Trapani, indagati gli equipaggi di Msf «Dissero ai migranti: non collaborate»
Le accuse alla Ong. La Guardia Costiera libica riporta a Tripoli una nave con 300 migranti. Dal 1 gennaio i migranti sbarcati in Italia sono stati 44mila
ROMA Alcuni membri dell’equipaggio di una nave di «Medici senza Frontiere» avrebbero soccorso migranti senza avvisare la guardia Costiera italiana. E avrebbero poi convinto gli stranieri a non rispondere alle domande della polizia, il cosiddetto «debriefing» che avviene dopo lo sbarco. Per questo sono adesso indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La conferma arriva dal procuratore di Trapani Ambrogio Cartosio che, pur senza mai citare il nome della Ong, in audizione di fronte alla commissione Difesa del Senato afferma: «Abbiamo indagini che coinvolgono non le Ong come tali, ma persone fisiche appartenenti alle Ong. Non risultano contatti telefonici diretti tra persone in Libia e le Ong». E in questo modo ridimensiona anche le affermazioni del suo collega di Catania Carmelo Zuccaro che aveva scatenato le polemiche parlando di «rapporti tra trafficanti e Organizzazioni non governative», pur specificando di non avere prove. E ieri, per la prima volta, una nave di una Ong — la Sea Watch — è stata intercettata dalla Guardia Costiera libica che ha riportato a Tripoli circa 300 migranti. Per il Viminale si tratta della dimostrazione che «l’accordo siglato a febbraio comincia a funzionare».
Il soccorso della «Dignity-One»
«Ci risulta che le Ong hanno fatto qualche intervento di salvataggio in mare anche senza informare la nostra Guardia costiera», dice Cartosio. E poi aggiunge: «La loro presenza in un determinato fazzoletto di mare, costituisce un elemento indiziario forte per dire che sono al corrente che in quel tratto di mare arriveranno imbarcazioni. Ma esso solo non è un elemento incisivo per determinare il reato dell’immigrazione clandestina».
Tra le operazioni sospette effettuate dalle organizzazioni c’è quella del 25 giugno 2016 quando la nave «Dignity One» di «Medici senza frontiere» sarebbe entrata in acque libiche fermandosi a 7 miglia dalla costa per prendere a bordo 390 migranti. Le relazioni di servizio stilate dalla «Task Force» in servizio a Trapani su altri salvataggi avrebbero evidenziato alcune «anomalie».
«Non collaborate con la polizia»
Un mese prima, dopo uno sbarco di 317 stranieri sempre dalla «Dignity-One», i poliziotti avevano evidenziato come «i migranti non sono stati molto collaborativi nel fornire informazioni dettagliate circa il viaggio, attribuendo la colpa alla stanchezza e alle ore di viaggio estenuanti». Sono stati gli stessi investigatori ad evidenziare che «a differenza del passato, i migranti soccorsi e trasferiti da navi delle Ong, quando vengono fatti sbarcare nei porti italiani sono restii a cooperare: tale circostanza potrebbe essere il risultati di un «indottrinamento» impartito a bordo al fine di non collaborare con le forze dell’ordine italiane e il personale dell’agenzia Frontex».
Tra i casi citati c’è anche quello di uno sbarco con «la discesa dei minori non accompagnati che secondo il personale di “Medici senza Frontiere” erano circa 100, ma in realtà il personale di bordo inseriva nel gruppo uomini palesemente adulti».
Il rimpatrio a Tripoli
Ieri c’è stata la prima operazione di rimpatrio in Libia concordata con l’Italia. La Guardia Costiera locale ha soccorso in acque internazionali un barcone con a bordo circa 300 persone che avevano inviato due richieste di aiuto alla centrale operativa della Guardia Costiera a Roma. E ha deciso di scortarlo fino al rientro nel porto di Tripoli.
In realtà il mezzo carico di stranieri era stato già avvistato da alcuni aerei e dopo alcuni contatti tra gli ufficiali si è deciso che sarebbero salpate le motovedette libiche proprio per obbligare gli scafisti a fare marcia indietro. Nei prossimi giorni saranno consegnate ai libici altre imbarcazioni e apparecchiature per incrementare il controllo del territorio e tentare di fermare le partenze.
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