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  1. #1
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Toledoth Yeshu - Una storia ebraica di Gesu' (l'anti-vangelo del Ghetto)

    UNA STORIA EBRAICA DI GESU’




    Il testo che segue è la traduzione italiana di una “Toledoth Yeshu”, pubblicata in inglese sul web all’indirizzo Toldot Yeshu da Alan Humm. Si può trovare stampata nel volume di Morris Goldstein Jesus in the Jewish Tradition, New York 1950, pp. 148-154. La traduzione italiana, corredata di introduzione e note, è ora stata pubblicata sul numero 1 anno 2002 della rivista "L'idea. Giornale di pensiero", edita da GEI editrice, Roma.

    Le Toledoth (da tradurre semplicemente come “storie” o "dicerie") sono un genere tradizionale ebraico di narrazioni relative spesso ad argomenti scritturali. In particolare, le Toledoth Yeshu sono racconti polemici che rivisitano la storia di Gesù e della nascita del Cristianesimo in chiave di derisione e condanna. I documenti risalgono al più presto al tardo Medioevo; più spesso sono inseriti in opere a stampa di età rinascimentale. Le tradizioni cui si riferiscono sono invece in parte assai più antiche, dovendo essere ricondotte alla prima polemica tra giudaismo e corrente giudeo-cristiana e successivamente alla difesa ebraica contro l’accusa di deicidio. Numerosi elementi narrativi riconoscibili in questa Toledoth sono già presenti nella polemica antigiudaica dei primi padri della chiesa (Tertulliano, Origene); altri episodi sono riscontrabili in testi di provenienza rabbinica, anch’essi databili ai primi secoli del Cristianesimo.



    Attiro l’attenzione dei lettori su alcuni aspetti che necessitano un approfondimento ed un tentativo di interpretazione:

    1. come avviene nella maggior parte dei testi ebraici sull’argomento, l’ambito cronologico della vita di Gesù viene retrocesso di più di un secolo, al tempo dell’ultimo grande re asmoneo, Alessandro Ianneo; in quell’epoca, sconfitti i Siriani e prima che si affermasse l’influenza romana, Israele era indipendente; le lotte religiose erano molto accanite. Alessandro perseguitò crudelmente i farisei (secondo la testimonianza di Giuseppe Flavio); gli successe la moglie Alessandra Salome (che il nostro testo chiama Elena).

    2. in mancanza dei Romani, gli Ebrei riconoscono la propria responsabilità nella condanna di Gesù, interpretandola come un atto secondo giustizia nei confronti di un empio e impostore. Anche questo è un elemento che ricorre già a partire dai primi secoli: gli Ebrei non hanno mai cercato, quanto meno fino ai tempi moderni, di rivendicare una loro estraneità alla morte di Gesù.

    3. gran parte degli episodi inclusi nella Toledoth possono essere letti come rovesciamenti capziosi di fatti narrati nei vangeli (canonici e non): così, in particolare:

    a) la negazione della nascita verginale,

    b) la capacità di Gesù quale operatore di miracoli, ottenuta con l’inganno,

    c) le dispute scritturali con i Dottori (probabilmente rabbini, quali successori dei farisei),

    d) la base primigenia del movimento cristiano in Galilea.

    Particolarmente interessante mi pare la citazione attribuita a Gesù della formula messianica contenuta nel salmo II: “Mio figlio sei tu; oggi ti ho generato”. Come è noto, questa formulazione non si trova nei vangeli canonici, (che conoscono la formula “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”) ma solo in Atti 133, dove però è chiaramente riferita alla Resurrezione, e nella Lettera agli Ebrei. E’ invece presente, riferita al battesimo di Gesù, nel vangelo apocrifo degli Ebioniti [1]. Si può quindi legittimamente pensare che sia proprio questo vangelo, anticamente in uso da parte di una corrente giudeo-cristiana presto dichiarata eretica dalla chiesa cattolica, ad essere la specifica fonte della citazione.


    --------------------------------------------------------------------------------

    [1] Il testo è perduto e sopravvive solo in alcune citazioni del padre della chiesa Epifanio nel Panarion, che lo definisce anche Vangelo degli Ebrei.


    Altri tratti narrativi non sembrano avere riscontro nella letteratura cristiana: si tratta probabilmente di elementi favolistici e tardi, ma non si può escludere che in parte derivino da tradizioni antiche delle quali non siamo più a conoscenza. Senz’altro antico è il nome “Pantera” o “Pandera” per il padre di Gesù, che si trova già in Celso (attribuito però ad un soldato romano) e in accenni di Origene alla genealogia di Giuseppe. Siamo probabilmente di fronte alla deformazione ingiuriosa del termine “parthenos” (= vergine in greco), per cui Gesù, da figlio della vergine diventerebbe “figlio della pantera”. Non è probabilmente lecito, anche se intrigante, pensare che dalla formula (polemica e anticristiana) Gesù ben Pantera sia sorta, per assonanza, l’immagine figurata di Gesù come pantera, leopardo o tigre, frequente nei bestiari medievali ed usata in epoca contemporanea da T. S. Eliot, sia in Gerontion che in Mercoledì delle Ceneri.

    4. fondamentale mi sembra l’insistenza del testo sulla discordia che l’azione di Gesù e dei suoi seguaci avrebbe creato in Israele; discordia che, nonostante l’uccisione dei discepoli, sarebbe continuata anche dopo la morte di Gesù, tanto da dover inventare un personaggio a mezzo tra Pietro e Paolo che avrebbe condotto, “a fin di bene” al distacco dei seguaci di Gesù dal giudaismo; il che, si noterà, fu proprio l’effetto che storicamente ebbe la predicazione paolina, ma interpretato come purificazione del giudaismo da una setta eretica. Ci troviamo qui evidentemente di fronte ad una giustificazione “provvidenziale” a posteriori del fatto che il movimento nato dalla predicazione di Gesù, pur avendo origine da un inganno e nonostante l’eliminazione dei discepoli, sia risultato a conti fatti vincente.



    In sostanza, le Toledoth Yeshu non apportano nulla di nuovo alla nostra conoscenza delle origini cristiane, ma sono una documentazione della risposta polemica giudaica ai ricorrenti attacchi provenienti da parte cristiana, almeno a partire dalla fine del I secolo, quando la frattura tra giudaismo e cristianesimo, con la marginalizzazione prima della setta dei nazareni e successivamente degli ebioniti, si fece definitiva. Benché si tratti di testi relativamente recenti, conservano senz’altro un nucleo antico, che per alcuni tratti si può pensare contemporaneo alla formazione dei vangeli canonici. A giudicare da questo ed analoghi testi, anche quelli più vicini ai fatti, che ci sono noti solo attraverso le allusioni di autori cristiani, non sembra che gli ebrei abbiano avuto una propria tradizione, autonoma e di “prima mano” riguardo alla figura di Gesù di Nazareth, ma piuttosto che si siano ingegnati, nel corso dei secoli, a replicare come potevano all’agiografia di fonte cristiana.



    Ulteriori notizie sull’interpretazione giudaica di Gesù, con riguardo alle testimonianze più antiche, si possono reperire in: F.F. Bruce, Gesù visto dai contemporanei - Le testimonianze non bibliche; Claudiana Editrice, 1989.



    N.B. le note al testo sono di Morris Goldstein se contrassegnate con (G); di Alan Humm se contrassegnate con (AH); mie , se senza sigla e a fondo pagina.





    (continua)



    Toledoth

  2. #2
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Toledoth Yeshu - Una storia ebraica di Gesu' (l'anti-vangelo del Ghetto)

    FRANK POWERFUL






    TOLEDOTH YESHU
    torna all'introduzione

    Nell’anno 3671 [circa 90 AC (G)] ai giorni di Re Ianneo, una grande sventura colpì Israele, quando dalla tribù di Giuda sorse un certo uomo malfamato di nome Giuseppe Pandera. Viveva a Betlemme, in Giudea.



    Vicino alla sua casa abitavano una vedova e la sua bella e casta figlia, chiamata Miriam. Miriam era promessa a Giovanni[1], della stirpe reale di David, un uomo istruito nella Legge e timorato di Dio.



    Alla fine di un Sabbath, Giuseppe Pandera, bello e in apparenza simile a un guerriero, avendo ammirato Miriam con lussuria, bussò alla sua porta e la ingannò, fingendo di essere il suo promesso sposo, Giovanni. Anche così, ella fu stupita da questa cattiva condotta e si sottomise soltanto controvoglia [2].



    Più tardi, quando venne da lei Giovanni, Miriam si lamentò del suo comportamento, così diverso da quello consueto. Fu così che i due si resero conto del misfatto di Giuseppe Pandera e del terribile sbaglio da parte di Miriam. In seguito a ciò, Giovanni andò dal maestro Shimeon ben Shetah[3] e gli raccontò della tragica seduzione. Poiché mancavano i testimoni necessari per la punizione e Miriam aveva concepito un figlio, Giovanni partì per Babilonia. [secondo alcune tradizioni, “per l’Egitto” (AH)]



    Miriam partorì un figlio maschio e lo chiamò Giosué, come suo fratello. Questo nome più tardi fu deformato in Gesù. L’ottavo giorno, (il bambino) fu circonciso. Quando fu abbastanza grande, il ragazzo venne portato da Miriam nella scuola, per essere istruito nelle tradizioni dei Giudei.



    Un giorno, Gesù si presentò di fronte ai Dottori, a capo scoperto, dimostrando una vergognosa irriverenza. Per cui, sorse la discussione se tale comportamento non dimostrasse, in verità, che Gesù era un figlio illegittimo e figlio di un niddah. [impurità sessuale (incesto, adulterio, prostituzione ecc.) (AH)]. Inoltre, la storia dice che mentre i maestri stavano discutendo il trattato Nezikin, propose impudentemente la sua propria interpretazione della legge e nel dibattito che ne seguì, affermò che Mosè non poteva essere il più grande dei profeti, poiché aveva dovuto ottenere consiglio da Jethro. Ciò portò ad ulteriori indagini sui progenitori di Gesù e venne scoperto, tramite Shimeon ben Shetah, che era il figlio illegittimo di Giuseppe Pandera. Miriam lo ammise. [in una versione di tale ammissione, ella confessa che non solo Gesù è il frutto di una unione illecita, ma che in quei giorni ella era impura per le mestruazioni (i rapporti sessuali anche con il coniuge non sono leciti durante le mestruazioni, o, nella legge rabbinica, per qualche tempo dopo) (AH)] Quando ciò divenne noto, Gesù dovette fuggire in Alta Galilea.[4]



    Dopo re Ianneo, sua moglie Elena [Salome Alexandra (G)] regnò su tutto Israele. Nel Tempio si trovava la Pietra della Fondazione, sulla quale erano intagliate le lettere del Nome Ineffabile di Dio. Chiunque avesse imparato il segreto del Nome ed il suo uso sarebbe stato in grado di fare tutto quello che desiderava. Perciò i Dottori si preoccuparono affinché nessuno potesse ottenere tale conoscenza. Leoni di bronzo furono legati alle due colonne di ferro del cancello dell’altare dei sacrifici. Se qualcuno fosse entrato e avesse imparato il Nome, all’uscita i leoni avrebbero ruggito e il prezioso segreto sarebbe stato immediatamente dimenticato.



    Gesù entro e imparò le lettere del Nome; le scrisse su una pergamena che mise in un taglio aperto nella sua coscia e poi piegò la carne sopra la pergamena. Quando uscì, i leoni ruggirono e lui dimenticò il segreto. Ma quando arrivò nella sua casa, riaperse la ferita con un coltello e ne tirò fuori lo scritto. Allora ricordò e ottenne l’uso delle lettere. [in accordo con il tono generale della polemica ebraica sui miracoli di Gesù, che risale almeno all’epoca di Celso (II secolo), questa tradizione non nega la capacità di Gesù di compiere miracoli, accusandolo invece di preticare la magia. Questa versione accetta anche l’origine divina dei miracoli, attribuendoli all’abuso del nome divino, con i poteri ad esso connaturati. Nell’Alphabet di Ben Sira, Lilith viene accusata dello stesso crimine, avendo usato il potere del nome per fuggire dal giardino dell’Eden (AH)]



    Raccolse intorno a sé 310 giovani di Israele e accusò chi parlava male della sua nascita di essere gente che desiderava grandezza e potere per sé. Gesù proclamava: “Io sono il Messia; e a proposito di me Isaia profetizzò e disse, ‘Guardate, una vergine concepirà, e partorirà un figlio e lo chiamerà Emmanuele ’ ”. Insistendo, citava altri testi messianici, dicendo: “Davide, mio antenato, profetizzò su di me: ‘Il Signore mi disse, tu sei mio figlio, oggi ti ho generato ’ “.



    I ribelli che erano con lui risposero che, se Gesù era il Messia, doveva dare loro un segno che li convincesse. Perciò portarono davanti a lui un paralitico, che non aveva mai camminato. Gesù pronunciò sull’uomo le lettere del Nome Ineffabile e il lebbroso fu guarito.[5] Dopo di che, lo adorarono come il Messia, Figlio dell’Altissimo.



    Quando la notizia di questi avvenimenti giunse a Gerusalemme, Il Sinedrio decise la cattura di Gesù. Mandarono dei messaggeri, Annanui e Achazia, che, fingendo di essere suoi discepoli, dissero che gli portavano un invito dei capi di Gerusalemme perché li visitasse. Gesù acconsentì, a condizione che i membri del Sinedrio lo ricevessero come Signore. Si diresse a Gerusalemme e, giunto a Knob (?), comprò un asino sul quale entrare cavalcando in Gerusalemme, perché si adempisse la profezia di Zaccaria C.



    I Dottori lo legarono e lo condussero davanti alla regina Elena, con l’accusa: “Quest’uomo è uno stregone e seduce il popolo”. Gesù replicò: “Già da molto tempo i profeti predissero la mia venuta: ‘E ci sarà un virgulto dal germoglio di Jesse’ e sono io; ma quanto a loro, la Scrittura dice: ‘Benedetto colui che non cammina nel consiglio del maligno ’ “.

    La regina Elena chiese ai Dottori: “Quello che dice è nella vostra Legge?” Quelli replicarono: “E’ nella nostra legge, ma non si applica a lui, poiché sta scritto: ‘E quel profeta che pretenderà di dire una parola in mio nome che io non gli avrò comandato di dire o che parlerà in nome di altri dei, anche quel profeta dovrà morire.’ Egli non ha adempiuto i segni e le condizioni del Messia.”

    Gesù disse: “Signora, io sono il Messia e risuscito i morti.” Venne portato un cadavere; egli pronunciò le lettere del Nome ineffabile ed il cadavere tornò in vita. La regina fu grandemente impressionata e disse: “Questo è un segno.” Ella rimproverò i Dottori e li mandò via umiliati dalla sua presenza. I seguaci di Gesù aumentarono di numero e ci fu discordia in Israele.



    Gesù si recò in Alta Galilea. I Dottori si presentarono alla regina, lamentando che Gesù praticava la magia e conduceva tutti in errore. Perciò mandarono a prenderlo Annanui e Acazia.

    Lo trovarono in Alta Galilea, che si proclamava Figlio di Dio. Quando cercarono di catturarlo ci fu una lotta, ma Gesù disse agli uomini dell’Alta Galilea: “Non combattete”. Egli si sarebbe fatto riconoscere per mezzo del potere che gli derivava da suo Padre nei cieli. Pronunciò il Nome ineffabile sugli uccelli di creta ed essi volarono nell’aria.[6] Pronunciò le stesse lettere su una pietra da mulino che era stata piazzata sulle acque. Vi salì e quella galleggiò come una barca. Quando vide ciò, la gente si meravigliò. Ad un ordine di Gesù, gli emissari se ne andarono e riportarono questi miracoli alla regina. Ella tremò di sbigottimento.

    Allora i Dottori scelsero un uomo di nome Giuda Iscarioto e lo portarono al Tempio dove egli imparò le lettere del Nome ineffabile, come aveva fatto Gesù.

    Quando Gesù fu convocato davanti alla regina, erano presente anche i Dottori e Iscarioto. Gesù disse: “E’ scritto di me: ‘Io ascenderò al cielo ’ “. Allargò le braccia come le ali di un aquila e volò a mezz’aria tra cielo e terra, tra lo stupore di ognuno. Gli anziani chiesero ad Iscarioto di fare lo stesso. Egli lo fece, e volò verso il cielo. Iscarioto cercò di costringere Gesù a ritornare a terra, ma nessuno dei due riusciva a prevalere, poiché entrambi conoscevano l’uso del Nome ineffabile. Tuttavia, Iscarioto contaminò Gesù, cosicché ambedue persero il loro potere e caddero a terra, e nel loro stato di contaminazione le lettere del nome ineffabile sfuggirono da loro [7]. A causa di questa impresa di Giuda (i Cristiani ? F.P.) piangono alla vigilia della nascita di Gesù. Gesù fu catturato. La sua testa fu coperta con un cencio e lui fu colpito con canne di melograno; ma non potè fare niente, poiché non possedeva più il nome ineffabile.

    Gesù fu imprigionato e portato nella sinagoga di Tiberiade e lì lo legarono ad un pilastro[8]. Per placare la sua sete gli diedero da bere aceto. Sul capo gli posero una corona di spine. Ci furono contrasti e lotte tra i Dottori e gli scatenati discepoli di Gesù, e in seguito a ciò i discepoli fuggirono con Gesù nella regione di Antiochia [secondo alcune tradizioni, “in Egitto” (G)] ; lì Gesù rimase fino alla vigilia della Pasqua.

    Gesù poi decise di recarsi al tempio per riacquistare il segreto del Nome. [in una variante della storia, Giuda riesce a sconfiggere Gesù nella gara di miracoli senza contaminarlo. Gesù viene sbugiardato ed arrestato e, come in questa versione, i suoi discepoli riescono a liberarlo, ma egli ricorda ancora il Nome ineffabile. Fugge in Egitto nella speranza di apprendere anche la magia egiziana (considerata la migliore magia del mondo). Giuda arriva in Egitto e si infiltra tra i discepoli, fingendo di essere uno di loro. Da questa posizione di vantaggio, riesce a fare in modo che Gesù dimentichi il Nome magico, in modo da indurlo a ritornare a Gerusalemme per impararlo di nuovo. Giuda manda un avvertimento ai Dottori, insieme con il suo piano per arrestare Gesù (AH)] Quell’anno la Pasqua cadeva di sabato. Alla vigilia di Pasqua Gesù entrò in Gerusalemme cavalcando su un asino, seguito dai discepoli. Molti gli si inchinavano. Entrò nel tempo con i suoi trecentodieci seguaci. Uno di essi, Giuda Iscarioto, informò i Dottori che Gesù si trovava nel Tempio, che i discepoli avevano fatto voto per i Dieci Comandamenti di non rivelare la sua identità, ma che egli lo avrebbe indicato inchinandosi davanti a lui. Così avvenne e Gesù fu catturato. Richiesto del suo nome, rispose alla domanda diverse volte dando i nomi Mattai, Nakki, Buni, Netzer, ogni volta citando un versetto, mentre i Dottori citavano un controversetto.[9]



    Gesù fu messo a morte all’ora sesta della vigilia della Pasqua e del Sabbath. Quando cercarono di appenderlo ad un albero, questo si ruppe, poiché quando aveva a disposizione il potere aveva comandato per il Nome ineffabile che nessun albero avrebbe dovuto portarlo. Aveva dimenticato di pronunciare il divieto sul carrubo [o cespo di cavolo (AH)] [10], poiché era una pianta più che un albero e là fu appeso fino all’ora della preghiera pomeridiana, poiché sta scritto: “il suo corpo non rimarrà per tutta la notte sull’albero”. Lo seppellirono fuori città.



    Il primo giorno della settimana i suoi seguaci andarono impudentemente dalla regina Elena con la notizia che colui che era stato ucciso era veramente il Messia e che non era nel sepolcro; era asceso al cielo, come aveva profetizzato. Venne cercato con diligenza e non si trovò nel sepolcro in cui era stato sepolto. Un giardiniere lo aveva tolto dalla tomba e lo aveva portato nel suo giardino e sepolto nella sabbia, dove l’acqua scorreva all’interno del giardino.[11]

    La regina Elena pretese, minacciando pene severe, che il corpo di Gesù le venisse mostrato entro tre giorni. Ne nacque grande angoscia. Quando il giardiniere vide Rabbi Tanhuma che camminava nel campo lamentandosi dell’ultimatum della regina, il giardiniere raccontò cosa aveva fatto, affinché i seguaci di Gesù non rubassero il corpo e poi pretendessero che fosse asceso al cielo[12]. I Dottori presero il corpo, lo legarono alla coda di un cavallo e lo portarono alla regina, con le parole: “Ecco Gesù, che si dice che sia asceso al cielo.” Comprendendo che Gesù era un falso profeta, che seduceva e fuorviava il popolo, ella derise i suoi seguaci ma lodò i Dottori.



    I discepoli se ne andarono tra le genti - tre andarono sui monti di Ararat, tre a Roma e tre presso il mare[13]. Essi illudevano il popolo, ma alla fine vennero uccisi.

    I seguaci indotti in errore in Israele dicevano: “Avete ucciso il Messia del Signore”. Gli Israeliti rispondevano: “Avete creduto in un falso profeta”. Ci furono lotte e infinite discordie per trent’anni.

    I Dottori desideravano separare da Israele quelli che continuavano a proclamare che Gesù era il Messia e si rivolsero ad un uomo molto dotto, Simeone Cefa, perché li aiutasse. Simeone si recò ad Antiochia, principale città dei Nazareni[14] e dichiarò loro: “Sono discepolo di Gesù. Egli mi ha mandato per mostrarvi la via. Vi darò un segno come fece Gesù”. Simeone, avendo ottenuto il segreto del Nome ineffabile, guarì grazie ad esso un lebbroso ed un paralitico e venne accettato come un vero discepolo. Disse loro che Gesù era in cielo, seduto alla destra del padre, in adempimento del Salmo 11:1. Aggiunse che Gesù desiderava che si separassero dai Giudei e non seguissero più i loro costumi, come aveva detto Isaia: “La mia anima aborrisce i vostri mesi e le vostre festività”. Ora avrebbero dovuto osservare il primo giorno della settimana anziché il settimo, la resurrezione invece della Pasqua, l’Ascensione al cielo invece della festa delle settimane, il ritrovamento della Croce invece del Nuovo Anno, la festa della Circoncisione invece del giorno dell’Espiazione, l’Anno nuovo invece di Chanukah; avrebbero dovuto mostrarsi indifferenti rispetto alla circoncisione ed alle prescrizioni alimentari. Inoltre avrebbero dovuto seguire l’insegnamento di porgere la (guancia? FP) destra se colpiti sulla sinistra e di accettare mitemente la sofferenza. Tutti questi insegnamenti che Simeone Cefa (o Paolo, come era noto ai Nazareni) [15] impose loro erano volti in realtà a separare questi Nazareni[16] dal popolo di Israele e mettere fine alle discordie interne.





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    NOTE

    [1] Appare strano lo scambio di nomi: in questa Toledoth, Giuseppe è il padre biologico di Gesù, mentre il promesso sposo di Miriam / Maria si chiama Giovanni; come il Giuseppe di Matteo, è di discendenza davidica.

    [2] In altri testi, probabilmente, Miriam non era vista in maniera così positiva, come sembra dimostrare l’allusione di Tertulliano ai giudei che definiscono Gesù “figlio di una prostituta” , nel “De spectaculis”.

    [3] In tradizioni più antiche, era Shimeon ben Azzai ad avere un ruolo nello smascheramento dell’inganno sulla nascita verginale di Gesù; tuttavia, anche Shimeon ben Shetah sembra essere connesso a Gesù (vedi Yeshu and Joshua b. Perachiah e Simeon b. Azzai ).

    [4] Questo episodio sembra ispirato alla disputa con i dottori di Gesù adolescente in Lc 2:46; inoltre, serve a spiegare perché, pur essendo nato a Betlemme, il suo ministero comincia in Galilea ed i suoi seguaci provengono dalla Galilea, fatto questo èiù volte ribadito in tutti i Vangeli.

    [5] Non so se l’incoerenza paralitico - lebbroso sia nel testo originale o sia un errore della traduzione inglese.

    [6] Sembra ispirato ad un noto episodio del Vangelo apocrifo dell’infanzia di Tommaso.

    [7] E’ impossibile, dalla parola inglese “defile” determinare più precisamente la natura di questa “contaminazione”; si riferisce comunque a qualcosa di impuro secondo il rituale ebraico.

    [8] Gesù colpito con verghe e legato ad un pilastro è una immagine ricorrente dell’iconografia cristiana medievale e rinascimentale; questi particolari sono probabilmente assai recenti.

    [9] Nei testi ebraici più antichi, l’episodio è invece riferito ai discepoli di Gesù (vedi Baraitha Sanhedrin 43a ); secondo un’altra interpretazione, i nomi non sarebbero quelli dei discepoli, ma dei primi vescovi cristiani di Gerusalemme, successivi a Giacomo il Giusto. Non è da escludere che la versione della Toledoth, in cui l’interrogatorio, la schermaglia attraverso le discordanti citazioni scritturali e la successiva condanna a morte hanno per protagonista Gesù, sia da considerare quella originaria.

    [C] Tutti i Vangeli descrivono la scena, fondamentale per l’interpretazione messianica di Gesù, ma solo Matteo, pur equivocandola, e Giovanni ne citano la fonte, che è Zaccaria 9,9. Secondo i sinottici, l’episodio avviene in un villaggio non nominato, di fronte a Betfage e Betania.

    [10] Si tratta di un elemento mitologico comune a diverse tradizioni e culture (es. uccisione di Baldur nella mitologia nordica con un ramo di vischio)

    [11] Questa sembra una versione assai antica; è da notare che in Gv 20:15, Maria di Magdala scambia Gesù risorto con “il custode del giardino”; che il corpo di Gesù sia stato spostato da un giardiniere si trova anche negli accenni polemici di Tertulliano già citati.

    [12] Il fatto che i discepoli non abbiano rubato il corpo (che fu probabilmente la versione polemica alternativa che risale all’epoca della prima predicazione cristiana, come dimostra l’episodio delle guardie in Matteo) è nell’ottica ebraica provvidenziale, poiché in questo modo i discepoli di Gesù possono essere sbugiardati.

    [13] Potrebbe indicare tre antiche direttrici della predicazione cristiana tra le comunità della diaspora giudaica: l’Armenia (Edessa? sarebbe in questo caso il ricordo del noto episodio della conversione di re Abgar il Nero, narrato da Eusebio), Roma e l’Occidente, e l’enigmatico “verso il mare” (le città costiere di Libano e Siria? l’Egitto?).

    [14] E’ noto dagli Atti (At 11:26) che fu ad Antiochia che i seguaci di Gesù cominciarono a dirsi Cristiani.

    [15] Assai singolare questa confusione tra Simon Pietro e Paolo; è comunque da notare come, anche nell’interpretazione giudaica, il primo teologo sistematico della nuova religione sia Paolo. Nonostante il nome, la situazione descritta si attaglia comunque molto meglio all’attività di Paolo che a quella di Pietro.

    [16] Il termine di Nazareni è qui probabilmente tradizionale ed un relitto delle polemiche del I secolo, quando i Nazareni costituivano la primitiva comunità giudeo-cristiana.




    Toledoth

  3. #3
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    Predefinito Rif: Toledoth Yeshu - Una storia ebraica di Gesu' (l'anti-vangelo del Ghetto)

    Curiosamente queste storie sono portate avanti anche da certi profeti ed articolisti new age , a dimostrazione di quanto il pensiero nuovo sia " vecchio " .
    Ultima modifica di Freezer; 02-08-10 alle 20:36
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  4. #4
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    Predefinito Rif: Toledoth Yeshu - Una storia ebraica di Gesu' (l'anti-vangelo del Ghetto)

    Ancora sulla prece per l’ebraismo: inutilità e danni dell’ecumenismo

    di Agobardo

    SiSi-NoNo periodico, Anno XXXIV, n. 6, 31 marzo 2008


    Il fatto

    Benedetto XVI (il 4 febbraio 2008[1]) ha riformato la preghiera per gli Ebrei del Venerdì Santo, ma, pur avendo addolcito i toni dell’antica prece del Messale Romano (edizione del 1962), ha insistito sul concetto di conversione a Cristo e non ha ripreso, come avevano chiesto i rabbini d’Italia, quella di Paolo VI (NOM del 1970) in cui si chiedeva non la conversione, ma la fedeltà d’Israele all’Alleanza [antica] che Dio aveva stretto con esso, come se l’Antica Alleanza non fosse stata abrogata dalla “Nuova ed Eterna Alleanza”. Tutto ciò ha indispettito i rabbini del mondo intero, che hanno minacciato di interrompere il “dialogo interreligioso” con la Chiesa cattolica. La stampa ha ora diffuso la notizia di un prossimo incontro tra il Segretario di Stato Vaticano e il rabbinato mondiale.

    Israele non accetta che si preghi per la sua conversione[2]. Ma, mentre la Chiesa caritatevolmente prega Dio perché illumini l’ebraismo, questo ancora oggi non cessa di dir male di Nostro Signore Gesù Cristo, della Sua Santissima Madre e della Chiesa.

    L’antievangelo ebraico: le “Toledòth Jéshu”

    Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, consulente dell’Istituto Superiore di Studi Ebraici, è l’autore della prima traduzione italiana delle Toledòth Jeshu. Sulla sua opera, apparsa venti anni or sono, ci baseremo per trattare quest’argomento nel presente articolo[3].

    Secondo gli Atti degli Apostoli, le sinagoghe furono la prima sede della predicazione degli Apostoli, la quale provocò fin dall’inizio la reazione ostile dei Giudei (Atti XIII, 45-50) e perfino un’opposizione organizzata e spesso violenta. “È difficile non ammettere – scrive Di Segni – che non fosse stata messa in discussione anche la stessa vicenda personale di Gesù […]. Da questi dati si deduce l’esistenza di una vivace polemica già nei primi decenni dalla morte di Gesù, nella quale vanno collocate le lontane origini della letteratura delle Toledòth”[4].

    “Toledòth” è un termine che compare nell’ebraico biblico con il duplice significato di “discendenze” o “storia”, sia al singolare che al plurale. Toledòth Jéshu quindi vuol dire la storia o le storie di Gesù: una serie di racconti ebraici su e contro Gesù e le origini del Cristianesimo. “La produzione delle Toledòth è un processo durato per secoli… una interpretazione polemica della vicenda di Gesù sarebbe iniziata già durante la sua vita (Mc IV, 22 e 30) e subito dopo la morte (Mt XXVIII, 15). L’elaborazione di narrazioni alternative e polemiche è proseguita fino agli ultimi decenni del secolo scorso”[5].

    “Le Toledòth Jéshu” – ammette Di Segni – godono di una fama negativa e sinistra. Le storie che raccontano sono così dissacranti, e la forma tanto polemica che il mondo cristiano le ha sempre respinte con forti critiche e anatemi”[6]. Wagenseil le definiva come “nefandum et abominabilem libellum”; de Rossi lo chiamava “nefandum ac pestilentissimum opuscolum”. Nel 1958 il Dizionario Ecclesiastico parafrasando don Giuseppe Ricciotti, scriveva: “Blasfemo e calunnioso libello, circolante in varie redazioni fin dai secoli VIII-IX, riassume fantastiche ed oscene calunnie manipolate dagli ambienti giudaici dell’epoca e gabellate come fonti autentiche della vita di Gesù”.

    “Alla condanna del mondo cristiano ha fatto riscontro da parte ebraica l’imbarazzo per un’opera che in vari momenti della storia è apparsa poco seria e precisa, scomoda ed inopportuna”[7]. Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni nel suo libro sulle Toledòth (sulle quali – a quel che sembra – non ha nulla da rimproverarsi) prosegue: “Questo imbarazzo spiega le resistenze a diffondere l’opera… Si è perfino tentato… di attribuire alcune versioni dell’opera ad antisemiti che se ne sarebbero serviti per attizzare l’odio cristiano per gli ebrei”[8].

    Il Talmùd conferma l’origine ebraica delle Toledòth

    Purtroppo, però, le medesime storie calunniose su Gesù sono contenute anche nel Talmud e nella letteratura post talmudica.

    “Gesù è chiamato Notzrì (Nazareno), altre volte Pandera o Ben Pandera, con evidente collegamento alle notizie pagane [ma di derivazione ebraica] sulla sua paternità… chiamato ben Stada e figlio di una relazione adulterina… si parla della lapidazione di Gesù alla vigilia di Pasqua, sotto l’accusa di stregoneria e di corruzione… Questi dati non attestano l’esistenza delle Toledòth, almeno nella forma in cui le conosciamo […]. Attestano comunque l’esistenza di una vivace letteratura in proposito. Tutto questo gruppo di informazioni è già completo alla fine del quarto secolo”[9].

    I Padri della Chiesa confermano l’esistenza di una serie di credenze ebraiche ed anche pagane ma di derivazione ebraica. Il Talmùd accusa Gesù di essere mago e corruttore del popolo, scrive S. Giustino martire. S. Pionio martire dice che, secondo gli Ebrei, Cristo aveva praticato la negromanzia e in virtù di essa era risuscitato dopo la morte. Il pagano Celso apprende la lezione contro Gesù da un ebreo: la madre di Gesù sarebbe stata cacciata dal marito perché sospettata di adulterio con un soldato romano di nome Panthera. Tertulliano asserisce che i nemici di Gesù lo qualificano come figlio di un fabbro e di una prostituta. Tutti dati che si ritrovano nelle Toledòth. “Ce n’è abbastanza per supporre l’ esistenza di storie alternative ai Vangeli circolanti tra gli oppositori del cristianesimo”[10]. Tuttavia bisogna arrivare al IX secolo per avere una notizia precisa di una storia completa su Gesù, raccontata dagli Ebrei. Il primo a parlarne esplicitamente è S. Agobardo, arcivescovo di Lione (778-840). Nel De Iudaicis superstitionibus, S. Agobardo scrive: “Gli Ebrei dicono che Gesù era stato un giovane presso di loro onorevole… e che aveva avuto numerosi discepoli, a uno dei quali, per la durezza e il torpore mentale aveva dato il nome di Cefa, ossia Pietro […]. Infine, accusato di molte menzogne, fu rinchiuso in carcere per decisione di Tiberio, perché aveva fatto crescere nel grembo della figlia di questi… un feto di pietra. Fu quindi appeso ad una forca come uno spregevole mago, e qui colpito con una pietra in capo fu ucciso; fu sepolto accanto ad un acquedotto… ma di notte fu sommerso da un improvviso straripamento degli acquedotti; per ordine di Pilato fu cercato per dodici mesi e non fu fino ad allora trovato. Allora Pilato promulgò una legge di questo tipo: “È evidente che è risorto, come aveva promesso, colui che da voi è stato ucciso per invidia…”. Ma tutte queste cose le inventarono gli scribi… allo scopo di annullare l’intera verità del valore della passione di Cristo»[11].

    «Le scoperte di questo secolo – commenta il Di Segni - hanno dato un’ulteriore importanza alla nota di Agobardo; questi è, per esempio, l’unico a parlare di un feto di pietra nel grembo della figlia di Cesare; la circostanza è confermata e ampiamente spiegata nel frammento aramaico pubblicato da Ginzberg nel 1928.

    Dal successore di Agobardo, Amolone (arcivescovo di Lione dall’ 841 all’852), apprendiamo ulteriori particolari. Il testo è l’Epistola (o il Liber) contra Judeos, attribuita erroneamente da alcuni autori a Rabano Mauro. L’autore cita in generale le blasfeme accuse che gli Ebrei rivolgono alla religione cristiana, tra le quali alcune rivestono interesse per la nostra analisi: «Chiamano i santi Apostoli “apostati”...Non sanno che Gesù fu appeso alla croce con dei chiodi... ma dicono in modo infamante che fu punito nello stesso modo dei briganti che ora vengono appesi; e... fu deposto dal legno e gettato nel sepolcro in un orto pieno di cavoli, affinché la loro terra non fosse contaminata. Lo stesso N. S. Gesù Cristo... chiamano nella loro lingua Dissipator Aegyptius... Il culto che in tutto il mondo gli prestano i fedeli, chiamano culto di Baal e religione di un dio straniero... Dicono che Egli fu empio e figlio di empio, cioè non so di quale pagano che chiamano Pandera, dal quale dicono che la madre del Signore fu corrotta e quindi nacque colui nel quale noi crediamo»[12].

    Dello stesso periodo è la testimonianza di Rabano Mauro arcivescovo di Magonza nell’847. Nella sua opera Contra Judeos, riporta le stesse notizie tramandateci da Amolone: nascita da un adulterio con un pagano chiamato Pandera; la punizione come brigante; la sepoltura nell’orto dei cavoli, eccetera. La successiva testimonianza risale alla fine del XIII secolo. Raimondo Martini, domenicano, fu autore di vari scritti contro Musulmani ed Ebrei. Nel Pugio Fidei (il pugnale della fede) l’autore riportava una storia che gli Ebrei raccontavano su Gesù, facendola precedere da tale introduzione: «Poiché N. S. Gesù Cristo compì innumerevoli miracoli possibili solo a Dio, la perfidia giudaica, a cui giammai vien meno né manca una furbizia di volpe, tentò di deturpare con bestemmie tutto quanto. Composero pertanto contro Cristo un libro in cui inventarono questa favola»[13].

    Segue, in ordine cronologico, una preziosa testimonianza ebraica. Si tratta dell’Éven Bòchan (pietra di verifica) scritta in Spagna nel 1385 da Shem Tov ibn Shaprut. «Un capitolo di questo libro è dedicato alla confutazione di tesi antiebraiche... Shem Tov fornisce delle informazioni fondamentali sulle Toledòth»[14].

    Scrive il Di Segni: “È difficile dire, dato che tra gli ebrei non esistono dogmi o dottrine canoniche, che cosa sia per gli ebrei Gesù; è più facile specificare cosa non è... Non può essere né Dio, né Figlio di Dio nel senso in cui lo si intende nel dogma della Trinità. Una tale concezione è per gli ebrei non solo un sacrilegio e una bestemmia, ma una cosa incomprensibile. Non è neppure un Messia... non può essere neppure considerato come un Profeta»[15]. È certo, però, che il rifiuto della divinità di Gesù da parte di un gran numero di Giudei ha dato luogo a una letteratura polemica di controinformazione calunniosa nei riguardi del Fondatore del Cristianesimo. Le medesime storie calunniose su Gesù sono contenute nel Talmùd e nella “letteratura post talmudica, che è poi l’unica cosa in cui gli ebrei hanno creduto per tutto il XIX secolo e che molti, specialmente in Israele, credono ancora oggi. Quelle narrazioni ebbero un peso determinante nella formazione dell’ atteggiamento negativo degli ebrei nei confronti del cristianesimo” – scrive un altro ebreo di cui parleremo –. “Tale atteggiamento… deriva dall’ odio verso Gesù e dagli epiteti ingiuriosi accumulati nei secoli per definirlo”[16].

    “Di fatto – scrive il rabbino convertito al cattolicesimo e divenuto gesuita Joseph Bonsirven – il Talmùd contiene il nocciolo delle storie, raccolte e sviluppate sotto il titolo Toledoth Jesu, un infame libello pubblicato in Germania verso il IX secolo (…). Isidoro Loeb [ebreo e grande esperto di giudaismo] riconosce che “non vi è nulla di stupefacente che il Talmùd contenga attacchi contro Gesù. Sarebbe strano se non ve ne fossero” (Revue des études juives, t. it., p. 256). […]. Troviamo nel Talmùd la condanna severa dei minim, molti vi vedono una designazione dei cristiani. (…)”[17]. Félix Vernet aggiunge che: “La parola minim (…), servì a designare i cristiani; lo stesso vale per la parola goyim […]. L’atteggiamento del Talmùd verso Gesù Cristo è cattivo. Vi si ritrovano bestemmie e volgarità contro Gesù: la sua nascita illegittima, insulti alla Madonna (…). Si possono leggere tutti i testi talmudici relativi a Gesù, non in un’ edizione purgata di esso, ma nelle edizioni complete, o nelle antologie compilate da G. Dalman, in H. Laible, Jesus Christus in Talmùd, Berlino, 1891”[18].

    Ecco un sunto dei passaggi più significativi del Talmùd[19].

    a) Nostro Signore Gesù Cristo, Maria Santissima e i Santi

    Nel Trattato “Kallah 1 b (18 b)” si narra che Gesù fosse un bastardo e figlio di una donna impura. Che aveva in sé l’anima di Esaù ed era stolto, prestigiatore, seduttore, idolatra. Fu crocifisso e sepolto nell’ inferno e divenne l’idolo dei cristiani. Nel “Sanhedrin 67 a”, si legge che Gesù era figlio di una meretrice, che fu crocifisso la sera di Pasqua, che sua madre fu la prostituta Maria Maddalena. La Madonna è chiamata meretrix o “Stada” poiché aveva tradito il marito con adulterio (cfr. anche “Sanhedrin cap. VII, verso la fine”; e “Lebhammoth cap. ultimo”; Mosè Maimonide in “Hilkohoth Akum v. 3, 4, 5”).

    Nello “Schabbath 104 b” Gesù è chiamato stolto e demente, prestigiatore e mago. Lo “Zohar 282 b” dice che Gesù morì come una bestia e fu sepolto tra le bestie. Nello “Iore dea 150, 3. Hagah” e “141, 1. Hagah” si tratta del disprezzo da portare alla Croce, che “deve essere ritenuta come un idolo e non è lecito usarne prima di distruggerla”.

    Nello “Abhoda zarah 6 a. Toseph” si dichiara che il cristiano è chiunque “segue l’errore di colui che comandò di santificare il primo giorno dopo il Sabato”.

    Inoltre la Madonna Santissima è chiamata “Charia” o escremento, i Santi son chiamati “Kedeschim” ovvero viziosi, le Sante “Kedeschot” ovvero meretrici.

    b) I Cristiani

    I cristiani sono chiamati idolatri; secondo Maimonide in “Ililkhoth Maakhaloth asavoroth cap. IX”, sono peggiori dei turchi.

    Sono detti anche omicidi in “Abhodah 22 a” e in “Iore dea 153, 2” ed anche in “Abhodah zarah 25 b”. Immondi o impuri in “Schabbath 145 b” ed in “Aboda zaza 22 b”: «Perché sono impuri i cristiani? Perché non furono al monte Sinai. Poiché quando il serpente giacque con Eva la insozzò. Cessò il peccato per i giudei che furono al Sinai ma non per i cristiani che non erano presso il monte». Sono detti simili allo sterco in “Orach chaiim 55, 20”; non uomini, ma simili alle bestie in “Kerithuth 6 b, pag. 78”; “Midrash Talpioth fol. 255 d”; “Orach chaiim 376, a”; “Zohar II, 64 b”. Sono anche detti figli del diavolo in “Zohar I, 28 b”.

    c) I precetti circa i cristiani

    Quasi tutti i precetti del Talmùd rabbinico circa i cristiani si risolvono nel dovere di evitarli, cfr. “Chullin 91 b”; “Sanhedrin 58 b”, “Chagigah 15 b”.

    Tuttavia, sempre che sia possibile farlo senza provocare reazioni il giudeo deve eliminare i cristiani senz’alcuna misericordia. Il giudeo dovrà perciò astenersi dal far del bene al cristiano, cfr. “Zohar I, 25 b”, Mosè Maimonide: “Hilkhoth Akum X, 6”; “Iore dea 148,12. Hagah”; né gli è lecito aiutare il cristiano ammalato, cfr. “Iore dea 158, 1”; anzi deve infierire su di lui “Choschen hammischpat 425, 5”; “Iore dea 158, 1”.

    I giudei inoltre sono i padroni dei cristiani, i quali, essendo bestie, devono essere al servizio degli israeliti. In “Baba bathra 54 b”, si legge: “Tutte le sostanze del cristiano sono come il deserto, chi arriva primo ne è il padrone”. È quindi lecito frodare i cristiani, cfr. “Baba Kama 113 b”, “Choschen ham. 156, 5. Hagah”.

    È lecito pel giudeo far finta di essere cristiano, al fine di maggiormente ingannarli, cfr. “Iore dea 157, 2. Hagah” (è noto il fenomeno dei cosiddetti ‘marrani’ o falsi convertiti che ha afflitto e continua ad affliggere il mondo cattolico). Il giudeo può esercitare l’usura verso i cristiani, cfr. “Abhodah zarah 54a.”; “Iore dea 159, 1”.

    Il giudeo che uccide un cristiano non solo non commette peccato, ma offre a Dio un sacrificio graditissimo, cfr. “Sepher Or Israel 177 b”; “ibidem fol. 180”; “Ialkut Simoni 245 c. n. 772”; “Bamidbar rabba 229 c”.

    A coloro che uccidono i cristiani è promesso nel paradiso il posto più elevato, cfr. “Zohar I, 38 b. e 39 a.”; “Hilkhoth Akum X, 1”; “ibidem X, 7”.

    Abbattere la Religione cattolica è l’unico fine di tutte le azioni e di tutte le preghiere di Israele, cfr. “Shabbath 118 a; Sanhedrin 98 b”.

    Ancora oggi?

    Riccardo Di Segni ha asserito (Corriere della Sera, 10 marzo 2008, p. 15) che le bestemmie contro Nostro Signore Gesù Cristo, la Sua Santissima Madre, i Santi e i cristiani oggi sono state abrogate; invece alcuni autori ebrei onestamente ammettono che esse sono ancora in uso nelle scuole rabbiniche e nelle famiglie ebraiche ortodosse.

    È uscito in questi ultimi anni, ad esempio, un interessante libro del professor Israel Shahak, destinato a restare un punto fermo nella storia degli studi sul Giudaismo, come il libro di Bernard Lazare sull’ Antisemitismo. Esso, oltre a fare piena luce sugli aspetti meno conosciuti del Giudaismo talmudico, è rigorosamente documentato (cita con cognizione di causa il Talmùd ed anche i migliori commenti talmudici), è di un autore ebreo e perciò non sospettabile di antisemitismo, ed è recente. Opere analoghe, infatti, risalgono al secolo scorso e non sono aggiornate all’esperienza sionista, che è di capitale importanza per il nostro argomento[20].

    Razzismo ebraico

    L’autore scrive: «Avevo visto [attorno al 1990] coi miei occhi, a Gerusalemme, un ebreo ultra-ortodosso rifiutare che si utilizzasse il suo telefono, di sabato, per chiamare un’ autoambulanza, per soccorrere il suo vicino di casa non ebreo, colpito da un grave malore […]. Ho domandato udienza al tribunale rabbinico di Gerusalemme, che è composto di rabbini nominati dallo Stato d’Israele. Ho chiesto loro se questo modo di fare s’accordasse con la loro interpretazione della religione ebraica. Mi hanno risposto che l’ebreo in questione si era comportato correttamente, ed anche piamente, e mi hanno rinviato ad un certo versetto di un compendio delle leggi talmudiche compilato nel nostro secolo: […] Un ebreo non deve violare il sabato, per salvare la vita ad un non-ebreo»[21].

    Israele crede nella “redenzione”della sua terra, intesa come riduzione progressiva del numero dei non-ebrei abitanti in Israele: «Il vecchio proprietario non-ebreo può essere il più virtuoso degli uomini, l’acquirente il peggiore dei criminali: se è ebreo, la transazione opererà la “redenzione”o la “salvezza”della terra. Al contrario, se il peggiore degli ebrei cede la sua proprietà al migliore dei non-ebrei, la terra fino allora “redenta e salvata”, ricadrà nella “dannazione”… La conclusione logica di tali teorie è l’espulsione… di tutti i non-ebrei dalla terra “redenta”»[22].

    Un periodo di crisi

    Abbiamo parlato di ebrei ortodossi. Ci spieghiamo. Fino al 1780, il termine “ebreo” coincideva con ciò che tutti gli ebrei consideravano come l’essenza della loro identità cioè con la religione giudaica; anzi i precetti della religione giudaico-talmudica dirigevano, fin nei minimi dettagli, tutti gli aspetti della vita sociale e privata degli ebrei, sia tra loro che nei rapporti coi gojim: «Era impensabile, fino allora, che un ebreo potesse bere un bicchiere d’acqua presso un non-ebreo»[23].

    Gli ebrei occidentali acquistarono a partire dal 1780 la libertà e l’ uguaglianza civile e cominciarono ad assimilarsi ai non-ebrei, col rischio di perdere la loro identità. Fu così che il Gran Kahal conobbe un periodo di crisi (in Occidente e non in Oriente, ove il fenomeno dell’ emancipazione e dell’assimilazione non fu diffuso). Tuttavia il movimento anti-assimilazionista, difeso dal rabbinato ortodosso e dal Gran Kahal, riprese il sopravvento con la nascita del movimento sionista e con la fondazione (1843) del B’nai B’rith: «Secondo la Càbala i gentili sono considerati alla lettera “membri fisici” di Satana, ad eccezione di coloro che si convertono al Giudaismo»[24]: non è quindi lecito assimilarsi ad essi.

    I cristiani scoprono il Talmùd e gli ebrei corrono ai ripari

    Nel corso del XIII secolo vi furono i famosi attacchi dei Cristiani contro il Talmùd, ma ciò avvenne, come spiega Shahak, perché degli Ebrei convertiti avevano rivelato le nefandezze contenute in tale opera. Infatti «prima, le autorità cristiane attaccavano il Giudaismo con argomenti generali o tratti dalla Bibbia, ma sembravano ignorare tutto del Talmùd. […] Essi l’hanno attaccato grazie alla conversione di alcuni ebrei, versati nella scienza talmudica… Innanzitutto riconosciamo che il Talmùd …contiene delle espressioni… assai ingiuriose soprattutto nei confronti del Cristianesimo. Per esempio il Talmùd, oltre una litania di accuse oscene contro Gesù, dice che il suo castigo in inferno è di essere immerso in uno stagno di escrementi bollenti… Citiamo anche il precetto di bruciare, pubblicamente se possibile, ogni esemplare del Nuovo Testamento. Precetto non abolito e applicato recentemente: il 23 marzo 1980, centinaia di esemplari del Nuovo Testamento sono stati bruciati pubblicamente e ritualmente a Gerusalemme»[25]. Né vi è soltanto il Talmùd, vi è anche tutta una letteratura talmudica, per esempio il Mishneh Torah di Maimonide, «opera piena di precetti i più ingiuriosi riguardo ai pagani, ma anche di violenti attacchi chiarissimi contro Gesù e il Cristianesimo, che l’autore menziona sempre con l’aggiunta: “Perisca il nome dell’ infame!”»[26]. Occorre sapere che il nome di Gesù equivale, per l’ Ebraismo ortodosso, ad un’ingiuria ed ogni volta che si vuol insultare qualcuno gli si dice: “Gesù”!

    Siccome la reazione al Talmudismo era diventata troppo forte, gli Ebrei escogitarono di «sopprimere o modificare i passaggi talmudici ostili al Cristianesimo o ai non-ebrei… Inutile dire che tutto ciò fu una menzogna deliberata… infatti a partire dalla fondazione dello Stato d’Israele, i rabbini sentendosi al sicuro, hanno ristabilito tutti i passaggi ingiuriosi in tutte le nuove edizioni»[27]. Per esempio, il Talmùd (Trattato Berakhot, 58 b) ingiunge ad ogni ebreo che passa davanti ad un cimitero di benedirlo se è un cimitero ebraico, e di maledire le madri dei defunti se è un cimitero non-ebraico. Il professor Shahak commenta: «Questi usi non possono essere spiegati come semplici reazioni all’Antisemitismo; essi derivano da un’ostilità selvaggia nei riguardi di tutti i non-ebrei»[28]. «Nel 1962, una parte del Codice di Maimonide “Il Libro della conoscenza”, che contiene le regole elementari della fede e della morale giudaica post-templare, è apparso a Gerusalemme in edizione bilingue (ebraico-inglese). Il testo ebraico è stato restaurato nella sua “purezza” originale e l’ordine di sterminare tutti gli ebrei infedeli vi appare esplicitamente: “è un dovere sterminarli con le proprie mani”. Ma chi sarebbero questi infedeli? “Gesù di Nazareth e i suoi discepoli”»[29].


    Idee false dei cristiani sul Giudaismo ortodosso

    L’autore fornisce una spiegazione assai dettagliata del sistema teologico-giuridico del Giudaismo classico, fatto proprio dall’attuale Giudaismo ortodosso. Egli dissipa alcune idee false, assai abusate oggi; soprattutto quella dei valori comuni della cultura giudaico-cristiana, come ad esempio, l’idea che gli Ebrei siano nostri “fratelli maggiori nella Fede di Abramo”.

    L’Ebraismo talmudico non ha la Fede di Abramo; ed inoltre i fratelli maggiori della Bibbia (Caino, Ismaele, Esaù) sono il tipo del reprobo, proprio come la Sinagoga talmudica riprovata da Dio e soppiantata dal fratello minore: la Chiesa di Cristo. Occorre, infatti, distinguere il Giudaismo post-biblico o talmudico (che odia Cristo e i Cristiani) dall’Antica Alleanza che prefigurativamente era cristiana (annunciava in Gesù Cristo il Messia venturo).

    Il Giudaismo cabalistico, poi, non è per nulla monoteista. Secondo la Càbala spuria il mondo non è retto da un solo Dio, ma da una miriade di eoni o intermediari divini, che emanano dalla Divinità (Panteismo emanazionista). Inoltre alcune «preghiere o atti rituali, secondo i cabalisti, hanno per scopo di ingannare gli Angeli (sorta di divinità minori o semi-dèi) oppure di rendere Satana propizio… [egli] apprezza molto le preghiere e i rituali ebraici… Sempre secondo i cabalisti, alcune delle vittime offerte in sacrificio erano destinate a Satana»[30]. Il Giudaismo post-biblico in realtà è anti-biblico. Shahak ci informa che tutte queste nozioni non possono essere cercate nei libri in lingua vernacolare, ma solo in ebraico, in testi scritti per un pubblico specializzato.

    «Un’idea falsa assai diffusa tra i Cristiani oggi… è che il Giudaismo sarebbe una religione biblica; che

    l’Antico Testamento avrebbe la stessa importanza che ha tra i Cristiani… Mentre tutto è decretato dal Talmùd e non dalla Bibbia»[31].

    La maggior parte dei versetti biblici che prescrivono dei precetti religiosi sono spiegati dal Giudaismo ortodosso con un significato completamente diverso da quello della Bibbia. Per esempio: «1°) “Non rubare”… è interpretato come la proibizione del “furto”, cioè del rapimento ad un ebreo… Mentre il rapimento ai pagani da parte degli Ebrei è lecito secondo la legge talmudica… 2°) Alcuni termini come: “il tuo simile”, “uomo”, sono presi in senso esclusivistico e sciovinista. Per esempio: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, è inteso dal Giudaismo classico ed ortodosso attuale come l’ordine di amare il prossimo ebreo, e non l’uomo in genere»[32]. Così, osserva il professor Shahak, più uno legge la Bibbia, meno ne sa sul Giudaismo ortodosso: la Bibbia che leggono gli ebrei ortodossi è un’altra (quanto al significato) rispetto a quella che leggono i non-ebrei o anche gli ebrei non-ortodossi.

    Sionismo e antisemitismo

    «Vi sono sempre state relazioni strette tra i sionisti e gli antisemiti – scrive il prof. Shahak –. I sionisti pensavano di avvantaggiarsi dall’ aspetto demoniaco dell’ antisemitismo e di utilizzare gli antisemiti per i propri scopi»[33]. Ed è proprio ciò che son riusciti a fare negli anni trenta quaranta.

    «L’esempio più scioccante, secondo l’Autore, è la gioia con la quale alcuni dirigenti sionisti accolsero l’ascesa di Hitler al potere, poiché avevano in comune la fede nel primato della razza e l’ostilità all’ assimilazione degli Ebrei»[34]. Erano, però, in disaccordo sul fatto che per i sionisti la razza pura era quella ebraica, mentre per i nazionalsocialisti era quella germanica.

    Le leggi contro i non-ebrei

    La Halakhah ovvero il sistema di leggi del Giudaismo ortodosso, si fonda sul Talmùd babilonese. Il primo codice o commento della legge talmudica, d’importanza fondamentale, è la Mishneh Torah, scritta da Mosè Maimonide alla fine del XII secolo. Il più autorevole di questi commenti al Talmùd è lo Shulhan ‘Arukh (La tavola imbandita) di Joseph Caro, della fine del XVI secolo. Esso è un compendio, ad uso del popolo, di un’altra sua opera, Beit Josef (La casa di Giuseppe), un commento assai voluminoso, destinato agli eruditi. Numerosi commenti sono stati scritti sullo Shulhan ‘Arukh, soprattutto nel XVII secolo, e ne esiste anche uno contemporaneo di una certa importanza e si chiama Mishnah Berura. Nel 1950 infine è stata pubblicata in Israele, in ebraico, L’Enciclopedia talmudica, che è un buon compendio di tutta la letteratura talmudica. Ad esempio, «secondo la legge giudaica, l’uccisione di un ebreo è un crimine capitale… Il caso è del tutto differente se la vittima è un non-ebreo. L’ebreo che uccide deliberatamente un non- ebreo è colpevole soltanto di un peccato contro le leggi del cielo, punibile solo da Dio e non dall’uomo. Se si è causa indiretta della morte di un non-ebreo, non vi è alcun peccato. Così… se si tratta di un gentile… gli si può far del male indirettamente, per esempio togliendo una scala quando è caduto in un fosso… Tuttavia, se ciò comporta il rischio di suscitare l’ostilità contro gli ebrei, non bisogna farlo»[35]. Inoltre «in tempo di guerra, tutti i pagani, appartenendo ad una popolazione nemica, possono, o anche debbono essere uccisi. A partire dal 1973, questa dottrina è propagata pubblicamente tra i soldati israeliani religiosi»[36] .

    Inoltre un medico ebreo (ortodosso) non deve curare un malato non-ebreo, tuttavia, se ciò rischia di suscitare l’ostilità contro gli ebrei, lo si può curare.

    Infine si può violare il sabato per salvare la vita ad un ebreo. Ma se si tratta di un gentile? Il Talmùd risponde che è proibito anche durante la settimana; tuttavia si pongono dei “casi di coscienza”. Supponiamo che uno stabile sia abitato da nove gentili e da un solo ebreo. Supponiamo che di sabato lo stabile crolli. Si sa che uno dei dieci, non si sa se ebreo o gentile, al momento del crollo non era in casa. «Bisogna iniziare le ricerche e violare il sabato, pur dubitando che colui che è assente sia proprio l’ebreo?... Sì, poiché vi sono forti probabilità (nove contro una) che l’ebreo si trovi sotto le macerie. Ma supponiamo che nove erano usciti e che uno solo, s’ignora quale, sia restato in casa. In tal caso non occorre fare le ricerche, poiché vi sono forti probabilità (nove contro una) che l’ebreo non sia la persona sotto le macerie»[37].

    Comportamenti ingiuriosi

    Le leggi della Halakha inculcano odio e disprezzo nei confronti dei non-ebrei. Cominciamo coi testi di alcune preghiere «Le diciotto benedizioni contengono una maledizione diretta originariamente contro i Cristiani, gli ebrei convertiti al Cristianesimo e gli altri ebrei eretici [questa preghiera non è diretta contro gli ebrei convertiti all’Islàm]: “Che gli Apostati non abbiano alcuna speranza,e che tutti i Cristiani periscano all’istante”. Questa formula risale alla fine del I secolo… Poco prima del 1300 divenne: “Che gli Apostati non abbiano alcuna speranza e che tutti gli eretici periscano all’istante”. […] Dopo il 1967, molte comunità… hanno ristabilita la versione originaria: “Che i Cristiani periscano all’ istante”. Questo cambiamento è avvenuto nel momento in cui… Giovanni XXIII, sopprimeva dalla Liturgia del Venerdì Santo la preghiera “Pro perfidis Judeis” giudicata antisemita»[38]. Ma – aggiungiamo noi – Riccardo Di Segni, rispondendo alla richiesta di “reciprocità”, ha dichiarato, mentendo, che “a oggi non esiste alcun riferimento ai cristiani nelle nostre preghiere che sono state cambiate secoli fa, molto prima del Concilio vaticano II” (Corriere della Sera 10 marzo 2008, p. 15).

    Il Talmùd (Trattato Berakhot, 58 b) prescrive all’ebreo che passa davanti ad una casa abitata da non-ebrei di domandare a Dio di distruggerla, e se è già in rovina, di ringraziarlo della sua vendetta. Lo stesso dicasi per le Chiese e i luoghi di culto delle altre religioni, tranne l’Islàm.

    Atteggiamento verso il Cristianesimo e l’Islam

    Anni orsono, durante una conferenza in Torino per la presentazione del libro di Elio Toaff: Essere ebreo, Gad Lerner ha raccontato che quando da bimbo tossiva, sua nonna gli dava dei buffetti sulle spalle dicendo alla tosse: “va da un goj, va da un goj”!

    «Il Giudaismo – conferma il prof. Shahak – nutre un odio viscerale nei confronti del Cristianesimo… esso risale ai tempi in cui il Cristianesimo era ancora debole e perseguitato (tra gli altri proprio dagli Ebrei) ed è stato manifestato dagli Ebrei che non avevano subito mai persecuzioni da parte di Cristiani… Questo atteggiamento ha due fonti principali:

    1°) L’odio per Gesù… i racconti fantasiosi e diffamatori del Talmùd e della letteratura talmudica… questi falsi racconti hanno determinato buona parte dell’attitudine ostile degli Ebrei contro il Cristianesimo. […] Tutte le fonti ebraiche classiche, che parlano dell’esecuzione di Gesù ne rivendicano la responsabilità e ne gioiscono… i Romani non son neanche nominati. […] Il nome di Gesù è per gli Ebrei un simbolo di tutte le abominazioni possibili…

    2°) […] L’insegnamento rabbinico classifica il Cristianesimo tra le religioni idolatre, … mal interpretando il dogma della Trinità e dell’ Incarnazione… Al contrario l’Islàm, gode di una relativa clemenza… Il Corano, a differenza del Nuovo Testamento non è da bruciare. Non è circondato dalla profonda venerazione che la Legge islamica ha per i rotoli sacri degli Ebrei, ma almeno, è un libro come gli altri».

    Conclusione

    Israel Shahak è un ebreo, razionalista, strenuo sostenitore dei diritti dell’uomo e nemico di ogni integralismo: non si potrebbe veramente trovare qualcuno più lontano da noi di questo ammiratore di Spinoza e di Voltaire. Le sue pagine, scritte da un ebreo neppure convertito al Cristianesimo, sono pertanto al disopra di ogni sospetto e fanno piena luce sull’essenza del Giudaismo talmudico o ortodosso.

    Recentissimamente (2007) un altro studioso di origine ebraica, Ariel Stefano. Levi Di Gualdo ha scritto un libro (Erbe amare. Il secolo del sionismo, Acireale, Bonanno) in cui conferma che le maledizioni contro i cristiani sono ancora presenti nei libri liturgici ebraici, ma che non vengono rese pubbliche per timore della reazione dei non ebrei (Ibidem, pp. 169-173).

    * * *

    Riccardo Di Segni nell’occasione ha detto: “A questo punto ha senso chiedersi a che cosa serve il dialogo” (Shalom marzo 2008 p. 5). Veramente noi ce lo chiediamo da 40 anni. E non tanto perché, come essi dichiarano, “un dialogo che ha per scopo la nostra conversione […] non interessa gli ebrei” (ivi) quanto perché la Chiesa ha ricevuto da Nostro Signore Gesù Cristo la missione non di “dialogare”, ma di annunziare il Vangelo a tutte le genti.

    Agobardo

    SiSi-NoNo periodico, Anno XXXIV, n. 6, 31 marzo 2008



    [1] sì sì no no , 29 febbraio 2008, La nuova preghiera per il giudaismo.

    [2] R. Di Segni, in “Shalom”, marzo 2008, pp. 4-7.

    [3] R. Di Segni, Il Vangelo del Ghetto, Newton Compton Editori, Roma, 1985, pag. 9. Cfr. anche: J. Maier, Gesù Cristo e il cristianesimo nella tradizione giudaica, Paideia ed., Brescia, 1994. R. Di Segni, La traduzione testuale delle Toledòth Jéshu, in «La Rassegna Mensile d’Israel», n° 50, 1984, pagg. 84-100. Cfr. anche G. Stemberger, Il Talmùd. Introduzione, testi, commenti, E. D. B., Bologna, 1997.

    [4] R. Di Segni, ibidem pp. 14-16.

    [5] Ibidem, p. 10.

    [6] Ivi, p. 11.

    [7] Ivi.

    [8] Ivi.

    [9] R. Di Segni, op. cit. p. 17.

    [10] Ibidem, p. 18.

    [11] P. L. 104; 87-88.

    [12] R. Di Segni, op. cit. p. 20; P. L. 116, 141, 184.

    [13] Pugio Fidei, II pars, cap. 8.

    [14] R. Di Segni, op. cit., p.21.

    [15] Ibidem, p. 30

    [16] Israel Shahak, Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni. Ed. Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia 1997, pp. 194-195.

    [17] Dictionnaire de Théologie Catholique (D. Th. C.), voce Talmud, a cura di J. Bonsirven, coll. 27-28, Parigi, Letouzey, 1903-1950.

    [18] D. A. F. C., coll. 1689-1690.

    [19] Del Talmud esistono due versioni: quella di Gerusalemme e quella di Babilonia. Quest’ultima è la più importante ed è quella più citata. Quando si parla del Talmud gerosolomitano, lo si specifica; se non vi sono indicazioni particolari si tratta del Talmud di Babilonia.

    Inoltre i testi della MISNÀ si citano cominciando col trattato, poi il capitolo ed infine il paragrafo (per esempio Baba Mezia 1, 2.). Se si tratta invece di un testo della GHEMARÀ, si indica prima il trattato, poi il folio, il cui recto è indicato con la lettera “a” ed il verso con la lettera “b” (per esempio Baba Mezia 59 a).

    Il Talmud è stampato in dodici grossi volumi in folio.

    [20] I. Shahak, Histoire juive, Religion juive. Le poids de trois millénaires, La Vielle Taupe, Paris, 1996.Edizione italiana: Storia ebraica e giudaismo, Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia 1997.

    [21] I. Shahak, Histoire juive… pagg. 12-13. I riferimenti in nota sono da riferirsi all’edizione francese.

    [22] Ibidem, pp. 20-21.

    [23] Ibidem, p. 33.

    [24] Ibidem, p. 37.

    [25] Ibidem, pp. 45-46.

    [26] Ibidem, p. 47.

    [27] Ibidem, pp. 49-50.

    [28] Ibidem, p. 52.

    [29] Ibidem, p.53

    [30] Ibidem, pp. 69-70.

    [31] Ibidem, p. 73.

    [32] Ibidem, p. 75.

    [33] Ibidem, p. 38.

    [34] Ibidem, p. 139.

    [35] Ibidem pp. 148-149.

    [36] Ibidem, pp. 149-150.

    [37] Ibidem, p. 161.

    [38] Ibidem, pp. 182-183.





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