E NE PRENDONO 13.479€: http://orizzonte48.blogspot.it/2015/...ati-degli.html

  3. #3
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    Quel "Telefonata di Monti : collaboriamo" col senno di poi ha portato una sfiga epocale

  4. #4
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    renzi ha telefonato a macrò ?
    IMMIGRATI ? VERSANO SOLO 2.720€ E NE PRENDONO 13.479€: http://orizzonte48.blogspot.it/2015/...ati-degli.html

  5. #5
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    I francesi non hanno avuto le palle di osare cambiare, come gli inglesi e gli americani. Peggio per loro...

  6. #6
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    Citazione Originariamente Scritto da Armonica Visualizza Messaggio
    Quel "Telefonata di Monti : collaboriamo" col senno di poi ha portato una sfiga epocale
    veramente, ora come ora hollande non riuscirebbe a raccogliere manco i voti del condominio suo
    in europa c'è chi paga e chi prende....


    http://www.europarl.europa.eu/news/i...i-stati-membri

  7. #7
    #Ciaone
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    Ma poi tra cinque anni ci sarà ancora il ballottaggio tra candidato europeista e candidato fasciocomunista populista rossobruno ammazzabambini, finché non si libera il sistema mediatico le possibilità di cambiamento sono nulle, ma all'orizzonte gli unici cambiamenti del sistema mediatico che si vedono sono quelli di una stretta sempre più forte contro l'informazione su internet.
    Mi sono rotta il cazzo dei giovani di sinistra, arrivisti, bugiardi, senza lode
    Gente che in una gara di idiozia riuscirebbe ad arrivare seconda

  8. #8
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    Adoro gli esperti bardati di grafici, che si mangiano gli economisti a colazione, insegnano finanza e sarebbero capaci di risollevare le economie con uno schioccare delle dita, ma che purtroppo non capiscono per nulla l'elemento umano essenziale in questa tornata presidenziale: MLP offriva sdegno, odio, malumore, aggressività... MLP frigna, geme. piagnuccola... quando pensa di essere irononica e sarcastica ride come una iene (ha perso il dibattito unicamente per il suo tono strafottente, ancora prima che per la scarsità degli argomenti economici), MLP è la Negatività assoluta, la negazione dei sogni e dunque dei progetti o proiezioni che si voglia. Macron era l'esatto contrario.

  9. #9
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    Con Macron peggiora l’austerità europea.
    La vittoria di Macron in Francia, malgrado la felicità delle forze antifasciste, è un boomerang per i lavoratori. E’ vero, c’era poco da scegliere. Rimane interessante il meccanismo di scelta dell’uomo “nuovo”. Rimane interessante come il capitalismo finanziario e bancario riesca a trovare l’uomo giusto della “provvidenza”. Anche al momento giusto. Anche gran parte dei giornalisti italiani che gestiscono i talkshow nostrani si sono posti la domanda. Dopo l’esperienza recente dell’ultimo “giovane” e ubbidiente leader stanno aspettando un “Macron italiano”. Sono aperte le scommesse affinché tutto cambi e niente cambi.

    Ma il voto francese ha un’altra connotazione: la scomposizione dei partiti tradizionali e soprattutto la sconfitta del partito socialista francese. Cioè di una fetta della sinistra, costretta a votare e far votare un uomo ambiguo che, uscito dalle proprie fila, si è accordato da solo con il neoliberismo, senza mediazione dello staff di Hollande. E ha vinto, con un programma di ultradestra, cioè anti-lavoratori. Il rimbalzo positivo di tutte le borse è più che indicativo. La gioia espressa dalla troika di Bruxelles, ma anche di Hollande, altrettanto. La Francia era il tassello più importante per poter continuare le “riforme” e avventurarsi in una Europa a due o più velocità, al fianco della Germania e contro tutti gli altri, una volta la Gran Bretagna fuori. La Merkel, che ha reso grande, se non imperialista il suo paese, è candidata per un quinto mandato alla cancelleria tedesca. Domenica prossima si vota nel più popoloso Land tedesco, il Nordreno Westfalia, e sarà la cartina di tornasole. Le destre europee non temono più i socialisti, anche quelli più che consenzienti al loro programma, perché ridimensionati dappertutto e ovviamente considerati ormai non alternativi ma semplici alleati. Cinque anni fa, in Francia, il PS aveva tutto: Eliseo, Assemblea, Senato, Regioni, Dipartimenti e grandi città. Tutto in fumo con Hollande. Un disastro annunciato. Come si poteva ricandidarlo?

    Domenica si è votato anche in un piccolo Land tedesco vicino alla frontiera danese, il Land dello Schleswig-Holstein dove la Cdu guidata da un giovane e quasi sconosciuto politico, il 43enne Daniel Guenther, ha sbaragliato la Spd del governatore uscente Torsten Albig. Cdu al 32%, la Spd perde 3 punti al 27,2%, terza forza i Verdi al 12,9%, seguiti dai liberali della Fdp all’11,5%; con il 5,9% anche i nazisti dell’AfD entrano quindi nel parlamento regionale. Resta fuori la Linke, sotto la soglia del 5%.

    L’altro elemento di grande importanza è stata l’astensione al 26% (12 milioni), aggiunta al 13% (4,2 milioni) di schede bianche e nulle. Diciamo che 40% dei francesi si sono espressi come la più grande forza del paese. 11 milioni di voti alla Le Pen, meno degli astenuti. Quindi Macron, un presidente “per difetto”. Quindi Macron deve convincerli per le politiche dell’11 e 18 giugno. Altrimenti sarà difficile governare senza maggioranza parlamentare e se coabitazione ci sarà i socialisti in declino sono già pronti ad aiutarlo e rimettersi in sella. L’ex candidata socialista alle precedenti presidenziali, Segolène Royal, ha già detto che “è arrivato il momento di lavorare assieme”. Sia Valls (Primo ministro) che Guillaume (Capogruppo Ps al Senato) hanno dichiarato: “Il PS è morto”. Lo stesso Macron, per gli eventuali ministri, ha lasciato delle caselle vuote. Certamente, senza un partito suo, l’impresa di governo diventa ardua per il movimento “En marche!”. Macron ha promesso di candidare per il parlamento almeno “la metà di volti nuovi”, e l’altra metà scelti tra “sinistra, centro e destra”. Per il momento ha solo 14 candidati e per la maggioranza parlamentare ce ne vogliono 289, e quindi probabilmente si preannuncia una coabitazione. Macron potrà accogliere nell’arca parecchi socialisti, visto che i sondaggi (in Francia straordinariamente precisi) danno quel partito ormai a 8/9%. In fase di implosione. Forse dietro Macron il PS, almeno nella sua oligarchica, potrebbe continuare a dare una mano alla troika di Bruxelles e ai suoi disegni futuri per l’Unione, in perfetta continuità e sintonia con lui.

    D’altronde l’avvoltoio Junker, presidente della commissione europea, ha immediatamente avvertito il ragazzo che la Francia si “esponeva a gravi rischi se non riusciva ad abbassare le sue spese e a ridurre strutturalmente il suo deficit”. Non c’era bisogno, il programma di Macron è proprio già in linea, ma ribadire puntualmente chi comanda non fa mai male.

    Insomma, la grande novità francese, un partito e un governo compatto di centro con conservatori e socialisti. Una “Grosse Koalitionen” più compatta e sotto un’unica sigla. Esempio e prossima ipotesi elettorale per Renzi e spezzoni di FI.

    Il quadro politico, come in tutta Europa, si sposta definitivamente a destra. La tecnica dell’impoverimento delle masse, dell’arricchimento dei pochi, dell’austerità strutturata definitivamente, non hanno portato ipotesi alternative. Anzi, desolatamente, hanno fatto crescere le destre promotrici. Gli stessi “conservatori” si sono trasformati in destre anti-lavoratori. Con il voto determinante di questi ultimi. Pensare che in Francia, con il suo programma, Macron li aveva anche avvertiti di ulteriore “sangue e lacrime”. “Trend di svalutazione complessiva del lavoro, taglio di 120.000 posti nel settore pubblico, ottimizzazione del sistema delle pensioni (!) e diminuzione della spesa statale al 52% del PIL”.

    Ma votare l’avventura Le Pen gran parte non se l’è sentita, anche se quest’ultima, che ha raddoppiato i voti della precedente tornata di 5 anni fa, (oggi 11 milioni) fa rimanere il FN primo partito di Francia. Il 3° turno saranno le politiche del mese prossimo.

    Politiche sicuramente frammentarie. I repubblicani, come tutta la sinistra, non si danno per vinti e si propongono di imbrigliare un presidente in fondo votato dal 20% dei francesi e che, al dunque, difficilmente avrà una maggioranza forte in parlamento. Se poi tutti gli anti-Hollande diventano anti-Macron? Quindi le prime settimane governerà per “decreto presidenziale”, forse fino a luglio, e ha poco tempo per i suoi “affondi”. Tipo?

    Ulteriore riforma del Codice del lavoro. Il fondatore di En Marche! (populismo di centro-destra, come in Spagna Ciudadanos), desidera semplificare il codice del lavoro dando più spazio alla contrattazione aziendale, o di settore, e reintroducendo il tetto agli indennizzi in caso di licenziamenti. Un progetto insomma che punta a una grande flessibilità nel mercato del lavoro e che va ben oltre la legge El Khomri, approvata di recente dal governo socialista (anzi direttamente per decreto da Hollande) e già oggetto di una pesante contestazione sociale.

    La riforma della scuola primaria. In così poco tempo? Beh sì, che ci vuole. Convintissimo di questa Europa, il suo primo viaggio sarà alla corte della Merkel per potenziarne l’azione e per impegnarsi nella “difesa comune”. Quindi come tutti utilizzerà parole roboanti per distinguersi (tecnica Renzi) poi abbasserà il capo, la Francia non sta proprio ben messa, quasi come noi. (Dixit Junker)

    Insomma tutto da vedere e capire, ma sicuramente dopo la terza tornata. Solo le prossime legislative daranno un senso alla situazione politica reale. E si capirà se è un presidente in trappola contro i partiti tradizionali sicuramente più strutturati e pronti a “vendicarsi”. Oppure è il “nuovo” che avanza.
    https://cambiailmondo.org/2017/05/10...erita-europea/
    Una Cina, una Yugoslavia, una Russia, una Corea, una Palestina, un'Irlanda. E zero USA

  10. #10
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    Predefinito Re: Cinque anni dopo: Macron e gli squilibri francesi

    Citazione Originariamente Scritto da Anita Visualizza Messaggio
    Adoro gli esperti bardati di grafici, che si mangiano gli economisti a colazione, insegnano finanza e sarebbero capaci di risollevare le economie con uno schioccare delle dita, ma che purtroppo non capiscono per nulla l'elemento umano .
    ovvero lo schieramento totale dei mass media a favore di Macron? Molto "Umano", LOL
    Una Cina, una Yugoslavia, una Russia, una Corea, una Palestina, un'Irlanda. E zero USA

 

 
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